La nozione di aiuto di Stato e il potere di controllo della Commissione
1. La nozione di aiuto di Stato
1.4. La selettività della misura
1.4.1. La selettività materiale
Come precisato dalla Commissione nella Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato del 2016 la selettività materiale, che può essere stabilita di diritto157 o di
fatto158, può essere intesa come “settorialità” nel senso che, essa implica che la
misura adottata dallo Stato «si applichi solo a determinate imprese o gruppi di
156 Corte di Giustizia, sentenza dell'8 novembre 2001, cit., punti 49-52.
157 La selettività di diritto «scaturisce direttamente dai criteri giuridici previsti per la concessione di una misura che è ufficialmente riservata solo a talune imprese». La Commissione in particolare richiama una serie di esempi di criteri giuridici che integrano selettività di diritto tra cui il fatto che gli aiuti siano destinati ad imprese di una certa dimensione, operanti in alcuni settori, con una certa forma giuridica; il fatto che gli aiuti siano destinati a società costituite o quotate in un mercato regolamentato in un particolare periodo; il fatto che la misura sia destinata a società appartenenti ad un gruppo avente determinate caratteristiche o a società incaricate di alcune funzioni all'interno del gruppo, ovvero a imprese in difficoltà, o ancora a società di esportazione o che svolgono attività connesse all'esportazione. Cfr. Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, cit., punto 121. 158 La selettività di fatto si ha quando «anche se i criteri formali per l'applicazione della misura sono
formulati in termini generali e oggettivi, la struttura della misura è tale che i suoi effetti favoriscono in modo significativo un particolare gruppo di imprese». Cfr. Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, cit., punti121-122.
imprese o a determinati settori dell'economia in un dato Stato membro»159.
Sempre secondo la Comunicazione del 2016, un altro elemento da tenere in considerazione al fine di accertare il requisito della selettività materiale, al di là del dato formale, è il conferimento in capo ad una pubblica amministrazione di un potere discrezionale nella applicazione della misura, in quanto «le misure generali che, a prima vista, si applicano a tutte le imprese, ma sono limitate dal potere discrezionale dell'amministrazione pubblica sono considerate selettive»160.
Anche in questo, come nel caso del requisito dell'origine statale della misura, a me pare che la ratio dell'interpretazione estensiva si possa ravvisare in una esigenza antielusiva volta ad impedire agli Stati di aggirare la disciplina europea sugli aiuti, mediante la predisposizione di provvedimenti a prima vista di portata generale, che rimettono però all'amministrazione il potere di stabilire in concreto i beneficiari, attraverso un meccanismo che determini una sorta di “selettività a valle”.
L'accertamento della selettività materiale diventa particolarmente complesso quando si tratta di analizzare misure apparentemente generali, applicabili cioè a tutte le imprese che soddisfano determinati criteri, volte ad alleviare i normali oneri che queste dovrebbero sostenere. Per quanto riguarda la materia ambientale, la questione si è presentata con riferimento, ad esempio, alle c.d. ecotasse161.
159 Cfr. Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, cit., punto 120.
160 Cfr. Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, cit., punti 123-124.
161 L' imposta o tassa ambientale viene definita sia nell'ambito del Regolamento generale di esenzione per categoria sia nell'ambito della Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020, come «qualsiasi imposta con una specifica base imponibile che abbia manifesti effetti negativi sull'ambiente o che sia intesa a gravare su determinate attività o determinati beni o servizi in modo tale che il prezzo dei medesimi possa includere i costi ambientali e/o in modo tale che i produttori e i consumatori si orientino verso attività più rispettose dell'ambiente». Cfr. Regolamento (UE) n.651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato, punto 119; Comunicazione della Commissione 2014/C (200/01), Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia 2014-2020, punto 15. In termini analoghi si esprime la Commissione nella sua Comunicazione 26 marzo 1997 sulle imposte, tasse e canoni ambientali nel mercato unico, che definisce una tassa come ambientale o ecotassa «quando la sua base imponibile ha manifestamente effetti negativi sull'ambiente». Cfr. COM, (97) 9def., punto 11. Il Tribunale nel caso British Aggregates (su cui vedi infra) definisce l'ecotassa come «una misura fiscale autonoma caratterizzata dalla sua
Al fine di semplificare la valutazione della selettività di misure di questo tipo, la Commissione e la giurisprudenza hanno elaborato un particolare procedimento di analisi che si articola in tre fasi. La prima fase consiste nell'individuazione di un sistema di riferimento; nella seconda fase si valuta se la misura analizzata costituisce una deroga rispetto a tale sistema; infine, nella terza fase (meramente eventuale e condizionata all'accertamento positivo del carattere derogatorio della misura analizzata rispetto al sistema generale), si verifica se la deroga sia giustificata dalla natura o dalla struttura generale del sistema162.
Tale procedimento, apparentemente lineare a livello teorico, presenta però, a me pare, significative insidie quando dal piano astratto si passa a quello concreto.
Un esempio paradigmatico delle gravi difficoltà interpretative ed applicative connesse all'accertamento del presupposto della selettività, ed in particolare al criterio della c.d. “inerenza al sistema”, è rappresentato dal caso British Aggregates163, in cui la Commissione, il Tribunale, la Corte di Giustizia e, a
seguito del rinvio, nuovamente il Tribunale, chiamati a valutare la selettività di una stessa misura, applicando i medesimi canoni, sono pervenuti ad esiti differenti.
Nel caso in questione l'oggetto di valutazione era una ecotassa (l'AGL)164,
istituita dal Regno Unito attraverso il Finance Act del 2001, che colpiva la commercializzazione degli aggregati165, e che prevedeva un meccanismo di
finalità ambientale e dalla sua base imponibile specifica. Essa prevede l'imposizione di taluni beni o servizi al fine di includere i costi ambientali nel loro prezzo e/o di rendere i prodotti riciclati più competitivi e di orientare i produttori e i consumatori verso attività più rispettose dell'ambiente». Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, British Aggregates Association/Commissione, punto 114.
162 Cfr. Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, cit., punto 128.
163 Decisione della Commissione C (2002) 1478 def., del 24 aprile 2002, relativa al fascicolo in materia di aiuti di Stato N 863/01; Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, British Aggregates Association/Commissione; Corte di Giustizia, sentenza del 22 dicembre 2008, causa C- 478/06, British Aggregates Association/Commissione; Tribunale, sentenza del 7 marzo 2012, causa T- 210/02, British Aggregates Association/Commissione.
164 Acronimo di Aggregates Levy.
165 Gli aggregati sono «materiali granulosi, chimicamente inerti, utilizzati nel settore dell'edilizia e dei lavori pubblici. […] [Possono essere] utilizzati per diversi usi [e] devono rispondere alle specifiche corrispondenti e le proprietà fisiche del materiale d'origine determinano se esso si confà all'impiego
esenzione a favore di determinati processi produttivi o materiali nominativamente individuati dalla legge166.
A seguito di un esame preliminare della misura e dopo un confronto con le autorità del Regno Unito, tenuto conto delle denunce presentate da alcune imprese concorrenti, la Commissione, con lettera del 24 aprile del 2002, adottava la decisione di non sollevare obiezioni, ritenendo che la misura analizzata non integrasse un aiuto di Stato in quanto il suo ambito di applicazione sarebbe stato giustificato dalla logica e dalla natura del regime fiscale167.
Interessante appare l'iter argomentativo seguito dalla Commissione, ad avviso della quale la tassa, in sostanza, avrebbe colpito la commercializzazione di aggregati vergini168, mentre non sarebbe stata riscossa né su materiali che erano
sottoprodotti di altri processi né su aggregati riciclati169.
voluto. Così le specifiche per i terrapieni sono meno stringenti di quelle per i sottofondi stradali, che a loro volta lo sono meno di quelle per le superfici ad uso intensivo come la pavimentazione stradale e le massicciate ferroviarie. Una più grande varietà di materiali può essere utilizzata come aggregati per gli usi in cui le sollecitazioni sono minori, mentre i materiali che rispondono alle sollecitazioni più elevate sono meno numerosi». Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, cit., punto 2. 166 In particolare la legge prevedeva che un aggregato non fosse tassabile in quattro ipotesi: a) se era
espressamente esentato; b) se era stato precedentemente utilizzato per scopi di costruzione; c) se era stato già assoggettato ad una tassa sugli aggregati, d) o se alla data di entrata in vigore della legge, non si trovava nel luogo di origine. Tra i materiali esentati rientravano gli scarti derivanti dall'estrazione di alcuni minerali, tra cui l'ardesia, lo scisto, la ball clay e il caolino. Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, cit., punti 5 e 10.
167 Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, cit., punto 20.
168 Gli aggregati vergini vengono definiti dalla Commissione come «aggregati prodotti a partire da depositi naturali di minerali che sono oggetto di una prima estrazione [e composti] di frammenti di rocce, di sabbie e di ghiaie che possono essere utilizzati allo stato grezzo o dopo trattamento meccanico come la frantumazione, il processo di arricchimento e la vagliatura». Cfr. considerando 8 e 9 Decisione della Commissione C (2002) 1478 def., cit.
169 La Commissione sottolinea che «l'AGL non sarà riscossa su materiali che sono sottoprodotti o scarti di altri processi. Secondo le autorità britanniche, figurano tra tali materiali gli scarti di scisto e di caolino, lo sterile, le ceneri, le scorie generati dagli altiforni, gli scarti di vetro e di gomma. Allo stesso modo, essa non colpirà gli aggregati riciclati, categoria in cui rientrano le rocce, sabbie e ghiaie che sono state oggetto di almeno un primo utilizzo […]. Secondo le autorità britanniche, l'esclusione di tali materiali dall'ambito di applicazione dell'AGL mira ad incoraggiare il loro impiego in quanto materiali da costruzione e a ridurre l'estrazione eccessiva di aggregati vergini, incoraggiando così una gestione razionale delle risorse. Le proiezioni iniziali delle autorità britanniche fanno assegnamento sull'ipotesi che l'AGL permetterà di ridurre il volume della domanda di aggregati vergini di 20 milioni di tonnellate per anno in media [...]». La Commissione per quanto riguarda la valutazione relativa all'ambito di applicazione dell'AGL evidenzia che «la struttura e la portata della tassa riflettono la netta distinzione tra l'estrazione di aggregati vergini, che comporta conseguenze indesiderabili per l'ambiente, e la produzione di aggregati secondari o riciclati, che rappresenta un contributo importante al trattamento delle rocce, ghiaie e sabbie che risultano dall'escavazione, da altri lavori o da trattamenti
Tale meccanismo di esenzione, a giudizio della Commissione, sarebbe stato concepito dalle autorità britanniche al fine di tutelare l'ambiente170 proprio
mediante l'induzione alla massimizzazione del ricorso ad aggregati riciclati o ad altri prodotti sostitutivi degli aggregati vergini (aggregati secondari), il che avrebbe comportato una consequenziale riduzione della domanda di aggregati vergini (costituenti risorse naturali non rinnovabili) e quindi dell'estrazione degli stessi, incoraggiando una gestione complessiva delle risorse più razionale171.
Dopo aver così argomentato la Commissione concludeva nel “Considerando” 34 della sua decisione che rientrasse «nella natura e nella sistematica di una tale tassa che essa non [fosse] applicabile agli aggregati secondari, né agli aggregati riciclati. L'imposizione di una tassa sull'estrazione di aggregati vergini [avrebbe infatti contribuito] alla diminuzione dell'estrazione di aggregati primari, a quella dell'impiego di risorse non rinnovabili e delle conseguenze dannose per l'ambiente». La Commissione era quindi dell'avviso che i vantaggi derivanti a beneficio di talune imprese a seguito della determinazione dell'ambito di applicazione dell'AGL fossero giustificati «dalla natura e dalla struttura generale del regime fiscale»172.
Contro la decisione della Commissione nel luglio 2002 veniva proposto un ricorso per annullamento dalla British Aggregates Association173 dinanzi al
Tribunale.
Tra i diversi motivi di impugnazione, la ricorrente lamentava la violazione da parte della Commissione dell'art.87, paragrafo 1, TCE (attuale art.107, par.1, TFUE), proprio con riguardo all'accertamento del requisito della selettività,
effettuati legalmente per scopi diversi». Cfr. considerando 8-9 e 32 Decisione della Commissione C (2002) 1478 def., cit.
170 In particolare i danni ambientali che il Regno Unito intendeva limitare mediante l'AGL comprendevano le immissioni sonore, le polveri, i danni alla biodiversità e il degrado visivo. Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, cit., punto 22.
171 Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, cit., punti 20-24.
172 Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, cit., punto 25; considerando 34 Decisione della Commissione C (2002) 1478 def., cit. .
mettendo in luce asserite incoerenze rispetto all'obiettivo ambientale nella delimitazione del campo di applicazione dell'AGL e nell'individuazione delle esenzioni rispetto alla logica e alla natura del regime fiscale. Tali incoerenza secondo la British Aggregates Association avrebbero celato in realtà la volontà di esentare taluni settori produttivi dalla tassa al fine di tutelarne la competitività174.
Nel delimitare il campo di applicazione dell'AGL il Tribunale sottolinea preliminarmente che gli Stati membri, in mancanza di misure di armonizzazione «sono legittimati ad istituire ecotasse settoriali, al fine di raggiungere taluni obiettivi ambientali», e sono liberi «di definire le loro priorità in materia di tutela ambientale e di determinare i beni o servizi che decidono di assoggettare ad un'ecotassa». Da ciò discenderebbe, a giudizio del Tribunale che, in linea di principio, «la sola circostanza che un'ecotassa costituisca una misura circoscritta, che ha ad oggetto alcuni beni o servizi specifici e non è riconducibile ad un sistema generale di tassazione applicabile all'insieme delle attività analoghe che esercitano un impatto comparabile sull'ambiente, non permette di ritenere che le attività analoghe, non assoggettate a tale ecotassa, beneficino di un vantaggio selettivo»175.
In altre parole, il Tribunale, marcando con ciò una netta distinzione tra il caso in oggetto e il caso Adria-Wien Pipeline richiamato dalla ricorrente, dichiara che la differenziazione di trattamento tra le imprese assoggettate e quelle non assoggettate, che pur si trovino in una situazione analoga rispetto all'obiettivo ambientale perseguito dalla misura, non consente di ritenere che la stessa sia selettiva, e che quindi integri un aiuto di Stato, perché nel caso di misure fiscali specifiche come le ecotasse rientra nel potere dello Stato membro la possibilità di operare tali discriminazioni al fine di determinare la propria politica fiscale ed ambientale.
174 Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, cit., punti 70-87.
175 Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, British Aggregates Association/Commissione, punto 115.
Ciò posto, i giudici del Lussemburgo procedono ad analizzare gli obiettivi dell'AGL, essendo questi ultimi il parametro in base al quale verificare la coerenza della definizione dell'ambito di applicazione della tassa stessa.
Il Tribunale individua in particolare non uno, ma due obiettivi: accanto a quello, esplicito, risultante dalla lettera di notifica del Regno Unito e dalla decisione della Commissione, consistente nello spostamento della domanda di aggregati vergini verso aggregati riciclati o secondari (sottoprodotti), obiettivo funzionale a garantire un utilizzo più razionale delle risorse ambientali176,
mediante un'operazione interpretativa a mio avviso un po' ardita (per non dire arbitraria), il Tribunale ritiene infatti di dover ravvisare anche un altro obiettivo, implicito, consistente nell'internalizzazione dei costi ambientali in conformità del principio “chi inquina paga”177.
Alla luce di tali parametri il Tribunale analizza, da una parte, le categorie di materiali tassati, che vengono individuati, in linea di principio negli aggregati vergini, coerentemente - sempre a giudizio dei giudici di Lussemburgo - con l'obiettivo ambientale della tassa; e, dall'altra parte, le categorie di materiali esentati, tra i quali il Tribunale distingue a sua volta due sottocategorie. La prima sottocategoria ricomprenderebbe i materiali esentati in ragione della loro mancata utilizzazione come aggregati178, per i quali l'esenzione non sarebbe una deroga
rispetto al sistema dell'ecotassa considerata, ma sarebbe semplicemente una espressione della competenza dello Stato di stabilire le sue priorità in materia di politica economica, fiscale ed ambientale179; la seconda sottocategoria
176 In particolare lo spostamento della domanda di aggregati verso materiali riciclati o sottoprodotti di altri processi produttivi avrebbe consentito non solo di limitare l'estrazione di aggregati vergini, ma anche di eliminare e riassorbire le ingenti scorte di residui da scavo contenute in ammassi di scorie in diverse parti del territorio nazionale, talvolta situate addirittura all'interno di parchi nazionali. Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, British Aggregates Association/Commissione, punto 132.
177Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, British Aggregates Association/Commissione, punto 124.
178 Tali materiali secondo il Tribunale sarebbero «in linea di massima» inidonei per via delle loro proprietà fisiche o del loro prezzo (sic!) ad essere utilizzati come aggregati. Cfr. Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, British Aggregates Association/Commissione, punto 129.
includerebbe invece i materiali riciclati o i sottoprodotti di altri processi, la cui esenzione sarebbe giustificata alla luce degli obiettivi ambientali perseguiti dall'AGL.
Così ricostruito il campo di applicazione della misura, il Tribunale conclude che «il complesso dell'argomentazione della ricorrente, relativa ad asserite incoerenze nella definizione dell'ambito di applicazione ratione materiae dell'AGL, sotto il profilo degli obiettivi ambientali perseguiti, è privo di ogni fondamento» e quindi la decisione della Commissione non è inficiata da errore nella parte in cui «constata che la definizione dell'ambito di applicazione ratione materiae dell'AGL non comporta elementi di aiuto di Stato»180.
La sentenza del Tribunale del 13 settembre 2006 viene impugnata dalla ricorrente dinanzi alla Corte di Giustizia al fine di ottenerne l'annullamento.
Con il primo motivo di impugnazione la British Aggregates Association censura il Tribunale per essere incorso in errore nella valutazione dell'esistenza di un aiuto di Stato con riguardo all'accertamento del requisito della selettività181.
Proprio questa doglianza darà modo alla Corte di affrontare la questione. Essa, dopo aver ricostruito i propri orientamenti giurisprudenziali consolidati in tema di selettività, accogliendo le conclusioni formulate dall'Avvocato Generale Mengozzi, secondo il quale l'approccio del Tribunale, fondato esclusivamente sulla considerazione dell'obiettivo ambientale perseguito, avrebbe escluso a priori la selettività della misura, senza verificare gli effetti della stessa, contrariamente a quanto disposto dall'art 87, n.1, TCE che invece «non distingu[e] a seconda delle
Association/Commissione, punto 128. Il Tribunale, sempre al punto 128, inoltre sottolinea che la scelta di assoggettare all'ecotassa solo il settore degli aggregati «anche se motivata dalla preoccupazione di tutelare la competitività internazionale di taluni settori, non permette […] di mettere in dubbio la coerenza dell'AGL con gli obiettivi ambientali perseguiti».
180 Tribunale, sentenza del 13 settembre 2006, causa T-210/02, British Aggregates Association/Commissione, punti 138-139.
181 La British Aggregates Association articola il primo motivo di impugnazione su tre censure: la prima relativa al fatto che il Tribunale non avrebbe applicato una nozione obiettiva di aiuto di Stato; la seconda relativa all'ingiustificata differenziazione tra il caso in oggetto e il caso Adria-Wien Pipeline; la terza relativa all'errore compiuto dal Tribunale nel negare la selettività di un'ecotassa senza definire in modo preciso il settore su cui questa andava a incidere.
cause o degli obiettivi di una misura statale, ma definisc[e] tale misura in funzione dei suoi effetti»182, conclude che il Tribunale, «ha violato l'art.87, n.1, CE […]
affermando […] che gli Stati membri sono liberi […] di definire le loro priorità in materia di tutela ambientale e di determinare […] i beni o i servizi che decidono di assoggettare ad un'ecotassa, ragion per cui la circostanza che un'ecotassa non sia applicabile all'insieme delle attività analoghe che esercitano un impatto comparabile sull'ambiente non permette di ritenere che le attività analoghe, non assoggettate a tale ecotassa, beneficino di un vantaggio selettivo»183.
Precisa ancora la Corte che «la necessità di tener conto delle esigenze di tutela dell'ambiente, per legittime che siano, non giustifica l'esclusione di misure selettive, fossero anche specifiche come le ecotasse, dall'ambito di applicazione dell'art.87, n.1, CE» in quanto «la considerazione degli obiettivi ambientali può in