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L' evoluzione della disciplina relativa agli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente

La compatibilità degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente

2. L' evoluzione della disciplina relativa agli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente

Il lungo e articolato percorso di sviluppo della politica degli aiuti di Stato per la tutela ambientale può essere ricostruito attraverso il richiamo dei numerosi atti che la Commissione ha progressivamente adottato in questo settore per chiarire il significato delle disposizioni contenute nel Trattato e al contempo orientare gli Stati nell'adozione delle loro politiche di spesa in modo che queste fossero coerenti con le norme e con gli obiettivi europei.

Le prime regole in materia di aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente nell'ambito dell'ordinamento comunitario sono state elaborate intorno alla metà degli Anni Settanta, in un periodo, quindi, quasi contestuale alla stessa emersione a livello giuridico dell'interesse ambientale.

La Commissione europea, in particolare, era intervenuta nel 1974 attraverso una Comunicazione relativa all'inquadramento sul piano comunitario degli aiuti statali a favore dell'ambiente335, la quale rifletteva l'impostazione della politica

ambientale intrapresa dalle istituzioni comunitarie nel corso degli anni Settanta, orientata principalmente all'adozione e all'applicazione di alcuni parametri normativi uniformi nel campo della protezione ambientale336.

La Comunicazione stabiliva fondamentalmente che gli aiuti potessero essere autorizzati per sostenere le imprese nella realizzazione degli investimenti necessari a conseguire il livello minimo di tutela ambientale obbligatoria introdotto attraverso le nuove normative nazionali o comunitarie di protezione

335 Comunicazione della Commissione concernente gli aiuti di Stato a favore dell'ambiente, contenuta nella Lettera agli Stati membri SEC(74) 4264 del 6 novembre 1974.

336 Cfr. sul punto l'introduzione alla Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03).

dell'ambiente337.

La disciplina contenuta in tale atto, oltre a subordinare la possibilità di concedere aiuti al rispetto di alcune soglie aventi carattere regressivo338,

introduceva alcune limitazioni con riguardo ai beneficiari, imponendo, in particolare, che l'aiuto dovesse avvantaggiare gli impianti esistenti, operativi dal gennaio del 1975, e richiedeva inoltre che gli aiuti fossero necessari e proporzionati339.

In questa fase il ricorso agli aiuti veniva considerato dalla Commissione come una tappa transitoria, funzionale alla progressiva implementazione del principio del “chi inquina paga”, nel senso che gli aiuti avrebbero dovuto consentire un adeguamento graduale delle imprese al principio in questione in un contesto caratterizzato da una difficile congiuntura economica340.

Gli aiuti per la tutela ambientale venivano ricondotti nell'alveo di applicazione della deroga prevista dalla lett. b) del terzo paragrafo dell'attuale art. 107 TFUE, e in particolare nell'ambito degli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo.

Nonostante l'originaria intenzione dichiarata della Comunicazione, secondo la quale gli aiuti avrebbero dovuto essere concessi solo per un periodo transitorio compreso tra il gennaio del 1975 e il dicembre del 1980, la Commissione era intervenuta in diverse occasioni, prima nel 1980341, poi nel 1986342, poi

ulteriormente nel 1993, a prorogare, talvolta apportando alcune modifiche343,

337 Cfr. Introduzione alla Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punto 1.1.

338 In particolare la Comunicazione prevedeva che gi aiuti non dovessero superare il 45% degli investimenti nel 1975 e nel 1976; il 30% nel 1977 e 1978; il 15% nel 1979 e 1980.

339 Cfr. la Quarta relazione sulla politica di concorrenza, pag. 103 ss.

340 Cfr. Introduzione alla Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punto 1.1. Cfr. anche M. MELI, Il principio comunitario “chi inquina paga”, cit.,

pag.121; E. BLASI, Concorrenza e ambiente, cit. pag.146.

341 Lettera agli Stati membri SG(80) D/8287 del 7 luglio 1980. 342 Lettera agli Stati membri SG(87) D/3795 del 23 marzo 1987.

343 In particolare, come rileva Meli, attraverso l'atto che introduceva la prima proroga venivano parzialmente modificate le condizioni di ammissibilità degli aiuti «sostituendo alla scala degressiva il limite massimo del 15% e precisando altresì che: gli aiuti fossero finalizzati all'installazione di impianti aggiuntivi (es. depuratori) o ad investimenti per ricerca e sviluppo nel campo del miglioramento

l'efficacia della disciplina.

Da questo momento in poi si assisterà ad un mutamento, nella percezione delle istituzioni comunitarie, del ruolo dell'aiuto di Stato nell'ambito della più ampia politica ambientale, nel senso che da strumento transitorio, funzionale a consentire un graduale adeguamento degli operatori economici alla normativa ambientale, in chiave derogatoria rispetto al principio del “chi inquina paga”, l'aiuto tenderà sempre più a diventare uno strumento permanente di attuazione della politica ambientale, volto a porre rimedio ai fallimenti del mercato propri di questo peculiare settore e a promuovere l'inverdimento dell'economia. In questa nuova prospettiva l'accento si sposta sul carattere incentivante che la misura deve assumere, nel senso che l'aiuto diventa uno strumento sempre più orientato ad incoraggiare dei comportamenti virtuosi sul piano ambientale dei beneficiari al fine di realizzare un progressivo miglioramento della tutela ambientale in un'ottica di collaborazione tra Stato e imprese344.

Tale mutamento di impostazione è testimoniato dalla costante elaborazione, a cadenze temporali variabili, di numerose Comunicazioni da parte della Commissione volte a guidare e ad orientare gli Stati membri nelle decisioni di spesa in modo che queste siano coerenti con gli obiettivi di politica comunitaria.

Questa rinnovata considerazione dello strumento dell'aiuto di Stato è riconducibile ai significativi mutamenti che nel frattempo si erano verificati con riguardo al modo di intendere la politica ambientale.

Innanzitutto era stato adottato l'Atto Unico Europeo (1986), attraverso il quale era stata aggiunta nell'ambito del Trattato CE una nuova sezione dedicata all'ambiente, in cui veniva sancita espressamente una competenza comunitaria in

ambientale, ed avvantaggiassero gli impianti in funzione da almeno due anni». Cfr. M. MELI, Il

principio comunitario “chi inquina paga”, cit., pag.122-123.

344 L'aiuto pubblico, come sottolinea Buzzacchi, «diventa stimolo a precorrere e ad anticipare modelli virtuosi nelle modalità di rapportarsi all'ambiente, che sarebbero preclusi alle imprese per valutazioni di convenienza economica, ed al contrario diventano appetibili perché associati ad un sostegno finanziario pubblico». Cfr. C. BUZZACCHI, Aiuti di Stato in forma di incentivi ed esenzioni fiscali: il

questa materia e venivano introdotti importanti principi che avrebbero dovuto orientare l'azione ambientale della Comunità, quali il principio di integrazione, di prevenzione e il principio del “chi inquina paga”.

Inoltre, attraverso il Quinto Programma comunitario di azione per l'ambiente «Verso uno sviluppo sostenibile»345, le istituzioni comunitarie avevano valorizzato

il principio dello sviluppo sostenibile, incentrando l'attenzione sull'esigenza di elaborare una politica comunitaria a lungo termine capace di conciliare lo sviluppo dell'economia con la tutela dell'ambiente346, e avevano ulteriormente

sottolineato l'esigenza di integrare la dimensione ambientale nelle altre politiche comunitarie347.

Nell'ambito di questa rinnovata impostazione della politica ambientale europea, ispirata a criteri di sostenibilità, si era assistito anche ad un ampliamento della

345 COM(92) 23 def.volume II del 27 marzo 1992 e risoluzione del Consiglio del 1° febbraio 1993. Sul Quinto Programma comunitario di azione per l'ambiente cfr. A.L. DE CESARIS, Le politiche comunitarie

in materia di ambiente, in Diritto ambientale comunitario, a cura di S. CASSESE, Milano, Giuffrè, 1995,

pag.31ss.

346 Cfr. COM(92) 23 def.volume II del 27 marzo 1992 e risoluzione del Consiglio del 1° febbraio 1993, Introduzione. In particolare il Programma sottolinea che «ogni tipo di attività dell'uomo, sia essa economica, sociale o culturale, dipende dalle qualità delle interrelazioni tra la società e il mondo della natura. Lo sviluppo è “reale” solo se migliora la qualità della vita». Richiamando poi la definizione di sviluppo sostenibile contenuta nel Rapporto Brundtland del 1987, secondo cui è sostenibile «uno sviluppo che soddisfa le esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare le proprie esigenze», la Commissione osserva che «le attività umane dovrebbero attenersi ad un modello di sviluppo che sostenga il loro progresso nell'intero pianeta anche per un futuro lontano» e che tale sviluppo «presuppone la conservazione dell'equilibrio generale e del valore del patrimonio naturale, la ridefinizione dei criteri e strumenti di analisi costi/benefici nel breve, medio e lungo periodo in modo da rispecchiare le conseguenze e il valore socio-economico reale dei consumi e della conservazione del patrimonio naturale e una distribuzione e un uso più equi delle risorse tra tutti i paesi e le regioni del mondo». Provando infine a parafrasare «in termini più prosaici», il concetto di sviluppo sostenibile la Commissione così lo definisce: «Non mangiamo il grano necessario per garantire il raccolto dell'anno prossimo». Questa definizione, si legge ancora nel Programma, «contribuisce a conferire un'importante dose di realismo al dibattito sulla sostenibilità. Pertanto, in termini pratici il concetto di sostenibilità è strettamente correlato con le prospettive di una società o di un'intera regione di potersi assicurare uno sviluppo ed un successo permanente e, nel caso delle singole imprese, di garantirsi un utile». In dottrina cfr. G. FACENNA, State Aid and Environmental

Protection, in The law of the State aid in the European Union, a cura di A. BIONDI, P. EECKHOUT, J.

FLYNN, Oxford, Oxford University Press, 2004, pag. 245 ss.

347 Cfr. COM(92) 23 def.volume II del 27 marzo 1992, cap. 2, in cui si afferma che «per l'attuazione di una strategia di sviluppo sostenibile è necessario un cambiamento radicale in praticamente tutti i settori d'intervento della Comunità. Esso presuppone che la tutela dell'ambiente venga integrata nella definizione e nell'attuazione delle altre politiche comunitarie, e ciò non solo per il bene dell'ambiente, ma anche e soprattutto per il bene e per il progresso degli altri settori».

gamma dei mezzi di attuazione della politica stessa. Sempre nel Quinto Programma di azione per l'ambiente le istituzioni comunitarie avevano infatti messo in luce l'esigenza di affiancare ai tradizionali strumenti normativi, basati perlopiù sulla regolamentazione e sull'osservanza di determinati standard348,

nuovi strumenti economici come ad esempio i meccanismi incentivanti e disincentivanti349. Alla base di questa nuova strategia per la politica ambientale

comunitaria pare esserci la consapevolezza, come sottolinea Cafagno, «del fatto che il governo dell'ambiente esige una flessibile ed adattativa combinazione di

348 Il sistema di regolazione diretta aveva suscitato, come rileva Meli, alcune critiche (soprattutto degli economisti), in quanto considerato un sistema «altamente dispendioso e scarsamente incentivante», dal momento che la sua attuazione «richiede un sistema collegato di controlli e sanzioni, ed impone inoltre alle imprese soltanto uno sforzo iniziale di adeguamento». Cfr. M. MELI Il principio comunitario “chi

inquina paga”, cit., pagg.47-48. Sul punto cfr. anche M. CAFAGNO, Strumenti di mercato a tutela

dell'ambiente, cit., pag. 187, che sottolinea come «le misure di comando e controllo tendono ad appiattire gli incentivi». Infatti, «un precetto che predefinisca tanto i risultati prescritti ai destinatari, quanto le modalità per raggiungerli, ovviamente annulla l'interesse alla ricerca privata di rimedi innovativi; ma anche un comando che si limiti a precostituire obiettivi di risultato finisce col deprimere la ricerca di soluzioni migliorative, capaci di conseguire livelli di salvaguardia ambientale eccedenti, rispetto al traguardo minimo di conformarsi».

349 Cfr. COM(92) 23 def. volume II del 27 marzo 1992, cap 7. In tale documento le istituzioni comunitarie avevano sottolineato che «nei quattro precedenti programmi d'azione la Comunità si [era] prevalentemente avvalsa di direttive e regolamenti del Consiglio. La grande maggioranza dei provvedimenti adottati [erano] stati studiati per far fronte a problemi ben definiti o per controllare taluni processi o attività». Tuttavia nella nuova impostazione della politica ambientale, ispirata al principio dello sviluppo sostenibile, la Comunità aveva rilevato che «non [sarebbe stato] concretamente possibile approvare una direttiva o un regolamento che dett[asse] perentoriamente: “Attieniti al principio della sostenibilità”, anche perché la vasta portata di molti problemi ecologici […] e di molte minacce per la biosfera [...]costringe[va] ad inquadrare in una diversa ottica le cause dei problemi di ordine ecologico; [era pertanto] indispensabile risalire alla radice dei problemi e analizzare l'attività e i valori dell'uomo in rapporto all'ambiente e alle risorse naturali nonché i […] modelli di comportamento e consumo». In tale nuova prospettiva volta a modificare radicalmente «le tendenze e i processi, coinvolgendo tutti i settori della società, catalizzati da uno spirito di responsabilità comune», occorreva sviluppare ed applicare, secondo le istituzioni comunitarie, un più ampio pacchetto di strumenti; e in particolare «nell'attuazione della politica ambientale ci si [sarebbe dovuti] avvalere principalmente di quattro tipi di strumenti: strumenti normativi, strumenti di mercato (compresi quelli economici e fiscali e gli accordi su base volontaria), strumenti orizzontali di sostegno (ricerca, informazione, istruzione, ecc.) e strumenti di aiuto finanziario». Sull'importanza dei meccanismi incentivanti e disincentivanti cfr. M. CAFAGNO, Strumenti di mercato a tutela dell'ambiente, cit., pag. 188, che sottolinea come

«orientare i modelli di produzione e di consumo alla meta della sostenibilità è un'operazione istituzionale bisognosa di un livello di capillarità e di flessibilità che soltanto un duttile sistema di incentivi è in grado di promuovere e che, dunque, non può essere affidata alla mera predisposizione di obblighi e divieti o all'esclusivo esercizio dell'autorità». L'A. mette anche in luce che «i dispositivi di orientamento delle condotte, basati su incentivi e disincentivi, se impiegati con le necessarie cautele, facilitano una raccolta dell'informazione ed un processo di apprendimento, individuale e collettivo, che sono ingredienti risolutivi, per qualsivoglia serio programma di protezione dell'ambiente».

strumenti qualitativamente diversi»350.

Alla luce di tale evoluzione era emersa un'esigenza di revisione della disciplina degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente in modo tale da adeguare la stessa al nuovo contesto della politica ambientale351.

Così, nel 1994 la Commissione adotta la Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente352, con la quale viene confermata l'importanza

dello strumento dell'aiuto nel nuovo panorama della politica comunitaria.

Nell'ambito di tale atto la Commissione evidenzia che «la politica di controllo degli aiuti di Stato e la politica dell'ambiente devono […] sostenersi a vicenda nel garantire un'applicazione più rigorosa del principio “chi inquina paga”», specificando che «le sovvenzioni possono costituire una soluzione accettabile nelle situazioni in cui il principio […] non è ancora pienamente applicato»353.

Attraverso la Disciplina del 1994 si assiste anche ad un ampliamento della base giuridica di riferimento idonea a legittimare l'esenzione al generale principio di incompatibilità degli aiuti di cui all'articolo art. 92 TCE (l'attuale art. 107, par.1 TFUE).

Da questo momento in poi la Commissione individuerà come principale fondamento per autorizzare le misure di aiuto la lettera c) del par.3 dell'art. 92 TCE (l'attuale art. 107 TFUE), relativo agli «aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse»354.

350 Cfr. M. CAFAGNO, Strumenti di mercato a tutela dell'ambiente, pag. 188. Cafagno rileva inoltre che nel

campo ambientale «strumenti autoritativi e strumenti economici vanno amalgamati e servono congiuntamente, poiché i difetti degli uni sono mitigati dai pregi degli altri».

351 Sempre nel V Programma d'azione ambientale si afferma che «la Commissione ha già adottato un quadro per gli aiuti statali concessi a fini ambientali, per garantire l'applicazione all'interno della Comunità di un sistema coerente, conforme al principio chi inquina paga. Questo quadro dovrà essere aggiornato per tener conto non solo della crescente importanza delle sovvenzioni concesse per particolari categorie di spese ecologiche, ma anche per garantire l'integrità del mercato interno». Cfr. Cfr. COM(92) 23 def.volume II del 27 marzo 1992, cap 7.

352 Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03).

353 Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punti 1.3 e 1.4.

In virtù di tale deroga la Commissione, subordinando l'autorizzazione dell'aiuto al rispetto di alcuni limiti e condizioni contenute nella stessa disciplina, modulati differentemente in relazione alle diverse categorie di aiuti, ammetterà la concessione di aiuti agli investimenti per l'adeguamento a nuove norme ambientali obbligatorie355; di aiuti diretti ad incoraggiare l'osservanza di criteri più

rigorosi di quelli previsti dalle norme ambientali vigenti356; di aiuti in caso di

inesistenza di norme ambientali obbligatorie357; di aiuti alle attività di

informazione, alla formazione e all'assistenza-consulenza358; di aiuti al

funzionamento359 e, infine, di aiuti all'acquisto di prodotti rispettosi

dell'ambiente360.

Tale mutamento di base giuridica, come rilevato in dottrina361, non è puramente

formale, in quanto le condizioni per l'applicazione della deroga di cui alla lett. c) del terzo paragrafo dell'art.92 TCE (attuale art. 107 TFUE) sono meno restrittive di quelle previste dalla deroga di cui alla lett.b) dello stesso articolo, pur rimanendo tale deroga uno strumento idoneo a legittimare alcune tipologie di aiuti per la tutela ambientale.

In quest'ultimo caso la Commissione continua ad ammettere la compatibilità degli aiuti «destinati a promuovere la realizzazione di importanti progetti di comune interesse europeo, che siano prioritari nel campo della protezione dell'ambiente e abbiano spesso effetti benefici al di là delle frontiere dello Stato membro o degli Stati membri interessati» purché siano rispettate alcune condizioni particolarmente restrittive e cioè che «l'aiuto sia necessario alla

355 Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punto 3.2.1. lett. A.

356 Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punto 3.2.1.lett B.

357 Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punto 3.2.1. lett.C.

358 Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punto 3.3. 359 Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punto 3.4. 360 Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punto 3.5. 361 G. FACENNA, State Aid and Environmental Protection, in The law of the State aid in the European

realizzazione del progetto, il quale deve essere specifico, ben definito e qualitativamente importante e deve costituire un contributo esemplare, chiaramente identificabile ai fini dell'interesse della Comunità europea»362.

Alla scadenza della vigenza della Disciplina, nel dicembre 1999, la Commissione deciderà di prorogarne l'efficacia prima fino al mese di giugno del 2000 e poi fino al dicembre dello stesso anno.

Tuttavia è già emersa un'esigenza di adeguamento della Disciplina agli sviluppi nel frattempo intervenuti sia nella politica ambientale (comunitaria e internazionale), sia nell'ambito della politica degli aiuti di Stato, capace di informare gli Stati membri e le imprese sui nuovi criteri che la Commissione dovrà applicare nella valutazione della compatibilità degli aiuti con il mercato interno.

Occorre infatti ricordare, come peraltro sottolineato dalla Commissione stessa, che dopo l'adozione della Disciplina del 1994 gli interventi in materia ambientale avevano ricevuto nuovi indirizzi, sia a livello comunitario, per iniziativa degli Stati membri e delle istituzioni comunitarie363, sia a livello mondiale, e in

particolare a seguito della conclusione del protocollo di Kyoto364.

Nel 2001 viene pertanto adottata la nuova Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente365 in cui la Commissione, confermando la

centralità dei principi di integrazione e dello sviluppo sostenibile, afferma che «la

362 Cfr. Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (94/C 72/03), punto 3.7.

363 Cfr. Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente (2001/C 37/03), punto 2 dell'Introduzione, in cui la Commissione, tra l'altro, evidenziava che «gli interventi degli Stati membri [erano] ad esempio più numerosi nel settore dell'energia e si [manifestavano] in forme prima inusitate, come sgravi o esenzioni fiscali. [Tendevano] a svilupparsi analogamente nuove forme di aiuti al funzionamento».

364 Come evidenziato dalla Commissione «il protocollo di Kyoto firmato dagli Stati membri della Comunità nel 1997 prevede[va] che le parti contraenti si [impegnassero], per il periodo 2008-2012, a limitare o a ridurre i gas a effetto serra. L'obiettivo per l'insieme della Comunità [era] quello di ridurre le emissioni di tali gas dell'8% rispetto al livello del 1990». Cfr. Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente (2001/C 37/03), punto 68.

365 Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente (2001/C 37/03). In dottrina cfr. D.FOUQUET, Le nuove linee guida dell'Unione europea sui sussidi statali riguardanti la protezione

ambientale, in Riv.giur.amb., 2001, pag. 369 ss.; H. VEDDER, Competition Law and Environmental

politica della concorrenza e la politica dell'ambiente non sono […] antagoniste: le esigenze della tutela dell'ambiente devono essere incluse nella definizione e nell'attuazione della politica della concorrenza, in particolare per promuovere lo