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Segue: b) la sentenza soggetta a ricorso nella giurisprudenza della Cassazione Il grand arrêt delle Sezioni Unite n 2593/1953.

L’ARTICOLO 111, 7° COMMA, DELLA COSTITUZIONE

I.4. Segue: b) la sentenza soggetta a ricorso nella giurisprudenza della Cassazione Il grand arrêt delle Sezioni Unite n 2593/1953.

Anche nella giurisprudenza di legittimità, come nella dottrina, si pone ben presto il problema di determinare la portata e i limiti del termine «sentenza» nel contesto del 7° comma dell’art. 111 Cost. e, in particolare, di stabilire se con tale termine si intenda riferirsi solo a quei provvedimenti che per legge

25 Cerino Canova, La garanzia costituzionale, cit., p. 411.

26 Così Denti, Commento all’art. 111 Cost., cit., p. 20; anche Cerino Canova, La garanzia

costituzionale, cit., p. 398 sub nota 15, osserva come «la dottrina più recente sembra prevalentemente orientata verso la tesi “sostanziale”…»; tuttavia si sono espressi contro l’interpretazione sostanzialistica dell’art. 111, 7° comma, Cost: Carratta, Commento all’art.

339 c.p.c., in Le recenti riforme del processo civile, Commentario diretto da Chiarloni,

Bologna 2007, vol. I, p. 277 ss. spec. p. 278, il quale riferendosi al grand arret delle Sezioni Unite della Cassazione 2593/1953 parla di: «“sciagurata” interpretazione “sostanzialistica” dell’art. 111, 7° co. Cost., inaugurata nel 1953 dai giudici della legittimità.»; Lanfranchi, La

roccia non incrinata. Garanzia costituzionale del processo e tutela dei diritti, Torino 2004, passim; Comoglio, Giurisdizione e processo, cit., p. 1107.

27 Denti, Commentario all’art. 111 Cost., cit., p. 15; ID., Riflessioni sulla crisi della giustizia

civile, in Foro it. 1985, V, p. 341ss., spec. p. 344; Tarzia, Le impugnazioni civili tra disfunzioni e riforme, in Riv. dir. proc. 1984, p. 34ss., spec. p. 35; Bianchi d’Espinosa, Ancora sull’impugnabilità dell’ordinanza che decide in camera di consiglio l’opposizione a decreto d’ingiunzione, in Riv. dir. proc. 1962, pp. 1247 – 1252.

74 debbono rivestire la forma della sentenza o a tutti i provvedimenti a contenuto decisorio, (che hanno cioè la sostanza della sentenza), anche se, eventualmente, per essi la legge prescriva la diversa forma dell’ordinanza o del decreto.

In un primo tempo, la Corte suprema – più volte chiamata a giudicare se le ordinanze (non impugnabili) di cui agli artt. 29 e 30, legge 13 giugno 1942, n. 794, sulla liquidazione delle spese ed onorari dovuti agli avvocati e procuratori dai loro clienti, fossero o no ricorribili in cassazione ˗ accoglie la tesi più ampia e ritiene ammissibile, avverso tali ordinanze, il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.28

Senonché, nel 1951, le Sezioni Unite della Corte suprema fanno un passo indietro e ritengono non ricorribile in cassazione l’ordinanza (non impugnabile) di liquidazione del compenso al sequestratario di cui d.l. 26 marzo 1946, n. 134. Ciò, sul presupposto che la disposizione dell’art. 111 Cost., menzionando le sentenze, non può che riferirsi «alle pronuncie [sic] che nel linguaggio tecnico-giuridico del processo hanno tale precisa qualifica …»29 e quindi, alle sentenze in senso formale.

28 Peraltro, in tali pronunce, la Corte non chiarisce pienamente le ragioni per cui ammette il

ricorso in cassazione. Ad esempio, Cass. 25 gennaio 1949 n. 96, in Giur. it. 1949, I, 1, p. 385ss., spec. p. 387, ove la Suprema corte, dopo aver ribadito la sua precedente giurisprudenza (cfr. Cass. 8 agosto 1945 n. 720, in Giur. compl. Cass. civ. 1945, p. 473.) secondo cui l’ordinanza pronunciata a norma degli artt. 29 e 30, legge 13 giugno 1942 n. 794, non è impugnabile – sia quando abbia deciso sul quantum debeatur, sia nell’ipotesi in cui abbia deciso sull’an debeatur – afferma che l’ordinanza de qua «non era impugnabile, in sede d’appello; e, perciò, è immediatamente ricorribile a questo Collegio supremo, ai termini dell’art. 360 e seg., codice di procedura civile.» Manca qualsiasi riferimento all’art. 111 Cost., ma non si vede perché ammettere il ricorso in cassazione – omettendo l’appello – se non sulla base del precetto costituzionale; nello stesso senso, ma con motivazione più esaustiva: Cass. 14 dicembre 1950 n. 2727, in Foro pad. 1951, I, p. 229 ss. in cui si osserva che, con l’entrata in vigore dell’art. 111 Cost., l’ordinanza in esame è diventata ricorribile in cassazione, poiché ha contenuto di sentenza; sul punto anche Cass. 27 gennaio 1951 n. 237, in Mass. Giur. it. 1951, p. 64.

29 Così, Cass. Sez. Un. 5 maggio 1951 n. 1061, in Giur. compl. Cass. civ. 1951, III bim., p.

376 ss.; le Sezioni Unite, poi, ribadiscono la propria giurisprudenza, secondo cui per stabilire, ai fini dell’impugnazione, quando il provvedimento ha natura di sentenza si deve aver riguardo

75 Per circa due anni la giurisprudenza di legittimità si adegua a tale interpretazione restrittiva, e, sottoponendo a revisione il proprio precedente orientamento, esclude il ricorso per cassazione contro l’ordinanza prevista dagli artt. 29 e 30, legge 13 giugno 1942, n. 79430.

Nel 1953, però, le Sezioni Unite mutano radicalmente indirizzo ammettendo il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. contro l’ordinanza regolata dagli artt. 29 e 30 legge 13 giugno 1942, n. 794, e affermano il principio, tuttora vigente nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui «A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 111 della Costituzione, tutti i provvedimenti decisori, ancorché siano dichiarati sentenze non impugnabili o siano definiti ordinanze dalle leggi anteriori, sono impugnabili con ricorso alla Cassazione per violazione di legge.»31

Giova sottolineare le affermazioni di principio con cui, nel 1953, la Cassazione ha inaugurato l’interpretazione sostanziale del termine «sentenza», ex art. 111, 7° comma, Cost., poiché esse trascendono il caso particolare deciso per

al contenuto intrinseco e non alla forma esteriore o alla denominazione che il giudice abbia dato alla pronuncia, ma subito aggiungono che: «Al principio esposto stimasi per altro debba derogarsi quando, pur trattandosi di provvedimento che conclude il dibattito su questioni sottoposte all’esame del giudice, la legge stabilisca con particolare espressa disposizione che il giudice debba statuire con pronuncia diversa e che per sua natura non è soggetta ai mezzi d’impugnazione delle sentenze.» A proposito di questa sentenza Tiscini, opportunamente, rileva che la Corte confonde la differenza tra la sostanza e la forma derivante dalla voluntas

legis con quella derivante dall’errore giudiziario (Tiscini, Il ricorso straordinario, cit., pp. 93,

94 sub nota 332.)

30 Cass. 5 marzo 1953 n. 524, in Giur. compl. Cass. civ. 1953, II, p. 308 ss.; Cass. 6 agosto

1952 n. 2541, in Mass. Giur. it. 1952, p. 809; Cass. 5 luglio 1952 n. 2025, in Giur. compl.

Cass. civ. 1952, II, p. 1278, ss.; Cass. 8 gennaio 1952 n. 18, in Giur. compl. Cass. civ. 1952, I,

p. 153 ss. V. però Cass. 12 maggio 1952 n. 1358, che ammette il ricorso contro l’ordinanza emessa dalla Corte d’appello in sede di opposizione al decreto del Presidente della medesima Corte che deliba una sentenza sammarinense di annullamento di matrimonio (art. 6 Conv. di amicizia e buon vicinato tra l’Italia e San Marino, resa esecutiva con legge 6 giugno 1939 n. 1320, e modificata con d.l. 21 aprile 1946 n. 276.

31Questa, la massima relativa a Cass. Sez. Un. civ. 30 luglio 1953 n. 2593, in Foro it. 1953, I,

76 assurgere a ratio normativa di valore generale, suscettibile di applicazione a controversie di vario tipo.

Posta di fronte al problema di accertare per quali provvedimenti il Costituente ha inteso assicurare il ricorso per cassazione, per violazione di legge, la Corte osserva che «nel codice sono contenuti due principi generali, l’uno nell’art. 131, di aspetto formale, e cioè che è la legge a prescrivere in quali casi il giudice pronuncia sentenza, ordinanza o decreto, e l’altro, di natura sostanziale, nell’art. 279, secondo il quale è imposta la forma della sentenza per i provvedimenti aventi contenuto decisorio.»32

Nell’argomentazione seguita dalle Sezioni Unite, l’art. 279 c.p.c. detta la regola (previsione della forma di sentenza per il provvedimento a contenuto decisorio) a cui il legislatore può derogare legittimamente invocando l’art. 131 c.p.c. (eccezione alla forma del provvedimento e conseguente sottrazione alla regola dell’impugnabilità).

Attraverso il combinato disposto tra l’art. 131 c.p.c. e l’art. 279 c.p.c. la Cassazione supera, quindi, l’ostacolo formale all’interpretazione estensiva del termine «sentenza» di cui all’art. 111, 7° comma, Cost., poiché è lo stesso codice di rito che prevede forme alternative alla sentenza per i provvedimenti giurisdizionali e ammette che provvedimenti in forma diversa dalla sentenza abbiano contenuto decisorio33 .

L’attenzione della Cassazione si rivolge poi al contenuto che i provvedimenti in forma diversa della sentenza devono avere affinché siano ricorribili con il rimedio di cui all’art. 111, 7° comma, Cost. A riguardo la Corte suprema

32 Cass. Sez. Un. 30 luglio 1953 n. 2593, cit., p. 1250. 33 Tiscini, Il ricorso straordinario, cit., p. 69.

77 osserva che «l’impugnazione, in generale, è disposta dalla legge sempre quando il contenuto del provvedimento è tale che la eventuale ingiustizia di esso importerebbe per la parte un pregiudizio irreparabile, ciò che si verifica nel caso di provvedimenti aventi contenuto decisorio. È di questi che si impone la garanzia di un riesame da parte di un giudice superiore, non necessario rispetto a provvedimenti di contenuto meramente ordinatorio… Tutto ciò premesso le Sezioni Unite ritengono che con l’art. 111 della Costituzione si sia voluto ammettere il ricorso per cassazione in tutti i casi in cui il legislatore ordinario abbia escluso l’impugnazione in deroga al principio generale anzidetto, trattandosi di provvedimenti aventi carattere decisorio, e quindi anche nel caso in cui la legge abbia derogato pure all’altra regola, secondo la quale il provvedimento avrebbe dovuto avere la forma dell’ordinanza [sic ]. Il Costituente, al fine di assicurare ai cittadini la tutela dei diritti e degli interessi legittimi (art. 24, 1° comma), ha voluto ricondurre l’eccezione sotto la disciplina della regola, sì che è indifferente il mezzo col quale sia stata esclusa la impugnazione, e cioè o solo espressamente escludendola ovvero prescrivendo anche la forma dell’ordinanza o del decreto.»34

Nell’idea della Corte, le esigenze di assicurare una maggiore semplicità e rapidità di definizione della controversia, che inducono il legislatore ordinario alle deroghe di cui sopra, non rilevano di fronte al precetto costituzionale, inteso come imposizione della garanzia del controllo di legittimità contro qualunque provvedimento decisorio, nel senso che quest’ultima deve sempre prevalere sulle prime.

78 Per la prima volta, dunque, la Corte enuncia, con sufficiente chiarezza, che con l’introduzione degli articoli 24 e 111 della Costituzione si è delineato un concetto di provvedimento decisorio svincolato dai requisiti formali propri della sentenza, ma dotato sempre di uno dei contenuti previsti dall’art. 279 c.p.c. per l’atto ˗ sentenza, cioè essere un provvedimento che decide sui diritti, di per sé definitivo, la cui eventuale ingiustizia, quindi, lo rende suscettibile del riesame di un giudice superiore 35.

A sostegno dell’interpretazione sostanziale (o contenutistica) dell’art. 111 7° comma Cost., le Sezioni Unite pongono due ulteriori argomenti.

Il primo consiste nella necessità di impedire, per l’avvenire, che il legislatore ordinario possa sottrarre un provvedimento alla regola dell’art. 111, 7° comma, Cost. attribuendo, semplicemente, ad esso un nomen juris diverso da quello di sentenza.

Il secondo è un argomento testuale fondato sul coordinamento tra il 6° e il 7° comma dell’art. 111 Cost. (ex 1° e 2° comma): «nel 1° comma l’obbligo della motivazione non poteva essere stabilito, in generale, che per i “provvedimenti”. Nel 2° comma la parola “sentenze” appare imposta da necessità di espressione, e cioè per menzionare, accanto ai provvedimenti a carattere decisorio, i provvedimenti sulla libertà personale.»36 Si tratta di un espediente di semplificazione linguistica, il quale non esclude che l’espressione utilizzata in entrambi i commi debba essere la medesima, nel senso cioè che qualunque provvedimento decisorio deve essere non solo motivato, ma anche ricorribile in cassazione.

35 Sono queste le conclusioni a cui giunge Perago, Il provvedimento impugnabile, cit., p. 37 36 Cass. Sez. Un. 30 luglio 1953 n. 2593, cit., p. 1251.

79 Formulata la nozione di sentenza in senso sostanziale, le Sezioni Unite prospettano il loro “programma di lavoro” per il futuro: «il Supremo collegio, attesa la grande varietà di ordinanze e di decreti previsti sia nelle leggi speciali sia nel codice di procedura civile, dovrà esaminare caso per caso se una determinata specie di provvedimenti è da considerare o meno di natura decisoria e, sotto ogni altro aspetto, compresa nella sfera di applicazione dell’art. 111 della Costituzione.»37

L’importanza del revirement impone di indagarne le ragioni che lo hanno determinato.

L’apertura interpretativa dell’art.111, 7° comma, Cost. non trova fondamento nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente che, si è detto, sono rivolti a costituzionalizzare l’art. 65 dell’ordinamento giudiziario e ad estendere il ricorso in cassazione alle giurisdizioni speciali.

Anche le argomentazioni testuali (relative al combinato disposto degli artt. 131 e 279 c.p.c.) mostrano, a una più attenta analisi, tutta la loro precarietà38: da un lato, l’art. 279 c.p.c., che attribuisce alla sentenza il primato esclusivo della funzione decisoria39, è contraddetto da una prassi applicativa che fa prevalere la sostanza sulla forma quando il provvedimento, da emanarsi con sentenza, è reso con ordinanza per errore del giudice; dall’altro lato, il combinato disposto

37 Cass. Sez. Un. 30 luglio 1953 n. 2593,cit., p. 1251.

38 Come osserva Tiscini, Il ricorso straordinario, cit., p. 75 sub nota 265, «Le ragioni testuali

sono la risposta alla giurisprudenza anteriore al revirement la quale aveva fatto ampio uso degli artt. 131, 132 e 279 c.p.c. per negare il ricorso in cassazione contro provvedimenti diversi dalla sentenza: la continuità motivazionale rispetto al passato onerava la Corte di abbattere ciascuno dei motivi su cui si era fondata l’opposta interpretazione.»

39 Si noti che, nell’intento di accelerare l’esito dei giudizi civili e in contrasto con lo spirito

originario della norma, la legge 18 giugno 2009, n. 69, di riforma del processo civile, ha modificato il testo dell’art. 279 c.p.c. prevedendo che le pronunce sulla competenza non siano più rese nella forma della sentenza, ma in quella dell’ordinanza, che conserva il carattere decisorio e i rimedi propri della sentenza.

80 tra gli artt. 131 e 279 c.p.c. (che crea la rete di rapporti tra sentenze, ordinanze e decreti) riguarda il giudizio ordinario di cognizione e non è automaticamente estendibile ai procedimenti speciali a cui si rivolge, invece, l’interpretazione evoluta dell’art. 111, 7° comma, Cost.40

Il revirement delle Sezioni Unite si spiega, piuttosto, alla luce dell’esperienza contemporanea al grand arrêt, caratterizzata dalla costante tendenza giurisprudenziale ad attuare la teoria della prevalenza della sostanza sulla forma e dall’aumento esponenziale, nel diritto positivo, di provvedimenti decisori alternativi alla sentenza.

In un quadro siffatto, l’interpretazione sostanziale dell’art. 111, 7° comma Cost. rivela, in realtà, una scelta di campo; la Corte, cioè, abbandona l’idea del processo contenzioso dominato dalla cognizione piena e dalla sentenza e si apre alla crescente prassi legislativa che, in ragione dell’economia processuale, assicura la tutela giurisdizionale dei diritti attraverso procedimenti speciali deformalizzati, che si esternano in provvedimenti formalmente diversi dalla sentenza, quali ordinanze e decreti.

La Cassazione, pertanto, si pone a fianco del legislatore, ne sostiene le scelte, e, attraverso l’estensione del sindacato di legittimità ai provvedimenti decisori conclusivi di procedimenti speciali, assicura un controllo laddove non espressamente previsto, colmando le lacune normative che contraddistinguono la disciplina di questi procedimenti.

40 Questa la conclusione a cui perviene Tiscini che, tuttavia, osserva come «Peraltro, anche nel

giudizio di cognizione, l’idea della sentenza quale unico provvedimento (decisorio e quindi) in grado di concludere il processo è ormai in crisi.» Tiscini, Il ricorso straordinario, cit., p. 80

81 Tale opzione provoca, da subito, una crescita rilevante dei ricorsi in cassazione contro ordinanze e decreti ed estende oltremisura il carico di contenzioso del giudice di legittimità. Si è in proposito autorevolmente osservato che «così facendo, una Corte che poteva permettersi di “cercar lavoro” in un momento in cui produceva poco più di 3500 sentenze l’anno, come l’apprendista stregone ha liberato le forze che oggi la travolgono.»41

SEZIONE II

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