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Orientamenti giurisprudenziali contrapposti sul rapporto tra il reclamo e la revoca o modifica dei provvedimenti presidenziali.

NUOVA DISCIPLINA DEI CONTROLLI SUI PROVVEDIMENTI ANTICIPATORI NELL’INTERESSE DELLA PROLE E DEI CONIUGI.

II.2. Orientamenti giurisprudenziali contrapposti sul rapporto tra il reclamo e la revoca o modifica dei provvedimenti presidenziali.

Si è detto, a chiusura del precedente paragrafo, che la previsione, ex art. 708, 4° comma, c.p.c., del reclamo alla Corte d’appello avverso i provvedimenti presidenziali emessi nel giudizio di separazione e divorzio, se da un lato ha risolto definitivamente il problema relativo alla necessità di un gravame avverso i provvedimenti de quibus, dall’altro lato ha ingenerato dubbi interpretativi circa i rapporti tra il reclamo alla Corte d’appello e la libera

137 revoca o modifica dei provvedimenti presidenziali ad opera del giudice istruttore ex 709, 4° comma, c.p.c. e art. 4, 8° comma, l. divorzio.

Il legislatore, infatti, non si è preoccupato di procedere al coordinamento tra il giudizio di riesame del provvedimento presidenziale, attribuito ex art. 708, 4° comma, c.p.c. alla Corte d’appello, e il potere del giudice istruttore di incidere sul provvedimento stesso, potere “illimitato” stando alla lettera del nuovo art. 709, 4° comma, c.p.c., che ha eliminato il requisito del mutamento delle circostanze. Ciò, a differenza di quanto è accaduto per il processo cautelare uniforme, ove il reclamo e l’istanza di revoca e modifica del provvedimento cautelare sono disciplinati, dai novellati artt. 669-decies e terdecies c.p.c, in modo tale che non si sovrappongano.

La revoca o modifica del provvedimento cautelare può essere chiesta, ex art. 669-decies c.p.c., su istanza di parte solo se «si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare»; con il reclamo, invece, il soccombente può rivolgersi ad un giudice diverso e sovraordinato per chiedere il riesame dei presupposti della decisione che ha concesso o negato il provvedimento cautelare e può far valere tutti i possibili motivi, di rito o di merito51 (il reclamo è, infatti, un mezzo interamente sostitutivo e devolutivo, data la possibilità di proporre al suo interno sia le circostanze e i fatti anteriori di cui si è avuta conoscenza successivamente al provvedimento cautelare, sia le eventuali circostanze e i motivi sopravvenuti alla proposizione del reclamo).

138 Il concorso tra tali rimedi è stato disciplinato, ex art 669-terdecies, 4° comma, c.p.c., prevedendo che proposto il reclamo, contro l’ordinanza che ha concesso o negato il provvedimento cautelare, le eventuali sopravvenienze debbano essere fatte valere all’interno di tale giudizio.

Esaurita la fase del reclamo, il relativo provvedimento potrà essere oggetto di revoca o modifica solo per fatti sopravvenuti o anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare.

Come è stato osservato, «nulla di tutto ciò si desume, almeno non direttamente, dagli artt. 708 e 709 c.p.c.»52

Da un lato, nel silenzio del legislatore, si è posta l’esigenza di individuare, anche per evidenti ragioni di economia processuale, un coordinamento razionale tra il reclamo alla Corte d’appello e l’istanza di revoca/modifica dei provvedimenti presidenziali nei giudizi di separazione e di divorzio, onde evitare che il contemporaneo esplicarsi delle due misure sulla medesima ordinanza desse luogo a soluzioni confliggenti o alla duplicazione di pronunce. Dall’altro lato è emersa la necessità di stabilire se la previsione del reclamo, di cui all’art. 708, 4° comma, c.p.c., abbia lasciata immutata la facoltà incondizionata del giudice istruttore di incidere sui provvedimenti presidenziali, prevista dal nuovo art. 709, 4° comma, c.p.c., o se questa debba ritenersi nuovamente subordinata alla verifica della sopravvenienza di nuove circostanze. La lettera delle norme suindicate non impedisce, infatti, che il provvedimento reclamato possa poi essere revocato o modificato dal giudice istruttore anche in assenza di nova.

52 L’osservazione è di Casaburi, I poteri del giudice istruttore della separazione e del divorzio,

139 In relazione a tali complesse questioni, come si dirà di qui a poco, in giurisprudenza si sono diffuse prassi giurisprudenziali molto diverse.

Quanto al rapporto tra le due misure di revisione esperibili avverso i provvedimenti presidenziali in materia di separazione e di divorzio, si è posto il caso in cui una stessa parte utilizzi contemporaneamente entrambi gli strumenti oppure in cui una delle parti proponga reclamo e l’altra istanza di revoca e modifica con riferimento alla medesima decisione.

Parte della giurisprudenza ha ricostruito tale relazione in termini di alternatività.

In particolare, alcuni tribunali hanno sostenuto l’alternatività dei due rimedi secondo il criterio gerarchico e hanno sancito la prevalenza del reclamo rispetto all’istanza di revoca/modifica53.

Secondo questo indirizzo, l’istanza di revoca/modifica al giudice istruttore è consentita solo dopo che sia consumato il potere delle parti di reclamare, o perché è decorso inutilmente il termine per presentare il reclamo, o perché è concluso il giudizio di reclamo davanti alla Corte d’appello.

In questa prospettiva, il Tribunale di Modena ha attribuito alla notifica dell’ordinanza presidenziale, (a cui l’art. 708, 4° comma, c.p.c. àncora il dies a quo del termine di dieci giorni per la proposizione del reclamo), la funzione di vera e propria «condizione di proponibilità della richiesta di revoca/modifica al

53 Tribunale di Padova 2 aprile 2007, ord., in Foro it. 2007, p. 1916 ss.; Tribunale di

Napoli 9 novembre 2006, ord., in Foro it. 2007, p. 302 ss.; Tribunale di Modena 5 ottobre 2006, ord., in Fam. pers. succ. 2007, p. 221 ss.

140 g.i.»54. Si è tuttavia, opportunamente, osservato che, in tal modo, si conferisce alla notifica una funzione differente da quella, che le è propria, di far decorre il termine breve per il reclamo stesso e accelerare, in tal modo, la formazione della stabilità del provvedimento55.

Altra parte della giurisprudenza ha ritenuto trattarsi di rimedi alternativi tra loro, ma ha disciplinato l’alternatività secondo il principio della prevenzione56. In un caso in cui una parte aveva proposto contemporaneamente l’istanza di revoca o modifica al giudice istruttore e il reclamo, la Corte di appello di Milano ha sancito l’inammissibilità del reclamo in conseguenza dell’istanza di modifica e/o revoca dell’ordinanza presidenziale preventivamente presentata da parte reclamante al giudice istruttore del procedimento di separazione. Ciò in quanto «l’attuale sistema […] attribuisce alle parti la scelta tra due rimedi da esperirsi avverso l’ordinanza presidenziale, di cui uno davanti al giudice superiore e l’altro davanti al giudice istruttore della causa, ma electa una via altera non datur: infatti non appare concettualmente coerente con il nostro sistema giuridico, né rispondente ai criteri di ragionevolezza e di economia processuale la possibilità di investire contestualmente due diverse autorità giudiziarie dell’esame di una medesima istanza fondata sui medesimi motivi, con l’inaccettabile ipotetica conseguenza dell’emissione di due provvedimenti tra loro contrastanti entrambi dotati di uguale efficacia esecutiva.»57

54 Tribunale di Modena 5 ottobre 2006, cit., p. 223.

55 Danovi, Separazione e divorzio i rapporti tra il “nuovo” reclamo avverso l’ordinanza

presidenziale e la revoca/modifica da parte dell’istruttore, in Fam. pers. succ. 2007, p. 221 ss.

spec. p. 226; ID,Reclamo, revoca e modifica dei provvedimenti sommari nella separazione e nel divorzio, in Giusto processo civ. 2008, p. 203ss., spec. p. 217.

56 Tribunale di Reggio Calabria 2 aprile 2008, ord., in Fam. min. 2009, fasc. 1, p. 74; Corte di

appello di Milano 29-30 marzo 2007, decr., in Dir. fam. 2007, p. 1187 ss.

141 Pertanto, secondo questo orientamento giurisprudenziale, i coniugi sono completamente liberi di scegliere quale rimedio attuare, ma la scelta dell’uno preclude la proposizione dell’altro rimedio fondata sugli stessi motivi; da ciò ne consegue che il provvedimento emesso dalla Corte d’appello in sede di reclamo potrebbe essere successivamente modificato o revocato dal giudice istruttore solo in presenza di fatti e circostanze differenti da quelli posti a sostegno del reclamo.

Una differente impostazione giurisprudenziale risolve il problema del coordinamento, tra il reclamo alla Corte d’appello e l’istanza di revoca e modifica al giudice istruttore, riconoscendo natura cautelare ai provvedimenti de quibus e applicando analogicamente la disciplina dettata in materia cautelare dall’art. 669-terdecies c.p.c.

Sostiene tale posizione il Tribunale di Pisa, in un giudizio di separazione in cui una parte aveva proposto istanza di modifica dell’ordinanza presidenziale limitandosi a censurare la correttezza del procedimento, senza allegare mutamenti58.

Il Tribunale pisano individua un’apparente antinomia tra il combinato disposto degli artt. 708, 4° comma, c.p.c., e 177, 3° comma, n. 3, c.p.c., per cui «non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo», e l’art. 709, 4° comma, c.p.c. che prevede la revoca o modifica dell’ordinanza presidenziale svincolata dal mutamento delle circostanze.

142 Tale antinomia, si osserva, è solo apparente poiché alla mancata indicazione da parte del legislatore di un criterio di coordinamento tra i rimedi del reclamo e l’istanza di revoca/modifica, e quindi a tale lacuna normativa, è possibile sopperire «individuando la norma di carattere generale che regola il concorso di tali rimedi avverso le ordinanze…». E questa norma viene identificata, stante la natura cautelare dei provvedimenti in commento, nell’articolo 669- terdecies c.p.c., che quindi viene applicato analogicamente al caso in esame, per cui «l’ordinanza del Presidente del Tribunale è revocabile e modificabile ai sensi dell’art. 709, 4° comma, c.p.c. solo nei limiti in cui sono modificabili e revocabili i provvedimenti cautelari, e cioè solo se si verificano mutamenti nelle circostanze, o si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare.»59

L’applicazione diretta delle norme sul procedimento cautelare uniforme, possibile in caso di giudizio di divorzio, è, invece, esclusa nella separazione poiché, sottolinea il Tribunale di Pisa, l’art 669-quaterdecies c.p.c. «che delimita l’ambito applicativo del procedimento cautelare uniforme, non rinvia a tutti i provvedimenti cautelari previsti nel codice di procedura civile, ma solo a quelli previsti nelle sezioni II, III e V del capo III del libro IV»60.

Dai criteri sopramenzionati, volti a coordinare l’istituto del reclamo e il potere di revoca/modifica del giudice istruttore secondo i c.d. rapporti della prevalenza/precedenza e del concorso alternativo61, si distingue il criterio,

59 Tribunale di Pisa 14 febbraio 2007, ord., cit., p. 1230, 1231. 60 Tribunale di Pisa 14 febbraio 2007,ord., cit., p. 1231.

61 Così Danovi, (Reclamo revoca e modifica dei provvedimenti sommari, cit., p. 216), con

riferimento «a quella giurisprudenza di merito che ha attribuito una sorta di “corsia preferenziale” al reclamo e individuato nella consumazione del relativo potere di proposizione la condizione di esperibilità della richiesta di revoca /modifica.»

143 fatto proprio dalla maggioranza delle Corti di appello, volto a differenziare l’ambito applicativo dei due rimedi nel senso che: «il reclamo alla Corte di appello consente di censurare profili di eventuale manifesta erroneità dei provvedimenti presidenziali, mentre la richiesta di revoca o modifica all’istruttore va correlata all’opportunità di adeguare i provvedimenti, resi all’esito della delibazione sommaria, alle risultanze acquisite nel corso della fase a cognizione piena»62.

In sostanza, si ritiene che la Corte ha il solo compito di correggere eventuali errori particolarmente evidenti e immediatamente rilevabili di fatto o di diritto dell’ordinanza presidenziale, senza possibilità di effettuare complesse attività di accertamento e con esclusione dei nova, intendendo con ciò sia i fatti nuovi che le nuove prove. Come è stato osservato, l’errore manifesto tende a ridursi alle ipotesi scolastiche di errore nell’individuazione e nell’interpretazione della legge applicabile, nonché di errore nella lettura dei documenti di causa63. In questa prospettiva, l’approfondimento istruttorio è, di contro, demandato alla fase a cognizione piena dinanzi al giudice istruttore; le parti, con l’istanza di revoca o modifica all’istruttore, possono sollecitare l’adeguamento del contenuto dell’ordinanza presidenziale ai risultati della fase istruttoria.

Cionondimeno, alcune Corti di appello non hanno seguito l’interpretazione restrittiva del potere di reclamo di cui all’art. 708, 4° comma, c.p.c., e hanno ampliato l’ambito del controllo della Corte d’appello prevedendo ad esempio che «Poiché, com’è noto, al giudice del reclamo competono gli stessi poteri del giudice del provvedimento reclamato, l’impugnativa di cui al IV comma art.

62 Corte di appello di Bologna 17 maggio 2006, decr., in banca dati dejure.

63 Lupoi, Il reclamo contro i provvedimenti provvisori e urgenti nel procedimento di

144 708 c.p.c. conduce al riesame di quanto statuito dal presidente e alla censura dei vizi della decisione rilevabili a mezzo dei poteri di indagine sopra descritti [cioè dei poteri di indagine attribuiti al giudice ex art.155 sexies c.c.].»64 L’idea è dunque quella di riconoscere alla Corte il potere di riesaminare integralmente quanto previsto dal presidente, consentendo alle parti anche l’allegazione di nuove circostanze e nuove prove.

Alla base dell’interpretazione restrittiva dei poteri delle Corti di appello vi è certamente il tentativo delle stesse corti di scoraggiare l’uso del reclamo e di evitare, in tal modo, di congestionare l’attività della Corte; tuttavia, come è stato opportunamente osservato, ridurre il potere del giudice del reclamo all’individuazione degli errori evidenti del presidente del Tribunale contrasta con la configurazione del reclamo come mezzo di gravame che esige un nuovo riesame ed una nuova decisione “di merito” in relazione anche ad argomenti non dedotti davanti al presidente, purché fondati su fatti non contestati o facilmente accertabili65.

In una posizione affatto singolare si colloca la Corte di appello di Firenze. I giudici fiorentini muovono dal rilievo che i provvedimenti presidenziali sono caratterizzati da un tasso di «precarietà ed approssimatività», frutto dell’intervento cautelare ed urgente proprio del presidente, sconosciuto ai provvedimenti del giudice istruttore i quali, pur provvisori ed urgenti, sono adottati all’esito di un giudizio a cognizione piena da un giudice a cui la riforma ha attribuito un potere ampio e non più condizionato dal verificarsi di

64 Così, Corte di appello di Napoli 13 luglio 2007, decr., su www.affidamentocondiviso.it ;

nello stesso senso, Corte di appello di Milano 30 marzo 2007, decr., cit.

65 Luiso, Revocabilità, modificabilità e impugnazione dei provvedimenti sommari e di merito,

145 «mutamenti nelle circostanze», come si deduce dall’abrogazione del 4° comma, dell’art. 708 c.p.c., vecchio testo. Così ragionando, si arriva a sostenere che, «poiché i provvedimenti emessi dalla Corte in sede di reclamo partecipano degli stessi requisiti di temporaneità ed urgenza di quelli reclamati […] è perciò difficile giustificarne la funzione, una volta che, anche se per ragioni di tempo, la situazione di urgenza e temporaneità sia rimasta assorbita dal decorso processuale a cognizione piena.» 66

La Corte di appello di Firenze ritiene pertanto che la decisione sul reclamo ex art. 708, 4° comma, c.p.c. avverso i provvedimenti presidenziali «si giustifica solo in quanto, precedendo l’udienza di comparizione e trattazione delle parti avanti al giudice istruttore, abbia un apprezzabile margine temporale di applicazione, al fine di esplicare a pieno la sua efficacia cautelare; ed in ogni caso sia volta a modificare provvedimenti temporanei ed urgenti che, per la loro abnormità o manifesta non rispondenza alle emergenze della causa già evidenziatesi, siano oggettivamente in grado di danneggiare le parti anche nel breve lasso di tempo che separa , di norma , l’udienza presidenziale dalla prima udienza di comparizione.»67

Questo orientamento assai restrittivo è stato variamente criticato in dottrina. Si è infatti evidenziato che le parti potrebbero trovarsi prive di qualsiasi tutela non potendo reclamare il provvedimento presidenziale per il breve lasso di tempo

66 Corte di Appello di Firenze 9 aprile 2010, decr., in Foro it. 2010, p. 2199 ss., spec. pp.

2200, 2201.

146 intercorrente tra le due udienze e non potendo ottenere la revoca o la modifica dell’ordinanza presidenziale per la carenza di quid novi68.

Quanto al tema dei presupposti necessari per l’istanza di revoca/modifica dei provvedimenti presidenziali emessi nel giudizio di separazione e divorzio ai sensi degli artt. 709, 4° comma, c.p.c. e 4, 8° comma, legge sul divorzio, l’analisi della giurisprudenza evidenzia una pluralità di tesi.

L’opinione prevalente in giurisprudenza, stando ai provvedimenti editi, ritiene che, a seguito dell’introduzione ex art. 708, 4° comma, c.p.c. del reclamo alla Corte d’appello avverso i provvedimenti temporanei e urgenti del presidente, la revoca/modifica dell’ordinanza presidenziale da parte del giudice istruttore sia ammissibile solo in caso di mutamenti delle circostanze, questi ultimi, poi, variamente definiti69. Tale soluzione è ritenuta necessaria al fine di evitare una inutile duplicazione dei mezzi di impugnazione e implica che la richiesta di revoca e/o modifica al giudice istruttore assuma natura giuridica di novum iudicium.

68 V. in tal senso Balsamo, Rapporti tra provvedimento presidenziale e poteri di modifica e

revoca del g.i. in sede di separazione e divorzio, Atti del convegno sul contributo di mantenimento e sull’assegno divorzile, Osservatorio sul diritto di famiglia, 20 maggio 2011,

Pisa, in www.claudiocecchella.it ; Guaglione, Il giusto processo nel conflitto familiare, Atti del

Convegno Avvocati di famiglia, Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, 18 marzo 2011,

Bari.

69 Sostengono tale tesi ad esempio: Tribunale di Roma 13 luglio 2011, ord., in

www.studiolegalemartignetti.it; Tribunale di Busto Arsizio 17 novembre 2010, ord., in Giur. mer. 2011, 3, p. 715; Tribunale di Lamezia Terme 30 marzo 2010, ord., in www. personaedanno.it; Tribunale di Pistoia 7 gennaio 2010, ord., in Foro it. 2010, p. 2199 ss.,

spec. p. 2203; Tribunale di Bari 14 gennaio 2008, ord., in banca dati dejure, ritiene necessari fatti nuovi; Tribunale di Pisa 19 dicembre 2007, ord., in banca dati dejure, specifica che deve trattarsi di sopravvenienza di un mutamento di circostanze; Tribunale di Mantova 23 maggio 2007, ord., in www.ilcaso.it; Tribunale di Padova 2 aprile 2007, cit.,p. 1920 sostiene la necessità di nuovi fatti e circostanze o di elementi di mera valenza probatoria; Tribunale di Palermo 6 marzo 2007, ord., in banca dati dejure; Tribunale di Pisa 14 febbraio 2007, cit., p. 1231, sostiene la necessità di mutamenti nelle circostanze o fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento; Tribunale di Velletri 29 settembre 2006, ord., in banca dati dejure, il quale parla di circostanze sopravvenute; Tribunale di Trani 28 aprile 2006, ord., in Foro it. 2006, p. 2213 ss., spec. p. 2219 ss. che ritiene necessari elementi sopravvenuti o, se preesistenti, incolpevolmente ignorati.

147 In linea con questo orientamento, parte della giurisprudenza giunge ad affermare l’abrogazione tacita dell’art. 709 c.p.c., nella parte in cui prevede la libera modificabilità o revocabilità delle ordinanze presidenziali da parte del giudice istruttore «in quanto detta una regola incompatibile con la disposizione successivamente introdotta nel nostro ordinamento e cioè con l’art. 708, 4° comma, c.p.c., alla luce del principio generale espresso dall’art. 177, 3° comma, c.p.c., in virtù del quale una ordinanza ove sottoposta ad uno strumento di impugnazione non è più liberamente revocabile o modificabile con altra ordinanza…»70.

Altra parte della giurisprudenza, minoritaria, sostiene, invece, un’interpretazione letterale delle norme di cui sopra e ritiene che le ordinanze presidenziali siano sempre modificabili e/o revocabili dal giudice istruttore senza necessità di elementi nuovi71.

II.3. Il problema della reclamabilità dell’ordinanza con cui il giudice

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