• Non ci sono risultati.

La Convenzione di Lussemburgo del 1980 e la Convenzione dell’Aja del 1980

Come si è avuto modo di osservare, la tutela dei minori, sia a livello internazionale che europeo, è da sempre oggetto di particolare attenzione.

A tal riguardo, sono stati predisposti diversi strumenti per combattere quel particolare fenomeno che va sotto il nome di sottrazione internazionale di minore.

In uno scenario in cui si diffonde sempre più la mobilità delle famiglie attraverso le frontiere, assume, infatti, particolare rilevanza, in occasione delle crisi di coppia, il fenomeno in questione98. La materia entra a pieno titolo nell’ambito della responsabilità

98 Si veda al riguardo M. A. LUPOI, La sottrazione internazionale di minori: gli aspetti processuali,in Riv.

42

genitoriale, per cui si applica, tra gli Stati membri dell’Unione, la disciplina del regolamento Bruxelles II bis di cui si parlerà nel paragrafo successivo. In questa sede, però, si vuole concentrare l’attenzione sui due principali strumenti adottati a livello Convenzionale in materia. A tal riguardo, sono ben note le Convenzioni internazionali, stipulate nell’ambito della conferenza dell’Aja, di diritto internazionale privato e del Consiglio di Europa, così come noto è il loro limitato successo.

Si fa, nello specifico, riferimento alla Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sulla sottrazione internazionale dei minori ed alla Convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980 sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento di minori e di ristabilimento dell’affidamento, le quali hanno mostrato numerosi problemi interpretativi, derivanti dalla loro applicazione da parte delle Autorità nazionali dei vari Stati.

Obiettivi di entrambe le Convenzioni sono di assicurare l’immediata restituzione del minore rapito ovvero trattenuto in virtù di un esercizio abusivo del diritto di visita e di garantire l’effettivo esercizio del diritto di custodia e di quello di visita99.

Le due Convenzioni sono diverse, sebbene le si dovrebbe intendere come coordinate, per via della contemporanea gestazione europea.

La Convenzione adottata in seno al Consiglio d’Europa100 si prefigge di individuare una

procedura semplificata per il riconoscimento dei provvedimenti aventi ad oggetto l’affidamento e il diritto di visita dei minori. Scopo dichiarato dalla Convenzione è quello di permettere il rientro del minore101 a seguito del riconoscimento del provvedimento di

affidamento. Il provvedimento di cui si cura la Convenzione contiene una disciplina dei rapporti personali tra il minore e i genitori: presuppone un conflitto tra i genitori e, quindi, un comportamento «illegittimo» perché trasgressivo di un provvedimento validamente assunto in uno degli Stati contraenti.

È infatti esplicitamente previsto dall’art. 1 sub d) che, al fine di potersi avvalere di quanto da questa disposto, si debba necessariamente presentare il dato oggettivo del

estrinsecarsi e ne individua due principali tipologie: da un lato quella operata dalla madre (normalmente convivente con la prole), per allontanarsi dal luogo ove la famiglia risiede per tornare nel proprio paese di origine anche (non necessariamente) per sfuggire a situazioni di pericolo o violenza; dall’altro, quella posta in essere dal padre (di norma convivente) che lamenti di essere ostacolato nella sua frequentazione con i figli minori.

99 Come è facilmente comprensibile, la difesa di quest’ultimo diritto è valido strumento di rispetto del primo.

Si veda M. R. DONNARUMMA, Recenti convenzioni in materia di rapimento internazionale dei minori e di reintegro del diritto di custodia, in Dir. fam. pers., fasc. 1., 1981, pag. 326.

100 La Convenzione di Lussemburgo del maggio 1980.

101 L’ Art. 1 della Convenzione di Lussemburgo del 1980 prevede che per minore si debba intendere una

persona di qualunque cittadinanza che non abbia ancora compiuto l’età di sedici anni e che non abbia diritto di fissare personalmente la propria residenza secondo la legge della sua residenza abituale o della sua cittadinanza o secondo la legge interna dello Stato richiesto.

43

trasferimento illegittimo del minore, inteso come «trasferimento di un minore attraverso

una frontiera internazionale in violazione ad una decisione che disponga il suo affidamento emessa in uno Stato contraente ed esecutiva in tale Stato», oppure come un

«suo mancato ritorno, al termine del periodo di esercizio di un diritto di visita relativo a

detto minore o al termine di ogni altro soggiorno temporaneo in un territorio diverso da quello in cui è esercitato l’affidamento», oppure ancora come trasferimento dichiarato

successivamente illecito ai sensi dell’articolo 12. Attraverso la Convenzione di Lussemburgo del 1980, pertanto, si è inteso assicurare il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento e diritto di visita all’interno di uno Stato contraente differente rispetto a quello in cui la pronuncia ha avuto origine.

A tal fine è stato previsto un sistema al centro del quale si trova l’autorità centrale, a cui spetta l’onere di rintracciare il minore, adottare misure protettive provvisorie, stimolare la procedura in sede decidente e gestire il ritorno, garantendo l’esecuzione del provvedimento, con la conseguente riconsegna del medesimo al ricorrente che abbia manifestato la sussistenza dei requisiti richiesti dalla Convenzione stessa102.

Se l’art. 8 della Convenzione sancisce i criteri e le tempistiche per procedere alla restituzione del minore, l’art. 9 stabilisce i motivi di rifiuto dell’istanza di ritorno avanzata all’autorità centrale103. A tal riguardo, rilevante è anche l’art. 10, nel quale

vengono disciplinate altre ipotesi di rifiuto della domanda, alcune delle quali volte a salvaguardare l’interesse del minore e i principi fondamentali del diritto di famiglia e minorile.

Si deve segnalare che la reale importanza della Convenzione è stata certamente ridimensionata dall’entrata in vigore del regolamento CE n. 2201/2003, il quale ha comportato l’inapplicabilità della Convenzione agli Stati membri dell’Unione europea (ad eccezione della Danimarca) nonché del recente regolamento UE n. 1259/2010104.

102R. GALBIATI - V. LIBRANDO - L. ROVELLI, La Convenzione europea sul riconoscimento e

l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento di minori e sul ristabilimento dell’affidamento, in Riv. dir. Eur.,1980, pagg. 377 ss.

103 Infatti l’art. 8 stabilisce che l’obbligo di riconoscimento ed esecuzione di un provvedimento deve operare

quando l’istanza di ritorno è stata inoltrata entro sei mesi dal trasferimento illecito del minore e «quando all’atto dell’introduzione dell’istanza nello Stato in cui il provvedimento è stato pronunciato o alla data del trasferimento illegittimo, se questo ha avuto luogo precedentemente, il minore e i suoi genitori avevano soltanto la cittadinanza di questo Stato e il minore aveva la residenza abituale sul territorio di tale Stato» ; mentre con l’art. 9 si stabilisce che nei casi che non siano disciplinati dall’art. 8 o nei casi in cui il provvedimento sia stato pronunciato in assenza del genitore convenuto o non vi sia stata regolare comunicazione dell’atto introduttivo, ovvero il provvedimento di affidamento risulti incompatibile con altro divenuto esecutivo nello Stato di provenienza, prima del trasferimento illecito del minore, non si potrà dare applicazione alla Convenzione medesima; si veda, in tal senso, G. DOSI, Le convenzioni internazionali sulla protezione dei minori, in Fam. dir.,fasc. 4, 1997, pagg. 390 ss.

104Regolamento (UE) 1259/2010 in GUUE L 343, del 29.12.2010, relativo «all’attuazione di una

44

Se la Convenzione di Lussemburgo si rivolge al circoscritto ambito geografico europeo e ad una specifica tecnica giuridica, di più ampio respiro è l’altra fonte normativa in materia, ossia la Convenzione dell’Aja del 1980. Questa convenzione, oltre ad applicarsi anche agli Stati extraeuropei che l’anno sottoscritta, persegue l’obiettivo della tutela delle situazioni di fatto, proponendosi di apprestare procedure di urgenza per ripristinare lo status quo anteriore alla sottrazione, attraverso l’immediato ritorno del minore. Ciò, prescindendo dal fondamento di legittimità di chi ha operato la sottrazione, al punto da non attribuire alcun rilievo persino all’eventuale decisione di affidamento, su cui il «rapinatore» possa fondare la sua pretesa, che sia efficace nello Stato richiesto dalla restituzione105 (art. 17).

Emerge, ictu oculi, come la prima differenza rispetto alla Convenzione di Lussemburgo sia quella di prescindere dall’elemento del riconoscimento di un provvedimento di affidamento e, quindi, da un titolo giuridico. Infatti in Lussemburgo si è voluto creare uno strumento per «facilitare il riconoscimento e l’esecuzione di un provvedimento

esecutivo»; all’Aja si è voluto invece creare uno strumento recuperatorio106. La seconda

lapalissiana differenza è che, nella Convenzione dell’Aja, non ci si limita al conflitto familiare: l’obiettivo è combattere sul piano civilistico ogni sorta di «kidnapping internazionale»107e risolvere, d’urgenza, con una delibera da assumere di regola entro sei

settimane (art. 11), il problema del minore cui venga da chiunque impedito il ritorno. La tutela dei titoli di affidamento, su cui fa leva la Convenzione di Lussemburgo, privilegia i diritti dei parenti rispetto a quelli dei minori stessi, rispondendo ad un ottica tradizionale della potestà e della tutela dei minori, intesa come attribuzioni di diritti e di poteri sulla persona di quest’ultimi.

La Convenzione dell’Aja, dal canto suo, privilegiando le situazioni di fatto (legittimamente fondate), fa prevalere l’interesse superiore del minore a non essere trasferito da un luogo all’altro in nome di pretese giuridiche avanzate dal genitore. In tal modo, quest’ultima, si allinea alle più moderne teorie del diritto minorile, miranti a tutelare il bambino come individuo con propri diritti, non subordinati al potere inviolabile e illimitato dei genitori e a quelle tendenze secondo cui il minore debba essere considerato soggetto in grado di partecipare alle determinazioni a sé relative e, pertanto,

105

Cfr. G. CARELLA, La Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, in Riv. dir. int. priv. proc., 1994, pag. 779.

106L. SACCHETTI, Le convenzioni internazionali di Lussemburgo e dell’Aja del 1980. Confronto e

problematiche giuridiche, in Dir. fam. pers., fasc. 2, 1997. pag. 1497. 107

F. MOSCONI - D. RINOLDI, La sottrazione internazionale di minori da parte di un genitore. Studi e documenti sul kidnapping internazionale, Padova, 1988.

45

al quale debbano essere fornite adeguate informazioni in virtù delle quali potrà esprimere le proprie opinioni108.

Appare opportuno rilevare, anche in questo caso, il carattere dell’illiceità del comportamento109, al pari di quanto stabilito, a livello comunitario, dalla Convenzione di

Lussemburgo. Cardine della Convenzione è infatti l’art. 3, che indica i casi in cui il trasferimento o il mancato ritorno del minore siano considerati illeciti. Nel farlo richiede il verificarsi di due diverse condizioni: da una parte, la violazione del diritto di custodia attribuito ad una persona o ad un’istituzione, in virtù della legge dello stato di residenza abituale del minore, nell’immediato precedente il suo trasferimento; dall’altro l’effettivo esercizio di tale diritto. Entrambi i requisiti, l’uno di fatto e l’altro di diritto, devono necessariamente coesistere.

Coerentemente con la ratio e la filosofia di fondo della convenzione - la quale non vuole tutelare i titoli giuridici, bensì mere situazioni di fatto - si nota come la relativa applicabilità ratione materiae si estenda alla sottrazioni operate in violazione di qualsiasi diritto di affidamento efficace nell’ordinamento dello Stato di residenza del minore, purché alla titolarità del diritto si accompagni l’effettivo esercizio di esso. Ciò comporta che, nei casi - frequenti in questa materia - di contrasto tra diritti di affidamento aventi diverso fondamento, la Convenzione si applichi non al diritto che abbia il fondamento giuridico più forte, bensì al diritto effettivo. Così ad esempio, tra un diritto di affidamento ex lege effettivamente esercitato ed un diritto derivante da un provvedimento di un’autorità, sarà il primo a godere della tutela della Convenzione, in quanto si avvantaggia della presunzione che ciò corrisponda all’interesse del minore.110

Va precisato però, che in taluni casi, essa prescinde dall’elemento di fatto e si applica a situazioni in cui ricorre il solo elemento giuridico, come avviene nel caso previsto dall’art. 3 lett. b) ultima parte, che estende la tutela della Convenzione al caso in cui l’effettivo esercizio di un diritto di affidamento sia stato impedito proprio dalla sottrazione.

In ogni caso, l’interesse del minore diventa l’obiettivo fondamentale di tutela in questa Convenzione, come degli altri strumenti di diritto interno e internazionale di cui si è già trattato. Gli effetti della sottrazione sono certamente nefasti per il minore che viene separato dall’ambiente in cui è vissuto e che deve adattarsi ad una nuova lingua, a situazioni culturali diverse, a nuovi amici e insegnanti. La Convenzione in esame appresta

108 G. CASSANO - R. QUARTA, La tutela del minore nelle recenti convenzioni internazionali, in Fam. dir.,

fasc. 2, 2002, pagg. 205 ss.

109M. R. DONNARUMMA, Recenti convenzioni in materia di rapimento internazionale dei minori, cit., pag.

326.

46

la disciplina più opportuna, rispetto al dato sociologicamente rilevante del problema costituito del mutamento improvviso e traumatico delle condizioni di vita per il minore. Allo scopo, essa tutela la situazione di fatto precedente, intesa quale continuità fra il medesimo individuo ed il proprio Paese e contesto socio - culturale, al fine di preservare l’integrità psico-fisica e l’identità dello stesso minore.

L’assunto da cui si muove è infatti quello che il minore abbia diritto al mantenimento dei rapporti affettivi stabili con entrambi i genitori, nonché con il proprio ambiente familiare e sociale.

Occorre chiarire che la Convenzione distingue in maniera netta il diritto di affidamento dal diritto di visita nell’ art. 5: il primo comprende «i diritti concernenti la cura della

persona minore e in particolare il diritto di decidere riguardo a suo luogo di residenza»,

mentre il secondo riguarda «il diritto di condurre il minore stesso in un luogo diverso

dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo». Ritroveremo peraltro, tali

nozioni, anche nel regolamento CE n. 2201 del 2003.

La Convenzione sancisce inoltre l’immediato ritorno del minore nello Stato di residenza abituale (art. 12) esclusivamente nell’ipotesi di violazione del diritto di affidamento e custodia.

Per rendere effettivo l’obbligo di restituzione del minore sottratto, si preoccupa di predisporre appositi strumenti. Questi ultimi sono rappresentati dall’istituzione di un’autorità centrale, con funzioni generali di coordinamento e impulso, nonché la formulazione, con riguardo alle procedure da esperire, dei principi di gratuità e di speditezza.

Nel caso in cui, invece, difetti il presupposto dell’illiceità del trasferimento, la Convenzione dispone che, con l’ausilio della autorità centrale, al genitore non affidatario sia garantito l’effettivo esercizio del diritto di visita, anche attraverso una ridefinizione delle relative modalità. La Convenzione, infatti, al suo capo IV prevede una disciplina specifica, in relazione al diritto di visita, il quale assume rilievo in relazione all’interesse del minore, come sancito anche nella Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, di «intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori,

a meno che ciò non sia contrario al suo superiore interesse»111.

Non è questa, tuttavia, la sede per analizzare gli aspetti sostanziali della Convenzione dell’Aja del 1980 e in particolare le condizioni per ottenere il rientro del minore e i motivi che possono impedirlo. Risulta, tuttavia, necessario precisare l’ambito di applicazione

111Cfr. C. DEREATTI, La tutela del provvedimento di affidamento nei rapporti internazionali,in M. SESTA

47

ratione personae della Convenzione, che, secondo quanto previsto dall’art. 4, viene

limitato ai minori degli anni 16, a prescindere dalla definizione di soggetto minore e di minore età che ne viene data negli ordinamenti interni degli Stati. Tale limite, identico a quello previsto dall’art. 1 della Convenzione di Lussemburgo, si discosta da quello previsto dalla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo e dalla Convenzione dell’Aia sulla protezione dei minori del 1996, nelle quali il limiti di età posto è di 18 anni.

Siffatta previsione, ad ogni modo, va a trovare la propria giustificazione nel fatto che il soggetto di età superiore ai 16 anni appaia comunque in grado di poter formulare una propria opinione, a prescindere dalle richieste dei genitori e dai provvedimenti giudiziari o amministrativi che possano essere adottati in tema di affidamento e visita112.

A tal proposito, emerge un’ulteriore problematica relativa alla determinazione del momento a partire dal quale il compimento del sedicesimo anno di età escluda l’applicazione della convenzione. Si pensi al caso in cui il soggetto compia il sedicesimo anno nel corso della procedura, dopo la presentazione della domanda di ritorno e prima della pronuncia sul merito. Al riguardo, una prima tesi è orientata a non attribuire rilevanza a questa particolare circostanza, dovendosi prendere in considerazione, quale momento temporale in relazione all’età del soggetto, l’istante della sottrazione o quello della presentazione della domanda all’autorità centrale113. Una seconda tesi è orientata a

dare rilevanza al compimento del sedicesimo anno di età in qualsiasi momento esso si realizzi nel corso della procedura114.

Da una lettura prima facie dell’art. 4 della Convenzione, il quale afferma che

«l’applicazione della Convenzione cessa allorché il minore compie i 16 anni» si

potrebbe sposare la seconda teoria. A parere di chi scrive, tuttavia, da una analisi sistematica dell’articolo in questione con il successivo art. 27, nel quale è previsto che l’autorità centrale al momento della proposizione della domanda sia chiamata a verificare che siano state osservate le condizioni previste dalla Convenzione e che la domanda abbia fondamento, si ritiene preferibile la prima delle due teorie.

112

La Convenzione di Lussemburgo non prevede, a differenza della Convenzione dell’Aja l’ascolto del minore come regola, rendendolo solo indirettamente plausibile nell’ipotesi di cui all’art. 10 par.1 lett. b, ove eccezionalmente considera l’interesse attuale del minore. La Convenzione dell’Aja, invece, vuole si tenga conto del parere espresso dal minore qualora egli si opponga al suo ritorno e abbia raggiunto «un’età e un grado di maturità congrui». Si veda al riguardo L. SACCHETTI, Le Convenzioni internazionali di Lussemburgo e dell’Aja del 1980, cit., pag. 1518.

113 G. CARELLA, La Convenzione dell’Aja del 1980, cit., pag. 777.

114Si veda in tal senso la pronuncia HC/E/UK n. 476 della Hight Court inglese, nella la quale, nel caso in cui

il minore aveva 14 anni al momento della sottrazione, 15 al momento della presentazione della domanda all’Autorità centrale e 16 al momento dell’udienza, la Corte ha negato l’applicabilità della Convenzione dell’Aja del 1980.

48

Infatti, una volta che l’autorità centrale abbia accertato le condizioni per l’applicazione della Convenzione, incluso il mancato compimento del sedicesimo anno di età, né l’autorità giudiziaria, né quella amministrativa possono ritornare sulla questione.

Appare infine opportuno soffermarsi brevemente sui rapporti della Convenzione dell’Aja con gli altri strumenti previsti a protezione dei minori in ambito internazionale e dall’Unione. Al riguardo l’art. 34 della Convenzione dell’Aja del 1980 prevede che «nelle materie di sua competenza, la convenzione prevale sulla Convenzione del 5

ottobre 1961, relativa alla competenza delle Autorità ed alla legislazione applicabile in materia di protezione dei minori tra gli Stati parti alle due Convenzioni»115. Si deve

tenere però in considerazione che la Convenzione dell’Aja del 1961 è stata sostituita da quella del 1996 e quindi la disposizione in questione deve, ora, ritenersi riferita altresì a questa.

In relazione al più recente strumento comunitario in materia di responsabilità genitoriale, ossia il regolamento CE n. 2201/2003, e limitatamente per gli Stati facenti parte l’Unione Europea, la Convenzione si pone come strumento parallelo. Il regolamento infatti, non aspira a sostituirsi alla Convenzione, quanto piuttosto ad integrarla, dando alla sottrazione di minori tra Stati membri soluzioni meglio rispondenti ai principi ispiratori dello Spazio europeo di giustizia, in particolare quelli di fiducia reciproca tra gli Stati membri e di equivalenza dell’attività giudiziaria svolta dalle giurisdizioni nazionali116.

L’espresso rinvio che il regolamento stesso fa al procedimento previsto dalla Convenzione, rende i due strumenti indissolubilmente connessi sul piano applicativo, comportando una stretta complementarietà tra le loro rispettive disposizioni117.

La recente giurisprudenza della Corte di Giustizia, tuttavia, chiamata in più occasioni a dirimere conflitti sorti tra gli Stati membri coinvolti in episodi di sottrazione internazionale di minore, ha chiarito quali disposizioni del regolamento vadano interpretate alla luce della Convenzione, in una logica di continuità e analogia, e quali