I sistemi giurisdizionali regolati dalle fonti sia nazionali che sovranazionali, quali quelle comunitarie e convenzionali, in materia di responsabilità genitoriale e di protezione dei
178P. ROSSI, L’incidenza dei principi di diritto comunitario sul diritto internazionale privato: dalla
«comunitarizzazione» alla «costituzionalizzazione», in Riv. dir. int. priv. proc., 2004, pagg. 63 ss.
179 F. ALBANO, Il giudice nazionale e il diritto europeo e comunitario, relazione al Convegno di Roma, 3
giugno 2013, reperibile al link : http://www.giustizia.roma.it/appello.it/form_conv_didattico/ cooperazione%20giudiziaria%20civile.doc
73
minori, dedicano particolare attenzione all’interesse superiore del minore. L’attenzione che viene dedicata ai minori trova la sua ragion d’essere nella loro particolare condizione di immaturità fisica e psichica, nonché nella non piena capacità di individuare e fare valere i loro diritti e di curare i loro interessi180. Al minore vengono, pertanto,
riconosciute specifiche garanzie sia a livello processuale che sostanziale181, che si pongono in linea con la nuova concezione di soggetto attivo e portatore di diritti e di interessi insopprimibili nelle relazioni familiari, e che sono volte a realizzare il suo superiore interesse. Il riconoscimento di una soggettività giuridica della persona «minorenne», non solo come membro del nucleo familiare, ma più genericamente, come individuo appartenente a categorie considerate particolarmente vulnerabili, pone il «best
interest of the child» a caposaldo di tutti gli atti internazionali che si occupano di tutelare
i diritti dei fanciulli182. Tuttavia, gli strumenti internazionali dedicati al minore non
definiscono il principio in questione, lasciando alla discrezionalità e alla creatività dell’interprete il compito di riempire il contenuto della formula183. Si tratta, quindi, di una
clausola generale che, per sua stessa natura, è foriera di ambiguità e di molteplici interpretazioni; essa necessita, pertanto, per la sua applicazione, di una valutazione alla luce dei singoli casi concreti.
È da sottolineare che non si tratta di un principio particolarmente recente, in quanto viene preso in considerazione sin dal 1959, anno in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità la Dichiarazione dei diritti del fanciullo184. Lo stesso è
stato poi confermato, ribadito e meglio precisato nella Convenzione del 1989 sui Diritti
180 C. FOCARELLI, La Convenzione di New York e il concetto di best interests of the child, in Riv. dir. int.,
2010, pagg. 981 ss.; E. QUADRI, L’interesse del minore nel sistema della legge civile, in Fam. dir., fasc. 1, 1999, pagg. 80 ss. Si ricordi, peraltro, che il concetto di «minore» deve essere identificato con la definizione di «fanciullo» prevista nell’art. 1 della Convenzione sui Diritti dei Fanciulli di New York, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 44/25, del 20 Novembre 1989, entrata in vigore il 2 settembre 1990 e ratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991. L’art. 1 di tale Convenzione dispone che: « ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un'età inferiore a diciotto anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile». Tale definizione va, dunque, contestualizzata nei diversi ordinamenti nazionali, a seconda dell’età in essi prevista per il raggiungimento della maggiore età.
181 Per una analisi sulle garanzie sostanziali e procedurali rivolte al minore in considerazione del suo
superiore interesse nei rapporti familiari si veda in particolare M. G. RUO, Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in Dir. fam., fasc. 2, 2011, pagg. 1004 ss.
182 Si veda ex multis: M. DOGLIOTTI, Che cosa è l’interesse del minore?, in Dir. fam. pers., 1992, pagg.
1093-1101; R. RIVELLO, L’interesse del minore fra diritto internazionale e multiculturalità, in Min giust., fasc. 3, 2011, pagg. 15-27, in part. pag. 17 ss; ; F. MOSCONI, La protezione dei minori, in F. SALERNO (a cura di), Convenzioni internazionali e legge di riforma del diritto internazionale privato, Padova, 1997, pagg. 59-78.
183 N. DI LORENZO, Il principio del superiore interesse del minore nel sistema di protezione del fanciullo
all’interno delle relazioni famigliari, in:
http://www.cde.unict.it/sites/default/files/files/N_%20Di%20Lorenzo_%20Il%20principio%20del%20superio re%20interesse%20del%20minore%20all'inetrno%20delle%20relazioni%20familiari.pdf
184 La Dichiarazione dei diritti del fanciullo in questione contempla un preambolo e 10 principi a tutela dei
74
del Fanciullo, la quale, al suo art. 3 specifica che in tutte le decisioni relativi ai fanciulli, deve essere tenuto in considerazione preminente il suo superiore interesse e sancisce che gli Stati parte si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori, o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale e a tal fine adottano i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati. Parimenti, anche l’art. 24 par. 2 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea dichiara che «in tutti gli atti
relativi al bambino (…) l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente».
Specificamente finalizzata alla concretizzazione dell’interesse superiore dei minori è poi la Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori, adottata dal Consiglio d’Europa il 25 gennaio del 1996 ed in vigore per l’Italia dal 1° novembre 2003. Come lo definisce l’art. 1, par. 2, oggetto della Convenzione è promuovere, nell’interesse superiore dei minori, i loro diritti, concedere loro diritti azionabili e facilitarne l’esercizio facendo in modo che possano, essi stessi o tramite altre persone o organi, essere informati e autorizzati a partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad un’autorità giudiziaria. Al par. 3 si precisa che i procedimenti che interessano i minori sono quelli in materia di famiglia, in particolare quelli relativi all’esercizio delle responsabilità genitoriali, soprattutto in materia di residenza e di diritto di visita nei confronti dei minori. Di particolare rilievo è l’art. 6, il quale impone all’autorità giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione, di accertare se disponga di informazioni sufficienti al fine di prendere una decisione nell’interesse superiore del minore e, se necessario, di ottenere informazioni supplementari, in particolare da parte dei detentori delle responsabilità genitoriali. Quando poi il minore riveli capacità di discernimento, l’autorità giudiziaria dovrà assicurarsi che il minore abbia avuto tutte le informazioni pertinenti, e dovrà consultarlo personalmente, nei casi che lo richiedono, nelle forme più adeguate, tenendo in debito conto l’opinione da lui espressa. Ciò, naturalmente, sempre che non sia manifestamente contrario all’interesse superiore del minore.
È da ricordare che le norme sin qui richiamate sono tutte dotate di efficacia imperativa, come, peraltro, ribadito più volte dalla stessa Corte Costituzionale185, oltre che dalla Corte
di Cassazione186.
185
Corte Costituzionale, sentenza del 15 febbraio 2012, n. 31, reperibile su www.cortecostituzionale.it
186 Cassazione Civile, sentenza del 10 maggio 2011, n. 10265 reperibile in Giust. civ., fasc. 4, 2012, pagg.
1055 ss. In questa sentenza, peraltro, la Corte richiamando l’art. 18, della Convenzione del 1989 sui Diritti dei Fanciulli, chiarisce che il superiore interesse del minore deve essere posto al centro delle controversie sulla responsabilità genitoriale.
75
L’interesse superiore del minore emerge, altresì, quale principio imperativo dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che lo ha ripetutamente valorizzato, nel definire la portata del divieto di ingerenza nella vita privata e familiare stabilito dall’art. 8 della CEDU187. Ad avviso della stessa, il principio ha lo scopo di garantire il benessere psico-
fisico del minore, rappresentando al contempo un obiettivo ed un limite della frequentazione da parte del figlio di entrambi i genitori188. In particolare, secondo la Corte
EDU, la portata dell’art. 8 CEDU deve essere chiarita alla luce dell’interesse superiore del minore, il quale costituisce, al contempo, il fine ultimo e il limite dell’ingerenza da parte dello Stato nei rapporti tra genitori e figli, specie in materia di diritto di visita, affidamento e sottrazione internazionale di minore. Così, ad esempio, l’allontanamento del minore dalla sua famiglia e ogni misura limitativa, sospensiva o ablativa dalla responsabilità genitoriale, che vadano ad incidere sul diritto dei figli e dei genitori a godere della reciproca frequentazione, devono essere assunte con estrema prudenza ed esatta ponderazione degli interessi pubblici e privati in gioco.
Nel caso Buscemi c. Italia189, la Corte, a fronte del rigetto da parte delle autorità nazionali
della pretesa paterna, dell’affidamento della minore ai servizi sociali e del successivo affidamento alla madre, non ritenne sussistente la violazione dell’art. 8 della CEDU, ravvisando nei provvedimenti nazionali un giusto equilibrio tra l’interesse del minore a vivere in un ambiente sereno e gli interessi che aspiravano le iniziative del padre, considerando gli elementi di grave contrasto tra i due genitori emergenti dal fascicolo. Pertanto, ritenne le decisioni dei Tribunali nazionali motivate e fondate su ragioni pertinenti, sufficienti e mai travalicanti il margine di valutazione conferito alle autorità
187 Su tali aspetti e sul principio dell’interesse del minore in generale, v. E. LAMARQUE, I diritti dei figli, in
M. CARTABIA (a cura di), I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti europee, Bologna, 2007, pagg. 283 ss.; A. CANNONE, L’interesse del fanciullo nelle Convenzioni internazionali dell’Aja, in Divenire sociale e adeguamento del diritto. Studi in onore di Francesco Capotorti, II, Milano, 1999, pagg. 549 ss.; M. MARCHEGIANI, Rispetto della vita privata e familiare e sottrazione internazionale di minori nella giurisprudenza recente della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Riv. dir. int. priv. proc. 2011, pagg. 987 ss. R. DI CHIO, La Convenzione dell’Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, in G. CARELLA (a cura di), La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il diritto internazionale privato, Torino, 2009, pagg. 91 ss.
188
M. G. RUO, Tutela dei figli, cit., pagg. 1004 ss.
189 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza del 16 settembre 1999, ricorso n. 29569/95, Buscemi c.
Italia. Il caso riguardava la richiesta, da parte di un medico, dell'affidamento formale della figlia, già di fatto operante, in quanto la madre aveva sottoscritto una dichiarazione in cui riconosceva al ricorrente, suo ex convivente, il diritto ad averne la custodia. Di contro, il Tribunale per i minorenni disponeva, in primis, l'affidamento ai Servizi sociali della minore, limitando temporaneamente il diritto di visita di entrambi i genitori e designando due periti, uno di area psicologica e l'altro neuropsichiatrica, al fine di stabilire quale fosse il genitore più idoneo ad avere l'affidamento della piccola. Dopo alterne vicende giudiziarie, la bimba in età scolare venne affidata alla madre, mentre al ricorrente fu riconosciuto solamente un diritto di visita a cadenza mensile. Questi, lamentando un danno pressoché irreparabile a causa della frattura, imposta dal provvedimento dell'Autorità giudiziaria, nel rapporto tra lui e la figlia, denunciò la violazione dell'art. 8 CEDU, adducendo, tra l'altro, che la decisione fosse stata fondata su una perizia priva di fondamento ed inficiata da vizi di procedura.
76
dal par. 2 dell’art. 8 della CEDU, per cui il procedimento decisionale, nel suo complesso, non fu ritenuto iniquo. In un altro caso più recente, Rytchenko c. Russia190, la Corte ha
valutato positivamente la soppressione del diritto di visita in capo ad un genitore, al fine di garantire il benessere psico-fisico del minore. Nella sentenza in questione ha sottolineato che nella regolamentazione del diritto di visita il criterio «of the best interest
of the child» assume ruolo centrale e determinante nella dinamica delle relazioni
familiari, specie laddove siano in atto situazioni di crisi o di celata disfunzionalità. Nello specifico, il giudice ha disposto l’interruzione degli incontri tra il genitore che ha abbandonato il figlio e quest’ultimo, dopo aver accertato che tali incontri erano potenzialmente in grado di acuire nel minore la costante paura di non essere amato, fino a degenerare in comportamenti isterici. In casi simili, infatti, la mancata attuazione del diritto di visita non rappresenta un’interferenza nella vita familiare di chi ne lamenta il mancato esercizio, ma corrisponde all’interesse superiore del minore.
Da quanto detto, si rende pertanto necessaria una riflessione: si può parlare di interesse del minore solo attraverso la comparazione tra tale clausola generale e il concreto atteggiarsi delle esigenze, dei bisogni, delle aspirazioni del singolo bambino nelle singole circostanze.
È sempre il benessere psico-fisico del minore il motivo conduttore di svariate pronunce in tema di sottrazione internazionale di minore. Da queste si ricava che il superiore interesse del minore coincida con la tutela prioritaria del suo benessere fisico, e quindi del suo diritto alla salute inteso non solo come conservazione dello status quo, ma come tutela delle migliori condizioni di sviluppo possibili191. Così, ad esempio, se è vero, in linea di
massima, che le decisioni aderenti ai principi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 non determinino una violazione dell’art. 8 CEDU, se esse non sono arbitrarie192 tuttavia, il rimpatrio forzato del minore illegalmente sottratto, in alcuni casi,
190 Corte Europea dei Diritti dell’ Uomo, sent. 20 gennaio 2011, ricorso n. 22266/04, Rytchenko c. Russia. 191 M. G. RUO, La tutela dei figli, cit., pagg. 1004 ss.
192 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza 6 luglio 2010, ricorso n. 41615/07, Neulinger e Shuruk c.
Svizzera. Nel caso in questione, la madre sottraeva il figlio minore al padre in Israele. A seguito del divorzio tra i due genitori, era stato stabilito che la madre fosse titolare della custodia del minore, ma che l’affidamento fosse congiunto. Inoltre, il tribunale israeliano aveva stabilito un divieto di espatrio per la madre e il minore fin quando quest’ultimo non fosse diventato maggiorenne. A causa del mancato pagamento del mantenimento del figlio da parte del padre, la madre - nonostante il divieto di espatrio da Israele - aveva condotto il figlio in Svizzera dove si stabiliva, dal momento che non poteva più fare ritorno in Israele, in quanto condannata alla detenzione in ragione della violazione del divieto di espatrio e della sottrazione internazionale di minore. Il padre del bambino, residente in Israele, chiedeva, in virtù di una decisione del Tribunale israeliano, che il bambino facesse ritorno in Israele. Dopo che la richiesta era stata respinta dalle autorità cantonali, il Tribunale federale intimava alla signora Neulinger di provvedere al rientro del figlio, ritenendo che si potesse esigere dalla signora che tornasse in Israele con il figlio stesso. La signora Neulinger e il figlio presentavano successivamente ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo. La Corte, ha ritenuto rilevante il fatto che la madre non potesse far ritorno in Israele, dato che nell’ipotesi di rimpatrio del figlio non fosse chiaro chi avrebbe potuto prendersi cura di lui, e considerate anche le limitate risorse economiche del padre, ha escluso
77
può non corrispondere al suo superiore e preminente interesse. Infatti, in subiecta
materia, la Convenzione Europea dei Diritti Umani deve essere interpretata in armonia
con i principi generali del diritto internazionale, tenendo conto, in particolare, della Convenzione dell'Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori del 25 ottobre 1980 e della Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 20 novembre 1989. Violerebbe, pertanto, l'art. 8 della Convenzione, e non corrisponderebbe all'interesse superiore del bambino, il rimpatrio del minore, accompagnato dalla madre che lo abbia illegalmente sottratto al padre, se essa, unica figura di riferimento per il minore, incorra, in caso di rimpatrio, nel concreto rischio di sanzioni penali che potrebbero comportare una pena detentiva tale da impedirle di prendersi cura del proprio bambino, e se quest'ultimo abbia vissuto nel Paese ospitante un tempo sufficiente a determinare una situazione di profondo radicamento193. Analogamente, è contrario
al «best interest of the child» il suo rimpatrio quando l'allontanamento sia avvenuto col consenso dell'altro genitore, quando sia giustificato da ragioni oggettive (nella specie, seri problemi finanziari della famiglia nel Paese di origine) e, su questi presupposti, il minore si sia armonicamente e serenamente stabilito nel Paese di destinazione, acquisendo nello stesso la sua residenza abituale194.
Si deve, peraltro, considerare che il preambolo della Convenzione dell’Aja del 1980 afferma espressamente che l’interesse superiore del minore sia di rilevanza fondamentale in tutte le questioni pertinenti la sua custodia, che costituiscono oggetto della Convenzione stessa. Pertanto, l’interesse del minore, non solo deve essere considerato come l’elemento preminente nelle decisioni sul ritorno o meno del minore, ma, altresì costituisce il motivo per cui la Convenzione prevede una procedura agile e rapida per il ritorno del minore, ritenendosi, in astratto, che il «best interest of child» sia di ritornare nel Paese dove era localizzata la residenza abituale prima della sottrazione. La stessa Convenzione, però, tenuto conto del fatto che, in alcune circostanze, il ritorno potrebbe considerarsi in concreto contrario all’interesse del minore, si serve del principio generale del superiore interesse del minore come limite all’operatività delle procedure previste per il rientro del minore. Infatti, le competenti autorità nazionali, secondo l’art. 13 com. 1 lett. b, possono rifiutare il ritorno del minore se «sussiste un fondato rischio, per il
minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o
la violazione dell’art. 8 CEDU sebbene in presenza di un mancato rientro del minore nel paese dal quale era stato sottratto.
193Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, caso Neulinger e Shuruk c. Svizzera, cit.: il minore illegalmente
sottratto viveva nel Paese di destinazione dall'età di due anni, ivi frequentava la scuola e aveva imparato a parlarne correntemente la lingua.
78
comunque di trovarsi in una situazione intollerabile. L'Autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un'età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere. Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le Autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall'autorità centrale o da ogni altra Autorità competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua situazione sociale». Nel valutare le condizioni
ostative al rientro di un minore illecitamente sottratto, l’autorità competente non è soggetta a un obbligo imperativo di audizione del minore; tuttavia, ai sensi dell'art. 6 della convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, l'audizione del minore dotato di capacità di discernimento, può essere esclusa solo ove essa sia manifestamente contrastante con gli interessi superiori del fanciullo stesso, ossia suscettibile di recare danni gravi alla serenità dello stesso195.
Passando al regolamento CE n. 2201/2003 si sottolinea che esso appresti gli strumenti processuali più adeguati all’attuazione del superiore interesse superiore del minore. La disciplina del regolamento introduce numerose norme tese a garantire l’interesse del minore, sia tra quelle volte a individuare il foro competente a decidere la controversia, sia tra quelle specificamente dedicate al riconoscimento e alla esecuzione delle sentenze in materia di responsabilità genitoriale.
In particolare il sistema per l’individuazione della competenza giurisdizionale ivi previsto, come si avrà modo di specificare in seguito, si ispira al superiore interesse del minore e in particolare al criterio della vicinanza del foro196.
Nel regolamento, poi, la clausola generale del superiore interesse del minore costituisce la ragione principale per la introduzione di deroghe al generale criterio che individua, quale giudice competente, quello della residenza abituale ove il minore risiede al momento in cui il giudice è adito.
E così, l’art. 12 in materia di proroga, introduce spazi di autonomia in favore delle parti nella scelta del foro competente qualora la proroga sia «conforme al superiore interesse
del minore»197. Allo stesso modo l’art. 15 indica l’interesse del minore come uno dei
requisiti per il trasferimento di competenza alle autorità di un altro Stato membro.
Si ricordi, peraltro, che anche nella Convenzione dell’Aja del 1996 concernente la competenza delle autorità e la legge applicabile in materia di protezione dei minori,