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La giurisdizione in materia di diritto di visita nelle ipotesi di trasferimento lecito ed

Si è più volte evidenziato come il regolamento Bruxelles II bis riconosca i diritti fondamentali e osservi i principi sanciti nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e come, in particolare, miri a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino, quali riconosciuti dall’art. 24 della stessa Carta345.

Tra quelli riconosciuti in quest’ultimo articolo, particolarmente importante è quello previsto nel com. 3, ove si sancisce il diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori. Tale diritto risulta essere principalmente rilevante nelle ipotesi di cross - border families, e si realizza mediante l’esercizio del diritto di visita.

Al riguardo, il regolamento Bruxelles II bis - nell’ottica di agevolare l’esercizio di tale diritto - prevede delle disposizioni apposite sulla giurisdizione, tanto per i casi di trasferimento lecito del minore in uno Stato diverso rispetto a quello della residenza abituale dello stesso346, quanto per le ipotesi patologiche di trasferimento illecito347.

Nello specifico, l’art. 9 - in deroga al criterio generale della residenza abituale del minore - individua una ipotesi di ultrattività della competenza in capo al giudice della precedente residenza abituale del minore. Infatti, la norma in questione dispone che - per le ipotesi di mutamento lecito della residenza abituale del minore - di regola, rimanga intatta la giurisdizione pregressa, per un periodo di tre mesi dal trasferimento del minore dallo

342 Ex art. 11 della Convenzione dell’Aja del 1996. 343 Ex art. 12 della Convenzione dell’Aja del 1996.

344 P. PICONE, La nuova convenzione dell’Aja, cit., pag. 726. 345 Considerando 33 del regolamento CE n. 2201/2003. 346 Art. 9 del regolamento CE n. 2201/2003.

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Stato di origine, quando si tratti di statuire in ordine alla modifica di un provvedimento sul diritto di visita reso nello Stato dove si trovava il minore prima del trasferimento348.

La previsione risponde all’esigenza, già emersa in giurisprudenza, di dover decidere del mutamento delle condizioni di visita, per adattare il provvedimento stesso al trasferimento della residenza da parte del genitore affidatario349. Di conseguenza, essa riguarda solo le eventuali modifiche alla regolamentazione del diritto di visita350 e

attribuisce al suo titolare una mera facoltà di agire, al fine di agevolare l’esercizio del suo diritto, in presenza di mutamenti delle circostanze che potrebbero impedirglielo.

In quest’ottica, il fine della disposizione è quello di incoraggiare i titolari della responsabilità genitoriale a trovare un accordo sui necessari adeguamenti delle modalità di visita prima che il trasferimento abbia luogo, nonché di scoraggiare cambi improvvisi di residenza, destinati a destabilizzare il regime dei contatti tra genitori e figli.

Qualora, però, ciò non risulti possibile, la norma dà la facoltà, al titolare del diritto di visita, di rivolgersi all’autorità dello Stato della precedente residenza abituale, per una nuova regolamentazione del diritto, a condizione che questi, da un lato continui a risiedere nello Stato della precedente residenza abituale del minore; dall’altro, che si attivi in tempi strettissimi, ossia tre mesi, per chiedere all’autorità giudiziaria che aveva adottato il provvedimento, la sua modifica351. Inoltre, ai sensi dell’art. 9 par. 2, è

necessario che lo stesso non abbia accettato, anche implicitamente, il mutamento di giurisdizione, partecipando a procedimenti inerenti alla responsabilità genitoriale iniziati dal genitore affidatario nel nuovo Stato di residenza abituale del minore, senza sollevare contestazioni o, a fortiori, presentando personalmente istanze relative al diritto di visita352, nello Stato di nuova residenza abituale del minore353. Il termine - di tre mesi -

348 La norma non risulta, a contrario, applicabile nelle ipotesi in cui si debba adottare un provvedimento

relativo al diritto di visita nel caso in cui il minore non abbia mai avuto la sua residenza abituale nel luogo ove risiede il genitore non affidatario. Sul punto si veda Cassazione Civile, Sez. Un., sentenza del 7 settembre 2016, n. 17676, cit., ove il giudice di legittimità ha ritenuto inapplicabile l’art. 9 del regolamento Bruxelles II bis al fine di considerare altrettanto valida, in materia di responsabilità genitoriale, la giurisdizione del giudice italiano, già competente in materia matrimoniale, in quanto, nella causa in oggetto, il minore era nato e aveva sempre risieduto nel Regno Unito.

349 M. C. BARUFFI, Art.20, op. cit., pag. 2562.

350 Sulla portata limitata del principio al caso previsto dalla stessa norma si veda in particolare: Corte di

Appello di Bologna, sentenza del 6 maggio 2008, n. 686 in www.giuraemilia.it; Tribunale Min. di Catania, decreto del 23 luglio 2008, in Fam. min., fasc. 11, 2008, pag. 89.

351Cfr. Cassazione Civile, Sez. Un., sentenza del 20 dicembre 2006, n. 27188, in Giust. civ., fasc. 4, 2007,

pag. 870. In questa sentenza la Corte specifica che rientrino sotto l’ambito di applicazione dell’art. 9 del regolamento CE n. 2201/2003 le sole pronunce inerenti il diritto di visita e non quelle che riguardino l’affidamento del minore. In senso conforme si veda anche Cassazione Civile, Sez. Un., sentenza del 21 ottobre del 2009, n. 2238 in Guida al diritto, 2009, pag. 48.

352 Al riguardo si veda G. BIAGIONI, Il nuovo regolamento comunitario, cit., pag. 1006. L’autore, prendendo

spunto dalla proposta della Commissione di introduzione del regolamento Bruxelles II bis (COM/2002/222), sostiene che se la disposizione di cui all’art. 9 sia volta alla tutela del minore, in quanto il giudice della precedente residenza abituale meglio conosce il minore ed è maggiormente in grado di modificare la decisione precedente, allora si deve concludere che vada impedito, al titolare del diritto di visita, di proporre

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previsto dalla norma per l’operatività dell’ultrattività della competenza del giudice della precedente residenza abituale, secondo la Cassazione italiana, comincia a decorrere dall’intervenuta comunicazione fatta da un genitore all’altro in merito al trasferimento all’estero del figlio minore354.

Gli artt. 10 e 11 del regolamento si occupano, invece, della diversa ipotesi del trasferimento illecito o mancato rientro del minore. Si tratte delle situazioni in cui si faccia un uso patologico dei diritti di cui all’art. 2 n. 9 e 10 del regolamento, ossia del diritto di affidamento e di visita. Ciò avviene, in particolare, in due circostanze: quando il titolare del diritto di affidamento si sposti in un altro Stato membro, portando con se il minore senza il consenso dell’altro genitore od ancora, più di frequente, quando il titolare del diritto di visita, violando il regime precedentemente stabilito, trattenga presso di se il minore, oltre il termine concordato.

In riferimento alla prima ipotesi, la Cassazione italiana, ad esempio, ha definito illecito il trasferimento all’estero effettuato dal genitore affidatario in violazione dell’accordo di separazione che escludeva il mutamento della residenza se non dopo il decorso di un anno355. Riguardo alle ipotesi di trasferimento illecito, inoltre, contributi sono stati dati anche dalla Corte di Giustizia, la quale, tornando sulla propria giurisprudenza relativa alla residenza abituale, ha ribadito che il trasferimento o il mancato ritorno sono considerati illeciti se posti in essere in violazione della legge, o di un provvedimento giudiziario o di un accordo tra le parti in vigore, secondo la legislazione dello Stato in cui il minore aveva la propria residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro.356

Allo scopo di dissuadere, quanto più possibile, dal commettere sottrazioni internazionali di minori357 e, in ogni caso, al fine di garantirne al minore un ritorno rapido ed effettivo

nello Stato della precedente residenza abituale358, le due norme specifiche previste dal

regolamento sono volte, da un lato, a designare un foro speciale esclusivo per le ipotesi in

domanda di modifica anche di fronte al giudice dello Stato della nuova residenza abituale, come invece si potrebbe ammettere se la disposizione mirasse alla protezione del titolare medesimo.

353 Secondo la giurisprudenza italiana tale accettazione non può desumersi, ad esempio, dalla presentazione

nel nuovo Paese di residenza abituale del minore della richiesta di rilascio per i figli minori della carta di identità effettuata da entrambi i genitori. Sul punto si veda Corte di Appello di Bologna, sentenza del 26 aprile 2012, n. 612 in www.giuraemilia.it

354 Cassazione Civile, Sez. Un., sentenza del 21 ottobre 2009, n. 22238, cit. Tale sentenza è stata emessa in un

caso in cui, fra l’altro, non si discuteva di modifica di provvedimenti esistenti.

355 Cassazione Civile, Sez. Un., sentenza del 21 ottobre del 2009, n. 2238, cit.

356 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 9 ottobre 2014, causa C - 376/14, C c. M., pt.55.

357 «Guida pratica all’applicazione del regolamento Bruxelles II bis», cit., pag. 51.

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questione (art. 10); dall’altro, a stabilire alcune regole uniformi in materia procedurale (art. 11)359.

In particolare, l’art. 10 del regolamento, ponendosi in linea di continuità con il sistema di giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale, attribuisce al giudice dello Stato membro in cui il minore aveva la residenza abituale prima del trasferimento illecito o del mancato ritorno la competenza a decidere la controversia360. La scelta del legislatore

europeo, probabilmente, è stata dettata dalla volontà di considerare questo il «giudice

naturale» delle questioni relative alla sottrazione internazionale di minore, essendo - lo

stesso - il giudice più vicino «all’ambiente familiare e sociale vissuto dal minore prima

dell’illecito trasferimento»361 .

La disposizione, pertanto, mira allo scopo - già perseguito dall’art. 16 della Convenzione dell’Aja del 1980 - di evitare che la sottrazione possa modificare la competenza per l’emanazione di una decisione sull’affidamento e favorire, sotto tale profilo, chi ha commesso la sottrazione362.

Pertanto, l’acquisto di una nuova residenza abituale del minore illecitamente trasferito, non determina la cessazione della competenza del giudice della precedente residenza, a meno che, all’acquisto della nuova residenza, si accompagnino condizioni molto rigorose363. Infatti, l’art. 10 del Regolamento, consente il trasferimento di competenza a

favore del giudice dello Stato membro dove il minore ha acquisito la nuova residenza abituale, solo in due circostanze tassative.

La prima si configura nel caso in cui il minore acquisisca la residenza abituale nello Stato in cui è stato illecitamente trasferito e i titolari del diritto di affidamento abbiano accettato l’avvenuta sottrazione.

La seconda circostanza, invece, si realizza quando il minore, oltre ad aver acquistato la residenza in tale Stato, abbia ivi soggiornato per almeno un anno, da quando i titolari del diritto di affidamento abbiano avuto - o avrebbero dovuto avere - conoscenza del trasferimento e risulti integrato in tale Stato. Tuttavia per questa seconda situazione deve, altresì, presentarsi una qualsiasi delle seguenti condizioni:

359 In proposito si ricordi che non è stata accolta, nella redazione definitiva del regolamento, l’iniziale

proposta della Commissione (COM/2002/222) di introdurre un capo autonomo dedicato alla sottrazione dei minori, le cui norme avrebbero dovuto sostituire in toto quelle della Convenzione dell’Aja del 1980, in considerazione del maggior livello di integrazione degli Stati. Si è preferito, infatti, incorporare all’interno del regolamento il consolidato regime della Convenzione dell’Aja del 1980, integrandone e rafforzandone la disciplina con norme specifiche, applicabili nello spazio giuridico europeo.

360 Così la «Guida pratica all’applicazione del regolamento Bruxelles II bis», cit., pag. 51.

361 In tal senso è espressa la Cassazione Civile, Sez. I, sentenza del 14 luglio 2010, n. 16549, in Riv. dir. int.

priv. proc., 2011, pagg. 443 ss.

362 G. BIAGIONI, Il nuovo regolamento comunitario, cit., pag. 1008.

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i) entro un anno, da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava, non è stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro; oppure ii) una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento è stata ritirata e non è stata presentata una nuova domanda, sempre entro il termine precedente; oppure iii) una decisione contro il ritorno del minore è stata emessa nello Stato membro richiesto e, nonostante l’avvenuta trasmissione della decisione allo Stato di residenza abituale del minore, nessuna delle parti interessate ha presentato le proprie conclusioni entro tre mesi dalla notifica della decisione, al fine di chiedere l’esame sull’affidamento del minore e per tal via il procedimento è stato archiviato ai sensi dell’art. 11 par. 7; od infine

iv) l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore364.

Al riguardo, si nota come il regolamento abbia posto rimedio ai problemi originati dalla applicazione della Convenzione dell’Aja del 1980: infatti, tramite l’art. 10 - al pari di quanto avviene attraverso l’art. 7 della Convenzione dell’Aja del 1996 - si fa decorrere il termine di un anno dal momento in cui «è stata acquisita o si sarebbe dovuta

acquisire»365 la conoscenza del luogo in cui il minore si trova. In tal modo si è precluso al

genitore, che ha sottratto illecitamente il minore, di potersi avvantaggiare del decorso del termine grazie all’utilizzo di mezzi fraudolenti, come era invece accaduto nel caso deciso dalla Court of Appeal di Londra nel 2004, in cui si era applicata la Convenzione dell’Aja del 1980, che non lega il dato oggettivo del decorso del termine all’elemento soggettivo della conoscenza o della conoscibilità dell’utilizzo di mezzi fraudolenti366.

Dal momento che, come già rilevato, il regolamento mira a salvaguardare la competenza dei giudici dello Stato membro in cui il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, occorre che, le condizioni enunciate dall’art. 10, vengano interpretate in modo molto restrittivo. In tal senso si è espressa anche la Corte di giustizia, la quale, nel caso Povse c. Alpago367, che

riguardava una fattispecie di trasferimento illecito di minore, è stata chiamata a decidere

364 Così «Guida pratica all’applicazione del regolamento Bruxelles II bis», cit., pag. 51. 365 Art. 10 lett. b del regolamento CE n. 2201/2003.

366 M. C. BARUFFI, Art. 11, Regolamento CE n.2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e

all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento CE n.1347/2000, in A. ZACCARIA (a cura di), Commentario breve al diritto della famiglia, Padova, 2016, pag. 2566.

367 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 1 luglio 2010, causa C - 211/10, Povse c. Alpago. pt.

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se un provvedimento provvisorio andasse qualificato come «decisione di affidamento che

non prevede il ritorno del minore» ai sensi dell’art. 10 lett. b) iv) e se possa, pertanto,

essere considerato idoneo a fondare un trasferimento di competenza ai giudici dello Stato membro verso il quale il minore è stato illecitamente trasferito. In questo caso, la Corte, in virtù del ruolo centrale attribuito dal regolamento al giudice competente e al principio della conservazione di tale competenza, ha stabilito che per «decisione di affidamento che

non prevede il ritorno del minore» vada intesa una decisione definitiva, adottata sulla

scorta di una disamina completa dell’insieme degli elementi pertinenti, con la quale il giudice competente si pronuncia sulla disciplina della questione dell’affidamento del minore; disciplina che, pertanto, non sarà più soggetta ad altre decisioni amministrative o giudiziarie. La Corte arriva a tale conclusione valutando anche la sistematica del regolamento, la quale corrisponde agli interessi del minore: qualora, infatti, una decisione provvisoria dovesse comportare la perdita di competenza in ordine alla questione dell’affidamento del minore, il giudice competente dello luogo di residenza abituale anteriore al trasferimento illecito potrebbe essere dissuaso dall’adottare una siffatta decisione provvisoria, e ciò, quand’anche essa fosse necessaria per tutelare gli interessi del minore368.

Tuttavia, nonostante la necessità di applicazione restrittiva delle condizioni che permettono il mutamento della competenza, paventata sia dalla Commissione nella «Guida pratica per l’applicazione del regolamento»369 sia dalla Corte di giustizia nelle sue pronunce, non si può tacere il fatto che, essendo queste condizioni molto simili alle ipotesi di eccezione al ritorno del minore previste dalla Convenzione dell’Aja del 1980, esistono gli stessi rischi che per lungo tempo hanno incentivato delle risposte giudiziali - molto discutibili - e anche delle «manipolazioni» giudiziali tendenti ad ottenere una nuova decisione giudiziale sulla responsabilità genitoriale370.

Oltre alla disposizione appena vista in punto di giurisdizione, il regolamento prevede, come anticipato, una specifica disciplina relativa alle decisioni sul ritorno, dettata dall’art. 11. Tale norma introduce una serie di strumenti volti a integrare e rafforzare l’efficacia della disciplina sul ritorno prevista dalla Convenzione dell’Aja del 1980371.

368 Ibidem pt. 46, 47, 83.

369 «Guida pratica all’applicazione del regolamento Bruxelles II bis», cit., pag. 51.

370 R. ESPINOSA CALABUIG, La sottrazione di minori nell’Unione europea, cit., pag. 297.

371 Il considerando n. 17 del regolamento CE n. 2201/2003 secondo cui: «In caso di trasferimento o mancato

rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione dell'Aia del 25 ottobre 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l'articolo 11».

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Le regole procedurali uniformi, dettate, in materia di abduction, dall’art. 11 e destinate ad essere applicate dai giudici nazionali ad integrazione e pure in deroga alle disposizioni della lex fori372, operano quando una persona, un’istituzione, o un ente titolare del diritto

di affidamento adisca il giudice di uno Stato membro affinché emani un provvedimento in base alla Convenzione dell’Aja del 1980, per ottenere il ritorno del minore illecitamente sottratto o trattenuto in uno Stato membro diverso da quello in cui il minore aveva la residenza abituale. In particolare, si prevede che - nell’applicare gli artt. 12 e 13 della Convenzione dell’Aja - si debba assicurare l’ascolto del minore, se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità 373.

Inoltre, il giudice adito deve procedere alla trattazione della domanda tramite le procedure più celeri previsti dalla legislazione nazionale. La norma, anzi, si spinge perfino a prevede che, fatte salve circostanze eccezionali, il provvedimento debba essere emanato al più tardi sei settimane dopo la proposizione della domanda374.

Nel merito, poi, al fine di rendere più efficiente l’applicazione del meccanismo di rimpatrio, si statuisce che un’autorità giurisdizionale non possa rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’art. 13 lett. b) della Convenzione dell’Aja, qualora sia provato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno ovvero senza avere dato la possibilità di essere ascoltata alla persona che abbia chiesto il ritorno del minore375.

Quest’ultima previsione è stata, invero, dettata, allo scopo di scoraggiare il ricorso alla c.d. «grave risck exception» previsto dall’art. 13 lett. b) della Convenzione dell’Aja, su cui più volte la Cassazione italiana ha avuto modo di pronunciarsi, sottolineandone la necessità di una interpretazione restrittiva376.

372 M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201 del 2003, cit., pag.124.

373Cfr. art. 11 par. 2 del regolamento CE n. 2201/2003 . Si ricordi, peraltro, che secondo l’orientamento della

Cassazione Italiana in tema di sottrazione internazionale di minori, l’accertamento della capacità di discernimento del minore (al fine della sua audizione nel procedimento diretto al rientro immediato del minore stesso) rientra nell’insindacabile giudizio del tribunale per i minorenni, senza che sussista l’obbligo per il tribunale stesso - istituzionalmente competente per natura, composizione e funzioni a rendersi direttamente conto del grado di sviluppo intellettivo del minore - di disporre specifici mezzi di accertamento di tale capacità, come la consulenza tecnica d’ufficio, considerati anche i ritmi serrati in cui il procedimento è scandito, essendo la materia caratterizzata dall’urgenza di provvedere. Al riguardo si veda Cassazione Civile, Sez. I, sentenza del 18 marzo 2006, n. 2681, in www.osservatoriofamiglia.it.

374 Cfr. art. 11 par 3 del regolamento CE n. 2201/2003. 375 Cfr. art. 11 par. 4 e 5 del regolamento CE n. 2201/2003.

376In particolare, la Corte di Cassazione ha statuito che il giudice cui sia stato richiesto di emettere un

provvedimento di rientro, nell'accertare se sussista il fondato rischio per il minore, di essere esposto, per il