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L’ambito di applicazione della Convenzione dell’Aja del 1996

Si è già anticipato che la Convenzione dell’Aja del 1961 è stata interamente sostituita dalla Convenzione del 1996, in virtù dell’art. 51 in quest’ultima contenuto82.

La convenzione del 1996 ha quale proprio oggetto il diritto internazionale privato e processuale e, pertanto, disciplina la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori.

L’Italia ha provveduto alla ratifica della Convenzione a seguito della legge di autorizzazione n. 101 del 18 giugno 2015, entrata in vigore nell’ordinamento Italiano a far data dal 10 luglio 2015. Il nostro Paese è arrivato con un significativo ritardo rispetto agli altri Stati dell’Unione Europea a procedere alla ratifica, nonostante le chiare indicazioni dell’Unione in tal senso. Il ritardo accumulato83, insieme alle difficoltà

incontrate nell’individuazione di soluzioni condivise84 proprio in relazione alla disciplina

dell’attuazione, hanno portato il Parlamento a una ratifica «secca» e, quanto più possibile rapida, della Convenzione, rimandando ad un secondo intervento normativo l’adozione delle necessarie misure di attuazione, tra cui la modifica delle disposizioni della legge 218/1995.

Ad ogni modo, al di là delle difficoltà e delle reticenze circa la ratifica della nuova Convenzione dell’Aja sulla protezione internazionale dei minori, si segnala come lo strumento in questione sia di notevole importanza. Si tratta, infatti, di uno strumento completo, che si occupa di tutti i profili di diritto internazionale privato e processuale inerenti la responsabilità genitoriale e la protezione dei minori, ai quali - proseguendo la tradizione delle Convenzioni elaborate all’Aja dedicate alla tutela dei minori - affianca anche un sistema di cooperazione tra autorità centrali.

82Si veda P. PICONE, La nuova Convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori, in Riv. dir. int. priv. proc.,

1996, pagg. 705 ss.

83 Il Consiglio aveva con una prima decisione del 19 dicembre 2002 (v. decisione n. 2003/93/CE, in GUUE L.

48, del 21.03.2003) autorizzato gli Stati membri alla ratifica della Convenzione dell’Aja del 1996. Successivamente, con una seconda decisione del 5 giugno 2008, aveva invitato gli Stati membri, che non avessero ancora provveduto alla ratifica della Convenzione stessa a farlo entro il 5 giungo del 2010 (cfr. decisione n. 2008/431/CE, in GUUE L.151, del 11.6.2008).

84 Si tenga presente che una delle questioni più problematiche per il legislatore Italiano, consiste nel dare una

«veste giuridica» alla kafalah. La kafalah è un istituto del diritto islamico, non assimilabile all’adozione e inidoneo a produrre legami di filiazione, per cui un fanciullo bisognevole di protezione può essere (dal giudice tutelare o eccezionalmente dagli stessi genitori) affidato ad una istituzione pubblica o privata, o ad una famiglia musulmana che si prenderà cura della sua persona e dei suoi beni. Soprattutto nel caso di fanciulli abbando nati,l’istituto è chiaramente assimilabile ad una forma di protezione, in quanto l’affidamento deriva da una decisione giudiziaria.

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La Convenzione è caratterizzata da un «global appeal», in quanto idonea ad applicarsi ai più vari istituti di protezione del minore compresi la kafalah o istituti con forti connotazioni pubblicistiche, tipici di specifiche tradizioni giuridiche85.

Le caratteristiche sopra enunciate, l’hanno resa un valido testo di riferimento all’interno dell’Unione Europea: essa, infatti, ha costituito la principale fonte di ispirazione del regolamento Bruxelles II bis e, anche in considerazione dell’ormai pressoché uniforme ratifica del testo della Convenzione da parte degli Stati membri, anche valido punto di riferimento per le modifiche che al regolamento vogliono essere apportate, secondo la proposta fatta dalla Commissione europea nel 2016.

Sin dal titolo della Convenzione, si introduce il concetto di responsabilità genitoriale, quale denominazione di una serie di fattispecie attinenti ai rapporti tra genitori e figli. È, poi, lo stesso art. 1 par. 2 a specificare che «ai fini della Convenzione, il termine

«responsabilità genitoriale» comprende la potestà genitoriale o ogni altro rapporto di potestà analogo che stabilisca i diritti, i poteri e gli obblighi dei genitori, di un tutore o di un altro rappresentante legale nei confronti della persona o dei beni del minore».

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione ratione personarum, la Convenzione del 1996 trova applicazione rispetto ai bambini dalla loro nascita e fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età (art. 2)86. A tal proposito, è opportuno sottolineare che la

soluzione adottata si discosti da quella prevista dalla Convenzione del 1961, ove non si dava una definizione autonoma di minore, ma si rimandava alla definizione che di minore era data tanto dalla legge di cittadinanza quanto dalla legge di residenza abituale.

Poiché la nuova convenzione prevede limiti differenti di applicazione soggettiva, relativi alle categorie di minori interessati, è possibile che, laddove la legge applicabile preveda un termine superiore ai 18 anni per il raggiungimento della maggiore età, determinati minori restino oggetto di misure di protezione sottratte al regime convenzionale, e sottoposte al solo diritto comune. Viceversa, nell’ipotesi in cui la legge applicabile preveda un termine inferiore per il raggiungimento della maggiore età, la Convenzione

85 Si veda L. CARPANETO, La Convenzione dell’Aja del 1996 sulla protezione dei bambini, in A.

CAGNAZZO - F. PREITE - V. TAGLIAFERRI (a cura di), Il nuovo diritto di famiglia. Profili sostanziali, processuali e notarili, vol. 4, Milano, 2015, pag. 965.

86 Come rileva P. PICONE, La nuova Convenzione dell’Aja, cit., pag. 710, non è stata accolta la proposta di

alcune delegazioni di applicare la Convenzione (almeno con riguardo alla protezione dei beni) anche ai «fanciulli» solo concepiti anziché già nati. La soluzione, sottolinea l’autore, è stata orientata da considerazioni di opportunità pratica, legate alla difficoltà di far giocare tout court in materia il criterio di giurisdizione dato dalla residenza abituale del minore, e alla volontà di non accogliere soluzioni che avrebbero moltiplicato, in sede di riconoscimento delle misure eventualmente prese, il ricorso come «limite» alla clausola dell’ordine pubblico.

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continuerebbe ad applicarsi, al fine di evitare un’emancipazione precoce, che privi il minore dell’adeguata protezione87.

Vale la pena precisare che i minori emancipati non sono soggetti all’applicazione della disciplina in esame: l’emancipazione è un istituto finalizzato a rimuovere il minore dalla protezione dei genitori, su richiesta dei genitori o per effetto di legge, quale conseguenza del matrimonio. Pertanto, si pone sostanzialmente agli antipodi delle misure di protezione contemplate dalla Convenzione del 1996.88

Per allinearsi alla disposizione in questione (ossia l’ art. 2), la proposta di modifica al regolamento Bruxelles II, al dodicesimo considerando (nonché all’art. 2 par. 7), prevede che il regolamento si dovrà applicare a tutti i minori sino al raggiungimento del diciottesimo anno di età. In questo modo si porrà rimedio alla attuale mancanza di definizione del suo campo di applicazione, ove si prevede un generico riferimento alla nozione di minori, e si lascia quindi alle leggi dei singoli Stati membri l’individuazione del limite di età rilevante.

Con riferimento all’ambito di applicazione ratione materiae, la Convenzione del 1996 ha cercato di definire con maggiore precisione e, in via autonoma, il proprio ambito di applicazione, rispetto a quanto facesse la Convenzione del 1961. Per questo precisa, nell’art. 3, quali misure ricadano «notamment» o «in particular» nel suo ambito di applicazione, e all’art. 4, quali siano invece le misure escluse. I redattori della Convenzione hanno preferito la soluzione di un elenco meramente indicativo delle materie che riguardano la protezione del minore, nell’intento di garantire un’applicazione quanto più possibile ampia dello strumento convenzione. Secondo l’art. 3 queste sono:

a) l’attribuzione89, l’esercizio e la revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale,

nonché la sua delega;

87 P. LAGARDE, Explanatory Report on the 1996 Hague Child Protection Convention, estratto da the

Proceedings of the Eighteenth Session (1996), tome II, Protection of children, 1998, consultabile sul sito www.hcch.net. Si veda anche R. CLERICI, È ora di riformare la legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato del 1995? - Sulla riforma dell’art. 42 della legge n. 218/1995, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, pag. 649 dove si sostiene che, nell’ottica di una possibile riforma dell’art. 42 della legge n. 218/1995, la lettera della norma potrebbe comunque mantenere la statuizione circa l’applicabilità della Convenzione ai minori considerati tali solo dalla loro legge nazionale, in modo tale da ovviare alle eventuali situazioni claudicanti nei confronti di minori cittadini di uno Stato che prevede il raggiungimento della maggiore età in un tempo successivo rispetto a quello previsto dalla legge dello Stato di residenza. Tale situazione è ad oggi evitata mediante l’applicazione dell’art. 42 com. 2.

88 In tal senso si esprime l’Explanatory Report, cit., pag. 549.

89Pratical handbook on the operation of The Hague Convention of the 19 October 1996 on Jurisdiction,

Applicable Law, Recognition, Enforcment and Co-peration in Respect of Parental Responsibility and Measures for the protection of Child. Published by The Hague Conference on Private International law, Permanent Bureau, in https://assets.hcch.net/docs/eca03d40-29c6-4cc4-ae52-edad337b6b86.pdf , pag. 28. Si ribadisce l’esigenza di considerare il termine attribuzione della responsabilità genitoriale utilizzato nell’art. 3 come idoneo a ricomprendere tutti i diversi modi di acquisto della responsabilità genitoriale, previsti dalle leggi nazionali. In molti Stati, infatti, la responsabilità genitoriale è attribuita automaticamente dalle legge ai genitori sposati al momento della nascita del bambino; in altri viene riconosciuta anche ai genitori coabitanti,

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b) il diritto di affidamento, che comprende il diritto di occuparsi della persona del minore,

e in particolare il diritto di decidere sul suo luogo di residenza, nonché il diritto di visita, che comprende il diritto di portare il minore, per un periodo di tempo limitato, in un luogo diverso da quello di abituale residenza90;

c) la tutela, la curatela e gli istituti analoghi;

d) la designazione e le funzioni di qualsiasi persona o organismo incaricato di occuparsi

della persona o dei beni del minore, di rappresentarlo o di assisterlo91;

e) il collocamento del minore in una famiglia di accoglienza o in un istituto, o la sua

assistenza legale tramite kafalah o istituto analogo;

f) la supervisione da parte delle autorità pubbliche dell’assistenza fornita al minore da

qualsiasi persona che se ne faccia carico92;

g) l’amministrazione, la conservazione o la facoltà di disporre dei beni del minore.

Particolarmente rilevanti sono le misure contemplate nella lettera e). Si tratta delle misure di protezione per eccellenza, ossia delle misure che implicano l’introduzione di forme di assistenza del minore alternative alla famiglia di origine, motivate dal fatto che i genitori del bambino sono morti o non sono in grado di assisterlo. La disposizione in questione è particolarmente rilevante, inoltre, perché estende l’ambito di applicazione della convenzione alla kafalah, ossia a quell’istituto dei Paesi musulmani, ai sensi del quale i minori vengono inseriti in nuove famiglie che li allevano, senza tuttavia che il legame con le rispettive famiglie di origine venga spezzato. L’inclusione della kafalah costituisce l’esempio più significativo della volontà di dar vita ad uno strumento «globale» per la tutela dei minori, idoneo a coinvolgere anche i Paesi di tradizione islamica93. Costituisce

altresì, insieme alle norme di conflitto, il valore aggiunto della convenzione rispetto al reg. CE n. 2201/2003, il quale non si applica all’istituto della kafalah.

ma non sposati. In altri ancora, l’attribuzione della responsabilità genitoriale avviene a seguito del compimento di uno specifico atto, quale il riconoscimento del figlio da parte del padre non sposato con la madre, ovvero a seguito di susseguente matrimonio, per accordo dei genitori o all’esito di un procedimento giurisdizionale o amministrativo.

90 Si tratta in questo caso di misure relative alla cura e alla crescita del minore, misure che possono

individuare il genitore o il soggetto con il quale il minore deve vivere e che possono determinare le modalità di incontro con il genitore non convivente o con altre persone (quali ad esempio i nonni).

È doveroso affermare che, al fine di garantire un’applicazione complementare della Convenzione del 1996 con quella del 1980, il Pratical handbook, cit.,pag. 29, raccomanda una interpretazione delle nozioni di diritto di affidamento e di diritto di visita ex art. 3 lett. b) della Convenzione del 1996 coerente con le medesime nozioni previste all’art. 5 b) della Convenzione dell’Aja del 1980. Peraltro, come si vedrà nel par. 7 del presente capitolo, il regolamento Bruxelles II bis si avvale delle medesime nozioni.

91 Si veda l’Explanatory report, cit., pag. 547 par. 22.

92 Come precisato nell’Explanatory report, cit., 574, par. 24, questo paragrafo è stato inserito al fine di

coprire le fattispecie nelle quali il minore affidato ad uno o entrambi i genitori ovvero ad altra persona, ma resta comunque sotto la supervisione di un’autorità pubblica, alla condizioni espressamente previste nella misura di protezione.

93Lo dimostra anche il fatto che il Marocco è stato tra i primi Stati a provvedere alla ratifica della

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È doveroso precisare che, le misure previste esplicitamente dall’art. 3, non possono in concreto essere adottate in uno Stato contraente il cui diritto interno non le prevede. Inoltre, queste, non esauriscono le misure che possono essere adottate, essendo, la lista in questo articolo contenuta, solo esemplificativa e non esaustiva. Pertanto, non è esclusa la possibilità che altre misure, non incluse esplicitamente dall’art. 3, ma previste dalla legge nazionale dello Stato in causa, ricadano nella sfera di applicazione della Convenzione medesima, purché queste rappresentino un mezzo di tutela e protezione nei confronti del minore e non siano state esplicitamente escluse dall’elenco di cui all’art. 494.

Le misure escluse dall’ambito di applicazione della Convenzione, ex art. 4 sono: a)l’accertamento e contestazione della filiazione;

b) la decisione sull’adozione e le misure che la preparano, nonché l’annullamento e la revoca dell’adozione;

c) il cognome e nome del minore; d) l’emancipazione;

e) gli obblighi agli alimenti;

f) le amministrazioni fiduciarie e le successioni; g) la previdenza sociale;

h) le misure pubbliche di carattere generale in materia di istruzione e di sanità; i) le misure adottate conseguentemente alla commissione di reati da parte di minori; j) le decisioni sul diritto d’asilo e in materia di immigrazione.

Risulta chiaro il motivo di esclusione di queste ultime, in ragione del fatto che il riconoscimento del diritto di asilo, così come il rilascio di un permesso di soggiorno, dipendano dall’esercizio da parte di uno Stato dei suoi poteri sovrani. Altrettanto lampante è la ragione dell’esclusione sub a) perché riguarda misure che attengono allo status del minore e non alla sua protezione, come anche della sub b), e) ed f), essendo tali materie disciplinate da altri strumenti di diritto internazionale (e, oggi, quantomeno per le obbligazioni alimentari, anche di diritto dell’UE) che disciplinano le questioni di diritto internazionale privato e processuale ad esse relative.

Particolarmente problematica è l’esclusione prevista sub i) relativa alle misure adottate in conseguenza alla commissione di reati da parte dei minori. Se è vero che la Convenzione si propone di considerare i problemi relativi alla tutela dell’infanzia e non le questioni di natura penale, è difficile marcare una linea netta tra le due materie. A tal riguardo vi è chi propone che l’esclusione in questione copra solo misure adottate a seguito di procedimenti penali effettivamente avviati a carico del minore o comunque assunti in

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ragione di norme di natura penale. In quest’ottica, quando un minore commetta una condotta qualificabile come reato ai sensi della legge nazionale, ma rispetto alla quale lo Stato, in modo esclusivo o in aggiunta a sanzioni di natura penale, adotta misure di protezione, tali misure rientrano nell’ambito di applicazione della convenzione. Simili problemi si sono posti peraltro, come si avrà modo di illustrare nel paragrafo successivo, in relazione all’ambito di applicazione del regolamento CE n. 2201/2003, come precisato dalla stessa Corte di Giustizia.

Si precisa, inoltre, che l’elenco delle materie ivi previste è esclusivo: sarà pertanto possibile un’estensione per analogia dell’ambito di applicazione materiale ex art. 3, ma non una sua limitazione.

Si vuole, però, rilevare come il vero quid pluris della Convenzione del 1996, rispetto al Regolamento Bruxelles II bis, sia costituito dalla presenza delle norme di conflitto contenute nel capitolo III95 della stessa.

Accanto ad una regola generale di coincidenza tra forum e ius di cui all’art. 15, quello che più interessa è la presenza di regole previste per la individuazione della legge applicabile ad alcune materie rilevanti ai fini della presente trattazione. Le regole cui si fa riferimento sono quelle presenti negli articoli da 16 a 18 della Convenzione, che disciplinano il criterio di collegamento per determinare la legge applicabile all’attribuzione, estinzione, esercizio, revoca e modifica delle condizioni di esercizio della responsabilità genitoriale. Diversamente dalla regola generale che afferma l’applicazione della lex fori, le norme di conflitto «speciali» dedicate alla responsabilità genitoriale tendono a richiamare l’applicazione della legge di residenza abituale del minore. Più precisamente, fatte salve le ipotesi in cui l’attribuzione o l’estinzione della responsabilità genitoriale avvengano tramite un procedimento giurisdizionale e, quindi, a seguito dell’adozione di un provvedimento in tal senso rispetto alle quali trova ovviamente applicazione la lex fori, le altre due ipotesi di attribuzione o di estinzione della responsabilità genitoriale, ossia di diritto ovvero per accordo o atto unilaterale, sono regolate dalla legge della residenza abituale del minore96.

95 La questione dell’introduzione delle norme di conflitto - che non è stata presa in considerazione al

momento della trasformazione della Convenzione del 1998 in regolamento europeo, né nella successiva fase di revisione di tale strumento, culminata con l’adozione del regolamento CE n. 2201/2003 - è stata solo presa in considerazione nel procedimento di revisione del regolamento da ultimo citato. Tuttavia, come si evincerà dal proseguo della trattazione non è stata inserita nella proposta di rifusione dello stesso presentata dalla Commissione Europea nel 2016. (Bruxelles, 30.06.2016 COM (2016) 411 final).

96 Con specifico riferimento all’attribuzione ed estinzione per accordo o atto unilaterale, l’art. 16 par. 2

precisa che deve trovare applicazione la legge di residenza abituale del minore al momento in cui l’accordo o l’atto unilaterale entra in vigore e, quindi, produce effetti (non, invece, nel momento in cui è sottoscritto). La precisazione relativa al momento temporale è, in questa ipotesi, necessaria stante la dipendenza tra la responsabilità genitoriale e l’atto in questione.

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In merito alla (sola) attribuzione della responsabilità genitoriale, l’art. 16 prevede due ulteriori disposizioni, volte a regolare l’ipotesi problematica del cambio di residenza abituale del minore. Tali disposizioni cercano di contemplare le due esigenze contrapposte che si presentano in caso di trasferimento del minore: da un lato, quella di tenere in adeguata considerazione il cambiamento verificatosi e, quindi, di applicare la legge dello Stato di residenza abituale; dall’altro, di garantire (a tutela del minore), una continuità nella disciplina relativa alla responsabilità genitoriale, applicando la legge dello Stato di origine.

In questa logica, l’art. 16 par. 3 afferma, in forza del principio di continuità, la sussistenza della responsabilità genitoriale «secondo la legge dello Stato di residenza abituale» anche dopo il trasferimento. D’altro canto l’art. 16 par. 4 consente che l’attribuzione di pieno diritto della responsabilità genitoriale, ad una persona cui tale responsabilità non sia già stata attribuita, possa avvenire in forza della legge di nuova residenza abituale del minore. In conseguenza del combinato disposto delle due norme, quindi, il minore non risulta privato di un soggetto esercente la responsabilità genitoriale su di lui, per il solo fatto del cambiamento della residenza abituale.

Occorre precisare che, una volta risolta la questione relativa all’attribuzione della responsabilità genitoriale, le successive vicende che possono intervenire restano soggette alla legge dello Stato nel quale la residenza abituale del minore venga a trovarsi. In particolare l’esercizio della responsabilità genitoriale sarà regolato, ex art. 17, dalla legge dello Stato della residenza abituale effettiva del minore97.

Sempre in relazione alle successive vicende che riguardano la responsabilità genitoriale, l’art. 18 precisa che, ogni qual volta un’autorità giurisdizionale o amministrativa sia chiamata ad intervenire adottando una misura a protezione di minore volta a revocare la responsabilità genitoriale, ovvero a modificarne le modalità di esercizio, troveranno applicazione le norme generali della Convenzione, tanto in punto di giurisdizione (artt. 5 - 10), quanto in punto di legge applicabile (art. 15).

Si vuole infine precisare la situazione dell’Italia rispetto alla Convenzione in questione.