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Il trasferimento della competenza

4. I criteri di giurisdizione che conferiscono flessibilità al sistema

4.2. Il trasferimento della competenza

In alcuni casi di particolare delicatezza, esiste un ulteriore meccanismo, previsto dal regolamento, che permette di superare il criterio generale della residenza abituale del minore per l’individuazione del foro competente a dirimere la controversia sulla responsabilità genitoriale. Si, tratta, come già preannunciato, del criterio di cui all’art. 15 del regolamento Bruxelles II bis; norma, peraltro, posta significativamente a chiusura della sezione sulla giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale e rubricata «trasferimento della competenza ad una autorità giurisdizionale più adatta a trattare il

caso». Tale articolo appare applicabile in ogni ipotesi in cui un giudice di uno Stato

membro eserciti la propria competenza - e dunque anche in base alla lex fori285, ai sensi

dell’art. 14 del regolamento - e prevede che, in via eccezionale, le autorità giurisdizionali di uno Stato membro, competenti a conoscere del merito, qualora ritengano che l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore abbia un legame particolare sia più adatta a trattare il caso o una sua specifica parte e ove ciò corrisponda all’interesse superiore del minore, possano interrompere l’esame del caso o della parte in questione e invitare le parti a presentare domanda all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro, ai sensi del par. 4, oppure chiedere all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro di assumere la competenza, ai sensi del par. 5286.

Si tratta, a ben vedere, della prima forma di dismissione della competenza accolta da un regolamento comunitario, sulla scia della dottrina anglosassone del forum non

conveniens. Quest’ultima, infatti, consente al giudice adito di sospendere il procedimento

284 Si rileva, però, che la Convenzione del 1996, a differenza del regolamento CE n. 2201/2003, non prevede

la possibilità per i titolari della responsabilità genitoriale di prorogare la competenza di un giudice, che in base alle regole generali, sarebbe incompetente. Sotto questo profilo, dunque, il sistema convenzionale sembra un po’ più rigido rispetto a quello regolamentare. Sul punto si veda M. C. BARUFFI, La Convenzione dell’Aja del 1996 sulla tutela dei minori nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. int. priv. proc., fasc. 4, 2016, pagg. 1001 - 1003.

285 Cfr. M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201 del 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e

all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, in M. TARUFFO - V. VARANO (a cura di), Manuale di diritto processuale della famiglia europeo, Torino, 2011, pag. 120.

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o declinare la giurisdizione, qualora un altro foro risulti more appropriate per conoscere il giudizio, ossia appaia in grado di meglio definire la controversia in relazione agli interessi delle parti e ai fini della giustizia287. Di conseguenza, in questo caso, essa

permette una valutazione circa l’esistenza di un foro alternativo «più adatto» a pronunciarsi, in ragione dello stretto legame con il minore, in applicazione del principio di prossimità, che trova il suo fondamento nella tutela prevalente dell’interesse del minore stesso288. L’apertura verso una valutazione «discrezionale» e «casistica» dei titoli di

competenza fissati in via normativa, era, fino al regolamento Bruxelles II bis, invisa al legislatore europeo, in quanto in grado di minare la certezza del diritto, e in quanto tale, esclusa dall’impiego nello spazio giudiziario europeo. Famosa, è al riguardo, la sentenza della Corte di Giustizia, emessa nel caso Owusu c. Jackson289, ove la stessa Corte aveva

precisato, anche se in riferimento all’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 (poi regolamento CE 44/2001 e, da gennaio 2016 regolamento UE 1215/2012)290, che l’applicazione della teoria del forum non conveniens, lasciando margine di discrezionalità al giudice adito quanto alla questione se un foro straniero fosse maggiormente idoneo a pronunciarsi sul merito di una controversia, era tale da pregiudicare la prevedibilità delle norme sulla competenza e, conseguentemente, il principio di certezza del diritto291. La Corte, in quella occasione, aveva poi sostenuto che

ammettere l’eccezione del forum non conveniens avrebbe rischiato di compromettere l’applicazione uniforme delle norme sulla competenza previste nella Convenzione di Bruxelles, essendo - la detta eccezione - riconosciuta solo in un numero limitato di Stati contraenti, quando il fine della Convenzione di Bruxelles era, invece, proprio quello di prevedere norme comuni, restando escluse le norme nazionali divergenti292.

Si nota, dunque, come il legislatore europeo, con l’inserimento dell’art. 15 nel regolamento Bruxelles II bis, abbia effettuato un cambiamento di rotta. Del resto, uno strumento flessibile quale quello previsto dall’art. 15 era necessario e giustificato alla luce della ratio inspiratrice di tutta la disciplina regolamentare, ossia il superiore interesse del minore; proprio attraverso tale disposizione è giunto, quindi, a qualificare come superabili i criteri di competenza fissati, in via normativa, dagli articoli del regolamento. Si

287I. QUIEROLO, La disciplina della responsabilità genitoriale: il regolamento n. 2001/2003, in I.

QUIEROLO - L. SCHIAVANO DI PEPE (a cura di), Lezioni di diritto dell’Unione europea e relazioni familiari, terza edizione, Torino, 2014, pag. 324.

288 Si veda Corte di Appello di Caltanissetta, 4 maggio 2009, in Fam. min.,fasc. 6, 2009, pag. 54.

289 Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza del 1 marzo 2005, causa C - 281/02, Owusu c. Jackson. 290 Si tratta del regolamento relativo alla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle

decisioni in materia civile e commerciale, del 20. 12.2012, in GUUE L 351/1

291 Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenze Owusu c. Jackson, cit., pt.41. 292 Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza Owusu c. Jackson, cit., pt. 43.

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sottolinea, peraltro, che sempre alla luce del «best interest of the child», il meccanismo in questione non pare porsi in contrasto con l’art. 25 della nostra Costituzione e quindi con il c.d. principio del giudice naturale precostituito per legge, in quanto l’art. 15 attribuisce la competenza ad un giudice diverso da quello che sarebbe stato generalmente competente in base alle disposizioni del regolamento, proprio al fine di tutelare il minore. Giudice che, peraltro, deve sempre presentare un elemento di collegamento normativamente previsto dall’art. 15 par. 3293.

Nello specifico, l’art. 15, prevede che il trasferimento di competenza possa essere richiesto dalle parti, disposto d’ufficio o, ancora, richiesto dall’autorità giurisdizionale dello Stato membro con il quale il minore presenti un legame particolare. Tuttavia in queste ultime ipotesi - ove l’iniziativa è ad opera della autorità giurisdizionale - il trasferimento può avvenire solo se c’è l’accettazione di almeno una delle due parti294. La

«Guida pratica all’applicazione del regolamento» precisa, poi, che la concreta individuazione del giudice maggiormente idoneo a trattare il caso, possa avvenire anche attraverso l’ausilio delle autorità centrali o con l’utilizzo dell’Atlante giudiziario europeo295.

L’art. 15 stabilisce anche le modalità procedurali e i requisiti per la traslactio iudicii296. In

tale direzione, al par. 3, prevede quali siano gli Stati con cui il minore possa avere instaurato un «legame particolare»: ossia a) lo Stato, che successivamente all’introduzione del procedimento è divenuto lo Stato di residenza abituale del minore, b) lo Stato di precedente residenza abituale del minore, c) lo Stato di cittadinanza del minore, d) lo Stato di residenza abituale di uno dei titolari della responsabilità genitoriale ed, in ultimo, e) lo Stato sul cui territorio si trovino i beni del minore, quando si tratti di controversie relative alle misure di protezione del minore legate alla amministrazione, conservazione o alienazione dei suddetti beni. Il suddetto elenco, pur nel silenzio del legislatore sul punto, pare avere carattere esaustivo. A riprova di ciò vi è, da un lato, il fatto che l’incipit del paragrafo 1 dell’art. 15 preveda come «eccezionale» il trasferimento della competenza da parte del giudice, dall’altro, l’interpretazione che ne ha dato la Corte di giustizia297.

293 G. BIAGIONI, Il nuovo regolamento comunitario, cit., pag. 1020. 294 Art. 15 par. del regolamento CE n. 2201/2003.

295« Guida pratica all’applicazione del regolamento Bruxelles II bis», cit., pag. 35.

296 Così è stato definito il trasferimento procedimentale, previsto dall’art. 15 del regolamento CE n.

2201/2003, dal Tribunale di Milano, Sez. XI, sentenza 11 febbraio 2009, in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/10139.pdf

297Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 27 ottobre 2016, causa C-428/15, Child and Family

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In aggiunta, il par. 4, per evitare vuoti di tutela, disciplina le modalità della traslactio

iudicii internazionale. Nello specifico, il giudice originariamente adito, deve fissare un

termine entro cui le autorità giurisdizionali dell’altro Stato membro devono essere chiamate in causa; l’inutile decorso di tale termine fa si che la competenza continui a essere esercitata dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

Peraltro, nel caso di eventuale «riassunzione» della causa, è richiesto che il giudice ad

quem, entro sei settimane - termine fra l’altro ritenuto non perentorio in caso di accordo

tra i genitori - individui il luogo di soggiorno del minore nello Stato del legame particolare e se ciò risulti conforme al superiore interesse del minore298.

Qualora tale competenza sia accettata, l’autorità previamente adita declinerà la propria giurisdizione; viceversa, la competenza continuerà ad essere esercitata dal giudice preventivamente adito. In questo contesto, la collaborazione tra le autorità giurisdizionali dovrebbe avvenire, secondo il par. 6, tramite un loro contatto diretto, telefonico, per posta elettronica o con qualsiasi altro mezzo offerto dalle moderne tecnologie, come le conferenze telefoniche, se non sussistono problemi linguistici, comunque superabili per mezzo di interpreti, la cui attività dovrebbe essere peraltro limitata ai documenti più importanti299. Le autorità giurisdizionali possono, altresì, collaborare attraverso le autorità

centrali a norma dell’art. 53.

Tuttavia, non sempre chiare sono state le ipotesi da ricondurre sotto l’egida dell’art. 15. Particolarmente problematico è stato risolvere la questione relativa all’applicabilità o meno dell’art. stesso in una causa presentata tramite rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia nel 2015 da parte della Supreme Court dell’Irlanda. Si tratta del caso Child and

Family Agency c. J. D.300

298 Tribunale Min. di Genova, decreto del 11 dicembre 2009, in Fam. min., fasc. 9, 2010, pag. 61. 299«Guida pratica all’applicazione del regolamento Bruxelles II bis», cit. pag.36.

300Corte di giustizia dell’Unione Europea, sentenza Child and Family Agency c. J. D., cit. Questi, in breve, i

fatti: il figlio primogenito della signora D., cittadina del Regno Unito, era stato collocato in un istituto, in quanto la madre soffriva di un disturbo della personalità qualificato come «comportamento asociale» e aveva dato prova di violenza fisica sul figlio stesso. Per tali ragioni, nonostante dagli esami prenatali, effettuati dalle autorità di tutela dell’infanzia del luogo di residenza della donna, fosse emerso un atteggiamento positivo della stessa e una prova di affetto verso il secondo figlio che portava in grembo, le autorità competenti, facendo prevalere le valutazioni sui precedenti medici e familiari della donna, avevano ritenuto che, al momento della nascita, il bambino dovesse essere affidato ad una famiglia affidataria, nell’attesa di una procedura di adozione da parte di terzi. Tuttavia la signora D. dopo aver risolto il contratto di locazione dell’immobile in cui abitava, si era trasferita in Irlanda, luogo dove nasceva il suo secondo bambino. Poco dopo la nascita del bambino, l’agenzia per la tutela dell’infanzia e della famiglia chiedeva alla Corte distrettuale d’Irlanda di ordinare che il minore fosse oggetto di affido; la domanda veniva respinta dalla Corte stessa, per inaccettabilità delle prove provenienti dal Regno Unito. L’Agenzia presentava pertanto appello all’Alta Corte d’Irlanda, che accettava l’istanza e disponeva l’affidamento provvisorio del figlio secondogenito della signora, nonché un diritto di visita spettante in capo a quest’ultima. Peraltro, in quella occasione, l’Agenzia chiedeva anche il trasferimento della competenza a decidere nel merito della causa alla Alta Corte di Giustizia del Regno Unito, in virtù dell’applicazione dell’art. 15 del regolamento; l’istanza veniva accolta.

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In particolare, la Corte di Lussemburgo è stata chiamata a stabilire se l’art. 15 del regolamento n. CE 2201/2003 debba essere interpretato nel senso che si applica in presenza di un ricorso in materia di tutela dei minori presentato sulla base del diritto pubblico dalla compente autorità di uno Stato membro, qualora la dichiarazione di competenza di un organo giurisdizionale di un altro Stato membro necessiti, a valle, dell’avvio, da parte di un’autorità di tale altro Stato membro, ai sensi del suo diritto interno e alla luce di circostanze di fatto eventualmente diverse, di un procedimento distinto da quello avviato nel primo Stato membro.

La Corte chiarisce, innanzitutto, che alla luce del par. 1 del predetto articolo, una dichiarazione di competenza è subordinata alla condizione che l’organo giurisdizionale di cui si tratta, sia stato adito con una domanda presentata o dalle parti in causa o dal giudice competente del primo Stato membro, e che non risulta né dall’art. 15 né da alcuna altra norma del regolamento che una tale domanda sia soggetta a una condizione procedurale aggiuntiva.

Secondariamente, rileva che la presenza di una norma nazionale che subordini la dichiarazione di competenza dell’organo giurisdizionale dell’altro Stato, all’avvio, a valle, del procedimento da parte di una autorità dello Stato stesso, non possa ritenersi ostativa alla decisione sulla competenza di tale autorità giurisdizionale, ai sensi del par. 5 dell’art. 15, se c’è già stata, da parte dell’autorità giurisdizionale dello Stato membro adito per primo, la richiesta di trasferimento del caso, ai sensi del par. 1 dell’art. 15, alla autorità di quest’altro Stato membro.

Fra l’altro, la stessa ritiene che l’art. 15 non osti a che l’avvio di un procedimento distinto da parte dell’autorità dell’altro Stato membro induca, eventualmente, l’organo giurisdizionale di tale altro Stato membro, a tenere conto di circostanze di fatto diverse da quelle che avrebbero potuto essere considerate dal giudice inizialmente competente301.

Per i motivi sopra espressi, la Corte conclude sull’applicabilità, al caso in questione, dell’art. 15 del regolamento n. 2201/2003.

La sentenza in esame risulta rilevante, peraltro, per altri due profili su cui la Corte ha offerto il suo contributo chiarificatore, ossia su come interpretare e articolare le nozioni di «autorità più adatta» e di «interesse superiore del minore» di cui all’art. 15 par. 1 del regolamento.

La Corte, premesso, da un lato, che la considerazione dell’interesse superiore del minore sia volta a garantire i diritti fondamentali del bambino, così come si evince dal

Tuttavia, contro la sentenza, la signora D. chiedeva di appellarsi alla Suprema Corte d’Irlanda, che accoglieva la richiesta dopo aver sentito le parti. Da lì il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

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considerando 33 del regolamento302, e dall’altro partendo dall’assunto che come risulta

dal considerando 13 del medesimo, il trasferimento debba avvenire in circostanze eccezionali e debba essere determinato da circostanze specifiche, ritiene tassativi gli elementi elencati nell’art. 15 par. 3 volti ad individuare in quali casi la presenza di un «legame particolare» possa determinare il trasferimento di competenza. Di conseguenza, sottolinea che è l’autorità giurisdizionale competente e adita per prima che deve comparare l’entità e l’interesse del legame di vicinanza «generale» che lo connette al minore interessato, ai sensi dell’art. 8 par. 2, con quelle del legame di vicinanza «particolare» attestata dalla presenza di uno o più elementi enunciati dall’art. 15 par. 3 e determinare, quindi chi sia il giudice «più adatto» a decidere sul caso. A tal fine, continua la Corte, il giudice adito deve valutare se il trasferimento del caso ad un'altra autorità giurisdizionale sia idoneo ad apportare, nel caso di specie, un valore aggiunto, reale e concreto, all’adozione della decisione sul minore, rispetto al mantenimento del giudizio davanti ad esso. Per fare tale valutazione, il giudice adito, secondo la Corte, dovrebbe tenere conto, fra gli altri elementi, delle norme di procedura dell’altro Stato membro, come quelle applicative alla raccolta delle prove necessarie al trattamento del caso e, al contrario, non dovrebbe considerare le norme di diritto sostanziale che sarebbero eventualmente applicabili da parte dell’autorità giurisdizionale a cui verrebbe eventualmente trasferito il caso.

In ultimo, per la Corte, il giudice dovrebbe valutare che, in generale, il trasferimento di competenza corrisponda all’interesse superiore del minore e che, nel caso di specie, non rischi di ripercuotersi negativamente sulla situazione del minore interessato, pregiudicando, in particolare, i suoi rapporti affettivi, familiari e sociali303.

Infine, la Corte di Lussemburgo sottolinea che tutte le valutazioni che il giudice deve fare devono essere parametrate solo sul superiore interesse del minore; pertanto, le eventuali ripercussioni negative di un possibile trasferimento del caso, ad esempio, sul diritto di libera circolazione di altre persone interessate, compresa la madre, non rilevano, salvo che queste si ripercuotano in modo negativo sulla situazione del minore304.

Volgendo l’attenzione alla giurisprudenza italiana, si nota, anche da parte di quest’ultima, un atteggiamento teso a sottolineare il carattere eccezionale dell’istituto di cui all’art. 15.

302 Il considerando 33 del regolamento CE n. 2201/2003 dispone che: «Il presente regolamento riconosce i

diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea. In particolare, mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall'articolo 24 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea».

303 Corte di giustizia dell’Unione Europea, sentenza Child and Family Agency c. J. D., cit., pt. 47, 44, 54, 57,

58, 59.

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Infatti, in alcuni casi, la giurisprudenza, ha negato il trasferimento, non risultando provato il legame particolare con l’ordinamento italiano305. In altri, pur evidenziando il carattere

eccezionale dell’istituto in esame, ha disposto il trasferimento.

Nello specifico, in un primo caso, il tribunale per i minorenni di Genova, tenendo in considerazione la particolarità dell’istituto in esame - che necessita di modulare la decisione del giudice alla peculiare e concreta situazione del minore e quindi al suo superiore interesse - ha statuito il trasferimento della competenza a decidere la controversia alle autorità polacche, riconoscendo la presenza di due legami a fronte dei tre previsti dall’art. 15, ovvero la cittadinanza polacca del minore e la residenza in Polonia della madre.306

In una seconda controversia, i giudici italiani hanno preso la decisione di trasferire il procedimento al foro dello Stato di nuova e stabile residenza del minore, in conformità all’art. 15 par. 3 lett. a, evidenziando la necessità che proprio a salvaguardia del superiore interesse del minore, le decisioni relative alla responsabilità genitoriale debbano essere adottate dal giudice della residenza abituale del minore, in quanto maggiormente adatto non solo per raccogliere gli elementi necessari ad adottare un provvedimento in materia, ma anche, a tenere sotto controllo in maniera continua lo sviluppo della sua personalità e l’evoluzione dei rapporti con i genitori e parenti presso cui il minore viva, e di conseguenza, ad adottare in maniera repentina le necessarie modifiche sui provvedimenti adottati307.

Tuttavia, rimane ad oggi irrisolto il problema se a seguito di un primo trasferimento ad un giudice considerato più adatto, sia possibile effettuarne uno ulteriore. Sul punto l’art. 15 tace. Ciononostante è possibile trarre qualche indicazione dal considerando 13 del regolamento, secondo cui «il giudice adito in seconda istanza non dovrebbe essere

autorizzato a trasferire il caso a un terzo giudice». Infatti, sebbene sia noto che il

considerando non abbia natura vincolante e quindi che da esso non sia ricavabile un limite normativo ai trasferimenti multipli di giurisdizione nella ricerca del giudice meglio in grado di risolvere la controversia, è da considerare anche, che da un punto di vista

305 Si fa riferimento alla sentenza del Tribunale di Milano, Sez. IX, del 11 febbraio del 2014, reperibile al sito

www.ilcaso.it.

306 Tribunale Min. di Genova, sentenza del 11 dicembre 2009, in Nuova giurisprudenza ligure, 2010, pagg.

66 - 67.

307 Cfr. Tribunale di Vercelli, ordinanza del 18 dicembre 2014, reperibile in

www.tribunale.vercelli.giustizia.it.

In riferimento all’opportunità che sia il giudice della nuova residenza abituale a trattare la causa, si veda, anche la sentenza della Cassazione Civile, Sez. Un., del 7 settembre 2016, n. 17676, cit., pag. 765. I giudici della Cassazione privilegiano, ai fini della determinazione della competenza, il parametro riconducibile al