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La cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in materia familiare

Il diritto materiale di famiglia, a cui appartiene la sfera della regolamentazione dei rapporti giuridici tra i genitori e figli e più in generale la responsabilità genitoriale, è stato, tradizionalmente, appannaggio del diritto statale. Su questa materia, fino a pochi anni orsono, non esercitava e non doveva esercitare influenza alcuna, né la Comunità né l’Unione europea165. Questa circostanza ha provocato il sorgere di notevoli differenze

nella disciplina e nella stessa definizione di famiglia, che varia da Stato a Stato ed assume connotazioni diverse persino nel medesimo ordinamento giuridico, ove lo stesso concetto di famiglia viene inteso con accezioni differenti se si passa dal contesto sociale a quello legale166. Infatti, gli ordinamenti statali sono stati influenzati da principi profondamente

diversi nel disciplinare le relazioni familiari, e hanno seguito i propri modelli culturali, etici, sociali e religiosi e, di conseguenza, sono arrivati a soluzioni del tutto antitetiche. Tutto ciò ha reso ancora più complessa la definizione di una disciplina applicabile alla famiglia, soprattutto in un periodo, come quello attuale, in cui ci si trova di fronte all’aumento di situazioni in cui si intersecano rapporti personali e patrimoniali tra soggetti di nazionalità diverse, o tra soggetti che, semplicemente localizzano il centro della loro vita in un Paese diverso da quello della cittadinanza. Nello specifico, il processo di

165 S. M. CARBONE - I. QUIEROLO, Unione europea e diritto di famiglia: la progressiva «invasione»

degli spazi riservati alla sovranità statale, in S. M. CARBONE - I. QUIEROLO (a cura di), Diritto di famiglia e Unione Europea, Torino, 2008, pagg. 1 ss; P. DE CESARI, Diritto internazionale privato e processuale comunitario. Atti in vigore e in formazione nello spazio di libertà sicurezza e giustizia, Torino, 2003, pagg. 105 ss.

166 I. QUIEROLO, La famiglia nell’azione della Comunità e dell’Unione Europea: la progressiva

«erosione» della sovranità statale, in I. QUIEROLO - L. SCHIANO DI PEPE (a cura di), Lezioni di diritto dell’Unione Europea, Torino, 2014, pagg. 155 ss. L’autrice sottolinea, inoltre, quanto segue al fine di inquadrare i fattori fondanti l’evoluzione del concetto di famiglia: «Si pensi alle trasformazioni socio- economiche, etiche, culturali e persino tecnologiche che hanno stravolto il modo stesso di intendere la famiglia. Basti ricordare i fenomeni evolutivi che hanno caratterizzato i secoli passati quali l’industrializzazione e l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, fino ad arrivare a contesti più recenti in cui si assiste, in alcuni Paesi, al declino dei valori religiosi e, in altri alla trasmigrazione dei medesimi nella disciplina statale, all’esaltazione della autonomia individuale, allo sviluppo delle tecniche di procreazione assistita e in vitro che nuove e difficili questioni hanno fatto sorgere in relazione alla individuazione dei soggetti che possono dirsi legati da vincoli familiari. Tanto che occorre chiedersi se sia tuttora utile, oltre che possibile, riunire realtà così diverse sotto l’unica definizione di famiglia».

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globalizzazione della società contemporanea ha determinato l’incremento di casi in cui un nucleo familiare presenta fattori di collegamento con più ordinamenti giuridici. Per tale motivo, si rende necessario predisporre apposite normative a livello internazionale e interno. Tra le normative interne, importanti sono le disposizioni che circoscrivono l’ambito della sovranità, giurisdizione e normativa, appartenente ai singoli Stati e che perseguono il fine di eludere il contemporaneo, e, potenzialmente conflittuale, esercizio del potere di giudicare e disciplinare i rapporti scaturenti dai legami familiari167. Gli Stati

sono chiamati, nell’ottica di quanto affermato, in primo luogo, a definire la sfera della propria competenza giurisdizionale rispetto a quella di Paesi stranieri, ossia a chiarire entro quali limiti i propri giudici possano pronunciarsi riguardo alle controversie transfrontaliere. Per tali ragioni, gli Stati predispongono dei titoli di giurisdizione, ossia individuano gli aspetti del rapporto controverso rilevanti, al fine di collegare la lite al foro e, solo qualora questi si presentino, al giudice nazionale è attribuito il potere di statuire sulla controversia. È altrettanto vero, però, che laddove non si realizzi un coordinamento effettivo con gli ordinamenti stranieri, la predisposizioni di regole nazionali che individuano la legge regolatrice di un rapporto con elementi di estraneità o che definiscano, a tal proposito, la giurisdizione del foro, non assolve a pieno gli scopi presi in considerazione168. Infatti, è ben possibile che accada che, quando si presentino

fattispecie con caratteri di estraneità, tali da presentare contatti con Paesi differenti, la pluralità di ordinamenti, a vario titolo interessati, si dichiari al contempo competente oppure decida di declinare la conoscenza della controversia169. Così è, anche in

riferimento alla legge abbicabile, in quanto si potrebbero verificare dei contrasti tra la scelta del criterio di collegamento operata da un determinato Paese rispetto a quella operata da parte degli altri Stati, che comporterebbero una incertezza relativamente alla legge applicabile. Per tali ragioni, e quindi per aggirare le ipotesi in cui si possano creare

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Sul punto, si veda, per tutti G. MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, 2° ed., Padova, 1954, pagg. 1 ss.; U. IACCARINO; Il c.d. atto di «deroga» alla giurisdizione Italiana, Napoli, 1960, pagg. 1 ss., il quale specifica che pluralità di ordinamenti significa pluralità di giurisdizioni; M. GIULIANO, La giurisdizione civile italiana e lo straniero, 2° edizione, Milano, 1970, pag. 1. Si sottolinea, peraltro, che la nozione di giurisdizione o competenza giurisdizionale usata al fine di individuare la sfera di potere appartenente al complesso degli organi giudiziari di un determinato Stato, non deve essere confusa con la nozione di competenza «interna» che per ragioni di territorio, materia e valore distribuisce la competenza delle liti fra i diversi tribunali del medesimo Stato. Al riguardo si veda, per tutti, G. MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, cit., pagg. 88 e 132.

168 L’obbiettivo in questione non si realizza neanche quando, al riguardo, rilevi il rinvio, il quale non porta

necessariamente all’uniformità internazionale delle soluzioni. A tal proposito, si ricorda che, per quanto concerne l’ordinamento italiano, la norma dedicata al rinvio è. l’art 13 della legge n.218/1995. Per un approfondimento sulla questione del rinvio nell’ordinamento italiano si veda: P. PICONE, Il rinvio all’ordinamento competente nel diritto internazionale privato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1981, pagg. 309 ss; F. MUNARI, Art. 13, in S. BARIATTI (a cura di), Legge 31 maggio 1995 n. 218. Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in Nuove leg. civ. comm., 1996, pagg. 1018 ss.

169 Si veda al riguardo I. QUIEROLO - L. SCHIANO DI PEPE, La famiglia nell’azione della Comunità e

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dei conflitti positivi o negativi di giurisdizione o conflitti relativamente alle leggi applicabili, è noto come da tempo si sia provveduto a stipulare apposite convenzioni internazionali bilaterali e multilaterali, in grado di assicurare un coordinamento valido, almeno tra gli Stati che le hanno ratificate. Sono sorti, a tal proposito, importanti strumenti internazionali in materia familiare, tra cui le Convenzioni esaminate nel capitolo precedente.

In tale contesto, l’azione comunitaria, fino agli anni '90, non si è occupata degli aspetti internazional-privatistici concernenti le relazioni familiari, essendo sfornita di apposite competenze in materia170. Fino a quel momento, pertanto, l’ampliamento dell’azione comunitaria, più per via giurisdizionale che legislativa, ha interessato la famiglia solo in via mediata, nella misura in cui alcuni aspetti della disciplina dei rapporti familiari incidevano sull’esercizio delle libertà economiche, che rientravano nell’ambito delle competenze comunitarie. È da considerare, tra l’altro, che l’inattività dell’Unione in questo ambito è stata determinata anche dalla riluttanza degli Stati membri a cedere le proprie competenze in un settore legato a tradizioni culturali, etiche e religiose proprie di ciascun Paese, e ha fatto sì che questi rimanessero gli esclusivi titolari delle attribuzioni normative necessarie per la disciplina della materia familiare.

Si deve rilevare che, sebbene, ad oggi, l’Unione non abbia competenza ad adottare atti vincolanti in materia di diritto materiale di famiglia, in quanto né all’interno dei trattati istitutivi, né nel trattato di Lisbona, si rinviene alcuna norma che stabilisca il trasferimento della sovranità e delle relative competenze dagli Stati membri alle istituzioni comunitarie171, si è avuta, sia da parte delle istituzioni comunitarie che della

Corte di Giustizia, una sorta di armonizzazione delle discipline nazionali, soprattutto in ambito di diritto internazionale privato e processuale172.

La carenza, nel panorama europeo, di discipline specifiche aventi oggetto il diritto materiale della famiglia, è stata, quindi, in parte, compensata dall’adozione di strumenti vincolanti aventi ad oggetto i rapporti familiari e dedicati al diritto processuale civile internazionale, ad oggi rappresentati dai regolamenti n. 2201/2003 già in parte trattato,

170 A. PERA, Il diritto di famiglia in Europa: plurimi e simili o plurimi e diversi, Torino, 2012, pag. 29; R.

HAUSMANN, Il nuovo diritto internazionale processuale in materia matrimoniale nell’Unione europea, in European Legal forum, 2000/2001, pagg. 271 ss.

171Sui limiti che l’azione comunitaria incontra nel diritto di famiglia si veda: R. BARATTA, Verso la «comunitarizzazione» dei principi fondamentali nel diritto di famiglia, in Riv. dir. int. priv. proc., 2005, pagg. 573 ss; S. BARIATTI, Casi e materiali di diritto internazionale privato comunitario, Milano 2009, pag. 49; A. BONOMI, Il diritto internazionale privato dell’Unione europea: considerazioni generali, in A. BONOMI. (a cura di), Diritto internazionale privato e cooperazione giudiziaria in materia civile, Torino, 2009, pag. 24.

172Sulla complessa e articolata opera svolta dalla Corte di Giustizia in tema di diritto internazionale privato e

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dal n. 4/2009 in materia di competenza, legge applicabile, riconoscimento ed esecuzione di decisioni sulle obbligazioni alimentarie dal n. 1259/2010 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di divorzio e separazione personale.

La base giuridica per l’approvazione di questi regolamenti è stata fornita dal Trattato di Amsterdam del 1997, il cui art. 2 precisa che uno degli obiettivi primari dell’Unione è conservare e sviluppare uno «spazio di libertà sicurezza e giustizia» per la realizzazione del quale occorre, tra l’altro, adottare provvedimenti adeguati nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile.

Grazie a questo trattato, infatti, sono state attribuite nuove competenze all’Unione nel settore della cooperazione giudiziaria, in materia civile. In particolare l’art. 65 TCE (oggi art. 81 TFUE) ha attribuito alle istituzioni europee il potere di adottare provvedimenti che, nel rispetto dei principi di proporzionalità e sussidiarietà, si prefiggano l’obiettivo non solo di migliorare e semplificare il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze, ma anche di promuovere l’uniformità delle regole di competenza giurisdizionali nelle controversie caratterizzate da elementi di internazionalità173. Peraltro, si deve ricordare,

che nel settore del diritto di famiglia, secondo quanto previsto dall’art. 65 TCE (oggi art. 81 TFUE), le misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali devono essere assunte tramite una procedura aggravata, secondo cui il Consiglio delibera all’unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo e previa informazione dei Parlamenti nazionali. Quest’ultimi, poi, sono legittimati a comunicare la loro opposizione alla decisione entro sei mesi dalla data della loro informazione e, solo nella circostanza in cui questa dovesse venire a mancare, allora, la decisone può essere adottata. Inoltre, nel prendere le decisioni in questione, l’Unione, deve rispettare i diritti fondamentali, i diversi ordinamenti giuridici e anche le diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri174.

L’importanza del trattato in questione, infatti, è data dalla modifica della base giuridica della cooperazione giudiziaria in materia civile, la quale è stata inserita nelle materie di

173 Si vedano: S. PATTI - M. G. CUBEDDU, La competenza dell’Unione Europea nel diritto internazionale

privato della famiglia, in Introduzione al diritto di famiglia in Europa, Milano, 2008, pag. 23; I. QUIEROLO, La disciplina della responsabilità genitoriale: il regolamento 2201/2003, in I. QUIEROLO - L. SCHIANO DI PEPE (a cura di), Lezioni di diritto dell’Unione Europea e relazioni familiari, 3° ed., Torino, 2014, pagg. 301 ss., in part. pag. 305.

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Cfr. Art. 61 TCE (oggi art. 67 TFUE). La norma, non fa altro che ribadire, nello specifico contesto della realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, quanto il TUE chiarisce in termini inequivoci sin dal suo preambolo, ossia che l’integrazione europea deve «ispirarsi alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza e dello Stato di diritto», senza pregiudicare in alcun modo «l’identità nazionale» insita nella struttura fondamentale politica e costituzionale degli Stati membri (art 4. par. 2 TUE).

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competenza comunitarie e non più degli Stati membri ed attratta, pertanto, nel primo pilastro. Il legislatore europeo, in questo modo ha avuto la possibilità di intervenire direttamente con i propri strumenti normativi, quali i regolamenti di cui sopra, direttamente applicabili e vincolanti per tutti i destinatari175. Prima che il trattato di

Amsterdam entrasse in vigore, infatti, gli unici atti adottabili, nello spazio giudiziario europeo erano le Convenzioni.

Al riguardo, si ricorda, tuttavia, che nel campo del diritto processuale della famiglia non vi fossero strumenti Convenzionali, in quanto la materia dello stato delle persone era stata lasciata fuori dall’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla giurisdizione e la circolazione delle decisioni tra gli Stati membri in materia civile e commerciale. D’altro canto, la successiva Convenzione di Bruxelles del 28 maggio 1998 (c.d. Convenzione Bruxelles II), in materia di giurisdizione, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale non è mai entrata in vigore per mancanza di ratifiche176 e per via della pressoché contemporanea approvazione del

trattato di Amsterdam; quest’ultimo ha reso possibile l’adozione dello strumento regolamentare, in luogo di quello Convenzionale, in materia di cooperazione giudiziaria. Il contenuto della Convenzione è pertanto confluito nel regolamento CE n. 1347/2000, oggi sostituito dal regolamento CE n. 2201/2003.

Tramite i regolamenti si è riusciti, pertanto, ad ottenere una certa omogeneità tra le norme nazionali relative alla competenza giurisdizionale e al riconoscimento delle sentenze, allo scopo di garantire la più agevole circolazione tra gli Stati, evitando che un individuo possa essere condizionato nella scelta di spostarsi da uno Stato all’altro nell’ipotesi in cui il trasferimento possa comportare la limitazione o la compressione di diritti e status che gli sarebbero garantiti nello Stato di provenienza177. Infatti, la libera circolazione delle

persone può intendersi effettiva e piena se il soggetto può fare valere la propria posizione giuridica sia nel Paese di origine che in quello di destinazione.

Si sottolinea, inoltre, che un importante contributo nella uniformazione del diritto internazionale privato e processuale della famiglia, è stato dato dalla Corte di Giustizia, la quale, nelle sue decisioni, non soltanto ha chiarito la portata delle nozioni autonome previste dal diritto europeo, che si sovrappongono in questo modo a quelle nazionali, ma

175 Sulla diretta applicabilità e obbligatorietà dei regolamenti cfr. art. 288 comma 2, TFUE (ex art. 249 TCE). 176 M. A. LUPOI, Il regolamento n. 2201/2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione

delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, in M. TARUFFO - V. VARANO (a cura di), Manuale di diritto processuale della famiglia europeo, a cura, Torino, 2011, pagg. 107 ss.

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ha altresì elaborato principi in grado di condizionare pesantemente il diritto degli Stati membri, anche al di fuori dello specifico ambito applicativo del diritto dell’Unione178.

In un panorama in cui, per effetto della aumentata libertà di circolazione di persone all’interno della Unione Europea e non solo, per vacanza, lavoro, affari, studio, famiglia, si assiste ad un numero crescente di controversie transfrontaliere, è necessario avere un adeguato sistema di norme vincolanti europee volte a stabilire una collaborazione tra le autorità dei diversi Stati membri, per eliminare gli ostacoli derivanti dalle differenze esistenti tra i diversi sistemi giudiziari e amministrativi. Per questa via, peraltro, si riesce a dare più celere risposta a domande quali quelle relative al foro competente a decidere la controversia, a quale diritto nazionale dovrà applicarsi, a quali formalità espletare perché una sentenza sia riconosciuta, dichiarata esecutiva o eseguita in un altro Stato, alle modalità di trasmissione dei documenti necessari da uno Stato ad un altro, all’ottenimento del patrocinio a spese dello Stato in un altro Paese179. Ciò è ancor più vero in un settore

delicato quale quello del diritto di famiglia e nello specifico quello della responsabilità genitoriale, nel quale, per garantire il superiore interesse del minore, da un lato è necessario salvaguardare il fattore tempo, sia evitando conflitti positivi e negativi di attribuzione delle competenze giurisdizionali, sia realizzando una celere e pronta cooperazione tra le autorità degli Stati membri, e dall’altro è opportuno avare certezza del diritto applicabile e adottare soluzioni uniformi e non discriminatorie, nel rispetto di quanto statuito nell’art. 21 della CEDU e riaffermato nell’art. 21 della Carta di Nizza. In questo senso, quindi, l’Unione ha deciso di dedicare un apposito strumento normativo processuale in materia di responsabilità genitoriale ovvero il regolamento Bruxelles II bis, il quale, si è già visto avere carattere doppio. Quest’ultimo, infatti si occupa di disciplinare, in questa materia, i due aspetti più problematici della cooperazione giudiziaria: il riparto della competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni emesse in una controversia con caratteri di transnazionalità.