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Il coordinamento tra la Direttiva Al- Al-luvioni e la Direttiva Quadro Acque

Nel documento Gentes - anno V numero 5 - dicembre 2018 (pagine 165-169)

2000/60/CE per la gestione del rischio di alluvione in Europa

4. Il coordinamento tra la Direttiva Al- Al-luvioni e la Direttiva Quadro Acque

L’obbiettivo della direttiva è quello di istituire un quadro per la valutazione e la gestione dei rischi di al-luvioni14, volto a ridurre le conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche connesse con le alluvioni all’in-terno della Comunità (Art.1).

Poiché tale obbiettivo non può essere realizzato in misura sufficiente dai singoli Stati membri a causa delle dimensioni, può dunque essere realizzato a li-vello comunitario; la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà (Art.5 del Trattato).

La direttiva si limita a quanto è necessario per con-seguire tale obbiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità.

La direttiva rispetta i diritti fondamentali ed osser-va i principi riconosciuti dalla Carta fondamentale dell’Unione europea; in particolare, intende promuo-vere l’integrazione nelle politiche comunitarie di un livello elevato di tutela ambientale secondo il princi-pio dello sviluppo sostenibile (Art.37).

L’Art.2 (punto 1) della direttiva definisce alluvione, l’allagamento temporaneo di aree che abitualmente non sono coperte d’acqua; ciò include le inondazioni causate da fiumi, torrenti di montagna, corsi d’acqua temporanei mediterranei, e le inondazioni marine delle zone costiere e quelle causate dalle acque sot-terranee (Art.6, punto 7), ad eccezione delle alluvioni derivanti dagli allagamenti causati dagli impianti fo-gnari.

L’Art.2 (punto 2) chiarisce che per rischio di

allu-vione si intende la combinazione della probabilità di

un evento alluvionale e delle potenziali conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimo-nio culturale e l’attività economica derivante da tale evento.

14  La gestione naturale di un’alluvione considera i processi idrologici che interessano il bacino di utenza di un fiume

(catch-ment), per identificare dove le misure possono essere applicate,

con un focus sull’incremento delle capacità di ritenzione dell’ac-qua (es. ripristino dei flussi naturali attraverso il riallineamento delle aree costiere, la riconfigurazione dei corsi d’acqua e il ri-pristino delle paludi che possono trattenere l’acqua alluvionale ed aiutare slow the flow delle acque alluvionali). Si veda Europe-an Commission - Towards better environmental options in flood

risk management, in www.eur-lex.europa.eu.

4. Il coordinamento tra la Direttiva

Al-luvioni e la Direttiva Quadro Acque

La Direttiva Alluvioni opera in sinergia con la Diret-tiva Quadro Acque e può essere vista, come lo stru-mento integrativo di questa ultima; in sostanza, per limitare i rischi di conseguenze negative derivanti dalle alluvioni è possibile, ma per essere efficaci, è necessario che le misure15 vengano coordinate a livel-lo di bacino idrografico.

A tal fine, la Direttiva Alluvioni richiama sia le di-sposizioni contenute nella Direttiva Quadro Acque, e cioè, quelle relative alle definizioni di “fiume”16, “ba-cino idrografico” 17, “sottobacino”18 e “distretto idro-grafico”19, di cui all’Art.2, che quelle concernenti il co-ordinamento amministrativo all’interno dei distretti idrografici.

In particolare, la Direttiva 2000/60/CE prevede l’individuazione delle “acque europee” e delle loro caratteristiche per bacino e distretto idrografico di pertinenza (allegato II), nonché l’adozione di piani di gestione e di programmi di misure (allegato V) ade-guate per ciascun corpo idrico20, al fine di pervenire ad un buono stato ecologico di tutti i corpi idrici.

Per quanto riguarda i bacini e i distretti, la Diretti-va prevede che gli Stati membri individuino i singoli bacini idrografici presenti nel loro territorio e li asse-gnino ai singoli distretti idrografici, riunendo i piccoli bacini e quelli di dimensioni più grandi in un unico distretto, oppure unificare piccoli bacini limitrofi21.

15  Ad esempio, le misure di ritenzione naturale delle acque possono ridurre o ritardare il colmo della piena a valle, miglio-rando la qualità e la disponibilità dell’acqua, preservando gli ha-bitat e aumentando la resilienza ai cambiamenti climatici; esse possono contribuire in maniera simultanea, alla realizzazione degli obbiettivi della Direttiva Quadro Acque e della Direttiva Alluvioni. Cfr. Documento Programmatico della Strategia Comu-ne di AttuazioComu-ne Natural Water Retention Measures, in https:// circabc.europa.eu.

16  Fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo. 17  Bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali, attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta.

18  Sottobacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventual-mente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d’acqua (di solito un lago o la confluenza di un fiume).

19  Distretto idrografico: area di terra e di mare costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che è definito la principale unità per la gestione dei bacini idrografici.

20  Il corpo idrico si distingue in artificiale, o superficiale; il pri-mo consiste in un corpo idrico superficiale creato dall’uopri-mo, il secondo, è un elemento distinto e significativo di acque super-ficiali quali un lago, un torrente, un fiume, un canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere (Art.2, punti 8 e 10).

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La Direttiva prevede inoltre, l’obbligo per gli Stati membri di stilare piani di gestione dei bacini idrogra-fici per tutti i distretti idrograidrogra-fici; per ciascun distretto idrografico, ogni Stato membro deve istituire un’auto-rità nazionale competente, al fine di realizzare un buo-no stato ecologico e chimico delle acque che contribu-isca a mitigare gli effetti delle alluvioni (Artt. 3 -13)22. (Quadri 2016, pp.98-99).

Tuttavia, l’Art.3 della Direttiva 2007/60/CE prevede che le autorità competenti e le unità di gestione pos-sono essere diverse da quelle previste dalla Direttiva 2000/60/CE.

Il piano di gestione del bacino idrografico deve con-tenere tutte le possibili informazioni23 (descrizione generale delle caratteristiche del distretto idrografico che comprende le acque superficiali, le acque sotterra-nee e le aree protette24, esame dell’impatto ambientale delle attività umane sullo stato delle acque superficia-li e quelle sotterranee, anasuperficia-lisi economica dell’utisuperficia-lizzo idrico, istituzione di uno o più registri delle aree pro-tette di ciascun distretto idrografico), al fine di proteg-gere le acque superficiali e sotterranee e preservar-ne gli habitat e le specie che dipendono direttamente dall’ambiente acquatico (Art.6).

Il coordinamento tra le due direttive per la gestione del rischio di alluvioni, ha dunque l’obbiettivo di mi-gliorare l’efficacia, lo scambio di informazioni e realiz-zare vantaggi comuni, tenendo conto degli obbiettivi ambientali previsti dall’Art.4 della Direttiva 2000/60/ CE.

In aggiunta, questo ha comportato che le prime map-pe della map-pericolosità e del rischio di alluvioni, sono

un bacino idrografico preciso, esse vengono individuate e assegnate al distretto idrografico più vicino o più consono; le acque costiere vengono individuate e assegnate al distretto idrografico o ai distretti idrografici più vicini o più consoni.

22  Se un bacino idrografico si estende su diversi Stati, sorge la questione di individuare l’autorità competente per la sua ge-stione. Nel caso di distretti facenti capo a più Stati membri, ma che rientrano nel territorio della Comunità, gli Stati membri si coordinano al fine di predisporre un unico piano di gestione del bacino idrografico internazionale; tutti gli Stati nomineranno un’autorità competente che diventerà centrale nella gestione del bacino suddetto. Se, però, il distretto idrografico supera i confini della Comunità, gli Stati membri si impegnano a predisporre un unico piano di gestione del bacino, e se ciò non è possibile, un piano che abbracci la parte del distretto idrografico internazio-nale compresa nel territorio dello Stato membro in questione. 23  A norma dell’Art.5 e allegato VII.

24  L’allegato IV della Direttiva definisce aree protette, quelle aree designate: per l’estrazione di acque destinate al consumo umano, per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico, i corpi idrici intesi a scopo ricreativo (comprese le aree designate come acque di balneazione), le aree sensibili rispetto ai nutrienti, nonché quelle indicate per la protezione degli habitat e delle specie, nelle quali mantenere o migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione, compresi i siti pertinenti della rete natura 2000.

state preparate in maniera tale che le informazioni in esse contenute siano coerenti con quelle presentate a norma della Direttiva 2000/60/CE, e l’elaborazio-ne dei primi piani di gestiol’elaborazio-ne del rischio di alluvioni (inclusi i loro riesami), devono essere coordinati con i riesami dei piani di gestione dei bacini idrografici pre-visti dall’Art.13 della Direttiva 2000/60/CE.

Allo stesso modo, anche la partecipazione attiva di tutte le parti interessate di cui all’Art.10 della Diret-tiva 2007/60/CE, è coordinata con quella prevista dall’Art.14 della Direttiva 2000/60/CE25.

Oltre al coordinamento tra gli Stati membri, l’effica-ce prevenzione e mitigazione delle alluvioni richiede la cooperazione con i paesi terzi, in linea con la Diret-tiva 2000/60/CE, e i principi internazionali di gestio-ne del rischio di alluvioni sviluppati gestio-nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione e l’utilizzazione dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali del 199226.

4.1. Le tappe per la gestione del rischio

di alluvione

La Direttiva 2007/60/CE impone agli Stati membri l’adempimento di obblighi per la gestione del rischio di alluvioni, attraverso tre principali tappe, che sono:

1) valutazione preliminare del rischio di alluvioni, 2) mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni, 3) piani di gestione del rischio di alluvioni.

25  La Direttiva 2000/60/CE riconosce grande importanza all’informazione e alla partecipazione pubblica, strumento fon-damentale per combattere l’inquinamento. La Direttiva obbliga gli Stati membri a pubblicare e a mettere a disposizione del pub-blico, il calendario e il programma di lavoro per la presentazio-ne del Piano di gestiopresentazio-ne dei bacini idrografici, una valutaziopresentazio-ne globale provvisoria dei problemi di gestione delle acque impor-tanti, identificate nel bacino idrografico almeno due anni prima dell’inizio a cui si riferisce il piano e copie del progetto del piano di gestione del bacino idrografico, almeno un anno prima dell’i-nizio del periodo a cui il piano si riferisce (Art.14). Nel 2007, la Commissione ha presentato con il Centro comune di Ricerca (Joint Research Centre - JRC), l’Ufficio Statistico dell’Unione Eu-ropea - Eurostat, l’Agenzia EuEu-ropea per l’Ambiente (EuEu-ropean Environment Agency – EEA) e con gli Stati membri, WISE

(Wa-ter information System for Europe), un nuovo strumento per la

raccolta e lo scambio di dati e informazioni a livello di Unione europea e per il monitoraggio delle sostanze inquinanti immes-se nelle acque superficiali o nell’ambiente acquatico. Tale siste-ma di raccolta dati, consente ai cittadini di monitorare la qualità dell’acqua nella loro zona e dunque, di vigilare sull’osservanza della normativa ambientale da parte degli Stati membri e dei singoli operatori. Per maggiori informazioni si veda https://wa-ter.europa.eu.

26  La Convenzione delle Nazioni Unite sulla Protezione e l’Uti-lizzazione dei Corsi d’Acqua Transfrontalieri e dei Laghi Interna-zionali è stata adottata a Helsinki, il 17 marzo 1992 (approvata con la decisione 95/308/CE del Consiglio, del 24 luglio 1995), ed è entrata in vigore il 6 ottobre 1996; il testo è reperibile in www.eur-lex.europa.eu.

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4.1.1. Valutazione preliminare del

ri-schio di alluvioni

Il primo passo nel processo di gestione dei rischi di alluvioni consiste nell’elaborazione da parte degli Sta-ti membri di una valutazione preliminare del rischio di

alluvioni27,per ciascun distretto idrografico o unità di gestione, o parte di distretto idrografico internaziona-le situato nel proprio territorio, sulla base di: a) infor-mazioni disponibili o di quelle facili da ottenere, quali i dati registrati e gli studi sugli sviluppi a lungo termi-ne, tra cui le conseguenze del cambiamento climatico sul verificarsi delle alluvioni; b) mappe comprendenti i confini dei bacini idrografici, dei sottobacini e, lad-dove esistono delle zone costiere, dalle quali risulti la topografia e l’uso del territorio; c) archivi storici delle alluvioni avvenute in passato, che hanno avuto con-seguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche, che con elevata probabilità possono ancora verificarsi in futu-ro in maniera similare, inclusa la portata dell’inonda-zione e le vie di deflusso delle acque con la valutazio-ne delle conseguenze valutazio-negative che hanno avuto;

In aggiunta, in funzione delle esigenze specifiche degli Stati membri, tale valutazione comprende: una valutazione delle potenziali conseguenze negative di future alluvioni per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche, tenuto conto di elementi quali, la topografia, la posizione dei corsi d’acqua e le loro caratteristiche idrologiche e ge-omorfologiche generali, tra cui il ruolo delle pianure alluvionali come aree naturali di ritenzione delle ac-que, l’efficacia delle infrastrutture artificiali esisten-ti per la protezione dalle alluvioni, la posizione delle zone popolate e delle zone in cui esistono attività eco-nomiche e gli sviluppi a lungo termine, compresi gli impatti dei cambiamenti climatici.

La valutazione preliminare, consente agli Stati mem-bri di individuare le zone soggette a rischio potenziale di alluvioni o si possa ritenere probabile che questo si generi; la direttiva prevede che l’individuazione di una zona nell’ambito di un distretto idrografico in-ternazionale o di una unità di gestione, condivisa con un altro Stato membro, viene coordinata tra gli Stati membri interessati (Art.5).

4.1.2. Mappe della pericolosità e del

ri-schio di alluvioni

Il secondo passo nel processo di gestione del rischio di alluvioni consiste nella predisposizione da parte

27  Gli Stati membri sono tenuti a presentare la valutazione preli-minare del rischio, entro il 22 dicembre 2011, soggetta a riesame, entro il 22 dicembre 2018 e poi, ogni sei anni (Artt. 4 – 14, punto 1).

degli Stati membri, di mappe della pericolosità e del

rischio di alluvione28.

L’Art.6 della direttiva impone dunque agli Stati mem-bri di predisporre, a livello di distretto idrografico o unità di gestione, mappe della pericolosità e del ri-schio di alluvioni nella scala più appropriata, per le zone individuate nell’Art.5 (punto 1), che contengono la perimetrazione delle aree geografiche che indivi-duano tre scenari alluvionali sulla base di:

a) scarsa probabilità di alluvioni o eventi estremi, b) media probabilità di alluvioni (tempo di ritorno ≥ 100 anni),

c) elevata probabilità di alluvioni, se opportuno, con l’indicazione specifica della portata della piena, la profondità delle acque, o se del caso, il livello delle acque e, se opportuno, la velocità del flusso o il flusso d’acqua considerato.

In aggiunta, sempre nell’ambito degli scenari sopra descritti, tali mappe mostrano le potenziali conse-guenze negative derivanti dalle alluvioni, come il nu-mero indicativo degli abitanti potenzialmente interes-sati, così come il tipo di attività economiche insistenti sull’area, gli impianti sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento29, che potrebbero provo-care inquinamento accidentale in caso di alluvione, e aree protette potenzialmente interessate30.

A queste, si aggiungono altre informazioni ritenute utili dagli Stati membri, come l’indicazione delle aree in cui possono verificarsi alluvioni, con elevato nume-ro di sedimenti trasportati e colate detritiche, e infor-mazioni su altre notevoli fonti di inquinamento.

4.1.3. Piani di gestione del rischio di

al-luvioni

Per evitare o ridurre gli impatti negativi delle allu-vioni nell’area interessata è opportuno preparare pia-ni di gestione del rischio di alluviopia-ni, che rappresenta-no dunque il terzo passo nel processo di gestione del rischio di alluvioni.

Sulla base delle mappe della pericolosità e del ri-schio di alluvione, gli Stati membri stabiliscono pia-ni di gestione del rischio alluvionale (Art.7, punto 1 della Direttiva 2007/60/CE), coordinati a livello di di-stretto idrografico o unità di gestione costiera, come stabiliti dall’Art.13 della Direttiva 2000/60/CE.

Gli Stati membri fissano obbiettivi appropriati31 per

28  La Direttiva 2007/60/CE stabilisce che gli Stati membri sono tenuti ad ultimare le mappe entro la fine del 2013, che sa-ranno soggette a riesame, entro il 22 dicembre 2019 e poi, ogni sei anni (Artt. 6, punto 8 – 14, punto 2).

29  Allegato I della Direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 set-tembre 1996.

30  Allegato IV, par. 1 (punti i, iii e v) della Direttiva 2000/60/CE. 31  Allegato I, parte A (punto 4) della Direttiva 2007/60/CE. In

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la gestione del rischio di alluvioni, per le zone indivi-duate, concentrandosi in particolare, sulla riduzione delle potenziali conseguenze negative per la salute, l’ambiente, il patrimonio culturale e l’attività econo-mica e, se opportuno, su iniziative non strutturali, volte alla riduzione delle probabilità di inondazione (Art.7, punto 2).

I programmi di gestione del rischio di alluvione de-vono contenere gli elementi indicati nell’Annesso del-la Direttiva 2007/60/CE32, oltre ad un sommario di misure e le loro priorità33, volti al raggiungimento dei suddetti obbiettivi.

I piani di gestione del rischio di alluvioni riguardano tutti gli aspetti della gestione del rischio, come la pre-venzione (ad esempio, evitando di costruire in zone a rischio di alluvione), la protezione (misure per limita-re la probabilità di alluvione) e la plimita-reparazione (misu-re/azioni adottate per informare e consultare il pub-blico), comprese le previsioni di alluvioni e i sistemi di allertamento, tenendo conto delle caratteristiche del bacino idrografico o del sottobacino interessato.

Tali misure, includono la preparazione e l’aggiorna-mento dei programmi delle aree a rischio di alluvio-ne34 e il loro inserimento nei programmi regionali

particolare, tale allegato afferma che i progetti devono contene-re “una sintesi delle misucontene-re e delle loro priorità volte al raggiun-gimento degli appropriati obbiettivi della gestione del rischio di alluvioni”; in aggiunta, l’Allegato B (punto 3) afferma espli-citamente che i programmi aggiornati devono contenere una descrizione e spiegazione motivata per le misure che sono state programmate ma non implementate; inoltre, tale allegato con-templa la possibilità di misure addizionali che non erano state progettate. La Commissione può adeguare l’allegato suddetto al progresso scientifico e tecnico (Art.11, punto 2).

32  Gli elementi che devono risultare nel primo piano di gestio-ne del rischio sono: a) conclusioni della valutaziogestio-ne preliminare del rischio di alluvione, come richiesta dal capo II nella forma di una mappa di sintesi del distretto idrografico o dell’unità di gestio-ne, che delinea le aree a potenziale rischio significativo di alluvione; b) mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni descrizione degli appropriati obbiettivi;c) sintesi delle misure e delle loro priorità, incluse quelle adottate nell’ambito di atti comunitari (EIA, SEVESO, WFD), volte al raggiungimento degli obbiettivi; d) descrizione della metodologia di analisi costi/benefici, quando disponibile, utilizzata per valutare le misure aventi effetti trans-nazionali (Annex part A. I); e) descrizione delle priorità/modali-tà di monitoraggio dello stato di attuazione del piano; f) sintesi delle misure/azioni per informare e consultare il pubblico; g) li-sta delle autorità competenti, e se del caso, descrizione del pro-cesso di coordinamento messo in atto all’interno di un distretto idrografico internazionale, e del processo di coordinamento con la Direttiva 2000/60/CE (Annex part A. II).

33  La “priorità” è data alle misure con effetti “downstream”, come la ritenzione dell’acqua, i sistemi di allarme, la riduzione del rischio dai siti contaminati nelle aree alluvionali o scambi di informazione. 34  L’Annesso A (parte B), stabilisce che gli elementi che devo-no figurare nei successivi aggiornamenti dei piani di gestione del rischio riguardano: eventuali modifiche/aggiornamenti ap-portati dopo la pubblicazione del precedente piano di gestione; valutazione dei progressi compiuti; descrizione motivata per le

sull’uso della terra, e la prevenzione di ogni danno potenziale indicato nei programmi spaziali e/o nella legislazione.

I piani di gestione possono inoltre comprendere, la promozione di pratiche sostenibili di utilizzo del suo-lo, il miglioramento di ritenzione delle acque, nonché l’inondazione controllata di certe aree in caso di feno-meno alluvionale.

I piani di gestione includono anche gli aspetti ri-guardanti i costi e i benefici, il mantenimento e/o il ripristino delle pianure alluvionali, gli obbiettivi am-bientali, la gestione del suolo e delle acque, la piani-ficazione del territorio e il suo utilizzo, la conserva-zione della natura, la navigaconserva-zione e le infrastrutture portuali, nonché misure volte a prevenire e a ridurre i danni alla salute umana, all’ambiente, al patrimonio culturale e all’attività economica.

Un importante disposizione per i bacini internazio-nali, è contenuta nell’Art. 7 (punto 4) della direttiva che stabilisce, in ossequio con il principio di solida-rietà, che i piani di gestione prescritti in uno Stato membro non possono contenere misure che possono

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