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LA LEGGE N 124 DEL 2007 SOTTO LE LENTI DELLA COSTITUZIONE E DELLA DINAMICA POLITICO ISTITUZIONALE

9. La Corte nel sistema della salus rei publicae: veramente giudice del segreto?

Come si è potuto notare la l. 3 Agosto 2007, n. 124, presenta un articolato sistema di controlli, interni ed esterni al sistema, operante essenzialmente su tre livelli: amministrativo, politico e giurisdizionale420. Diversamente, infatti, dalla legge n. 801 del 1977 che prevedeva il

controllo parlamentare quale unica forma421 di compressione della discrezionalità presidenziale

in materia di salus rei publicae, la riforma in esame ha incrementato i meccanismi di garanzia (non garantendone, tuttavia, sempre la piena efficacia).

Il primo tra questi, di natura amministrativa e di tipo interno, è esercitato dall’Ufficio ispettivo del Dis422, cui è attribuito il potere di vigilare sui Servizi “verificando la conformità

delle attività di informazione per la sicurezza alle leggi e ai regolamenti”, anche a mezzo di specifiche inchieste. L’autonomia dell’Ufficio è ampia ma talune sue competenze sono attuabili solo previa autorizzazione del Presidente del Consiglio e su richiesta (o tramite l'intervento) del Direttore del Dis423. In generale, tuttavia, spetta al Dis nel suo complesso la verifica, sul piano

del coordinamento informativo, dei risultati di Aise ed Aisi.

418 Cfr. A. Pace A., Sull’asserita applicabilità all’imputato dell’obbligo di astenersi dal deporre su fatti coperti dal segreto di Stato e sull’insussistenza dei

“fatti eversivi” come autonoma fattispecie di reato, cit.

419 Nonostante tutto parrebbe, comunque, rimanere fermo “l’ombrello” di cui all’art. 51 c.p., e, dunque, la scelta se rivelare o meno fatti al fine di esercitare la propria difesa dovrebbe essere non solo consentita ma anche scevra di particolari conseguenze per l’autore della discovery.

420 Cfr. T. F. Giupponi T. F., Servizi di informazione e segreto di Stato nella legge 124/2007, cit., pag. 1716.

421 Cfr. P. Veronesi, Vecchi segreti e (sempre attuali ritardi) di Stato, www.forumcostituzionale.it

422 Oltre all’Ufficio Ispettivo, l’Ufficio centrale degli archivi svolge funzioni amministrative di controllo in ordine alla documentazione raccolta. Allo stesso modo svolgono funzioni di controllo finanziario amministrativo tanto l’ufficio della Corte dei Conti distaccato presso il Dis quanto la sezione staccata dell’Ufficio bilancio e ragioneria della Presidenza del Consiglio. Cfr. artt. 10 e 29, l. n. 124 del 2007.

Il secondo controllo, di natura esclusivamente politica, interno ed esterno, come già evidenziato, è svolto dal Copasir e dalle Camere.

Il terzo meccanismo di autoconservazione del sistema della sicurezza nazionale, infine, di tipo esclusivamente esterno, è quello giurisdizionale affidato alla giustizia ordinaria e, soprattutto, alla Corte costituzionale.

Il legislatore del 2007 ha affidato al Giudice delle leggi il ruolo di garante della razionalità complessiva del sistema, riconoscendogli, in definitiva, la responsabilità di sindacare se il bilanciamento tra interessi contrapposti tipizzato dal Parlamento e concretizzato dall’atto di apposizione e/o conferma del segreto abbia leso le prerogative di altri Poteri dello Stato.

La scelta, naturalmente, è stata adottata in linea con quanto rappresentato dalla Corte nell’evoluzione stessa del concetto di salus rei publicae: con essa, infatti, “s'é fatta strada l'idea” che la tutela del segreto di Stato “fosse funzionale alla sicurezza dello Stato ed alla sua vita democratica” e si è imposto “il principio secondo cui, per comprimere altri interessi costituzionali, la segretezza dovesse risultare finalizzata alla tutela di esigenze fatte proprie e garantite dalla Costituzione e poste su di un piano superiore rispetto a quelle con essa configgenti”424.

Orbene, ciò premesso, la domanda che occorre porsi è, tuttavia, questa: le competenze attribuite alla Corte consentono alla stessa di potersi riconoscere quale vero giudice del segreto?

Nel nuovo ordine della salus rei publicae la Corte costituzionale è essenzialmente Giudice dei conflitti. Diversamente dal passato ove sotto la vigenza della legge n. 801 del 1977 si dubitava persino dell’ammissibilità di un conflitto di attribuzione tra autorità politica e giudiziaria, oggi detto strumento è stato elevato a meccanismo di evoluzione dello stesso sistema della sicurezza nazionale poiché è dalla risoluzione dei conflitti che la normativa acquista nuovo slancio e nuovo significato.

Il comma 8 dell'art. 202 c.p.p., come introdotto dall'art. 40, comma 1, 1. n. 124 del 2007, poi, dispone che il segreto di Stato “in nessun caso” sia opponibile alla Corte costituzionale, prevedendo, altresì, che la Corte debba adottare le necessarie garanzie per la segretezza del procedimento. Si tratta di un elemento rivoluzionario rispetto all’assetto precedente: alla Corte costituzionale, investita del conflitto di attribuzione tra Poteri, viene riconosciuto pieno accesso a tutte le notizie coperte dal segreto ed, a tal proposito, vengono previste “idonee garanzie interne a tutela della segretezza degli atti”. Con questa scelta il legislatore ha voluto garantire alla Consulta l'effettivo esercizio dei propri poteri in materia di risoluzione dei conflitti di attribuzione, permettendole di conoscere approfonditamente l’oggetto del giudizio.

424 Cfr. G. Riccio, G. De Stefano, La tutela processuale del segreto di Stato tra interventi giurisprudenziali e proposte di riforma, in Politica del diritto / a XXIX, n. 3, settembre 1998, pag. 395.

Nonostante il dato normativo conforti circa l’effettiva rilevanza del controllo svolto dalla Corte sul sistema, vi sono almeno due aspetti sui quali è opportuno ragionare.

Il primo concerne, come accade per il controllo parlamentare, il momento in cui il sindacato della Corte viene attuato: nuovamente, infatti, il meccanismo di garanzia predisposto dal Giudice dei conflitti per statuire se l’esercizio delle prerogative presidenziali abbia superato i limiti disposti dal legislatore o invaso la sfera di attribuzioni di altri Poteri è posto solamente a valle dell’avvenuto esercizio del potere di apposizione e/o conferma del segreto. Lo stesso, naturalmente, come già esaminato, accade anche in sede di opposizione delle cause di giustificazione: l’intervento della Corte è ancora solamente successivo rispetto non solo all’applicazione delle scriminanti ma allo stesso “danno” già arrecato ad altre prerogative costituzionali.

Il secondo punto meritevole di attenzione riguarda, invece, un fenomeno concretamente materializzatosi nella prassi, vale a dire il ridimensionamento da parte della Corte stessa delle sue competenze. Più volte, ed anche recentemente, la Corte ha, infatti, affermato di essere chiamata in sede di conflitto di attribuzione a valutare unicamente “la sussistenza o insussistenza dei presupposti del segreto di Stato ritualmente opposto e confermato” dichiarandosi incapace, in particolare, di verificare la conformità della sua opposizione all’autorità giudiziaria sotto il profilo dei principi di legalità e di proporzionalità, in quanto “valutazione di merito sulle ragioni e sul concreto atteggiarsi” della gestione del segreto nel giudizio “a quo”425.

Orbene, pur dovendosi escludere che la Corte debba in qualche modo sostituirsi al Presidente del Consiglio nel suo ruolo di dominus del sistema, la rinuncia in definitiva dei giudici costituzionali ad esercitare un controllo effettivo sull’opposizione del segreto nel processo penale e sulla conseguente eventuale conferma governativa risulta inspiegabile. Anche la ratio della stessa inopponibilità del segreto alla Corte risulterebbe, in tal caso, incomprensibile: che senso avrebbe, infatti, concedere il libero accesso ad ogni informazione riservata se tutto quanto posto a monte dell’opposizione o della conferma dovesse essere considerato “merito politico” e, dunque, territorio inesplorabile ed inaccessibile? O se il giudizio sulla proporzionalità e sulla congruità della misura da parte della Consulta fosse radicalmente escluso?426

425 Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 106/2009.

426 Secondo alcuni autori anche se si riconoscesse una natura esclusivamente politica all’atto impugnato non potrebbe escludersi il potere di intervento della Corte posto che la stessa ”conosce normalmente di atti politici” e, “in via più generale, la valutazione di tali atti rispetto a parametri normativi è un controllo giuridico al quale non si può sottrarre poiché - come efficacemente dichiara la recentissima decisione n. 81 del 2012 (cons. dir., n. 4.2) - secondo i fondamentali principi dello Stato di diritto anche tali atti «debbono sottostare ai limiti giuridici ad essi imposti dall’ordinamento e alle verifiche di legittimità e validità nelle sedi appropriate”. Cfr. A. Anzon Demmig, La Corte abbandona definitivamente all’esclusivo dominio dell’autorità politica la gestione del

Perché la Corte realizzi effettivamente il sindacato che il legislatore le assegna è, dunque, imprescindibile che essa non si limiti a svolgere un mero controllo formale sulla sussistenza dei presupposti della conferma presidenziale ma intervenga anche nel merito della scelta: la decisione dei giudizi costituzionali, dovrà, dunque, essere “giuridicamente argomentata, di contenuto sostanzialmente politico, ma con effetti sul processo dal quale è scaturito il conflitto”427. Senza di ciò la Corte non può essere il vero giudice del segreto.

In sintesi, dunque, il rafforzamento della posizione della Corte nel sistema della sicurezza nazionale, pur risultando con forza in rapporto al precedente regime, non appare, nella realtà, conforme alle attese.

Il dato preoccupante, è, pertanto, ampiamente prevedibile: se il controllo parlamentare, come anticipato, risulta inefficace in quanto meramente successivo e, come visto, il controllo della Corte, quando possibile, è in realtà limitato alla verifica di requisiti esclusivamente formali dell’atto di conferma governativo, posta l’impossibilità di intervenire in campi ad essa preclusi, chi vigila in concreto sul Presidente del Consiglio?

La risposta è semplice, “nessuno”, e ciò giustifica il riconoscimento nella figura del capo del Governo di prerogative del tutto straordinarie ed eccedenti i limiti della forma di governo.

La necessità di un controllo parlamentare realmente efficace e di un sindacato costituzionale che, pur non ledendo le prerogative del Copasir, non sia estromesso da qualunque attività conoscitiva diretta a comprendere le ragioni che hanno spinto il Presidente del Consiglio ad apporre o confermare l’opposizione del segreto appare, dunque, inevitabile. Del resto il rafforzamento dei controlli costituisce esso stesso condizione per la piena tutela della salus rei

publicae contro i possibili abusi e le eventuali degenerazioni democratiche dell’Esecutivo.

In conclusione perché la Corte costituzionale divenga finalmente giudice del segreto, occorre certamente un nuovo intervento del legislatore inteso rafforzare le maglie del dettato legislativo, ma risulta anche fondamentale un rinnovato coraggio dello stesso Giudice delle leggi.

PARTE III

L’EVOLUZIONE DEL SEGRETO DI STATO NELLA GIURISPRUDENZA

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