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PREISTORIA

Scrivere una breve storia della fantascienza significa anche chiarire precisamente che cosa distingua questo da altri generi: per compiere questa operazione gli interpreti si sono serviti sia di criteri stilistico-formali sia di approcci maggiormente sociologici e dunque attenti alle condizioni materiali di produzione e fruizione. A seconda della prospettiva scelta, le ricostruzioni privilegiano momenti fondativi diversi, antichi oppure più vicini a noi. Poiché nel nostro caso sarà utile servirsi di entrambe queste concezioni, ho deciso di dar conto delle diverse cesure accennando una ripartizione all’interno del capitolo. Inizialmente mi concentrerò sugli albori del genere, dando soprattutto spazio però ad alcune considerazioni teoriche fondamentali; nelle restanti pagine del capitolo invece tratterò dell’incarnazione contemporanea della fantascienza e di come Galaxy prenda forma al suo interno. Alla ricerca di un'identità per la fantascienza, diversi autori si sono spinti a rintracciare antenati artistici via via più remoti, spinti forse anche dalla volontà di nobilitare un fenomeno letterario cronicamente scisso fra l'ammirazione ed il risentimento per quell'olimpo dell'alta cultura dal quale si sente (e in parte è) respinto.

Fra le radici letterarie più ovvie vi è senza dubbio il Frankenstein di Mary Shelley, di cui forse i riadattamenti contemporanei ci hanno spinto a sopravvalutare le atmosfere gotiche e le pieghe orrorifiche, ma al cui centro sta un mostruoso che è tutto frutto dell’opera scientifica umana. Lo scienziato (“moderno prometeo”) e la sua condotta sono ciò che muove l’intreccio; la narrazione segue peripezie e conseguenze dovute all’applicazione delle nuove scienze naturali. L’opera della Shelley articola quindi ciò che ad uno sguardo superficiale costituisce la peculiarità del genere e la sua intrinseca modernità: l’avere come ingrediente fondante e come materia base la scienza nella sua declinazione moderna e potremmo dire cartesiana.147

Insieme alla scientificità, il peculiare approccio allo scorrere del tempo (un interesse potremmo dire per la filosofia della storia), è un altro dei temi più spesso ricondotti al nucleo della fantascienza. Su questo terreno un precursore illustre spesso

147 Per un primo riassunto delle diverse posizioni teoriche vd. Adolfo Fattori (a cura di),

citato è L’anno 2440, scritto dal francese Sébastien Mercier nel 1770, che anticipa di oltre un secolo uno dei topos ricorrenti (e quindi rappresentativi) della SF: il viaggio nel tempo. L’opera, che poco si occupa di scienza, ha il pregio soprattutto di testimoniare l’influenza che il genere utopico ha giocato nel dare forma ai meccanismi fantascientifici e per questo ne tratteremo brevemente più avanti.

Più in generale, sono la fantasia e l’immaginazione due fra i caratteri unanimemente attribuiti al genere. Queste qualità, pur non decisive ai fini di una definitiva demarcazione dei confini fra fantascienza e generi affini, quali horror e fantasy, hanno favorito ulteriori speculazioni sui possibili antenati.

Da Platone fino ad Ariosto, passando per i bestiari medievali, la creatività nell’immaginare e descrivere mondi altri ha accompagnato l’umanità fin dai primordi. Seguendo questa strada l’epica Omerica, con la sua geografia fantastica, anticiperebbe in un certo qual modo sia le mappe dei libri fantasy sia le intricate orbite di stelle e pianeti che popolano la SF. Se l’operazione ha poco senso (non è in fondo l’Odissea alla radice di tutta la letteratura occidentale?) essa ne acquisisce con il sopravanzare dell’età moderna, che progressivamente fonde scoperte scientifiche a fantasie sull’ancora ignoto. Il telescopio avvicina la luna sia ad Astolfo che a Cyrano de Bergerac,148 ma

anche a Keplero, che nel suo Somnium149 la usa come pretesto letterario per difendere le

teorie copernicane. Mentre si ampliano i confini del conoscibile e dell’indagabile l’uomo si scontra con le barriere del dicibile. Il mondo nuovo, lontano, più o meno fantastico, diventa prospettiva utile per esprimere il controverso o per misurare il già noto. Si centra allora l’obbiettivo sulla fantascienza come letteratura dell’alterità. Un diverso immaginato, invece che reale, che è territorio del libero dispiegarsi del pensiero come prima lo erano le sconosciute terre australiane o il sempre più sfuggente regno del Prete Gianni.

Il luogo altro come ingrediente della narrazione richiede, evidentemente, un viaggio o uno stratagemma che ne renda possibile il raggiungimento. Siamo, nuovamente, vicini al genere dell’utopia e del viaggio immaginario, il cui capofila è spesso considerato lo Swift dei Viaggi di Gulliver. Ci siamo vicini anche, e tale assunto

148 L’opera generalmente considerata antesignana della fantascienza è L'altro mondo ovvero Gli Stati e

gli imperi della luna, del 1657.

149 Il Somnium di Keplero, pubblicato postumo nel 1634, sfruttò lo stratagemma della narrazione fantasiosa per proporre controverse teorie astronomiche. Il primo a considerarlo un vero e proprio romanzo di fantascienza fu Isaac Asimov in Isaac Asimov’s Guide to Earth and Space, Fawcett Books, New York, 1991, p. 86.

non andrebbe dimenticato, perché come ricordato da Borislav Baczko in un celebre libro sull’utopia settecentesca:

Le frontiere dell’utopia sono mobili […] il discorso utopistico non è mai chiuso su se stesso: attinge alle profondità dell’immaginario collettivo, sfruttando i vecchi miti.150

Se di utopia come genere o come pratica si può parlare, essa nasce nel dicembre 1516, quando nella città belga di Lovanio si pubblicò per la prima volta quel “libretto veramente aureo” di Thomas Moore, in cui si trattava “dell’ottima forma di Stato e della nuova isola di Utopia”. Di questo luogo, che insieme non esiste (“ou”) ed è regno del bene supremo (“eu”), sappiamo ciò che Moro ci dice essergli riferito da Raffaele Itlodeo, fittizio viaggiatore dedito alla Filosofia che accompagnò Vespucci nelle sue peregrinazioni. Quest’isola che non c’è è costruita come esatto opposto dell’Inghilterra dei Tudor, geograficamente le rassomiglia, ma politicamente e socialmente rappresenta tutto ciò che la realtà dovrebbe essere. Qui:

La costituzione del loro Stato è rivolta a questo unico fine primario: che il maggior tempo possibile, compatibilmente con le necessità comuni, sia sottratto al servizio del corpo e consacrato alla libertà e alla cultura dell’animo di tutti i cittadini. Questo essi ritengono che sia ciò che rende felice la vita.151

Nell’Inghilterra contemporanea, invece, le pecore “di solito così mansuete”

Son diventate tanto fameliche e aggressive da divorarsi addirittura gli uomini e da devastare e spopolare campi, case e borghi. Infatti, in tutte le zone del regno dove si produce la lana più fine e perciò più pregiata, i nobili, i gentiluomini, e perfino certe sante persone come gli abati […] non lasciano palmo di terra alle colture, cingono di steccati tutti i campi per destinarli al pascolo, abbattono le case, demoliscono i villaggi”152

Così ai contadini, discacciati dalle enclosure,153 non resta “altra alternativa che darsi al

150 Bronisław Baczko, L’utopia. Immaginazione sociale e rappresentazioni utopiche nell’età

dell’illuminismo, Einaudi, Torino, 1979, p. X.

151 Thomas More, Utopia, Liguori, Napoli, 1979, p. 194. 152 Ibid., p. 126.

furto, per finire giustamente sulla forca, oppure girovagare mendicando; ma, anche così, vengono gettati in carcere come vagabondi”.154

L’isola, è evidente, serve come denuncia, fornisce una caustica rappresentazione dei mali presenti e insieme propone mezzi ed esempi di riforma. Per muovere le sue critiche alla società, percepita come ingiusta, l’utopia si serve di un punto distaccato che deve necessariamente costituirsi attraverso l’immaginazione di un ideale fantasioso. Nel loro essere fittizi, l’isola, la città, il paese di cuccagna portano impresso in negativo la realtà del loro presente. Ancora con Baczko:

In questo senso ma solo in questo senso, si potrebbe dire che ogni utopia è più o meno «irrealista», che accoglie ed esprime tendenze, talvolta latenti, a evadere dalla storia e dalla società. D’altra parte, tuttavia, immaginare una società diversa e migliore è un modo specifico di avvicinare e vivere le realtà del proprio tempo. L’opposizione utopia/realtà deriva dalla storia e fa parte di essa […] l’alterità sociale immaginata rinvia, almeno implicitamente, a realtà storiche, non foss’altro che attraverso il loro rifiuto e il loro superamento.155

Ciò che è peculiare dell’utopia è quindi il suo meccanismo fondamentale; esso è, per usare una parola che ci accompagna fin dall’inizio di questa tesi, quello dello straniamento. Con la fantascienza essa condivide proprio questo, il tentativo di parlare della realtà gettando uno sguardo obliquo su di essa.