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Il sentiero che ho provato a percorrere ci ha portato apparentemente lontano dal punto di partenza, ovvero dalla rappresentazione dei mass media in un periodo cruciale per il loro consolidamento e per la formazione dell’immaginario fantascientifico. Una ancor più estensiva ricerca su Galaxy consentirebbe, forse, di rintracciare ulteriori esempi ed evidenze della ragnatela di immagini e simboli che si riuniscono attorno alla televisione, ma come già anticipato ho compreso in fretta la necessità di rivolgersi non solo ai media, ma anche a tutto ciò che fa da contorno alla loro azione. Gli animatori di

Galaxy erano scrittori di fantascienza, non sociologi e neppure storici o giornalisti; le

loro ispirazioni risiedevano nella realtà sociale a loro presente, in cui la comunicazione di massa si presentava non isolata come solo un oggetto di studio ben circoscritto può essere, ma interrelata a molti altri fattori. Mi è parso allora, e spero sia emerso già in parte dalla precedente esposizione, che la più notevole traccia affiorata dal mio esame della rivista e delle sue storie fosse, oltre che un nucleo di immagini, un atteggiamento, uno stile. La costante che ho cercato sempre di evidenziare, si trattasse di televisione o di rapporti economici con i marziani, è stata l’interesse per l’autonomia, individuale o di massa, e la sensazione di minaccia che l’accompagna. Penso dunque possa essere produttivo accostare queste narrazioni fantascientifiche dei primi anni Cinquanta al fenomeno descritto come “cultura della paranoia” da Timothy Melley in un libro che abbiamo già avuto occasione di citare.425

Melley sostiene che sia possibile rintracciare una sorta di “master narrative” del dopoguerra americano proprio nell’ansia collegata all’agency e alla possibile perdita di essa. Partendo da The Hidden Persuaders del giornalista Vance Packard (1957) e dal libro Masters of Deceit di J. Edgar Hoover (1958) l’autore esamina un particolare atteggiamento intellettuale volto a mettere in guardia da una vasta gamma di complotti o cospirazioni basati proprio sul concetto di scarsa agency. Il dopoguerra introdurrebbe il sospetto verso un nuovo tipo di attività cospirativa, portata avanti non più segretamente ma secondo modelli di scoperta manipolazione di massa. Si rafforzerebbe insomma nella comunicazione pubblica uno “stile paranoico” che già Richard Hofstadter nel suo

The Paranoid Style in American Politics aveva considerato tipicamente americano e che

secondo Melley si lega, a partire dagli anni Cinquanta, alla difesa del concetto liberale di autonomia individuale. Nel clima rigido della guerra fredda, le teorie del complotto potrebbero essere servite come difesa contro il crescente senso di omologazione che da molte direzioni insidiava il soggetto americano, orgoglioso della sua indipendenza e della sua capacità di autodeterminarsi. Non solo la minaccia sovietica, ma anche il costante miglioramento tecnologico, la sistemazione burocratica, l’arbitrio dei potentati economici, la droga e le abitudini sessuali si facevano portatori di una potenziale grigia standardizzazione.

I believe that those anxieties indicate a crisis in recent conceptions of personhood and human agency. The importance of agency panic lies in the way it attempts to conserve a long-standing model of personhood – a view of the individual as a rational, motivated agent with a protected interior core of beliefs, desires and memories.426

Per sondare i diversi ambiti in cui si articola la rinnovata paura del controllo, l’autore si appoggia a testi di natura varia, sia fantascientifici, come quelli di Burroughs, Pynchon e Gibson, sia giornalistici e scientifici, come The Lonely Crowd di David Riesman e The Organization Man di William White. Per la nostra analisi, che ha avvicinato questo tema dal versante mediatico e pubblicitario, il lavoro più interessante è però quello di Packard, che condivide con le fatiche citate il grande successo ed il tono divulgativo ma che mette in campo immagini decisamente familiari.

Il libro di Packard, che ricordiamo è del 1957, mette nero su bianco le paure che abbiamo visto aleggiare, alcuni anni prima, nei nostri voli fantascientifici.427 Come i

sinistri antagonisti immaginati da Pohl e dai suoi sodali, questi persuasori sono nascosti, agiscono nell’ombra, ma ad occultarli, più che la coltre scura della crosta terrestre, sono i palazzi delle agenzie pubblicitarie.

Molti di noi […] vengono oggi influenzati assai più di quanto non sospettino, e la nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto.428

L’azione subdola del convincimento pubblicitario è doppiamente pericolosa, in quanto applicata non solo al mondo del consumo, ma anche sempre più all’ambito politico,

426 Ibid., p. 14.

427 Vance Packard, I persuasori occulti, Einaudi, Torino, 2015. 428 Ibid., p. 6.

dove le sue ripercussioni possono essere ancora maggiori. In particolare Packard era preoccupato dall’azione di quelli che chiama “maghi della profondità”,429 sarebbe a dire

i principali attuatori di un’innovazione nel campo del marketing che vi ha introdotto teorie e conoscenze prese in prestito dalla psicanalisi. La Motivational Research, analisi motivazionale o più sbrigativamente MR è uno dei principali obiettivi polemici del libro, che attribuisce a figure quali Ernest Dichter, Louis Cheskin e James Vicary un’aura da sinistri scienziati. Un buon esempio della qualità letteraria e “di genere” della scrittura di Packard è la descrizione del quartier generale di Dichter, al quale si accede “per una strada tortuosa e accidentata”:

È una palazzina di pietra, di trenta camere, dove è facile vedere dei bambini immobili davanti a uno schermo televisivo. La stanza della TV ha degli spioncini ben dissimulati dietro i quali invisibili osservatori stanno appostati e dei magnetofoni, anche questi nascosti, che raccolgono i commenti entusiastici o spazientiti dei piccoli .430

In breve tempo le tecniche sostenute da questi nuovi investigatori del subconscio avrebbero dimostrato il loro valore commerciale, venendo adottate da tutte le maggiori marche e dalle principali agenzie pubblicitarie.

I segreti desideri, i bisogni e gli impulsi irrazionali del pubblico vennero accuratamente scandagliati per trovarne i punti più vulnerabili. Tra i fattori inconsci che compongono il profilo emotivo di quasi tutti gli uomini si scoprirono, ad esempio, la tendenza al conformismo, il bisogno di stimoli orali e di sicurezza. Non appena tali punti deboli furono individuati, gli ami psicologici furono innescati e calati nel mare del commercio: gli ignari clienti avrebbero certamente abboccato. 431

Il dettaglio più interessante per noi è quello dei modi coi quali, secondo Packard, i responsabili delle ricerche motivazionali indagavano le nostre pulsioni più inconsce. Tra i tanti assi nella manica dei pubblicitari uno in particolare, molto efficace ma su cui vigeva stretto riserbo, è già stato tra i protagonisti ricorrenti di questa tesi.

429 Ibid., p. 83. 430 Ibid., p. 30. 431 Ibid., p. 35.

L’ipnosi viene usata come mezzo per sondare il nostro subcosciente e scoprire perché compriamo o non compriamo certi prodotti.432

L’ipnosi, che sembrerebbe più adatta alla fantascienza che alla saggistica, ritorna molto spesso nel libro, legata perlopiù a situazioni facilmente paragonabili a quelle viste in Galaxy. Packard racconta ad esempio di come un responsabile marketing gli “rivelò di aver spesso studiato la possibilità di impiegare alla televisione degli annunciatori dotati di facoltà ipnotiche, per meglio suggestionare il pubblico”433 ma si sofferma anche

sulla “trance ipnoide” che coglie le massaie americane al momento di entrare in un supermercato. Esse si aggirano per le corsie “con occhi sbarrati”, “come automi” e sono attratte da quelle confezioni con colori quali rosso e giallo che “possono servire a creare effetti ipnotici”. Lo stesso può dirsi dei bambini, “avidi consumatori dell’avvenire”434,

che “allungano la mano, presumibilmente in stato di ipnosi, e afferrano scatole di biscotti”, scatole che spesso utilizzano nella loro grafica “caratteristiche oniriche”.435 Lo

stato di totale remissività collegato all’azione del sonno è sfruttato anche nell’utilizzo politico della pubblicità, il tema a cui è dedicata la seconda parte dell’opera di Packard. Secondo le parole dello scrittore John Steinbeck il pubblico di un varietà televisivo assiste alle trasmissioni “in uno stato di totale impotenza e passività”436 ed in questo

lasso di tempo è esattamente come un inerme consumatore pronto ad essere convinto a scegliere fra i due candidati non in base a motivazioni razionali, ma secondo l’attrattiva degli slogan pubblicitari. Per dare forza a questa conclusione l’autore cita una presunta frase di Rosser Reeves, fra i pubblicitari responsabili della campagna elettorale repubblicana del 1956.

«Io considero l’elettore che, nella cabina, esita tra due contrassegni, alla stessa stregua di un uomo che in una drogheria esita tra due marche concorrenti di dentifricio. La marca che gli è rimasta maggiormente impressa in mente sarà quella prescelta.»437

Ora sappiamo, grazie al già menzionato libro di Ferdinando Fasce, che la fatica di

432 Ibid., p. 39. 433 Ibid., p. 40. 434 Ibid., p. 148.

435 Le varie citazioni provengono dalle pagine 101 – 106. 436 Ibid., p. 183.

Vance Packard, pur animata da buone intenzioni e molto interessante, riporta conclusioni in parte eccessive. La MR non era così diffusa e visse per lungo tempo fianco a fianco con altre tecniche pubblicitarie più tradizionali e dunque, secondo le idee dell’autore, meno intrusive; inoltre l’autocelebrazione dei rappresentati del nuovo approccio pubblicitario, non trovando alcun contraddittorio, finisce per fornire un’immagine distorta dell’audience e dei mezzi per attirarlo.438 L’opera però, va

considerata sia come tentativo giornalistico di sensibilizzazione riguardo un fenomeno, sia come esempio di un diffuso modo argomentativo. La retorica più o meno paranoide delle narrazioni sui complotti e sulle cospirazioni si intreccia con la fantascienza, condividendone alcuni simboli e immagini.

Come nel caso della lunga diatriba riguardo gli effetti della cultura di massa, la valutazione dell’operato dei media e della pubblicità stimola posizioni antitetiche, ispirate alle volte all’ottimismo cieco degli integrati ed altre volte allo sfiduciato atteggiamento degli apocalittici. Sappiamo che le fosche previsioni riguardo la degenerazione dovuta all’industria culturale non si sono del tutto avverate proprio perché al pubblico rimane facoltà di scegliere e di rielaborare; sono possessori di quella stessa agency che il paranoid style nega ai suoi cittadini ed ai suoi consumatori. Eppure, nonostante oggi queste discussioni appaiano lontane, è difficile ignorare come i nuovi strumenti elettronici abbiano riportato alla ribalta tutti questi temi.

Non solo abbiamo a disposizione una mole inedita di spettacoli e divertimenti: siamo sottoposti in maniera forse ancor più massiccia ad un flusso di advertisement qualitativamente più sofisticato e finemente misurato sui nostri gusti ed interessi. Le tracce che di noi lasciamo in rete (amori, speranze, paure, curiosità) sembrano aver avverato il sogno che verso la fine del decennio Cinquanta iniziò ad affiorare alla mente dei pubblicitari: non più un pubblico compatto ed indistinto, ma composto ora di target diversi, ognuno con le proprie preferenze e la propria possibilità di spesa.439 In passato

rivolgersi a queste differenti audience era possibile solo selezionando fasce orarie, creando nuovi generi musicali, individuando insomma settori più o meno ampi; ora invece i nostri likes, gli acquisti telematici, i film che guardiamo in streaming identificano con precisione noi, la nostra identità, le nostre abitudini individuali.

438 Fasce, Le anime del commercio, cit., pp. 141 – 143.

439 Ortoleva ha sottolineato, prendendo come spartiacque l’inizio del fenomeno rock’n’roll, che l’emergere di una “cultura giovanile” è legato anche al successo della TV ed al conseguente specializzarsi degli altri mezzi, come la radio. Oroleva, Mediastoria, cit., p. 98.

Conseguentemente, la sensazione di essere controllati e seguiti da multinazionali senza scrupoli che conservano i nostri dati più personali si è fatta sempre più presente. Il concetto di privacy e di tutela nel trattamento dei “dati sensibili” è divenuto un terreno di confronto vastissimo, soprattutto ora che ogni minaccia all’incolumità dello Stato e dei singoli sembra transitare attraverso il web. Il problema della sorveglianza di massa praticata dalle agenzie governative è stato affiancato però anche dalla strisciante angoscia per ciò che invece potrebbero fare le aziende private in possesso dei nostri profili e per ciò che potrebbe accadere qualora questi dati cadessero nelle mani di malintenzionati.

Le ripercussioni politiche di questo ben motivato complesso di tensioni non hanno tardato ad affacciarsi nella discussione generalista, specialmente in occasione di eventi imprevisti e di difficile inquadramento negli schemi consolidati. Internet ed i social

networks sono diventati sinonimo, allo stesso tempo, di un’informazione libera ed

indipendente (oltre che possibilmente “dal basso”) e del presunto flagello delle fake

news, che aggiornano al tempo della comunicazione istantanea le false notizie di guerra

su cui rifletteva March Bloch. Contemporaneamente, l’opinione pubblica ha riscoperto quanto possano essere malleabili e volatili le preferenze elettorali in un sistema democratico, ammantando fenomeni difficilmente prevedibili, come l’elezione di Trump e l’esito del refendum britannico, di un’ombra di sospetto. Fra il gennaio e la primavera scorsa ha avuto una discreta risonanza l’inchiesta giornalistica, inizialmente circolata grazie allo svizzero Das Magazine, che collegava la vittoria presidenziale di Donald Trump all’operato di una misteriosa e spietata compagnia di data analysis chiamata Cambridge Analytica.440 Dopo un’iniziale collaborazione con il candidato Ted Cruz,

l’azienda, che si occupa di marketing politico attraverso l’analisi comportamentale di campioni vastissimi, avrebbe preso parte alla campagna del candidato newyorkese e si sarebbe impegnata in quella per il Leave britannico, influenzandone gli esiti positivi attraverso messaggi propagandistici finemente mirati.

Nonostante il coinvolgimento dell’impresa nell’esito elettorale ed i legami con altri eventuali agenti esterni siano da tenere in grande considerazione, è interessante

440 Hans Grassegger e Miakel Krogerus, La politica ai tempi di Facebook, in «Internazionale», 6 gennaio 2017, pp. 40 – 47. Una versione inglese leggermente modificata è apparsa il 28 gennaio su «Vice»,

The Data That Turned the Worl Upside Down ed è disponibile online al link goo.gl/DN9nzf. Sulla

questione si è espresso, allargando la contestualizzazione, Tamsin Shaw, Invisible Manipulators of

Your Mind, in «The New York Review of Books», 20 aprile 2017, sempre leggibile online

notare come molti dei resoconti giornalistici della vicenda utilizzino toni non sempre distanti da quelli propri di un racconto di spionaggio o, appunto, fantascientifico. Un pezzo del Guardian ad esempio si interroga su come “our democracy was hijacked” e parla di una “shadowy global operation” che avrebbe influenzato i risultati della consultazione riguardo la permanenza britannica nell’Unione Europea.441 A prestarsi

maggiormente ad un trattamento da fiction è soprattutto il CEO di Cambridge Analytica, Alexander Nix, dinamico e sicuro businessman moderno, che sembra rispecchiare in maniera perfetta lo stereotipo dello scaltro pubblicitario.

Nix è senza dubbio un conferenziere affascinante e carismatico, ma come diverse volte ribadito i dati forniti da lui e dalla sua compagnia raramente possono essere verificati, escludendo quindi la possibilità di quantificare l’effettiva efficacia di questo nuovo tipo di pubblicità. Un estratto dalla conferenza tenuta al Concordia Summit del 2016 può in ogni caso aiutarci a capire quale sia la visione che ispira questa inedita forza delle sponsorizzazioni online e dell’analisi comportamentista.

Blanket advertising, the idea that a hundred million people received the same piece of direct mail, the same television advert, the same digital advert, is dead. My children will certainly never ever, ever, understand this concept of mass communication, Today communication is becoming ever increasingly targeted, it's been individualized for every single person in this room, so you will no longer be receiving adverts on products or services that you don't care about, rather you'll only receive adverts that not only are on the products or services or, in the case of elections, issues that you care about most, but that are being nuanced in order to reflect the way you see the world.

Most exciting of all probably is the fact that we can take this data and match it to set-top box viewing data. That’s television and cable data. [...] We can match the programs you watch in a way that we can begin to select programs to advertise in that have the highest density of the target audience that we’re trying to reach.442

Le asserzioni dei giornali e di Nix, per vere o false che siano, riportano alla mente

441 Carol Cadwalladr, The Great British Brexit Robbery: how our democracy was hijacked, 7 maggio 2017, disponibile online goo.gl/MLdxHq.

le fantasie che più di sessant’anni or sono trovavano spazio sulle pagine a buon mercato di Galaxy. Invece di rivelarsi profetica, la fantascienza fa intravedere il costante legame che può instaurarsi nell’immaginario fra tecnologie comunicative e manipolazione, sia essa politica o commerciale.

Ad ogni appassionato non può che tornare in mente con un sorriso il frammento di un intervento tenuto da Philip Dick nel 1978, non molti anni prima della morte. Dick scriveva fantascienza per immaginare ciò che c’era oltre il visibile; a noi invece, se vogliamo capire tanto il presente quanto il passato, è richiesto di non confondere la fantascienza con la realtà, la finzione con la verità, ma di comprendere come esse nascano dagli uomini in carne ed ossa e dal mondo che vivono.

Viviamo in una società in cui i mezzi di comunicazione, grandi corporation, gruppi religiosi e politici producono realtà artificiali a getto continuo, ed esistono dispositivi elettronici atti a instillare questi pseudomondi nella mente di chi legge, osserva o ascolta. […] Così, nei miei scritti, non smetto di domandare che cosa è reale. Perché siamo incessantemente bombardati da pseudorealtà prodotte da gente estremamente sofisticata che adopera dispositivi elettronici altrettanto sofisticati. Non diffido dei loro moventi. Diffido del loro potere. Ne hanno moltissimo. Si tratta dello stupefacente potere di creare universi, universi della mente. Dovevo immaginarlo. Io faccio la stessa cosa.443

443 Philip K. Dick, Come costruire un universo che non cada a pezzi dopo due giorni [1978, 1985], in Lawrence Sutin (a cura di), Mutazioni, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 302.

CONCLUSIONE

Nel precedente capitolo abbiamo avuto l’occasione di osservare come, all’interno di una letteratura tradizionalmente considerata poco più di una forma d’evasione, si possano riscontrare stili particolari di commento sulle questioni e le problematiche più rilevanti di un dato periodo storico. Queste riflessioni, condotte attraverso il filtro della fantascienza, mettono in mostra un groviglio di preoccupazioni variegato ma a cui non manca una certa uniformità di contenuti. L’ultima parte della mia tesi ha tentato dunque di portare a compimento il percorso auspicato in apertura, ovvero quello di ricercare nella cultura di massa i segni di un pensiero non del tutto prevedibile ed espresso secondo modi peculiari. Occupandosi di queste fonti, tuttavia, si rischia di immedesimarsi in maniera eccessiva, di adeguarsi via via maggiormente al loro linguaggio ed ai loro procedimenti, perdendo momentaneamente di vista i confini, i limiti e le debolezze del genere, risucchiati dentro un oggetto di studio ricco di meraviglie e sorprese.

Per ritornare nuovamente alla realtà tangibile, dopo tante peregrinazioni nello lo spazio profondo e attraverso le mille usanze di razze straniere, è il caso allora di concedersi un atterraggio metaforicamente dolce, indugiando ancora per qualche istante su di un’ultima storia di Galaxy, utile a ribadire le caratteristiche delle fonti utilizzate. Riprendiamo allora in mano il numero datato aprile 1953 per confrontarci con The

Marching Morons, un racconto celebre di Cyril Kornbluth che si gingilla con tutti gli

stratagemmi classici del genere, pur non brillando per ricercatezza stilistica, e che ben riassume le questioni sollevate dall’interesse storiografico per i prodotti dell’intrattenimento di massa.444

John “honest” Barlow è un comune agente immobiliare del XX secolo che dopo un processo di anestesia sperimentale rimane intrappolato nel limbo fra la vita e la morte, addormentato per sempre, ma non deceduto. Bloccato in quella che la fantascienza ha convenzionalmente definito “suspended animation” John viene meticolosamente conservato nei secoli dall’Università del Michigan fino a quando, nel remoto anno 7 – B – 936, il sarcofago che lo contiene non viene rinvenuto da un

anonimo artigiano. Ridestatosi, il nostro si ritrova quindi trasportato nel futuro come