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«Nel momento in cui vi parlo, vi sono centomila pazzi della nostra specie, con in testa un cappello, che ammazzano centomila altri animali che hanno in testa un turbante, o vengono massacrati da questi»[…]

Il Siriano fremette e domandò quale fosse la ragione di queste liti orribili fra animali così miserabili. «Si tratta», disse lo scienziato, «di qualche mucchio di fango grande come il vostro calcagno. Non che qualcuno di quei milioni d’uomini che si fanno sgozzare voglia aver diritto a un solo filo della paglia che cresce su uno di quei mucchi. Si tratta soltanto di sapere se ne sarà proprietario un certo uomo che si chiama Sultano o un altro che si chiama, non so perché Cesare. Nessuno dei due ha mai visto, né vedrà mai, quel cantuccio di terra di cui si tratta, e quasi nessuno di quegli animali che si sgozzano l’un l’altro ha mai visto l’animale per il quale si fa sgozzare»170

Il “siriano” del passo appena citato è Micromega, il gigante proveniente dalla stella Sirio che presta il suo nome al breve e mordace scritto pubblicato da Voltaire nel 1752. Extraterrestre ante litteram, Micromega rientrerebbe a buon diritto in quel catalogo di progenitori illustri che si è fatto in apertura, se non si fosse deciso di riservagli questo posto come utile introduzione ad un concetto fondamentale. Nell’immaginazione del filosofo francese, il dotto viaggiatore astrale, alto trentasei chilometri, capitato sulla Terra nel mezzo del suo grand tour galattico serve come nuova misura per tutte le cose. Messo a confronto con il suo sconfinato intelletto, con le sue immense proporzioni e la sua colossale saggezza, ogni grande affare di questo nostro pianetucolo non può che apparire come un’inezia. Guerre, litigi e querelle non sono altro, agli occhi di un osservatore esterno, che zuffe fra formiche, che ci allontanano dal perseguire la conoscenza. Voltaire si serve insomma di un’ottica obliqua, ultraterrena, disumana, per ironizzare sul nostro affannarci, per relativizzare la superbia delle nostre opinioni. Il giudizio, quindi, è anche questione di proporzioni; alle volte nuove lenti, come quelle che servono a Micromega ed al suo compagno di viaggio per riuscire a scorgere i “vermiciattoli” terrestri, possono gettare una luce differente sul presente. Voltaire si serve del procedimento che Sklovskij chiama straniamento, adotta cioè una

prospettiva utile a mostrare gli oggetti non secondo la loro usuale apparenza, ma secondo un nuovo punto di vista, che ci fa apparire diverso ciò che l’abitudine ha reso consueto.171

Suvin, mutuando il concetto appena esposto non solo dai formalisti russi ma anche da Brecht, considera la fantascienza come combinazione di questo procedimento con un altro elemento fondamentale, la cognizione. Lo straniamento non caratterizza solo la fantascienza, ma anzi la accomuna al mito, alla fiaba e alla pastorale, oltre che al fantasy ed al gotico. Esso è lo spaesamento provato da quel lettore che, catapultato in un paesaggio o un universo estraneo, ne percepisce la radicale lontananza dalle norme e dalle reali convenzioni quotidianamente condivise. In questo, dunque, i generi straniati si oppongono a quelli realistici, che Suvin chiama “finzioni naturalistiche”.

Quando la letteratura privilegia una riproduzione delle superfici e dei tessuti empirici, garantiti dai sensi e dal buon senso propongo che si parli di finzione naturalistica. Quando invece, al contrario, la scrittura si sforza di illuminare questi rapporti creando una cornice formale radicalmente o significativamente diversa – diversa collocazione spazione- temporale e/o diverse figure centrali della fabula, non verificabili dal buon senso – allora propongo che si parli di

finzione straniata.172

Ciò che invece, a detta di Suvin, differenzia inequivocabilmente la fantascienza è la sua capacità di creare momenti cognitivi perché, contrariamente ad esempio al mito, “mette a fuoco gli elementi variabili e orientati verso il futuro dell’ambiente empirico. […] essa non si interroga sull’Uomo o sul Mondo; chiede invece: quale uomo? In che tipo di mondo? E: perché quell’uomo in quel mondo?”.173 La definizione minima di

fantascienza che viene proposta, tenendo in considerazione quanto detto, suona così:

171 In un brillantissimo saggio sulle origini remote, popolari e non, dello straniamento, Carlo Ginzburg ritrova le basi di questo procedimento in un falso testo cinquecentesco di Marco Aurelio, dicendo “da questo momento in poi il selvaggio, il contadino, l’animale, sia isolatamente sia combinato tra loro fornirono un punto di vista da cui guardare la società con occhio distaccato, straniato, critico.” A questo elenco potremmo aggiungere, se quanto detto fin’ora ha un qualche senso, gli alieni che hanno accolto sui loro pianeti i tanti cosmonauti della fantascienza, come anche i crudeli invasori, i serafici scienziati e gli innocui visitatori che hanno compiuto il percorso inverso, atterrando sulla terra fittizia di qualche romanzo dalla stravagante copertina. Cfr. Carlo Ginzburg, Straniamento. Preistoria di un

procedimento letterario, in Id., Occhiacci di legno. Nove riflessioni sulla distanza, Feltrinelli, Milano,

1998, p. 25.

172 Darko Suvin, Le metamorfosi della fantascienza, il Mulino, Bologna, 1979, p. 35. 173 Ibid., p. 23.

La fantascienza è, dunque, un genere letterario le cui condizioni necessarie e sufficienti sono la presenza e l'interazione di straniamento e cognizione, e il cui principale procedimento formale è una cornice immaginaria alternativa all'ambiente empirico dell'autore.174

L’incommensurabilità rispetto alle altre letterature straniate emerge anche quando si esamina la sf sub specie temporis, nel rapporto sempre attivo che intrattiene con il divenire in quanto dimensione della vita, come orizzonte di possibilità da indagare, come uno dei volti principali dell’alterità immaginata. Questi procedimenti la fantascienza non li inventa ma in parte li eredita, e l’albero genealogico postulato da Suvin ha base ampia: con i viaggi di avventura di Verne vi è un “rapporto di filiazione”,175 ma il vero antenato è l’utopia, definita come:

Costruzione verbale di una particolare comunità quasi umana in cui le istituzioni sociopolitiche, le norme e le relazioni individuali sono organizzate secondo un principio più perfetto di quello che governa la comunità dell’autore; una costruzione basata sullo straniamento che origina da una ipotesi storica alternativa.176

Moro e la sua utopia, che rinvigorisce le lunghe tradizioni del paese di Cuccagna e dei viaggi immaginari, unendole alle smodate fantasie della Storia Vera di Luciano, sono considerati “sottospecie sociopolitica della fantascienza”.177 Così pure per La nuova Atlantide di Bacone e per i già citati Savinien Cyrano de Bergerac e Keplero.

Tappa successiva fondamentale sono i Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, in quanto “tutti i successivi protagonisti di fantascienza inoltrandosi a poco a poco nella comprensione dei loro strani luoghi, sono figli di Gulliver, e tutte le loro avventure più o meno cognitive sono il seguito dei suoi viaggi”.178

Dal XVIII secolo la fantascienza raccoglie, anche, la fondamentale intuizione di trasportare le sue visioni verso lidi più prossimi, ovvero i tempi futuri. Certo, per giungere agli arcipelaghi beati o al giardino dell’Eden è necessario un mezzo di locomozione, come per visitare il futuro serve uno stratagemma, se non una macchina

174 Ivi. 175 Ibid., p. 39. 176 Ibid., p. 68. 177 Ibid., p. 121. 178 Ibid., p. 140.

del tempo almeno un sonno lungo secoli, ma è pur vero che il domani giunge ineluttabile, molto più certo delle sponde del nuovo Stato, e che esso coinvolge anche noi, sia in quanto antenati che come progettisti. Un progetto di riforma che diventa, nel Settecento, utopia il cui tempo di realizzazione si è molto abbreviato. La portata di questo cambio di paradigma, che non può essere sottostimata, è certamente dovuta alla fiducia illuministica nel progresso umano, che rischiarando con la ragione le nebulose nebbie dell’avvenire vi scorgeva trionfi sociali, morali e scientifici, allo stesso tempo a portata di mano e da guadagnarsi con l’incessante lavorio dell’intelletto. Filosoficamente, poche opere meglio rappresentano questa raggiunta sicurezza come l’Esquisse d'un tableau historique des progrès de l'esprit humain di Condorcet, che trasformò la storia in una scienza matematicamente fondata e lineare, la cui marcia verso un utile maggiore proseguiva al ritmo di un’istintualità punteggiata di scoperte e invenzioni. La realizzazione utopica si spostò dunque verso un futuro non solo da vagheggiare, ma realizzabile. Il primo a tradurre nelle belle lettere questi ideali fu nel 1770 Louise Sebastien Mercier, che nel suo L’anno 2240 racconta di aver sognato, una notte, di svegliarsi nella Parigi del futuro.179

Non appena il sonno si stese sulle mie palpebre, sognai che erano secoli ch’ero addormentato, e che mi svegliavo. […] Guardandomi nello specchio feci fatica a riconoscere il mio viso. Mi ero coricato coi capelli biondi e ora la mia fronte era solcata da rughe, i miei capelli erano imbiancati […] Uscendo di casa vidi una piazza pubblica che mi era sconosciuta […] Sono sempre stato un lettore curioso dei manifesti di Parigi. Vidi la stessa data MMCCCCXL fedelmente impressa su tutti gli affissi pubblici. Accidenti, dissi fra me e me, sono dunque diventato così vecchio, senz’accorgermene: ho dormito seicentosettantadue anni!180

L’utopismo riformatore di questa Parigi futura, di cui tutti i viaggi nel tempo sono discendenti immemori, segna credo una cesura importante e che non andrebbe sottovalutata. Per capirne le motivazioni non solo filosofiche possiamo ritornare a Suvin e all’altro concetto fondante del suo studio, quell’ “elemento minimo differenziante” che

179 Sull’utopia in generale e sulle sue declinazioni settecentesche cfr. Vittor Ivo Comparato, Utopia, il Mulino, Bologna, 2005 e Baczko, L’utopia, cit., pp. 159 – 251.

è il novum.181

Questo tratto chiave, che nella fantascienza è egemonico e dominante è:

Un fenomeno o relazione totalizzante che devia dalla norma della realtà dell’autore e del lettore implicito […] La sua novità è «totalizzante» nel senso che implica un cambiamento dell’intero universo del racconto, o per lo meno di aspetti cruciali di esso. […] Di conseguenza, la tensione essenziale della fantascienza si instaura fra i lettori, che rappresentano un certo numeri di tipi di Uomo dei nostri tempi, e l’avviluppante ed almeno equipollente Ignoto o Altro introdotto dal novum.182

In breve, quindi, il novum è quella novità che garantisce insieme l’intreccio della fantascienza e lo straniamento che la caratterizza. Esso può essere rappresentato da un’invenzione, da una scoperta, come da una particolare condizione di vita, relazione sociale, insomma da tutti gli stratagemmi che attraversano la mente degli autori. Ovviamente, in ogni narrazione fantascientifica possono esserci uno o più novità stranianti, interrelate tra loro ma anche indipendenti, dirompenti oppure solo sottilmente particolari, il loro portato può creare un contesto fittizio radicalmente diverso e irriconoscibile, come pure un mondo che somiglia al nostro tranne per qualche minima ma radicale differenza. Questa categoria, dunque, non può che rispecchiarsi nelle analisi tematiche della fantascienza ad ogni livello, poiché include (dai gadget agli alieni) molti dei più appariscenti motivi di questo genere. Il procedimento che garantisce “l'oscillazione tra il «mondo zero» dell'autore e la nuova realtà”,183 quindi anche il

viaggio o il sonno che consentono la ricollocazione nell’utopia, la dislocazione verso nuovi spazi e tempi, vanno interpretati anch’essi come novum. Questa considerazione ci porta a due osservazioni fondamentali. Prima di tutto, il novum, inteso come chiave del genere è anche ciò che ci consente di considerarlo storicamente e di usarne le espressioni come fonti. L’autore croato ci dice infatti che:

Il novum è una categoria mediatrice la cui potenza esplicativa sorge dalla sua rara capacità di collegare il letterario all'extraletterario, il finzionale all'empirico, il formale all'ideologico, in breve, dalla sua inalienabile 181 Suvin, Le metamorfosi della fantascienza, cit., p. 19.

182 Ibid., p. 86. 183 Ibid., p. 93.

storicità. Viceversa ciò elimina la possibilità di una definizione statica del novum, il quale è sempre codeterminato dall’unica e non anticipabile situazionalità e processualità che esso dovrebbe designare e illuminare [...]in altre parole il novum può aiutarci a capire che e come la fantascienza è un genere «storico»”.184

Per funzionare, questo ingranaggio fantascientifico quindi deve poter risuonare rispetto alle norme e alle convenzioni che gli sono presenti. Spero mi si perdonerà se insisto con un’abbondanza di citazioni, ma le parole dell’autore sono su questo punto molto chiare.

Ogni analisi della fantascienza deve necessariamente affrontare la questione del perché e del come la novità sia riconosciuta come tale nel momento in cui è apparsa, quali mezzi di comprensione, orizzonti e interessi fossero impliciti nel novum e necessari ad esso.185

Fantascienza ed utopia cercano insomma entrambe, pur in modi in parte diversi, di illuminare un sistema normativo dato (sia esso sociale, politico-economico e via dicendo) attraverso una prospettiva straniata, che mette in campo un’immagine alternativa della realtà per rappresentarne, specchiati, alcuni caratteri peculiari. Modi e temi della fantascienza si modificano allora secondo l’epoca (potremmo dire anche il luogo?) ed il contesto di composizione. Ciò è particolarmente vero e rilevante nel caso della cesura discussa poc’anzi, che pur precedendo la sf vera e propria ne determina una delle caratteristiche più appariscenti. La nascita di un’idea di progresso è una determinante, ma non la sola, dello spostamento di interesse verso la dimensione temporale che ha interessato le radici utopiche della fantascienza.

Il passaggio della fantascienza dallo spazio al tempo futuro non è dovuto dunque semplicemente all'esaurimento delle zone inesplorate sulla mappa mundi. Piuttosto, esso è dovuto all'azione reciproca di due fattori: da un lato, della comodità narrativa, ristretta dentro una rigorosa ideologia positivistica; dall'altro lato della forte tendenza verso l'estrapolazione temporale inerente alla vita basata sull'economia capitalistica con i suoi salari, profitti e ideali progressivi sempre proiettati

184 Ibid., p. 86-87. 185 Ibid., p. 102.

nel futuro. Così, lo spazio era un locus pienamente plausibile per la fantascienza solo prima del modo di vita capitalistico […] la borghesia trionfante introduce nell’immaginazione umana una storica rottura epistemologica, attraverso cui il tempo scandito dall’orologio diviene lo spazio dello sviluppo umano perché esso è lo spazio della produzione industriale capitalistica.186

Le conclusioni teoriche avanzate da Suvin spingono a considerare un procedimento narrativo come iscritto all’interno di una dinamica storica più ampia e, connettendo le origini della fantascienza al genere utopico, a richiedere uno studio più approfondito di questa espressione letteraria. Come l’utopia è stata oggetto di numerosi studi sia in ambito letterario che da parte di storici (per quanto riguarda l’Italia, non si può non citare almeno Franco Venturi e il suo Utopia e riforma nell’illuminismo)187 così l’autore

croato sembra auspicarsi possa avvenire per la SF.

Un racconto è sempre anche storia, e la fantascienza è sempre anche un certo tipo di racconto storico finzionale (che sarebbe utile mettere a confronto con romanzo storico). Tutte le implicazioni e i correlativi epistemologici, ideologici e narrativi del novum conducono alla conclusione che la fantascienza significativa è in effetti un modo specifico e indiretto di commentare il contesto collettivo dell'autore - spesso con risultati sorprendentemente concreti e acuti.188

Quella di Suvin è quindi una definizione importante, che offre solide basi e numerosi spunti per proseguire il nostro lavoro. Non si presenta, tuttavia, del tutto scevra di difficoltà. Essa propone infatti un concetto di fantascienza che è insieme temporalmente molto esteso ma anche, vedremo tra poco, numericamente ristretto. L’impostazione centrata sulle dinamiche strutturali della narrazione permette infatti a Suvin di includere nell’etichetta molta produzione utopica anche remota, che una più cauta caratterizzazione della fantascienza come letteratura di massa (quale è stata la nostra) avrebbe relegato ai margini. D’altro canto, il meccanismo dello straniamento cognitivo serve a Suvin appunto anche a perorare la causa di un genere che, come

186 Ibid., p. 95. Cfr. , riguardo al legame fra percezione del tempo, transizione verso il capitalismo industriale e culture del lavoro il cap. 1 di Edward P. Thompson, Società patrizia cultura plebea, Torino, Einaudi, 1981.

187 Franco Venturi, Utopia e riforma nell’illuminismo, Einaudi, Torino, 1970. 188 Suvin, Le metamorfosi della fantascienza, p. 106.

abbiamo visto, ancora negli anni Settanta faticava a trovare il suo spazio e la sua dignità all’interno dell’accademia. L’ostranenie è per tanto anche un carattere nobilitante: indica che la fantascienza è un genere in grado di aprire alla mente vasti spazi creativi e cognitivi altrimenti difficilmente esplorabili, ne evidenzia i tratti di letteratura critica, una letteratura che è buona in quanto liberatoria.

In tutta la fantascienza significativa, la fuga è in direzione di un più vantaggioso punto di vista da cui abbracciare i rapporti umani attorno all'autore. È una fuga da vecchie norme vincolanti verso un flusso temporale diverso e alternativo, un procedimento atto a far scattare lo straniamento storico, e una disponibilità almeno iniziale ad accogliere nuove norme della realtà, il novum di una storia umana de-alienante.189

C’è la convinzione che in parte qualità etiche ed estetiche vadano di pari passo: “la distinzione tra un novum falso e un novum vero non è soltanto – si noti bene – la chiave per capire la qualità estetica della fantascienza, ma anche la spia delle sue qualità liberatorie etico-politiche”.190

In poche parole la fantascienza è una letteratura importante, intelligente, colta, sensibile: il contrario di quanto ci si aspetterebbe dalla letteratura popolare o di massa. La fantascienza può essere arte, ricordando che proprio per Sklovsky contro l’abitudine e l’automatizzazione che nasconde la vitalità degli oggetti “scopo dell’arte è trasmettere l’impressione dell’oggetto, come «visione» e non come «riconoscimento»; procedimento dell’arte è il procedimento dello straniamento”.191

Suvin apparentemente risolve i problemi identificando appunto vero novum ed una sorta di novum degradato, una sf significativa ed una trascurabile, in qualche modo kitsch, che rinuncia alle sue qualità cognitive, in favore di un gusto per l’intrattenimento fine a sé stesso. Per questo motivo bisogna non solo distinguere con chiarezza la fantascienza dal fantasy retrogrado, più o meno medievizzante, ma anche riconoscere che

Tutte le space operas possono essere ritradotte nel «darwinismo sociale» dei western e di altri racconti del

189 Iivi. Il corsivo è mio. 190 Ibid., p. 104.

191 Viktor Sklovskij, L’arte come procedimento, in Tzvetan Todorov (a cura di), I formalisti russi, Torino, Einaudi, 1968, p. 82.

genere sostituendo le pistole a sei colpi alle pistole a raggio e gli indiani ai viscidi mostri di Betelgeuse. La maggior parte dei romanzi di Asimov può essere riportata al loro modello poliziesco grazie a un sistema lievemente più complesso di sostituzioni, attraverso cui L’altra faccia della spirale è derivata da La lettera trafugata di Poe.192

Come riconosciuto da Suvin stesso questa produzione, orientata a compiacere i gusti del pubblico e disinteressata ad elaborare un novum egemonico e interamente coerente, risulta commercialmente e numericamente preponderante. Quasi soverchiante, verrebbe da dire. Così, nel dipanare i fili di questo ragionamento, torniamo ai problemi enucleati nel primo capitolo, allo iato fra arte e letteratura di massa. Suvin, cosciente di questa problematicità, non negherebbe cittadinanza a questa fantascienza in un lavoro storiografico, piuttosto che di critica letteraria, proprio perché è nella storia del genere che si rintracciano i motivi di questa biforcazione.

Per quanto infatti la fantascienza possa raffinarsi ed avvicinarsi alla letteratura più stilisticamente ed artisticamente riconosciuta, i suoi esordi, quelli più tangibili e certi, appartengono al novero della letteratura popolare e di massa. La fantascienza nasce, da un lato, sui pulp magazine, i periodici economici statunitensi che raccolgono l’eredità dei feuiletton e dall’altro, attraverso le opere di due autori europei oramai consacrati a maestri del genere: Jules Verne ed Herbert George Wells. Prima di capire l’importanza della fantascienza su rivista vale allora la pena di soffermarci su questi due autori, che tutto furono tranne che dei severi ed eruditi intellettuali d’élite.193