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Verne e Wells vengono spesso rappresentati come due figure contrapposte, capaci di simboleggiare due approcci diversi alla scrittura e all’invenzione fantascientifica. All’interno di una dicotomia di tal genere, Jules Verne (1828-1905) può essere inquadrato, è ancora Suvin a fornirci le giuste parole, come “culmine del liberalismo paleotecnico”.194 Tutti i suoi romanzi più famosi, oggi spesso portati come esempio

192 Ivi. L’intuizione, pur problematica, ha senza dubbio una sua realtà. Si pensi soltanto a quanto una delle più celebri incarnazioni contemporanee della sf, la saga di Star Wars, sia debitrice del romanzo di cappa e spada, dei cicli arturiani e di un certo orientalismo samurai.

193 Si è deciso di non soffermarsi, per mere ragioni di spazio, sull’importanza della tradizione dell’utopia saintsimoniana e fourierista. Oltre a questi meriterebbero ampia menzione e discussione due classici dell’utopismo come Looking Backward: 2000 – 1887 di Edward Bellamy e News from Nowhere del britannico William Morris.

dell’inclinazione profetica della sf (capace di prevedere congegni stupefacenti e macchine incommensurabili con la forza dell’estrapolazione), testimoniano una positivistica devozione alla razionalità misuratrice e tassonomica di metà Ottocento. Quella di Verne è un’epica della comunicazione, del raggiungimento dei punti estremi del globo (il centro della terra, i poli, il fondo degli oceani) che mitizza i veicoli e la loro velocità, la loro capacità di percorre e disegnare rotte. Come accennato nel primo capitolo, questi mezzi di locomozione sono gli antenati di tutte le astronavi che isolano dalla società un equipaggio ed i suoi valorosi e sprezzanti capitani.

C’è insomma nei Voyages extraordinaires del primo periodo verniano un entusiasmo liberale che Suvin riconduce, nella sua armoniosa celebrazione dei frutti dell’industria, all’utopia di Saint Simon e al suo dimenticare le divisioni di classe. Oltre alla questione operaia, Verne dimentica l’amore ed il sentimento erotico, e questo, insieme all’inclinazione didattica delle sue avventure, così spesso popolate di eroici mentori e appassionati studenti, contribuì al suo successo fra il pubblico adolescente.195

Agli appassionati più giovani il nostro riuscì ad affiancare anche un tipo di lettore diverso, acquirente di riviste più o meno scientifiche e che anticipa il successivo fandom di affezionati cultori. Possiamo qui tralasciare il cambiamento e la probabile delusione che si insinuò nell’autore francese di fronte al trionfo del capitalismo finanziario e colonialista della Terza Repubblica, per sottolineare invece due delle eredità lasciate dalle scorribande scientiste di Verne.

La prima e più ovvia osservazione riguarda l’importanza che riveste in tutte le opere il particolare tecnico-scientifico. Questo interesse si rivelerà, con l’approssimarsi del Novecento, molto rilevante nel dare inizio alla cosiddetta hard science fiction, il ramo del genere il cui principale interesse sta nell’invenzione insieme plausibile e descrivibile grazie alla puntualità, a volte pedante, della microlingua scientifica. Il secondo punto da rilevare, invece, riguarda l’esuberanza produttiva di Verne, che permette di includere il successo delle sue fatiche in quel tragitto di professionalizzazione dello scrittore tipico della letteratura di massa.196 I più famosi

204. Sul francese ed in generale sui prodromi ottocenteschi della sf si veda Arthur B. Evans,

Nineteenth-century sf, In Mark Bould, Andrew M. Butler, Adam Roberts, Sherryl Vint (a cura di), The Routledge Companion to Science Fiction, Oxon, Routledge, 2009, pp. 13–22.

195 Sulla relativa assenza di donne in Verne e sui suoi eroi asessuati si pronuncia anche Kinglsey Amis,

New Maps of Hell, cit., p. 19.

196 Sulla questione di ritmo produttivo all’interno dell’industria letteraria cfr. la prima parte di Ken Gelder, Popular Fiction. The Logics and Pratices of a Literary Field, Routledge, London and New York, 2004.

lavori dell’autore sono noti con il nome commerciale di Voyages Extraordinaires ed uscirono, serializzati secondo i modi precedentemente descritti, sul periodico per l’infanzia Magasin d’Éducation et de Récréation, al cui editore, Jules Hetzel, Verne era legato attraverso contratti che prescrivevano una cospicua quota annuale di materiale scrittorio.197 A proposito di questo suo ritmo produttivo particolarmente elevato lo

scrittore dichiarerà in un’intervista sul famoso magazine di fiction popolare Strand:

I invariably produce two completed novels a year. I am also always in advance of my work; in fact, I am now writing a story which properly belongs to my working year 1897; in other words, I have five manuscripts ready for the printers. Of course,” he added, thoughtfully, “this has not been achieved without sacrifice. I soon found real hard work and a constant, steady rate of production incompatible with the pleasures of society.198

Un tratto, questo dell’instancabile ritmo di lavoro e della scrittura diventata ormai anche mestiere, che Verne condivide in parte anche con Wells, dal quale però si sentiva, come dichiarerà ormai settantacinquenne, tematicamente distante. Anche se il senso comune tendeva ad accostarne le fatiche, l’approccio alla verifica scientifica delle trovate narrative, secondo Verne, non poteva che allontanarli.

His books were sent to me, and I have read them. It is very curious, and, I will add, very English. But I do not see the possibility of comparison between his work and mine. We do not proceed in the same manner. It occurs to me that his stories do not repose on very scientific bases. No, there is no rapport between his work an mine. I make use of physics. He invents. I go to the moon in a cannon-ball, discharged from a cannon. There is no invention. He goes to Mars in an airship, which he constructs of a metal which does away with the law of gravitation. Ça c’est très joli,”, cried Monsieur Verne in an animated way, “but show me this metal. Let him produce it.199

197 Una ricca bibliografia su Verne è disponibile all’indirizzo http://jv.gilead.org.il/biblio/voyages.html . 198 Marie A. Belloc, Jules Verne at Home, in «Strand Magazine», febbraio 1895.

http

://jv.gilead.org.il/belloc/ .

199 Robert H. Sherard, Jules Verne Re-visited, in «T. P’s. Weekly», 9 ottobre 1903.

Sulla scorta di questa citazione, Herbert George Wells (1866 -1946) viene spesso considerato come il capostipite di una tradizione fantascientifica opposta a quella rigidamente didattica e naturalista di Verne. Educato da una madre protestante in una famiglia di condizione economica modesta, dopo alcuni tentativi come apprendista negoziante, intraprende la carriera universitaria, riuscendo nel 1884 ad iscriversi al Normal School of Science at Kensington, sotto la guida di T. H. Huxley, grande conoscitore e divulgatore delle teorie darwiniane, nonché nonno di Aldous Huxley. Studente poco diligente, intraprende, dopo un breve flirt con il radicalismo politico, la carriera di insegnante, fino a quando, nel 1895, gli viene chiesto di serializzare un romanzo per il The National Observer, si tratta appunto di The Time Machine.200 In

questo primo romanzo sono individuabili molte della caratteristiche che vengono citate come tipiche di Wells e dei suoi epigoni. Mancano, innanzitutto, la fiducia e l’ottimismo sulle sorti del progresso caratteristiche del primo periodo di Verne. Al loro posto subentrano, via via, i dubbi e le ansie dell’Inghilterra fin de siécle, dove le teorie evoluzioniste di Darwin si intrecciano con quelle sulla degenerazione di Max Nordau.201

Così Il Viaggiatore del Tempo, principale protagonista del primo romanzo di Wells, espone le sue scorribande ai suoi dotti ospiti attraverso una prospettiva doppiamente sconvolgente: non solo è possibile viaggiare nella quarta dimensione, ma una volta spostatisi nel futuro remoto si scopre che l’uomo, come l’Inghilterra vittoriana, non sono che una trascurabile parentesi della storia naturale.202 Giunto nell’anno 802701 lo

scienziato scopre che il processo evolutivo non è irreversibile, al contrario decadenza e mutazione sono due forze i cui risultati sono ben evidenti. L’edenica terra del futuro è popolata dagli Eloi, leggiadre creature che altro non fanno che danzare e dilettarsi in giochi spensierati; niente del loro mondo soavemente pacifico sembra essere frutto del lavoro e della fatica, la proprietà è sconosciuta tanto quanto la monogamia, e la loro figura è insieme bella e fragile. Subito, di fronte a tanta innocenza, il Viaggiatore cerca di capire quali possano essere i motivi di un tanto drastico cambiamento.

Avevo l’impressione di essere capitato in mezzo a

200 I dati bibliografici provengono da John Batchlelor, H.G. Wells, Cambridge University Press, New York, 1985. Per una raccolta di saggi specifici vd. Bernard Bergonzi, The Early H.G.Wells: A Study

of the Scientific Romances, Manchester University Press, Manchester, 1961. Una breve introduzione

in italiano può essere Carlo Pagetti, I marziani alla corte della regina Vittoria, Tracce, Pescara, 1986. 201 Sul contesto intellettuale di produzione vd. Roger Luckhurst, Science Fiction, Polity, Cambridge,

2005, pp. 30 - 49.

202 Sull’influenza giocata dalla passione per il ciclismo e dalle teorie sulla quarta dimensione nel dare forma all’idea Wellsiana, vd. James Gleick, Time Travel. A History, 4TH Estate, London, 2017.

un’umanità in declino. Quel luminoso tramonto faceva pensare al tramonto del genere umano. Per la prima volta cominciai a rendermi conto delle strane conseguenze dell’impegno sociale per cui ci stiamo spendendo attualmente […] Col mutare delle condizioni di vita è inevitabile che sopravvenga un adattamento a tale trasformazione. Pensavo alla debolezza fisica di quegli esseri, alla loro limitatissima intelligenza, alle numerose, enormi rovine che avevo davanti agli occhi, e sentivo rafforzarsi sempre più in me la fede in una perfetta conquista della natura da parte degli uomini: a ogni lotta sopraggiunge la quiete. L’umanità era stata forte, piena di energia, intelligente, e aveva adoperato la sua abbondante vitalità per alterare le condizioni in cui viveva e adesso era sopravvenuta la reazione, provocata appunto dalle alterate condizioni di vita.203

L’impressione di un genere umano delicato e decadente, immerso in un pacifico comunismo da età dell’oro, lascia presto il posto ad una scoperta ancor più inquietante. La superficie del pianeta è abitata dagli Eloi, ma il ventre della terra appartiene ai Morlocks, bestiali discendenti delle classi lavoratrici: le differenze economiche sono coi secoli divenute mutazioni biologiche, l’adattamento e la selezione hanno compiuto il loro spaventoso corso. L’orizzonte di una pacifica fine della storia, con le sue leggiadre ed effeminate creature, lascia così spazio alla prospettiva di un mondo di lotta animalesca fra prede e predatori. Catapultato nel domani, il protagonista prova una repulsione istintiva verso questa umanità sotterranea, la sua involuzione, pur compresa senza pregiudizi, non cessa di creare disgusto. Gli Eloi, per inetti che siano, suscitano tutt’al più paternalismo e compatimento, mentre gli abitanti del sottosuolo vengono ricondotti sempre a figure animali come pesci abissali, lemuri, topi e parassiti. Suvin ha perciò suggerito di leggere il libro come un percorso all’inverso fra le categorie evolutive di Huxley, dalla cima alla base, attraverso orrori biologici via via meno antropomorfi, fino alla definitiva scomparsa della vita e al collasso del pianeta che chiude l’opera.204

In questa e nelle successive opere fantascientifiche Wells prova a turbare le

203 Herbert George Wells, La macchina del tempo, Fanucci, Milano, 2017, pp. 73 - 79. 204 Suvin, Le metamorfosi della fantascienza, cit., pp. 249 - 288.

coscienze borghesi attraverso l’inversione delle convenzioni. Se in The Time Machine si mostrano le classi inferiori come prossime padrone della terra, ne La guerra dei mondi (1898) i colonizzatori diventano colonizzati, come testimonia il famoso paragone con le popolazioni della Tasmania.

“Prima di giudicarli troppo duramente sarà bene ricordare di quanta spietata totale distruzione la nostra specie è stata portatrice, non soltanto contro animali, come il bisonte, ormai estinto, o il dodo, ma anche nei confronti di razze umane considerate inferiori. Gli abitanti della Tasmania, benché di aspetto umano, furono letteralmente spazzati via da una guerra di sterminio condotta per cinquant’anni dagli emigranti europei. Siamo forse apostoli della pietà tali da poterci lamentare se i marziani combattono con lo stesso spirito?”205

Quelli che vanno dal 1895 al 1910 sono per H. G. Wells anni ruggenti, in cui pubblica alcuni dei suoi principali lavori fantascientifici206 e si guadagna fama ed un

vasto seguito di pubblico, che lotterà per mantenere durante tutto il seguito della sua carriera, dedicandosi largamente anche a prose realistiche e alla divulgazione. Dovendo tralasciare le tante questioni sollevate da questo peculiare autore, dall’adesione alla Fabian Society al lavoro come critico, passando per il breve impegno nella Lega della Nazioni e come organizzatore della propaganda diretta ai civili tedeschi durante il primo conflitto mondiale, conviene qui rimarcare ancora la differenza con Verne.

Interessato più alle dinamiche processuali che alla singola invenzione come stratagemma esplorativo, lo straniamento ricercato dallo scrittore inglese fonda una sf meno centrata sulla precisione tecno-scientifica (esempio rappresentativo ne è l’abbozzata descrizione de la macchina del tempo del romanzo omonimo: poco più che due leve e del quarzo) ma con lo sguardo diretto all’estrapolazione verso il futuro delle dinamiche sociali. Nell’assumere questa posizione, Wells rovescia l’utopia e prepara la strada alle distopie o antiutopie di Huxley, Zamyatin e Orwell e suggerisce di considerare la fantascienza non come profezia ma come documento di paure e speranze specifiche. Sbaglieremmo tuttavia in maniera evidente se credessimo di avere a che fare con testimonianze dirette e trasparenti: come ogni ente produce le sue carte in maniera

205 Herbert George Wells, La guerra dei mondi, Castelvecchi, Roma, 2016, p. 13.

206 Oltre a quelli già menzionati bisogna ricordare L’isola del Dr. Moreau (1896), L’uomo invisibile (1897), Il risveglio del dormiente (1899) e I primi uomini sulla Luna (1901).

interessata, così Wells e tutti gli altri nostri autori cercarono coi loro libri di guadagnarsi da vivere attraverso lo svago e l’intrattenimento. È pur vero, però, che non si possono derubricare tutte le invenzioni letterarie a semplici trovate di mestiere, le scelte simboliche hanno spesso ragioni molteplici, come prova a comunicarci Wells in questo stralcio:

In those days I was writing short stories, and the particular sort of short story that amused me most to do was the vivid realization of some disregarded possibility in such a way as to comment on the false securities and fatuous self-satisfaction of the everyday life – as we knew it then. Because in those days the conviction that history had settled down to a sort of jog-trot comedy was very widespread indeed. Tragedy, people thought had gone out of human life for ever. A few of us were trying to point out the obvious possibilities of flying, of great guns, of poison gas, and so forth in presently making life uncomfortable if some sort of world peace was not assured, but the books we wrote were regarded as the silliest of imaginative gymnastics. Well, the world knows better now.207

Queste parole, come altre già citate, compaiono su di un periodico inglese chiamato The Strand Magazine, su cui varrà la pena di soffermarsi brevemente. Fondato nel 1890 da l’impresario George Newnes, già responsabile del successo dell’economico e popolaresco settimanale Tit-Bits, The Strand è rimasto principalmente celebre per aver ospitato sulle sue pagine alcune fra le più indimenticabili avventure di Sherlock Holmes. Questo mensile, ideato per raggiungere un pubblico di massa, conteneva al suo interno sia articoli ispirati a curiosità e fatti reali che indovinelli e racconti brevi, oltre ad un largo spazio dedicato alla fiction. The Strand inaugurò una formula di successo, capace di coniugare il basso costo alle vendite, stimolate dalla varietà di generi e forme proposte, in un formato mirato a fornire un costante intrattenimento, raccogliendo insomma l’eredità del feuilleton e collocandosi sullo stesso piano delle dime novels e dei successivi pulp magazines. Possiamo ora occuparci finalmente di quest’ultimo importante tassello, il brodo culturale da cui si sviluppa la sf contemporanea.

207 Herbert George Wells, An Experiment in Illustration, in «The Strand Magazine», February 1920, p. 154. La breve introduzione appare, su richiesta congiunta di un illustratore olandese e dell’editore di Strand, prima di una versione ridotta de La guerra dei mondi in occasione dell’approssimarsi dell’anniversario.