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Cosacchi, socialisti e corpi di spedizione alleati: una collaborazione difficile

4. IL MOVIMENTO BIANCO

4.3 Cosacchi, socialisti e corpi di spedizione alleati: una collaborazione difficile

Data la scarsa fiducia, probabilmente giustificata, riposta dai bianchi nella volontà dei contadini russi di combattere contro il regime sovietico, il contributo offerto dai cosacchi alla lotta bianca fu notevole. Fin dalla nascita del movimento bianco nel 1918, e fino a tutto il periodo in cui i bianchi del fronte meridionale furono guidati da Denikin, i cosacchi costituirono la gran parte della truppe combattenti degli eserciti bianchi. Ciononostante, anche nelle terre cosacche sorsero ben presto dei problemi che minarono la stabilità di quella che fu la principale base sociale del movimento bianco. Innanzitutto, fin dall'autunno del 1918, i cosacchi del Don e del Kuban' arruolarono nelle loro unità gli inogorodnie, contadini non cosacchi in gran parte simpatizzanti per i bolscevichi, che speravano potessero liberarli dalle angherie subite dai cosacchi.

Nel Kuban', infatti, questi ultimi si resero responsabili di atti di vera e propria pulizia etnica nei confronti della popolazione di origine russa, con l'espulsione dei bambini non cosacchi dalle scuole e l'uccisione di centinaia di persone. Il governo locale arrivò a discutere la possibilità di scacciare, ma secondo alcuni sarebbe stato meglio sterminare, tutti i non cosacchi419.

In secondo luogo, nemmeno tutti i cosacchi si dimostrarono favorevoli ai bianchi: molti giovani reduci della Grande Guerra avevano subito l'influsso delle idee bolsceviche al fronte, e nelle zone settentrionali della regione del Don, le più povere, molti cosacchi vedevano di buon occhio i rossi. Le continue dispute, anche sanguinose, tra i cosacchi, influirono negativamente sul loro valore militare e, ad ogni modo, i bianchi dovettero misurarsi con la difficile questione della

subordinazione dei cosacchi ai comandi del loro quartier generale.

I cosacchi del Kuban', in particolare, che costituivano la maggior parte dei combattenti in molte

417 Kenez, ivi, pag. 68 418 Kenez, ivi, pag. 70

unità, chiedevano a gran voce la costituzione di una propria armata autonoma.

I cosacchi del Don, al contrario, possedevano un proprio esercito, con a capo il generale Sidorin, con il quale Denikin dovette spesso negoziare piani e strategie, quasi fosse il leader di una coalizione, piuttosto che di un unico esercito 420.

La dipendenza dei bianchi dai cosacchi, quindi, mostrò presto il suo lato negativo e debilitante: a convincere i cosacchi a prendere le armi contro i bolscevichi fu essenzialmente il loro desiderio di difendere i loro privilegi dai loro vicini inogorodnie, con i quali non intendevano condividere la loro ricchezza e il loro potere, ma del destino della Russia nel suo complesso, essi, per la maggior parte, dimostrarono di non provare alcun interesse. Per quanto Alekseev e Kornilov avessero scelto il Don come loro base operativa, fu il Kuban' il territorio cosacco che maggiormente contribuì al rafforzamento del movimento bianco. Denikin, per quanto fortemente irritato dalle attività svolte da alcuni politici autonomisti locali contro l'Armata dei Volontari, rimase sempre convinto che i semplici guerrieri cosacchi gli fossero rimasti leali, e, quando, alla fine del 1919, a causa delle continue sconfitte, si pose la questione dell'evacuazione in Crimea, egli rifiutò quella proposta, avanzata da Vrangel', proprio per non abbandonare i suoi alleati cosacchi senza combattere. Il Consiglio Speciale di Denikin non fece mai nulla per contrastare gli abusi subiti dai contadini russi da parte dei loro conterranei cosacchi421, ma la strenua difesa del centralismo, contrapposto ad

ogni forma di federalismo o autonomia locale, pose i dirigenti del movimento bianco in conflitto con i politici cosacchi, le cui richieste venivano considerate una sfida all'unità dello stato.

Va anzi notato che, curiosamente, nonostante da secoli i cosacchi fossero i tradizionali difensori dello zar, tra loro, in particolare nel Kuban', vi erano pochissimi esponenti di idee monarchiche e conservatrici: Denikin fu invece visto come il comandante di un'armata di reazionari provenienti dall'esterno, e molti cosacchi di idee autonomiste furono contrari fin da subito all'unione delle loro forze a quelle dei volontari422. Alla fine, le tensioni tra ufficiali e cosacchi sfociarono in atti di

arresto, perquisizione e omicidio di leader federalisti cosacchi, alle quali essi reagirono attaccando i volontari nel corso di brevi scaramucce, che furono sedate soltanto dall'intervento conciliatorio di Denikin e di alcuni politici del Kuban'423.

L'ideologia ufficiale elaborata dai capi cosacchi del Kuban' riuniva una sorta di pseudo-

nazionalismo, che esaltava le loro storiche virtù guerresche, all'opposizione alla monarchia e alla richiesta di una maggiore autonomia all'interno di una cornice democratica424, del resto subito

tradita dalle violenze e le discriminazioni compiute nei confronti degli inogorodnie. I cosacchi detestavano la loro dipendenza dall'Armata dei Volontari, che consideravano

un'organizzazione reazionaria. Essi si allearono con i bianchi perchè i bolscevichi minacciavano di distruggere i loro tradizionali privilegi, ma le loro pose democratiche, socialiste e progressiste, si scontravano totalmente con tale alleanza obbligata, creando dispute e imbarazzi425.

Sul Don, invece, la minaccia diretta di un'invasione bolscevica rese i capi cosacchi più morbidi nelle loro richieste, e anche le relazioni tra i volontari e i soldati cosacchi, che in questa regione disponevano di una propria armata, furono più tranquille. D'altra parte, però, la separazione tra le due armate rendeva necessario, per Denikin, negoziare con i suoi subordinati cosacchi ogni decisione, comprese quelle di importanza fondamentale, senza essere peraltro sicuro che i suoi ordini sarebbero poi stati eseguiti. Denikin ebbe spesso difficoltà nell'inviare rinforzi al fronte, per via della riluttanza dei cosacchi a combattere oltre i loro confini, mentre in altre occasioni furono i generali cosacchi a prendere decisioni senza consultarsi preventivamente con i volontari e

coordinare le loro azioni con loro ( il raid di Mamontov oltre le linee sovietiche ne è un esempio). In compenso, dal punto di vista politico, i cosacchi del Don si dimostrarono in maggioranza devoti

420 Kenez, cit., pag. 21

421 Nel Kuban', gli inogorodnie costituivano il 53% della popolazione, ma possedevano soltanto il 27% delle terre, e molti di loro ne erano del tutto sprovvisti, vedendosi costretti ad prenderle in affitto dai cosacchi.

422 Kenez, ivi, pag. 114 423 Kenez, ivi, pag. 120 424 Kenez, ivi, pag. 112 425 Kenez, ivi, pagg. 138-139

alla causa della Russia grande e indivisibile, e non condividevano le spinte separatiste dei cosacchi del Kuban'426. Nella regione del Don, perlomeno nelle sue aree meridionali, dominavano monarchici

e reazionari, ma, a differenza delle altre terre cosacche, in quelle zone era presente una consistente popolazione proletaria, spesso originaria di famiglie contadine non cosacche.

I politici del Don, nonostante le promesse, non impedirono che nella regione gli operai fossero oggetto di discriminazioni e soprusi: le città industriali del Don, in particolare Rostov e Taganrog, diventarono così dei focolai di agitazione bolscevica427.

Nemmeno la prospettiva di una completa occupazione delle loro terre da parte dei bolscevichi, in seguito alla disfatta subita da Denikin tra la fine del 1919 e l'inizio del 1920, riuscì ad unire le varie fazioni cosacche tra loro. Quando i rossi invasero il Don e il Terek, i cosacchi, insieme ai loro governi ed eserciti, cercarono rifugio nel Kuban'.

Qui, però, non furono ben accolti, e crebbe in particolare l'ostilità tra i cosacchi del Don, desiderosi di riprendere l'offensiva e riconquistare le terre natie, e quelli del Kuban', stanchi della guerra e disposti soltanto a rendersi protagonisti di azioni difensive428.

Nel Kuban' pochi ormai credevano ancora nella vittoria, e molti, invece di unirsi all'esercito, preferirono trovare rifugio nelle montagne. Le unità ancora esistenti rifiutarono di combattere, e, in preda alla più totale indisciplina, persero molti uomini a causa delle diserzioni.

I politici locali, per giunta, condividevano in gran parte il rifiuto della guerra e l'ostilità ai volontari dei soldati429. Nei primi mesi del 1920, i volontari rimanevano il nucleo combattente più devoto di

ciò che rimaneva delle armate bianche, ma, nonostante tutto, i cosacchi, a livello numerico, costituivano ancora la grande maggioranza dei soldati. Questo rapporto di forze mise i cosacchi in condizione di chiedere un ruolo maggiore nei processi decisionali del movimento bianco.

Denikin aveva sicuramente intuito che la sua scelta di ritirarsi nelle terre cosacche invece che in Crimea avrebbe comportato un maggior peso dei cosacchi e delle loro idee, comprese quelle di sinistra, e in questo si scontrò con Vrangel', fortemente contrario al «sinistrismo» dei cosacchi430.

Denikin si decise a fare alcune concessioni ai cosacchi, nel tentativo di aumentare il loro consenso verso la causa bianca: a capo del Consiglio Speciale venne posto il generale cosacco Bogaevskij, che sostituì il conservatore russo Lukomskij, e venne infine istituita un'armata autonoma del Kuban'. Per avvicinarsi alla visione politica della maggior parte dei cosacchi, Denikin si dichiarò pronto a rinunciare al principio della dittatura militare, a concedere la riforma agraria e a convocare la Costituente. Ma nonostante queste concessioni radicali, i cosacchi, memori delle sue precedenti posizioni, in gran parte non si fidarono delle promesse di Denikin431.

Vrangel' era molto mal visto dai cosacchi, verso i quali si era mostrato sempre ostile: nel novembre 1919, la Rada del Kuban' aveva tentato di creare un blocco di governi locali in nome del principio del federalismo, in base al quale essa proponeva di ricostruire la Russia futura. Di fronte a quest'atto di sfida verso il comando bianco e il pilastro ideologico del centralismo, Vrangel' aveva reagito duramente, arrestando dodici membri della Rada e impiccandone uno con l'accusa di

«separatismo». Ma, con le loro terre ormai in mano ai bolscevichi, per l'ultimo capo dei bianchi meridionali fu più facile collaborare con i cosacchi di quanto non lo era mai stato per Denikin: la maggior parte dei politici cosacchi, in particolare quelli di idee radicali, non arrivò mai in Crimea, ragion per cui l'opposizione alle politiche dei bianchi si attenuò di molto, permettendo a Vrangel' di discutere direttamente con i capi militari. Con il suo proclama dell'11 aprile 1920, Vrangel' assunse su di sé il controllo di tutte le forze armate, comprese quelle cosacche, promettendo agli atamani di consultarsi periodicamente con loro e di ristabilire, non appena possibile, l'autonomia delle loro

426 Kenez, ivi, pag. 121 427 Kenez, ivi, pag. 123 428 Kenez, ivi, pag. 227 429 Kenez, ivi, pag. 228 430 Kenez, ivi, pag. 230 431 Kenez, ivi, pagg. 232-233

terre432. Le lontananza dei cosacchi delle loro vojska433 li rendeva più malleabili, e Vrangel', a cui

non erano mai piaciute le loro tendenze separatiste e democratiche, ne approfittò per ristabilire su di essi la piena autorità dell'ala del movimento bianco costituita dagli ufficiali russi nazionalisti. I cosacchi non vollero mai ricostituire il defunto Impero Russo, ma si batterono per far valere il rispetto della propria autonomia, grazie alla quale sarebbe stato possibile mantenere il loro secolare stile di vita. A differenza degli altri contadini, i cosacchi erano infatti relativamente benestanti, e orgogliosi del loro stile di vita e della loro tradizionale indipendenza.

Molti di loro si dichiararono democratici, ma non vollero mai condividere il loro benessere con gli altri abitanti delle loro terre, gli inogorodnie, rendendo vuoti i loro appelli ai diritti civili.

Nel momento in cui difendevano i loro privilegi, appellandosi al contempo ai principi del

liberalismo, i cosacchi, che erano una delle componenti più moderne e istruite della popolazione russa, erano tra i più inclini a dare ascolto a nuove ideologie: ciò li rendeva, nei fatti, i più probabili seguaci, in Russia, dei movimenti di estrema destra434.

L'istintiva diffidenza degli ufficiali bianchi verso i politici socialisti e i membri della classe operaia, rese complicati i tentativi di collaborazione tra queste due componenti del movimento

antibolscevico. I bianchi, inclini a vedere in tutti i socialisti dei potenziali traditori, di poco migliori rispetto ai bolscevichi e da essi scarsamente distinguibili, si resero responsabili di frequenti abusi e atti di prevaricazione verso quei socialisti moderati, legati ai principi della democrazia, che, odiando i bolscevichi, sarebbero stati disposti, pur sospettosi a loro volta dei circoli militari, a trovare un accordo con gli ufficiali per combattere efficacemente il bolscevismo.

Ad oriente, molti stabilimenti industriali diedero il benvenuto a Kolčak, quando questi liberò con le sue truppe le città degli Urali dal giogo bolscevico. I rappresentanti dei sindacati, tuttavia, ben presto lamentarono il clima di sospetto di cui furono vittime da parte degli ufficiali del Capo Supremo. A nulla valevano i tentativi, da parte di operai e sindacalisti, di spiegare ai militari che, per quanto socialisti, essi non erano bolscevichi, ma menscevichi o social-rivoluzionari: per gli ufficiali tutti i gruppi di sinistra erano equamente sospetti. Come se non bastasse, gli operai scoprirono che sotto i bianchi dovevano lavorare di più di quanto non avessero fatto sotto i bolscevichi, venendo pagati ancor meno, proprio mentre il costo della vita continuava a salire. I ritardi nei pagamenti e i tentativi dei militari di sciogliere le riunioni operaie o di farle presenziare da loro rappresentanti non fecero altro che aumentare la tensione435.

Anche nel meridione e in Ucraina, inizialmente, buona parte degli operai accolse con favore l'armata bianca, esprimendo il suo supporto per mezzo di telegrammi di benvenuto, messaggi di saluto e celebrazioni: l'opinione comune era che il nuovo governo avrebbe consentito una vita migliore. I capi bianchi, compreso lo stesso Denikin, non esitarono a fare appello al patriottismo degli operai, promettendo loro un innalzamento del tenore di vita436. Ma anche qui, come in Siberia

e sugli Urali, l'impegno bellico fece sì che il governo bianco non potesse mantenere le promesse. Sul fronte settentrionale, almeno in un primo tempo, le circostanze furono più favorevoli ai

socialisti: nell'agosto del 1918, in seguito ad un colpo di stato antibolscevico, ad Archangel'sk venne proclamato un nuovo governo, denominato Suprema Amministrazione del nord, i cui ministri, di idee socialiste, fin dalle prime dichiarazioni si posero come obbiettivo la guerra patriottica contro i nemici interni ed esterni della nazione, identificati rispettivamente nei bolscevichi e nei tedeschi. Il governo socialista di Archangel'sk rese noto che le conquiste sociali e politiche della Rivoluzione di Febbraio sarebbero state ripristinate. I principi dell'autogoverno locale, i diritti dei lavoratori e la legislazione agraria entrarono formalmente in vigore, raccogliendo il consenso anche dei

menscevichi e dei socialisti rivoluzionari di Archangel'sk, sebbene i rispettivi Comitati Centrali

432 Kenez, ivi, pag. 293

433 Vojska ( singolare Vojsko): le regioni abitate dai cosacchi, dal termine che anticamente indicava le loro unità militari. 434 Kenez, ivi, pag. 314

435 Brovkin, Behind the front lines of the civil war, pagg. 202-203 436 Brovkin, ivi, pag. 214

imponessero loro di non contrastare in alcun modo i bolscevichi437.

Anche tra gli operai, furono molti quelli che accolsero con soddisfazione il colpo di stato, nella speranza che il nuovo governo garantisse migliori condizioni di lavoro, un regolare pagamento dei salari, e una maggiore regolarità ed efficienza nel rifornimento dei viveri438.

La Suprema Amministrazione del nord godeva del sostegno di gran parte della popolazione, che aveva già subito la durezza della dominazione bolscevica, ma, con le sue politiche radicali, si inimicò quegli stessi ufficiali grazie ai quali era stato portato a termine il colpo di stato: preoccupati dalla crescente inimicizia che li separava dai militari, i socialisti di Archangel'sk non esitarono ad acconsentire ad alcune limitazioni temporanee delle libertà civili, come l'introduzione della censura militare, la restrizione della libertà di espressione, di stampa e di riunione, arrivando al punto di approvare l'arresto di alcuni sospetti simpatizzanti bolscevichi, il tutto in nome del rafforzamento del fronte interno in vista della comune lotta contro i rossi439.

Ma, nonostante le concessioni a proprio favore, i militari, nel settembre del 1918, rovesciarono il governo socialista, accusato di essere troppo radicale. La popolazione civile, tuttavia, protestò vivamente contro la nuova giunta militare, così, a differenza dell'analogo colpo di stato contro il Direttorio di Ufa che portò al potere l'ammiraglio Kolčak, il capitano Čaplin, protagonista di quei fatti, non riuscì a conquistare il potere, non incontrando l'appoggio non solo dei civili, ma neanche dell'élite liberale della regione e dei diplomatici alleati. Gli operai e i socialisti della regione del nord, nelle cooperative, nei sindacati e nelle amministrazioni cittadine e rurali, sostennero a gran voce il ripristino del governo appena destituito440, mentre, Čaplin, dal canto suo, non fece nient'altro

che sottomettere all'autorità militare tutti gli organi dell'amministrazione civile, alimentando un forte malcontento. Il divieto di organizzare riunioni e manifestazioni pubbliche non fece altro che confermare i timori degli oppositori, che guardarono con sempre maggiore ostilità al reazionario Čaplin441. Gli alleati stessi, in breve tempo, lo costrinsero ad allontanarsi da Archangel'sk, e al suo posto venne instaurato un nuovo Governo Provvisorio, risultato di un compromesso che vedeva la nascita di un gabinetto formato in maggioranza da cadetti e liberali nativi della zona, ma alla cui testa rimase il leader del precedente governo, il socialista Čajkovskij.

Eliminato il precedente radicalismo a favore di posizioni più moderate, il nuovo governo risultò più accettabile agli occhi degli ufficiali e dei circoli di destra, e, al tempo stesso, la presenza di

Čajkovskij rassicurò i socialisti circa la sua natura non reazionaria442.

Čajkovskij, tuttavia, accettò l'invito, presentatogli dai politici russi antibolscevichi presenti a Parigi, di recarsi nella capitale francese per prendere parte alle trattative diplomatiche in corso con gli alleati: egli mantenne per sé la presidenza nominale del governo, ma il vero potere passò nelle mani del generale Miller, che, all'inizio del 1919, impose al governo una svolta verso destra.

I socialisti, rispetto al governo di Miller, si dichiararono all'opposizione, ma non vollero mai rompere del tutto i rapporti con i bianchi: accanto alla comune volontà di perseguire un modello di sviluppo della futura Russia postbolscevica basato sui principi della democrazia, a pesare furono soprattutto i dubbi che tanto i politici di sinistra, quanto i militari bianchi, nutrivano sul grado di maturità politica e civile della popolazione. Quando, nel 1917, la gente comune diede prova di preferire gli slogan massimalisti dei bolscevichi agli appelli dei socialisti moderati alla legalità e alla democrazia, questi ultimi fecero propria una prospettiva disillusa nei confronti di un popolo che aveva dato prova di essere incline all'anarchia e alla violenza rivoluzionaria443.

Di fatto, l'opinione che i leader socialisti della regione del nord avevano delle persone comuni non era poi molto diversa da quella dei bianchi: così come Miller vide nell'oscurantismo delle masse la forza che aveva dato il via alla rivoluzione, così Čajkovskij, prima di lui, aveva accusato il popolo

437 Novikova, cit., pag. 173 438 Novikova, ivi, pag. 231 439 Novikova, ivi, pag. 139 440 Novikova, ivi, pag. 147 441 Novikova, ivi, pagg. 147-148 442 Novikova, ivi, pag. 152 443 Novikova, ivi, pag. 174

di essere indifferente verso le sorti dello stato e della democrazia, attribuendo un peso maggiore alle proprie piccole preoccupazioni quotidiane. La comune sfiducia nelle masse, e l'importanza che entrambe le fazioni attribuivano all'idea di uno stato nazionale forte, resero possibile una certa collaborazione, nella regione del nord, tra bianchi e socialisti444.

Ma, nonostante alcuni punti di vista in comune, la convivenza tra queste due forze rimase difficile, e il rafforzamento del potere militare, unito ad una crescente repressione, e alle voci che

contemporaneamente giungevano nel nord sulla legalizzazione di menscevichi e social-

rivoluzionari nella Russia sovietica ( durata, peraltro, pochi mesi e dovuta a considerazioni di puro carattere tattico), peggiorarono i rapporti tra la dirigenza bianca e i suoi oppositori politici di sinistra445. Ma, nonostante tutto, quando i socialisti cominciarono a rendersi contro che le loro

attività avrebbero potuto contribuire alla caduta del governo, l'ostilità contro i bolscevichi li portò ad ammorbidire le proprie critiche all'amministrazione bianca, persino di fronte alla nuova ondata repressiva da essa avviata nella primavera del 1919, e che portò, tra le altre cose, all'incarcerazione di persone intervenute contro il governo nel corso di manifestazioni, all'arresto e alla fucilazione di una piccola cellula clandestina bolscevica, e alla deportazione oltre frontiera di alcune migliaia di sostenitori dei bolscevichi. I socialisti non solo non protestarono, ma si sforzarono di dimostrare la propria lealtà al potere, la propria ostilità ai rossi, e il proprio patriottismo446.

I socialisti arrivarono al punto di sostenere il riconoscimento di Kolčak come Capo Supremo