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Offensive bianche, controffensive rosse

3. LE GRANDI BATTAGLIE (1919 – 1920)

3.1 Offensive bianche, controffensive rosse

Dopo la conquista dell'ormai ex capitale del Komuč, Samara, portata a termine dal giovane generale bolscevico Michail Tuchačevskij l'8 ottobre 1918, i rossi occuparono anche la città ribelle di Iževsk, in seguito a feroci combattimenti che ebbero fine soltanto il 7 di novembre.

Nel mentre, la III Armata Rossa, rimasta priva di supporto, venne però travolta da un'improvvisa

165 Cit. in Lincoln, I bianchi e i rossi, pag. 214 166 Figes, cit., pag. 706

167 Lincoln, cit., pag. 215 168 Lincoln, ivi, pagg. 216-217

controffensiva bianca tra le città di Perm' ed Ekaterinburg. I rossi arretrarono di circa trecento chilometri in venti giorni, e molti ufficiali disertarono per unirsi alle truppe bianche.

Ma, col sopraggiungere dell'inverno, l'offensiva si interruppe: Kolčak, nel frattempo, progettò di unirsi alle unità bianche e alleate del fronte di Archangel'sk, da dove le loro forze congiunte si sarebbero mosse alla volta di Mosca. Pur avendo respinto, per motivi di orgoglio nazionale, la proposta avanzata dal generale Janin, capo della missione militare francese, di assumere lui stesso il comando di tutte le forze armate della Siberia, le forniture di materiale bellico da parte degli alleati, in particolare quelle britanniche, furono, per le armate di Kolčak, che erano costrette ad operare in un territorio privo di grandi stabilimenti industriali o le cui frabbriche erano in rovina,

estremamente importanti169. Nonostante il pericolo che le forniture militari correvano, una volta

giunte a Vladivostok dall'Europa o dal Nord America, di essere confiscate da parte di truppe

giapponesi o predoni cosacchi, durante il viaggio di almeno quattro settimane che le avrebbe portate ad Omsk, la quantità di materiale fornito dagli alleati a Kolčak corrispose grossomodo alla totalità della produzione bellica sovietica del 1919170. Così, spinto dalla rivalità con Denikin171, comunque

troppo lontano dai suoi reparti più avanzati per poter pensare con facilità ad un'operazione congiunta, desideroso di guadagnarsi il sostegno politico degli alleati, e di occupare un vasto e popoloso territorio agricolo ed industriale prima che l'Armata Rossa diventasse troppo potente per poter essere battuta172, il Capo Supremo riprese l'offensiva già ad inizio marzo: con un esercito di

110.000 uomini, la più vasta armata antibolscevica vista fino a quel momento, i bianchi riconquistarono la città di Ufa il giorno 14 dello stesso mese. A metà aprile le forze di Kolčak furono in grado di spingersi fin quasi al fiume Volga, appostandosi a soli novanta chilometri da Kazan'. L'avanzata di Kolčak nella provincia di Vjatka, nelle terre dove si era sviluppata la rivolta di Iževsk, mise in apprensione i bolscevichi, che temettero potesse realizzarsi un collegamento tra le forze bianche e alleate di Archangel'sk con quelle del Capo Supremo173.

Il pericolo rappresentato da Kolčak era notevole per i bolscevichi, che reagirono prontamente, inviando al fronte non soltanto migliaia e migliaia tra agitatori politici, lavoratori d'élite e giovani del Komsomol174, ma anche nominando nuovi comandanti, tra i quali si distinse l'ex operaio

metalmeccanico Michail Frunze. Le iniziative prese dal comando bolscevico, unite ai gravi

problemi di corruzione e di arbitrarietà che affliggevano le retrovie di Kolčak, inimicandogli buona parte della popolazione e rendendo difficile per il suo esercito rifornirsi di viveri e nuove reclute, iniziarono a far pendere l'ago della bilancia a favore dell'Armata Rossa.

L'offensiva bianca, guidata dal generale Chanžin, venne interrotta dalla resistenza dei rossi e dal concomitante disgelo primaverile, periodo durante il quale, in Russia, le nevi cadute durante l'inverno si sciolgono, rendendo impraticabili strade e sentieri a causa del fango.

Quando il terreno, a fine aprile, tornò ad essere agibile, i bolscevichi passarono al contrattacco: i bianchi dovettero retrocedere, abbandonando le loro postazioni presso il Volga, e subirono un grave colpo con la riconquista di Ufa per mano degli uomini del comandante rosso Čapaev, avvenuta la notte del 7 giugno. Per il comando bolscevico sorse allora un problema: convinti che Kolčak avesse accumulato grosse riserve oltre i monti Urali, Trockij e il comandante in capo dell'Armata Rossa, Vacetis, avrebbero preferito concentrare lo sforzo bellico su Denikin, rimandando la definitiva liquidazione delle forze di Kolčak alla primavera seguente.

Il comandante del fronte orientale, Kamenev, sostenuto da Stalin e dalla sua fazione, premeva invece per un rapido annientamento delle armate bianche siberiane175.

La proposta di Kamenev, grazie al fondamentale sostegno di Lenin, ebbe la meglio: il generale prese il posto di Vacetis in qualità di comandante in capo, e a fine giugno Tuchačevskij oltrepassò

169 Mawdsley, cit., pag. 143 170 Mawdsley, ivi, pag. 144 171 Lincoln, cit., pag. 219 172 Mawdsley, cit., pag. 143 173 Retish, cit., pagg 204-205

174 L'Unione della Gioventù Comunista, fondata dai bolscevichi il 29 ottobre 1918. 175 Lincoln, cit., pag. 230

gli Urali, mentre ad Omsk il governo di Kolčak, presentendo la sconfitta, cercò di scaricare le proprie responsabilità, rifiutando di riconoscere gli errori commessi.

Gli alleati, dopo aver ufficialmente riconosciuto il governo di Kolčak come legittimo governo di Russia il giorno 26 maggio, di fronte alla rotta precipitosa dell'esercito del Capo Supremo ritirarono il loro appoggio: le città della Siberia occidentale si arresero una dopo l'altra, e i soldati disertavano a migliaia: a metà agosto, i bianchi, guidati dal loro nuovo comandante in capo, il generale

Diterichs, potevano schierare meno di 15.000 uomini176. L'esercito di Kolčak, per giunta, era afflitto

da gravi carenze qualitative: la maggior parte dei suoi comandanti erano uomini giovani e privi di sufficiente esperienza, posti al comando di un'armata nella quale gran parte degli ufficiali, invece di prendere parte alle azioni belliche al fronte, andava a ingrossare le fila degli apparati burocratici delle retrovie, corrotti e inefficienti. Diffidando dei veterani della Grande Guerra, nelle armate di Kolčak vennero arruolati i giovani di diciannove e vent'anni, che si riteneva non fossero stati «infettati» dal bolscevismo. Il loro addestramento sottraeva tempo prezioso, rendendo necessario l'arruolamento di disertori e prigionieri di guerra dell'Armata Rossa per rinfoltire le prime linee, i quali, il più delle volte, costituivano una fonte di nuove reclute inaffidabile, se non apertamente ostile. Per finire, la popolazione cosacca che abitava i territori sotto il controllo nominale di Kolčak era meno numerosa e affidabile di quella su cui poteva contare Denikin177.

Nella primavera del 1919, i rossi furono quindi capaci di incanalare risorse e uomini sul fronte orientale in quantità, mentre Kolčak, isolato in un territorio vasto e poco popoloso, non ebbe modo di rimpiazzare le perdite con altrettanta facilità, considerata anche l'ostilità di cui era oggetto da parte di un gran numero di abitanti della Siberia.

Il fenomeno più vistoso, legato alla ritirata dell'armata bianca di Kolčak, fu quello della nascita di formazioni partigiane, costituite da contadini siberiani timorosi della possibile restaurazione del vecchio ordine nelle campagne e delusi dalle politiche fallimentari del governo militare.

Le bande partigiane, che spesso si richiamavano direttamente agli ideali della rivoluzione sovietica, potevano contare anche decine di migliaia di uomini, impegnati nell'assaltare treni, nel compiere attacchi di guerriglia contro i reparti bianchi in ritirata, o a promuovere sommosse contadine. Il totale dei ribelli contadini che operarono in Siberia contro i bianchi è stato stimato in almeno 100.000178. Paralizzando l'afflusso di rifornimenti diretti alle prime linee lungo le ferrovie, il

banditismo divenne per Kolčak un problema di primo piano: per dare la caccia ai partigiani, i bianchi dovettero prelevare migliaia di uomini dal fronte.

Centinaia di ostaggi vennero fucilati, e decine di villaggi dati alle fiamme durante le spietate spedizioni punitive nelle campagne179. Legati non tanto al debole movimento bolscevico, che agiva

clandestinamente nelle città, quanto piuttosto ai socialisti rivoluzionari, i partigiani siberiani si battevano per l'autogoverno contadino, per la fine delle politiche di arruolamento nelle forze armate della guerra civile, sia rosse che bianche, e delle requisizioni forzate: una volta sconfitti i bianchi, infatti, i partigiani della taiga siberiana volsero le armi contro i vincitori bolscevichi.

L'autorità di Kolčak e del suo governo, nel frattempo, era talmente compromessa, e l'ostilità verso le autorità bianche tanto grande, che, quando, il 10 novembre, i ministri dovettero abbandonare Omsk in vista dell'imminente ingresso delle truppe bolsceviche, si dovettero corrompere i funzionari delle ferrovie affinchè al treno con a bordo i dignitari fosse concesso di partire180.

Il 14 novembre i rossi entrarono ad Omsk senza sparare un colpo, facendo 30.000 prigionieri. I soldati rimasti fedeli a Kolčak e alla causa bianca, comandati dal generale Kappel', non poterono far altro che fuggire verso est, evitando strade e ferrovie e facendosi strada tra le foreste innevate a cavallo, a piedi, o a bordo di slitte. Kolčak era partito due giorni prima, insieme alle riserve d'oro zariste che l'esercito del Komuč aveva requisito a Kazan' durante l'offensiva del 1918.

176 Lincoln, ivi, pag. 232 177 Mawdsley, ivi, pagg. 145-146 178 Brovkin, ivi, pag. 200 179 Figes, ivi, pag. 790 180 Lincoln, ivi, pag. 233

Il suo treno era diretto alla volta di Irkustk, dove egli aveva evacuato il suo governo. Ma il lungo viaggio di 2.500 chilometri, a causa delle continue interruzioni da parte di ferrovieri e legionari cecoslovacchi ostili, ivi presenti al fine di pattugliare le linee ferrate, si protrasse per più di un mese. Dal momento che i rossi si stavano avvicinando, ad un certo punto Kolčak prese persino in

considerazione l'idea di rifugiarsi nella vicina Mongolia. Il suo viaggio era ormai senza speranza, e persino gli uomini che gli erano rimasti leali e che stavano viaggiando con lui, interpellati da Kolčak, che chiese loro di scegliere se restargli ancora fedeli o unirsi ai bolscevichi, decisero infine di abbandonarlo al suo destino.

Nel gennaio 1919, con la sconfitta subita dall'atamano Krasnov a Caricyn, il compito di proteggere il fronte meridionale dalle forze bolsceviche ricadde sul generale Denikin.

Per quanto i rossi fossero numericamente superiori, i bianchi potevano contare su una migliore cavalleria, e su ufficiali più preparati. Inoltre, gli alleati cominciarono ad inviare aiuti, mettendo sempre più Denikin in grado di attaccare. Il progetto iniziale di Denikin e dei suoi generali prevedeva un collegamento con le armate di Kolčak, che stavano avanzado verso il Volga: ma, di fronte alla possibilità che i rossi potessero occupare il Donbass e la regione del Don, Denikin preferì evitare la possibile perdita delle sue roccaforti nelle terre cosacche. Vrangel' criticò fortemente Denikin per questa scelta strategica, a sua avviso sbagliata, che non avrebbe fatto altro che permettere ai rossi di sconfiggere i vari eserciti bianchi uno alla volta.

Considerando che a marzo gli uomini di Kolčak erano a soli trecento chilometri da Caricyn, Denikin avrebbe potuto tentare di congiungere i fronti, ma in quel periodo i cosacchi stavano subendo una violenta offensiva da parte dei rossi che aveva già fatto non meno di 12.000 vittime181.

La grande rivolta spontanea dei cosacchi del Don contro il processo di sterminio attuato nei loro confronti dai bolscevichi, aprì la strada allo sfondamento delle truppe di Denikin, che potè approfittare del fatto che i bolscevichi, considerando Kolčak la principale minaccia, e temendo proprio quell'unione dei due fronti che Vrangel' tanto desiderava, avevano inviato le loro truppe migliori sul fronte orientale, lasciando forze meno consistenti a difesa del fronte meridionale182.

Il generale Maj-Majevskij, che da mesi resisteva nel Donbass, in giugno passò al contrattacco, e, il giorno 19 dello stesso mese, il generale Vrangel' conquistò Caricyn, ottenendo una delle più grandi vittorie bianche della guerra civile, con la cattura di importanti depositi di armamenti e di

quarantamila prigionieri. Al successo dell'offensiva bianca contribuì il brillante utilizzò da parte dei due generali delle macchine da guerra ottenute dagli alleati, in particolare aerei e carri armati, capaci di mettere in fuga le reclute contadine dell'Armata Rossa. Maj-majevskij, inoltre, sfruttò al massimo l'estesa rete ferroviaria del Donbass: viaggiando in treno, le sue truppe furono capaci di combattere, nell'arco della stessa giornata, in ben tre luoghi diversi183.

Ma a contribuire all'iniziale avanzata bianca fu anche la grave crisi dei rifornimenti che colpì l'Armata Rossa, favorendi la diserzione, nei sette mesi dell'avanzata di Denikin, tra marzo e ottobre 1919, di oltre un milione di soldati184. Denikin, insieme al suo stato maggiore, progettò allora una

grande offensiva che avrebbe dovuto portare i bianchi a Mosca.

Le forze a disposizione di Denikin avrebbero dovuto convergere sulla capitale lungo tre direttive, seguendo le principali linee ferroviarie che da sud portavano verso il cuore della Russia sovietica: l'Armata del Don del generale Sidorin avrebbe dovuto avanzare lungo la direttrice Voronež-Rjazan'; gli uomini del generale Maj-Majevskij sarebbero dovuti giungere a Mosca passando da Kursk, Orël e Tula; infine L'Armata del Caucaso, comandata dal generale Vrangel', si sarebbe dapprima diretta lungo il Volga fino a Nižnij Novgorod, per poi raggiungere Mosca da oriente, passando per la città di Vladimir185. L'intera operazione, che prese il nome di «Direttiva per Mosca», presentava però dei

181 Figes, cit., pagg. 792-793 182 Kenez, cit., pag. 33 183 Kenez, ivi, pag. 34 184 Figes, cit., pag. 794 185 Mawdsley, cit., pag. 172

seri inconvenienti, subito messi in evidenza dal generale Vrangel', che definì il piano predisposto da Denikin una sentenza di morte per le truppe della Russia meridionale186.

La vastità del fronte, infatti, che dall'Ucraina raggiungeva Caricyn lungo un arco di 1.300 chilometri, avrebbe costretto l'esercito bianco a diluire pericolosamente le sue forze.

Anche se, con i suoi 100.000 uomini, l'armata di Denikin era numericamente equivalente alle forze avversarie, il comandante della controrivoluzione meridionale non si era concesso il tempo di stabilizzare le sue retrovie, dalle quali avrebbe dovuto attingere uomini e rifornimenti per l'offensiva. Nei territori controllati dai bianchi, le inefficienze e la corruzione messe in atto dai burocrati, unite alle prepotenze e all'arbitrarietà degli ufficiali, crearono un forte bacino di malcontento popolare, che aumentava sempre più con l'incalzare dell'inflazione e dell'aumento esponenziale del caos sociale e della violenza, che i bianchi, incapaci di imporre la legge nelle terre da essi occupate, non riuscirono a fermare. A preoccupare erano soprattutto le simpatie

filobolsceviche di molti operai delle città industriali, come Charkov e Caricyn, ma anche la volubilità dei cosacchi, da sempre recalcitranti di fronte all'idea di combattere al di fuori delle proprie terre e per conto di comandanti non cosacchi. Ma, al pari di Kolčak, anche Denikin si vide costretto a sfruttare il vantaggio tattico datogli dalle vittorie ottenute in primavera.

Inoltre, così com'era stato per il Capo Supremo in Siberia, Denikin doveva assolutamente appropriarsi di territori più ricchi e popolosi di quanto non lo fossero le sue basi nel Caucaso del nord, se voleva che il suo esercito potesse reggere il confronto con un'Armata Rossa che, grazie al controllo della popolosa Russia centrale, stava diventando sempre più forte e numericamente imponente. Denikin non aveva scelta, doveva sfidare la sorte e tentare di ottenere una vittoria rapida e schiacciante prima che l'equilibrio di forze si spostasse a favore dei bolscevichi187.

Questi ultimi, nel mentre, erano impegnati a discutere su quale fosse la strategia migliore per affrontare la minaccia di Denikin. Il comandante in capo dell'Armata Rossa, Kamenev, propose di spostare le sue truppe, ormai libere dalla minaccia di Kolčak, dal fronte orientale verso sud, lungo una direttrice di avanzata che avrebbe portato i bolscevichi a riconquistare prima Caricyn, e poi Novočerkassk e Rostov: in tal modo, sarebbe stato definitivamente impedito ogni possibile

collegamento tra le forze bianche del sud e dell'est, e le stesse armate bianche del sud stanziate nel Caucaso del nord si sarebbero trovate separate da quelle impegnate nell'offensiva su Mosca. Trockij si oppose fin da subito al progetto, spiegando che, se messo in atto, avrebbe portato le truppe rosse ad agire nel pieno delle regioni cosacche, ostili al potere sovietico.

Per questo motivo, sarebbe stato più opportuno attaccare nel Donbass: pur trovandosi di fronte l'ala più forte dello schieramento nemico, i bolscevichi avrebbero trovato nella regione una popolazione amica, e una fitta rete di strade e ferrovie capaci di far affluire al fronte armi e rinforzi con facilità. Quando il Comitato Centrale votò a favore della strategia di Kamenev, Trockij, per protesta, presentò le dimissioni dal commissariato alla guerra, dal consiglio di guerra rivoluzionario, e dallo stesso Comitato Centrale. Lenin in persona, tuttavia, ne rifiutò le dimissioni, e Trockij dovette quindi conservare le sue cariche e appoggiare un piano che riteneva sbagliato e fallimentare188.

Le intuizioni di Trockij, infatti, si rivelarono giuste: Vrangel' fermò i bolscevichi già a Caricyn, e i bianchi attaccarono a loro volta: contravvenendo alle disposizioni di Denikin, che aveva progettato la sua direttiva su Mosca in modo tale da avanzare soltanto lungo la riva orientale del Dnepr, in modo tale che il fiume facesse da barriera naturale lungo il fianco sinistro, alcuni suoi comandanti, come il generale cosacco Škuro, agirono di testa propria, aprendo delle teste di ponte oltre il fiume. Entro fine agosto quasi tutta l'Ucraina venne così conquistata dai bianchi, che entrarono sia ad Odessa che a Kiev il 23 di quel mese. La conquista di questi vasti territori accrebbe il prestigio personale dei singoli comandanti, ma allungò inutilmente la linea del fronte, aggravando ancor di più la situazione, già precaria, relativa i rifornimenti. Mentre i rossi tentavano di riorganizzarsi, un corpo di 8.000 cavalieri cosacchi del Don, guidati dal generale Mamontov, compirono una sortita

186 Cit. in Lincoln, I Bianchi e i rossi, pag. 190 187 Lincoln, ivi, pag. 192-193

oltre le linee nemiche, con un'incursione di oltre un mese che li portò ad occupare le città sovietiche di Tambov e Voronež. Ma l'attacco di Mamontov non portò ai bianchi i benefici sperati: egli guidò i suoi indisciplinati cavalleggeri in un'area troppo vasta, abbandonandosi al saccheggio

indiscriminato invece di concentrare i propri attacchi sulle retrovie delle armate bolsceviche. Così, per quanto il raid di Mamontov avesse creato un certo allarme presso gli alti comandi rossi, la violenza insensata delle sue azioni ebbe il solo effetto di portare i contadini delle provincie

attraversate, potenzialmente favorevoli ai bianchi, a schierarsi dalla parte dell'Armata Rossa189.

Vrangel', nel frattempo, da Caricyn aveva portato il suo esercito più a nord, lungo il Volga. Egli avrebbe poi rimproverato a Denikin la scelta di non sostenerlo in questa sua offensiva verso nordest, che avrebbe potuto portare all'unione con le forze di Kolčak190: ma Denikin, pur essendosi

sottomesso, il 22 giugno precedente, all'autorità del Capo Supremo, non avrebbe potuto aiutare il suo alleato ad oriente: quest'ultimo si stava inesorabilmente ritirando fin dal mese di maggio, e gli alleati stessi stavano ritirando il loro sostegno militare e finanziario verso di lui, dirottando le loro risorse proprio su Denikin, dato che la sua offensiva su Mosca sembrava ora molto più promettente. All'apice della loro avanzata, il 14 ottobre, i bianchi occuparono Orël, a soli quattrocento chilometri a sud di Mosca. Lenin, dal Cremlino, riceveva aggiornamenti telefonici dal fronte di ora in ora, mentre i bolscevichi, presi dal panico, già si apprestavano a lasciare la città: alcuni stracciarono la tessera del partito, tentando di ingraziarsi la borghesia cittadina. Altri, invece, progettavano di evacuare il governo sugli Urali, o di entrare in clandestinità. I membri del Comitato Centrale erano già sul punto di procurarsi passaporti falsi e rotoli di banconote zariste, grazie ai quali tentare la fuga all'estero191.

La controrivoluzione bianca, nel corso del 1919, trovò rifugio non soltanto in Siberia, nel meridione o nell'estremo nord della Russia europea. Anche nella regione del Baltico era sorto un esercito antibolscevico, denominato Armata Nordoccidentale. A metà di quell'anno, alla guida dell'armata,