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Le rivolte antibolsceviche dell'estate 1918

1. L'INGANNO DELL'OTTOBRE (Ottobre 1917 – Gennaio 1918)

2.3 Le rivolte antibolsceviche dell'estate 1918

La mancata unione delle forze antibolsceviche del sud e dell'est, che avrebbe potuto avere luogo nella regione del Volga nell'estate del 1918, mise fine ad un'occasione unica di creare un fronte antibolscevico compatto, del quale il governo di Samara sarebbe potuto diventare l'anello di congiunzione. Sconfiggere una forza di questo genere avrebbe potuto rappresentare una sfida forse impossibile per i bolscevichi, che poterono invece approfittare delle tensioni all'interno del campo a loro avverso, diviso tra un'anima socialista e democratica ed una conservatrice ed illiberale, nucleo del futuro movimento bianco. Pur deboli, i bolscevichi ebbero modo, grazie alle indecisioni e alle rivalità dei loro avversari, di riorganizzarsi, creando in breve tempo una formidabile macchina bellica e propagandistica. Ma la cruciale estate di quell'anno mise di fronte ai bolscevichi altre forme di opposizione: già in disaccordo con i bolscevichi riguardo le politiche agricole da loro adottate, considerate anticontadine, i socialisti rivoluzionari di sinistra, loro alleati, videro nel trattato di Brest-Litovsk un tradimento imperdonabile della causa rivoluzionaria.

In occasione del IV Congresso panrusso dei soviet, tenutosi a Mosca dal 14 al 16 marzo 1918, essi si opposero alla ratifica del trattato e per protesta ritirarono i loro rappresentanti dal Sovnarkom.

80 Figes, La tragedia di un popolo, pag. 701 81 Figes, Peasant Russia, civil war, pag. 174 82 Figes, La tragedia di un popolo, pag. 701 83 Figes, ivi, pag. 698

Rimasero però attivi nel Comitato Esecutivo centrale, nei soviet locali, nell'Armata Rossa e nella Čeka84. Nei mesi successivi, menscevichi e socialisti rivoluzionari videro crescere il proprio consenso presso le masse popolari: i successi da loro registrati durante le elezioni per i soviet preoccuparono i bolscevichi, che presero infine la decisione, il 14 giugno, di espellere dal Comitato Esecutivo Centrale del Congresso dei Soviet i rappresentanti dei partiti di opposizione, pur non avendo il diritto legale per farlo secondo quanto previsto dalla costituzione85.

Questi atti autoritari da parte dei bolscevichi determinarono la crescita di un imponente moto di protesta e ribellione nelle città, del quale furono protagonisti i consigli dei plenipotenziari operai, guidati dai menscevichi. Il movimento di protesta venne duramente represso dai bolscevichi, che formalizzarono il loro dominio in occasione del V Congresso dei soviet.

Eletto senza la partecipazione di menscevichi e social-rivoluzionari di destra, il Congresso comprendeva un ampio numero di delegati del partito socialista rivoluzionario di sinistra.

Circa un terzo dei delegati apparteneva a questo partito, e i risultati da esso ottenuto sarebbero stati ancora migliori se non fosse stato per i regolamenti imposti dai bolscevichi, che nel voto favorivano fortemente, a scapito dei contadini, le burocrazie urbane, nelle quali essi dominavano86.

I delegati social-rivoluzionari di sinistra si presentarono quindi al congresso fiduciosi, forti del loro predominio nelle campagne, presentandosi come i veri rappresentanti delle masse popolari e della rivoluzione sovietica. Fedeli alle tradizioni dell'idealismo populista ottocentesco, con la sua insistenza sull'etica del sacrificio, i socialisti rivoluzionari di sinistra onoravano come martiri i terroristi che si erano battuti contro lo zarismo, ma condannavano i metodi brutali utilizzati dai bolscevichi e difendevano l'idea di un governo di coalizione tra i vari partiti socialisti, opponendosi all'idea di una guerra fratricida tra i partiti della democrazia rivoluzionaria.

Essi finirono poi per accettare i metodi dei bolscevichi, ritenuti, se non legittimi, quanto meno inevitabili, ma tentarono di mantenere una propria autonomia e di influenzare in qualche modo i loro alleati per attenuare la radicalità delle loro azioni e riportarle nell'alveo di una legalità

democratica almeno apparente87. La decisione di prendere nettamente posizione contro i bolscevichi

in seguito al trattato di Brest-Litovsk fu molto sofferta: molti capi social-rivoluzionari erano

preoccupati dall'indebolimento che il loro partito avrebbe potuto subire a seguito di una rottura con i bolscevichi, i quali, a loro volta, erano grati di avere un alleato forte che li aiutasse a mantenere il potere nelle campagne. Per finire, i contadini stessi, sul cui appoggio i socialisti rivoluzionari contavano, avevano dimostrato di approvare con entusiasmo la fine della guerra, e per il partito sarebbe stato quindi pericoloso agire contro il trattato88.

La situazione cambiò quando la Germania cominciò a mostrare segni di crisi: a quel punto, secondo i social-rivoluzionari di sinistra la tregua con gli imperialisti tedeschi andava rotta.

Secondo alcuni capi del partito, a cominciare dall'ex terrorista Marija Spiridonova, era giunto il tempo di vendicare l'umiliazione subita con il trattato di Brest-Litovsk.

Per farlo, venne deciso di dare inizio ad una serie di atti terroristici contro i rappresentanti

dell'imperialismo germanico presenti in Russia. Il 4 luglio i delegati del V Congresso panrusso dei soviet si riunirono al teatro Bolšoj: quella sera stessa, consapevoli di non essere in grado di imporre una svolta alle politiche bolsceviche, i socialisti rivoluzionari presero la decisione di assassinare il plenipotenziario tedesco a Mosca, il conte Wilhelm Von Mirbach.

Non riuscendo ad ottenere in sede di Congresso l'appoggio della sinistra bolscevica alle loro

richieste, i social-rivoluzionari si organizzarono al fine di mettere a segno l'attentato: vennero scelti il čekista social-rivoluzionario Jakov Bljumkin ed il fotografo Nikolaj Andreev.

Con il pretesto di discutere con il conte un presunto caso di spionaggio, il giorno 6 luglio i due riuscirono ad avvicinare Von Mirbach. Il diplomatico tedesco tentò la fuga nel momento in cui i due

84 Mawdsley, cit., pag. 40 85 Brovkin, cit., pagg. 16-17 86 Brovkin, ivi, pag. 19

87 Ettore Cinnella, The tragedy of the russian revolution: promise and default of the left socialist revolutionaries in 1918, Cahiers du monde russe, XXXVIII, 1-2, 1997, pagg. 60-61

attentatori estrassero le pistole e cominciarono a fare fuoco, ma rimase ucciso da una bomba a mano lanciata da Bljumkin, che rimase egli stesso ferito. Bljumkin ed Andreev fuggirono in auto fino alla caserma Pokrovskij, sede di un distaccamento della Čeka comandato da un socialista rivoluzionario. Mentre Lenin venne convocato d'urgenza all'ambasciata tedesca, dove dovette accettare

l'umiliazione di chiedere le scuse ufficiali da parte del suo governo per quanto accaduto, Dzeržinskij si recò alla caserma Pokrovskij per chiedere la consegna dei due terroristi, ma il distaccamento aveva aderito alla rivolta e arrestò il leader della Čeka.

A questo punto il vice di Dzeržinskij, il socialista rivoluzionario Aleksandrovič, prese il comando degli insorti, che poterono così occupare il comando stesso della Čeka, presso il palazzo della Lubjanka, nel quale catturarono anche il sostituito di Dzeržinskij, il lettone Martyn Lacis.

I bolscevichi rimasero quindi vittime della loro stessa negligenza, avendo essi affidato molti posti di comando della polizia politica ad appartenenti al partito socialista rivoluzionario.

I social-rivoluzionari di sinistra avevano ora duemila uomini bene armati contro i settecento a disposizione del regime: gran parte dei fucilieri lettoni89, il miglior corpo di truppe scelte su cui i

bolscevichi potevano fare affidamento, si trovava fuori città in occasione di una festa, e avrebbe avuto difficoltà a rientrare in tempi brevi a causa di un violento temporale.

Lenin, preso dal panico, a mezzanotte convocò il lettone Vacetis, comandante delle truppe

predisposte alla difesa del governo, chiedendogli: Compagno, possiamo reggere sino al mattino?90.

Ma la sollevazione dei socialisti rivoluzionari di Mosca era mal congeniata e molte cose erano state lasciate al caso. I rivoltosi non sfruttarono il loro vantaggio, essendo interessati non tanto alla presa del potere, quanto a spingere i bolscevichi a mutare la loro politica a seguito di un atto di forza nei loro confronti. I social-rivoluzionari non tentarono nemmeno di impadronirsi del Cremlino,

limitandosi ad occupare l'ufficio centrale dei telegrafi e ad inviare una delegazione al teatro Bolšoj per presentare le loro richieste. Mentre la Spiridonova pronunciava un infuocato discorso contro il regime, delle guardie circondarono il teatro, bloccando tutte le uscite e lasciando uscire solo i delegati bolscevichi. I deputati social-rivoluzionari vennero tutti arrestati e durante la notte i bolscevichi riconquistarono la Lubjanka e la caserma Pokrovskij, servendosi anche dell'artiglieria. Il giorno seguente Aleksandrovič e molti altri čekisti ribelli furono passati per le armi, mentre i dirigenti del partito furono incarcerati91. A novembre furono processati ma subirono pene molto

miti, dato il clima meno teso di quei mesi. Alcuni, tra cui la stessa Spiridonova, condannata ad appena un anno di carcere, furono addirittura amnistiati. Ma il fallimento dell'insurrezione del 6 luglio decretò comunque la scomparsa del partito socialista rivoluzionario di sinistra.

I suoi membri nelle località vennero esclusi dai soviet, si diedero alla clandestinità o furono perseguitati. I social-rivoluzionari che prontamente accettarono di condannare i fatti di luglio formarono un nuovo partito, chiamato partito dei comunisti rivoluzionari, nella speranza di poter continuare a partecipare alla vita politica. In realtà, nel giro di pochi mesi, furono eliminati da ogni forma di potere a livello locale o nazionale. La scomparsa dalla scena pubblica dei socialisti rivoluzionari di sinistra, inoltre, fece sì che all'interno della Čeka venisse meno il freno da essi imposto all'illegalità e al terrore indiscriminato di cui essa, per volontà dei bolscevichi, si era resa artefice. Alcuni aspetti degli eventi di luglio hanno portato una parte degli storici a sospettare che l'attentato contro l'ambasciatore tedesco possa essere stato architettato, o quanto meno facilitato dai bolscevichi, che lo avrebbero utilizzato per eliminare un pericoloso rivale politico.

Ma non sono state riscontrate prove a favore di questa ipotesi, mentre sembra certo che l'attentato facesse parte di un maldestro tentativo dei socialisti rivoluzionari di risvegliare nei bolscevichi il fervore rivoluzionario sopito: il loro intento non era di rovesciare il governo sovietico, ma di modificarne le politiche al fine di continuare una proficua collaborazione con esso in base alla loro

89 Con una forza di 18.000 uomini, la divisione dei fucilieri lettoni rappresentava, nella tarda primavera del 1918, la formazione militare più capace e fedele a disposizione del governo bolscevico. Uno dei suoi reggimenti formava la guarnigione a difesa del Cremlino.

90 Cit. in Figes, La tragedia di un popolo, pag. 761 91 Figes, ivi, pagg. 761-762

visione della rivoluzione92. In tal modo i social-rivoluzionari si lanciarono in una battaglia persa in

partenza, senza accorgersi del potenziale di protesta antibolscevica presente ovunque nel paese, che essi non riuscirono, o non vollero riuscire, a volgere a proprio favore.

Nel momento di massimo successo tra le masse, il partito social-rivoluzionario di sinistra si

allontanò da esse e dai loro bisogni per inseguire lotte alle quali la popolazione non era interessata, condannando sé stesso alla rovina93. Politicamente e socialmente isolati, i social-rivoluzionari di

sinistra sparirono senza lasciare traccia.

Lo stesso giorno della sollevazione dei socialisti rivoluzionari a Mosca, un'altra rivolta scoppiò nella città di Jaroslavl', 250 chilometri a nord-est di Mosca. Essa era guidata da Boris Savinkov: figlio di un pubblico ministero zarista, Savinkov si era poi convertito al terrorismo populista. Condannato a morte per la sua partecipazione in un attentato, tornò in Russia durante la rivoluzione, venendo espulso dal partito per i suoi legami con gli ambienti degli ufficiali di destra e il suo coinvolgimento nell'affare Kornilov. Con la benedizione dei generali Kornilov ed Alekseev, Savinkov fondò a Mosca l'Unione per la difesa della patria e della libertà, organizzazione che si proclamava al di sopra dei partiti, a favore dell'impegno patriottico a rovesciare i bolscevichi e a riprendere la guerra con la Germania. L'Unione arruolò più di cinquemila ex ufficiali zaristi e sopravvisse alle retate della Čeka94. All'alba del 6 luglio un centinaio di uomini dell'Unione fecero

irruzione, male armati, nella città di Jaroslavl', che riuscirono però ad occupare con facilità. Secondo la testimonianza di un ufficiale gli abitanti esultarono come a una festa, e fin dal primo

mattino molte persone accorsero al nostro comando per chiedere di entrare come volontari nelle file dei nostri reparti95. Al contempo, gli operai della città si dimostrarono neutrali, se non

favorevoli agli insorti. Un tentativo di espandere la rivolta fino alla cittadina di Rybinsk fallì a causa di un informatore, che avvertì in anticipo i bolscevichi, ma il giorno 8 luglio gli uomini di Savinkov riuscirono a conquistare la cittadina storica di Murom, disarmando il comando rosso locale.

Nonostante le messe di ringraziamento da parte del clero e i doni dei commercianti locali, gli operai e i contadini delle campagne circostanti si schierarono contro i nuovi arrivati, che furono espulsi dalla città96. A Jaroslavl', intanto, continuava la battaglia: l'Unione si affrettò ad abolire organi e

leggi del potere sovietico, tentando di convincere la popolazione che la rivolta fosse molto più vasta e che Mosca stessa fosse sul punto di cadere in mano alle forze antibolsceviche97.

La città rimase in mano agli insorti per due settimane, poi i bolscevichi la attaccarono usando l'artiglieria pesante e persino armi chimiche98. Una volta riconquistata la città, i rossi attuarono una

dura repressione, scatenando un'ondata di terrore rosso che mise fine ad ogni tentativo di resistenza. Savinkov aveva progettato la rivolta con il supporto dei governi inglese e francese99: se la sua

impresa, realizzata in coordinazione con gli sbarchi inglesi ad Archangel'sk, fosse andata a buon fine, la minaccia per il regime di Mosca sarebbe stata notevole. Ma gli sbarchi iniziarono soltanto dieci giorni dopo la repressione della rivolta e l'Unione dovette affrontare i bolscevichi da sola, senza gli aiuti da parte degli alleati in cui sperava il suo capo.

Un'altra situazione di grande pericolo, ma anche di imbarazzo, per i bolscevichi, venne dalla città operaia di Iževsk, nel governatorato di Vjatka, non molto lontano dai monti Urali.

Nella città aveva sede una produzione industriale di fucili attiva fin da metà Settecento, che ancora nel 1917 forniva all'esercito imperiale russo buona parte delle sue armi da fuoco.

Gli operai delle industrie belliche di Iževsk godevano, per via dell'importanza che la loro

produzione ricopriva nell'ambito della sicurezza nazionale, di privilegi impensabili per gli operai

92 Cinnella, cit., pagg. 65-66 93 Cinnella, ivi, pag. 66 94 Lincoln, cit., pag. 124

95 Cit. in Lincoln, I bianchi e i rossi, ibid. 96 Lincoln, ivi, pagg. 124-125

97 Lincoln, ivi, pag. 125 98 Lincoln, ibid. 99 Mawdsley, cit., pag. 51

residenti nei grandi quartieri dormitorio di Mosca o di Pietrogrado. Erano probabilmente gli operai meglio pagati del paese, vivevano in case di proprietà in legno, molte delle quali provviste di un proprio giardino e di un orto. Alcune famiglie possedevano perfino dei capi di bestiame100.

Essendo molti operai di origine contadina, molti di loro si espressero a favore dei socialisti rivoluzionari in occasione delle prime elezioni per il soviet degli operai tenutesi ad Iževsk nel periodo successivo alla rivoluzione di febbraio. Quando, nell'autunno del 1917, anche gli operai di Iževsk cominciarono ad orientarsi verso l'estrema sinistra, a causa della guerra e delle difficoltà economiche che ne derivavano, i loro voti andarono non soltanto ai bolscevichi, ma anche ad un gruppo denominato social-rivoluzionari massimalisti: questa variante radicale dei socialisti

rivoluzionari ricevette un vasto supporto da parte degli operai di Iževsk, più propensi a votare per il partito cui tradizionalmente avevano espresso il loro consenso, sebbene rinato in una versione massimalista101. Bolscevichi e social-rivoluzionari massimalisti, oltre a formare i primi reparti di

guardie rosse della città, riuscirono a convincere il soviet cittadino a ritirare il proprio sostegno al Governo Provvisorio a favore del nuovo governo sovietico nato a Pietrogrado.

Nella capitale, i bolscevichi salutarono Iževsk quale cittadella del socialismo102.

Ma nonostante la generale approvazione della rivoluzione d'Ottobre, ben presto le azioni delle squadre di requisizione che il governo inviava nelle campagne della provincia di Vjatka portarono alle prime ribellioni contadine. Altri attriti sorsero nel frattempo tra i bolscevichi e i loro alleati ad Iževsk: la contrarietà alla pace di Brest-Litovsk, il crescente processo di centralizzazione del settore industriale, e il tentativo di inquadrare le guardie rosse locali nell'Armata Rossa sfociarono in un insurrezione delle guardie rosse di fede social-rivoluzionaria massimalista.

I bolscevichi riuscirono a sedare la rivolta soltanto grazie a distaccamenti dell'Armata Rossa chiamati in tutta fretta da Kazan', ma ormai il loro potere in città e nelle campagne circostanti era compromesso. Nelle elezioni per il soviet tenutesi a maggio, sebbene vi prendesse parte non più del venti per cento degli operai, menscevichi e socialisti rivoluzionari videro il loro consenso aumentare considerevolmente e passarono risoluzioni di condanna verso i bolscevichi e a favore

dell'Assemblea Costituente103. I bolscevichi, di fronte ai successi dei loro avversari, reagirono

ignorando i risultati delle consultazioni popolari, e chiamando ancora una volta rinforzi da Kazan' perchè li aiutassero a sciogliere i soviet nei quali i loro avversari avevano la maggioranza per sostituirli con altri in cui a dominare fossero i bolscevichi. Ad opporsi allo strapotere dei bolscevichi ad Iževsk erano in particolare gli appartenenti al gruppo dei frontoviki, un'organizzazione di ex combattenti che avrebbe dovuto occuparsi del loro reintegro nella società civile.

Essi costituivano in realtà una forza paramilitare formata da uomini abituati a vedere il mondo secondo il prisma delle loro esperienze di guerra. Nelle loro parole e nei loro atti, i frontoviki creavano un ponte diretto tra le loro esperienze belliche private e gli sviluppi della guerra civile anche nel cuore dell'entroterra104. I frontoviki, frustrati a causa della disoccupazione e del declinante

tenore di vita, ben presto trasformarono la loro Unione in un foro di discussione politica. Temendo che i bolscevichi progettassero di integrarli nelle fila dell'Armata Rossa, la loro

organizzazione divenne una roccaforte antibolscevica. Quando i cecoslovacchi e le forze del Komuč lanciarono la loro campagna militare contro le città del Volga, a cominciare da Kazan', i comandanti dell'Armata Rossa fecero appello ai bolscevichi di Iževsk affinchè inviassero rinforzi in prima linea. Il Comitato Esecutivo cittadino annunciò un ordine di mobilitazione che includeva anche gli uomini dell'Unione dei frontoviki. Essi rifiutarono nettamente la chiamata, a meno che armi e uniformi non venissero loro fornite direttamente ad Iževsk, e non in qualche punto lontano vicino al fronte: è

100 Stephen Berk, The “class-tragedy” of Izhevsk: working-class opposition to bolshevism in 1918, Russian history, II, 2, 1975, pagg. 176-177 101 Berk, ivi , pag. 179

102 Aaron Retish, The Izhesvk revolt of 1918: the fateful clash of revolutionary coalitions, paramilitarism, and bolshevik power, in Sarah Badcock, Liudmila Novikova, Aaron Retish, Russian home front in war and revolution, 1914-1922: Book 1. Russia's revolution in regional perspective, Bloomington, Indiana, Slavica 2015, pag. 305

103 Aaron Retish, Russia's peasants in revolution and civil war: citizenship, identity and the creation of the Soviet state, 1914-1922, Cambridge University Press, Cambridge 2008, pag. 181

probabile che i frontoviki avessero progettato, una volta ricevute notizie delle vittorie del Komuč, di ottenere le armi in città al fine di utilizzarle per liberarla dai bolscevichi105.

Per tutta risposta, questi ultimi ordinarono la dissoluzione dell'Unione e l'arresto dei suoi capi. I frontoviki tennero allora dei discorsi nelle fabbriche e stabilirono contatti con gli operai, che li accolsero calorosamente, distribuendo loro un gran numero di armi.

La sera del 7 agosto gruppi di reduci e operai armati cacciavano i bolscevichi dalla città e il giorno seguente l'autorità sovietica ad Iževsk aveva cessato di esistere. Gli insorti liberarono i membri non bolscevichi del Comitato Esecutivo liberamente eletto in primavera, che venne riconosciuto quale nuovo governo della città. Esso riconobbe nell'Assemblea Costituente, e nella sua attuale

emanazione, il Komuč di Samara, il legittimo organo sovrano di Russia. Per questa ragione, i soviet stessi venivano degradati ad organi di rappresentanza, atti a farsi portavoce delle istanze di classe del proletariato, ma privi di potere politico. Il vero potere sarebbe stato affidato ad un gruppo di membri della disciolta Assemblea presenti nella regione al momento dell'insurrezione, che prese il nome di Comitato dei membri dell'Assemblea Costituente della regione del Kama106 ( Prikomuč),

sorta di sezione locale del Komuč, ma da esso autonomo da un punto di vista militare, economico e