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Una terza rivoluzione: la rivolta dei marinai di Kronštadt

7. GLI ULTIMI FUOCHI (1921)

7.1 Una terza rivoluzione: la rivolta dei marinai di Kronštadt

Nel febbraio del 1921, la Russia sovietica era attraversata da un'ondata di rivolte contadine e di scioperi operai, alimentati da una grave crisi alimentare causata dalle carestie e dall'inefficienza del sistema di requisizione e distribuzione dei viveri. Nelle fabbriche vigevano le durissime regole della militarizzazione: se in un certo stabilimento gli operai non riuscivano a raggiungere le quote di produzione previste dai funzionari bolscevichi, potevano rischiare non soltanto di essere privati delle già magrissime razioni alimentari, ma persino il carcere o la fucilazione.

Inoltre, a causa degli scarsi raccolti, nell'inverno tra il 1920 e il 1921 le scorte alimentari furono ridotte, nelle principali città, al di sotto del livello minimo di sussistenza.

Come se non bastasse, inoltre, le abbondanti nevicate avevano messo in ginocchio i trasporti, rendendo pressochè impossibile il rifornimento non solo di carbone e nafta, ma anche di legna, tanto che le autorità di Pietrogrado dovettero autorizzare gli abitanti della città ad abbattere, tra il novembre del 1920 e il febbraio del 1921, un gran numero di edifici per ricavarne legname1016.

Il giorno 22 gennaio, in molte città, tra cui Mosca e Pietrogrado, le razioni di pane vennero ridotte di un terzo, mentre le fabbriche, in assenza di combustibile, chiudevano una dopo l'altra1017.

I prezzi delle merci e degli alimenti, in città, salivano vertiginosamente, mentre i salari

continuavano a diminuire: alla fine del 1920, i salari reali erano pari a meno di un decimo di quelli del 1913, mentre il prezzo del pane, soltanto nel corso di quell'anno, era aumentato del 1000%1018.

Le carenze alimentari influivano pesantemente sulla produttività dei pochi operai rimasti al lavoro, che si ridusse a due terzi di quella del 1913, mentre, dalle regioni cerealicole, i funzionari del Narkomprod erano costretti a riferire alle autorità centrali di non poter inviare le granaglie in città perchè la scarsa produzione di macchine per cucire rendeva impossibile preparare un numero sufficiente di sacchi da utilizzare per il trasporto1019. Gli operai, a quel punto, chiesero alle autorità

di potersi recare nelle campagne, in modo da potersi rifornire di viveri senza correre il rischio di essere arrestati come speculatori, ma esse rifiutarono1020. La situazione era grave e ricordava quella

che già si era venuta a creare nel febbraio del 1917, quando analoghi scioperi e proteste per il pane avevano portato all'abbattimento della monarchia. Inoltre, dato che le ultime armate bianche erano state da poco sconfitte, il regime non poteva più utilizzare la carta del pericolo controrivoluzionario, facendo appello allo spirito di classe delle masse operaie contro speculatori e agenti bianchi per giustificare le proprie mancanze. Ormai era chiaro che la situazione sarebbe rimasta tale anche dopo i tanti sacrifici richiesti per ottenere la vittoria nella guerra civile, e che i bolscevichi non

1014 Kenez, ivi, pag. 170 1015 Figes, cit., pag. 815 1016 Lincoln, cit., pag. 441 1017 Figes, cit., pag. 911 1018 Lincoln, cit., pag. 442 1019 Lincoln, ivi, pagg. 416-417

intendevano, o non potevano, cambiare lo stato delle cose: essi avrebbero portato avanti un sistema, quello del comunismo di guerra, che aveva già ampiamente dimostrato di essere caratterizzato da grandi sprechi, e la cui messa in pratica richiedeva l'uso di metodi coercitivi nei confronti della popolazione civile, la quale, invece, si aspettava che, con la pace, sopraggiungesse un generale miglioramento delle condizioni di vita. A tutto ciò si aggiungeva il ritorno nelle città di masse di soldati smobilitati, che andavano ad ingrossare le fila dei disoccupati o degli operai sottoposti ai metodi dittatoriali dell'amministrazione di fabbrica bolscevica1021.

L'intero sistema sociale, politico ed economico creato dal regime comunista era in crisi: il paese era sul punto di dare inizio ad una nuova rivoluzione, diretta questa volta contro i bolscevichi.

Le voci che circolavano tra gli operai, secondo le quali il regime era prossimo al collasso, non facevano altro che mettere in allarme il governo e la Čeka1022, e i timori parvero trovare conferma

quando, nell'inverno tra il 1920 e il 1921, per mesi interi si susseguirono scioperi, proteste, comizi, marce della fame e occupazioni di fabbriche. Il movimento di protesta operaio prese vigore

inizialmente a Mosca, dove le assemblee di fabbrica invocarono la fine dei privilegi dei bolscevichi, il ripristino della libertà di commercio e dei diritti civili, e la riconvocazione dell'Assemblea

Costituente1023. Per impedire il dilagare degli scioperi e tenere gli operai sotto controllo, vennero

convocate le truppe, ma, sempre come nel 1917, le reclute rifiutarono di fare fuoco sulla folla. L'intervento delle truppe speciali comuniste e dei kursanty, gli allievi ufficiali comunisti, fedelissimi del regime, che provocò alcuni morti, non fu tuttavia sufficiente a far rientrare la minaccia, che si ripropose nei giorni seguenti in forme sempre più ampie, finchè, il 23 febbraio, diecimila operai sfilarono in corteo per le strade di Mosca, costringendo le autorità bolsceviche della capitale ad annunciare l'introduzione della legge marziale1024.

Nel frattempo, l'ondata di scioperi si era diffusa anche a Pietrogrado, dove i lavoratori espressero le stesse richieste avanzate dai loro compagni di Mosca. Gli operai dei cantieri navali e gli addetti portuali, insieme ai lavoratori dei principali stabilimenti metalmeccanici, tra cui le fabbriche Putilov e Obuchov, scesero in sciopero, eleggendo, come già avevano fatto nel 1918, un'assemblea dei plenipotenziari operai, nella quale era forte la presenza di menscevichi e socialisti rivoluzionari1025.

Alcune unità militari spararono sui manifestanti, facendo una trentina di vittime tra morti e feriti, ma alcune migliaia di soldati, tra cui quelli dei reggimenti Izmailovskij e Finljandskij, si unirono agli operai in sciopero. Alle proteste presero parte persino i marinai della nave Aurora, l'incrociatore che, il 25 ottobre 1917, aveva sparato il colpo che, fungendo da segnale, aveva dato il via libera alla conquista del Palazzo d'Inverno1026. I bolscevichi di Pietrogrado, terrorizzati all'idea che tutti i

militari presenti in città potessero ammutinarsi e unirsi agli scioperanti, tentarono con ogni mezzo di tenere i soldati chiusi nelle caserme, arrivando al punto di sottrarre loro gli stivali con la scusa di doverli sostituire con delle paia nuove. Il 25 febbraio uno speciale comitato di difesa, presieduto dal capo del soviet di Pietrogrado, Zinov'ev, prese il potere nella città, che venne proclamata in stato d'assedio. Gli operai dovevano rispettare il coprifuoco, che scattava alle sette di sera, e, inoltre, ogni riunione pubblica o manifestazione di fabbrica era bandita, pena la chiusura immediata dello stabilimento e il ritiro delle tessere annonarie per tutti i lavoratori che vi avevano preso parte1027.

Tali misure, tuttavia, non ottennero l'effetto sperato, e, la sera del 26 febbraio, Zinov'ev, allarmato dai crescenti disordini, inviò a Lenin un telegramma: Gli operai sono entrati in contatto con i

soldati della guarnigione (…) aspettiamo sempre le unità di rinforzo richieste a Novgorod. Se le truppe fidate non arrivano nelle prossime ore, verremo sopraffatti1028.

1021 Lincoln, cit., pag. 417 1022 Brovkin, cit., pag. 391 1023 Figes, cit., ibid. 1024 Figes, ivi, pag. 912

1025 Movimenti di protesta simili, di natura non più soltanto economica, ma anche politica, si stavano diffondendo nello stesso periodo anche in altre città, come Saratov, dove i bolscevichi temevano potessero unirsi alle concomitanti rivolte contadine e agli ammutinamenti delle truppe di stanza nelle guarnigioni di provincia.

1026 Figes, ibid.

1027 Lincoln, cit., pag. 442

Ma, mentre Zinov'ev, preso dal panico, cercava di prendere tempo, promettendo agli operai un miglioramento delle loro condizioni di vita, la Čeka era già all'opera, arrestando centinaia tra operai e dirigenti menscevichi e social-rivoluzionari. Migliaia di lavoratori, nel frattempo, a causa della serrata delle loro fabbriche, furono privati del loro lavoro, così come delle razioni alimentari1029.

Il comitato di difesa, tuttavia, permise ai dimostranti di andare a rifornirsi di cibo nelle campagne, e, in tal modo, i bolscevichi riuscirono a far calare la tensione in città1030. Oltre a queste piccole

concessioni economiche, nel placare il moto di protesta, ebbero un ruolo fondamentale anni interi di fame, privazioni e terrore, che avevano fortemente indebolito lo spirito di resistenza degli operai, i quali, ormai, non sentivano dentro di sé né il coraggio, né la forza di continuare ad affrontare uno stato che, nonostante le difficoltà, usciva sempre vincitore, apparendo invincibile.

Fin da subito, tuttavia, i moti di insofferenza operaia verso i bolscevichi e le loro politiche di quei mesi si erano diffusi fino alla base navale di Kronštadt, dove alloggiavano circa 25.000 tra marinai e artiglieri1031. Nel 1917, Trockij aveva definito i marinai di quell'importante base della flotta russa

«orgoglio e gloria della rivoluzione russa». Essi erano stati tra i primi, ferventi sostenitori dei bolscevichi e del potere sovietico, e non mancarono di fare la loro parte in occasione dell'Ottobre. Ma, fin dal primo momento, la base navale dell'isola di Kronštadt era stata un baluardo del

massimalismo rivoluzionario. Seguaci e attivi partecipanti del terrore rosso, i marinai di Kronštadt, col tempo, si erano avvicinati agli ideali anarchici1032, opponendosi alla deriva autoritaria e

burocratica del regime bolscevico: schieratisi dalla parte dei bolscevichi di sinistra, che, in occasione della pace di Brest-Litovsk, avevano esortato il partito a continuare la «guerra

rivoluzionaria» contro gli imperialisti occidentali, i marinai si erano poi allineati alle proteste dei socialisti rivoluzionari, opponendosi allo strapotere della Čeka e all'instaurazione, sempre più evidente col passare dei mesi, di una nuova autocrazia bolscevica, del tutto contraria alla loro concezione comunitaria e libertaria del socialismo1033.

Il loro ideale era quello di una repubblica sovietica di Kronštadt, autonoma rispetto allo stato centrale e governata da una coalizione di tutti i partiti di estrema sinistra, quale effettivamente fu fino all'estate del 1918. L'indipendenza del soviet di Kronštadt e il rispetto da esso mostrato per il principio della libertà di voto, tuttavia, erano intollerabili per i bolscevichi, che, nel frattempo, stavano trasformando i soviet in puri e semplici organismi burocratici.

Nel 1919, i marinai di Kronštadt, sempre più scontenti nei confronti del governo, avevano preso parte alla difesa di Pietrogrado dalla minaccia rappresentata dai bianchi, ma, una volta sconfitti questi ultimi, la loro ostilità alle politiche bolsceviche, in particolare quelle relative alle campagne, tornò a manifestarsi con forza: molti di loro, infatti, erano originari delle province agricole

dell'Ucraina, tra cui quelle controllate dal capo anarchico Nestor Machno, e del governatorato ribelle di Tambov, ed erano rimasti scioccati da quanto veniva loro raccontato da amici e parenti, o da quello che essi stessi avevano visto durante i periodi di licenza1034.

Di fronte al tradimento, sempre più evidente, compiuto dai bolscevichi nei confronti della rivoluzione furono molti i marinai che, a motivo degli abusi compiuti dal regime, stracciarono la tessera del partito. Nella seconda metà del 1920, circa la metà dei marinai di Kronštadt, delusa dalla degenerazione subita dalla rivoluzione e dalla ricomparsa delle vecchie forme di sfruttamento e diseguaglianza sociale, aveva ormai ripudiato i bolscevichi1035, e, quando alla base giunsero le prime

voci di quanto stava accadendo a Pietrogrado, i marinai inviarono in città una delegazione per raccogliere informazioni più precise. Di ritorno a Kronštadt, il 28 di febbraio, la delegazione espose il proprio resoconto dei fatti e, a quel punto, l'equipaggio della corazzata Petropavlovsk emanò un

1029 Figes, cit., pagg. 912-913

1030 Werth, Storia dell'Unione Sovietica, ibid. 1031 Lincoln, cit., pag. 438

1032 Figes, cit., pag. 913 1033 Lincoln, cit., pag. 440 1034 Figes, cit., pagg. 913-914 1035 Figes, ivi, pag. 914

proclama, nel quale chiedeva il ripristino della libertà di parola, di stampa e di riunione, purchè limitata agli appartenenti alle classi proletarie, ai partiti di sinistra e ai sindacati, la liberazione dei prigionieri politici socialisti, nonché di tutti gli operai e contadini arrestati durante i vari moti di protesta e ribellione, razioni alimentari uguali per tutti i lavoratori, la libertà per i contadini di coltivare la terra come meglio credevano, a patto di non ricorrere al lavoro salariato, e, soprattutto, libere elezioni per i soviet. I marinai di Kronštadt, infatti, restarono fedeli al sistema sovietico, e, a differenza degli operai, rimasero contrari all'idea di riconvocare l'Assemblea Costituente, alla cui chiusura, nel gennaio del 1918, avevano contribuito essi stessi.

Nei soviet voluti dai marinai, inoltre, avrebbero dovuto essere rappresentati tutti i partiti dell'estrema sinistra, compresi i bolscevichi, ma questi ultimi dovevano prima rinunciare alla dittatura e fare propri i principi della democrazia sovietica: questo spiega anche perchè, nel caso della rivolta di Kronštadt, più della metà degli iscritti al partito bolscevico presenti sull'isola, condividendo il punto di vista degli insorti, prese parte all'ammutinamento1036.

Per le autorità bolsceviche, la perdita della loro antica roccaforte era fonte di imbarazzo e di pericolo, essendovi ancorate molte navi da guerra ed essendo l'isola stessa una fortezza quasi imprendibile. Essi tentarono di spiegare quanto stava accadendo, affermando che i marinai che si stavano ammutinando a Kronštadt non erano gli stessi che nel 1917 avevano contribuito al trionfo della rivoluzione proletaria, caduti in gran numero nel corso della guerra civile, ma, bensì, nuove reclute di origine rurale, ancora affette da atteggiamenti «anarchici» e «piccolo-borghesi», che avevano portato con sé dai villaggi di origine. Il Comitato Centrale definì l'insurrezione una «cospirazione controrivoluzionaria», fomentata dall'estero dagli emigrati bianchi, guidata da un generale zarista e appoggiata dai cadetti e dai partiti socialisti di opposizione1037.

Ma, com'è stato dimostrato dagli storici, i marinai del 1921, sia per quanto riguarda i capi della rivolta che i marinai semplici, erano per lo più gli stessi dell'Ottobre: sulle due navi più importanti tra quelle coinvolte nell'ammutinamento, la Petropavlovsk e la Sevastopol', il 94% dell'equipaggio era stato reclutato prima del 19181038. Da tutti questi marinai, le giornate di fine febbraio e di inizio

marzo 1921 erano vissute come un ritorno all'euforia rivoluzionaria del 1917: Come dimostrano i documenti della Čeka di Pietrogrado, nei primi giorni di marzo i ribelli di Kronštadt si aspettavano un'allargamento della rivolta alla città, dove i leader degli scioperi passavano una risoluzione dopo l'altra a favore dei marinai, i quali, a loro volta, inviavano i loro rappresentanti nelle fabbriche. La polizia politica, tuttavia, fu in grado di neutralizzare fin da subito la potenziale base sociale della rivolta in città, decapitando il movimento di protesta operaio per mezzo di un'ondata di arresti mirati contro i suoi leader1039. In gran parte ignara di quanto stava accadendo, a causa della censura

e del suo isolamento, il primo di marzo, sulla Piazza dell'Ancora di Kronštadt, un'assemblea di quindicimila persone, quasi un terzo della popolazione dell'isola, approvò una mozione nella quale si proponeva di rieleggere il soviet locale. In seguito, tutti i commissari comunisti presenti sull'isola vennero arrestati. I bolscevichi cercarono quindi qualcuno che potesse parlare ai marinai, e lo trovò in Kalinin, il quale, grazie alle sue origini contadine e al suo passato da operaio, sapeva esprimersi nel semplice linguaggio del popolo, e venne ritenuto l'uomo giusto da inviare a Kronštadt per placare l'ira dei marinai: egli, tuttavia, venne interrotto a metà discorso dalla folla, mentre Kuz'min, il commissario bolscevico della flotta del Baltico, venne cacciato dal palco dalle urla dei marinai e delle altre persone presenti, che approvarono tutte a gran voce la mozione elaborata sulla

Petropavlovsk, che era stata riproposta al voto1040.

Il giorno successivo, trecento delegati, a rappresentanza delle diverse navi e dei cantieri dell'isola, compresa una consistente minoranza di bolscevichi, si riunirono per eleggere il nuovo soviet. Tuttavia, spaventati dalle voci giunte a Kronštadt, secondo le quali un distaccamento di guardie

1036 Figes, ibid. 1037 Werth, cit., pag. 198 1038 Figes, cit., pag. 915 1039 Brovkin, cit., pag. 396 1040 Lincoln, cit., pagg. 445-446

armate stava per fare irruzione sull'isola, i delegati optarono per la creazione di un comitato

rivoluzionario provvisorio composto da cinque membri, tutti marinai di origine contadina o operaia, guidati da Stepan Petričenko1041, ufficiale superiore d'amministrazione della corazzata

Petropavlovsk, che iniziò subito ad allestire le difese della base navale.

Le voci si rivelarono false, ma i bolscevichi stavano effettivamente preparando l'invasione

dell'isola, preoccupati dal fatto che, essendo già marzo, la superficie ghiacciata che copriva il Golfo di Finlandia si sarebbe potuta sciogliere da un momento all'altro, isolando la fortezza dalla città e permettendo alla flotta di muoversi liberamente. Se Kronštadt fosse riuscita a resistere finchè ciò fosse accaduto, i ribelli avrebbero potuto rifornirsi di viveri, munizioni e combustibile, che, in verità, sull'isola già scarseggiavano1042. Alcuni circoli dell'emigrazione russa, dove la rivolta era

stata salutata con entusiasmo, in quanto ritenuta l'ultima speranza di poter liberare la Russia dal giogo bolscevico, tentarono persino di far giungere quei rifornimenti agli insorti, raccogliendo, in sole due settimane, una gran quantità di denaro e scorte alimentari destinate agli ammutinati. Questa circostanza, tuttavia, non giustifica affatto le accuse mosse dai bolscevichi, secondo i quali la rivolta di Kronštadt sarebbe stata parte di una congiura su vasta scala organizzata dai circoli bianchi residenti in Occidente, della quale non esiste alcuna prova convincente: gli aiuti, anzi, non poterono nemmeno arrivare alla base navale per via della scrupolosa osservanza dei termini del trattato di pace stipulato con i bolscevichi nel 1920 da parte della Finlandia, che impedì il passaggio sul suo territorio di qualsivoglia rifornimento indirizzato ai ribelli1043.

Il comando delle operazioni militari, proprio come nel 1919, quando aveva difeso l'ex capitale dalle truppe bianche di Judenič, venne assunto personalmente da Trockij.

Egli giunse a Pietrogrado il 5 di marzo, ma le autorità avevano imposto la legge marziale in tutta la provincia già tre giorni prima, cominciando a trasportare truppe e pezzi di artiglieria lungo le coste di fronte all'isola in rivolta. Trockij intimò subito agli ammutinati di arrendersi entro ventiquattro ore, avvertendoli che, altrimenti «sarebbero stati presi a fucilate come pernici»1044.

Successivamente, diede l'ordine di prendere in ostaggio le famiglie dei marinai ribelli residenti a Pietrogrado1045. L'attacco contro Kronštadt iniziò il 7 marzo: l'artiglieria pesante bombardò la

fortezza, allo scopo di «ammorbidirne» le difese prima di lanciare l'assalto principale: il rombo dei cannoni poteva essere udito fin sulla Prospettiva Nevskij, a circa trenta chilometri di distanza. Per prendere la fortezza, le truppe bolsceviche avrebbero dovuto attraversare i circa otto chilometri di mare ghiacciato che separavano l'isola dalla costa, sotto il tiro dell'artiglieria e dei cannoni delle navi da guerra ancorate alla base. Il morale dei soldati, pertanto, era molto basso, e il generale Tuchačevskij, reduce della campagna di Polonia e incaricato di reprimere la rivolta, ordinò di inserire tra le reclute, affinchè non si dessero alla fuga, truppe speciali della Čeka, e di piazzare alle loro spalle le mitragliatrici, per impedire che potessero retrocedere di fronte al fuoco nemico1046.

Il giorno dopo, all'alba, le truppe, con addosso la tuta mimetica bianca, cominciarono ad avanzare verso l'isola, mentre una provvidenziale bufera di neve li copriva parzialmente alla vista dei marinai di guardia a Kronštadt. Ma, nonostante la tormenta, gli attaccanti furono infine avvistati, e vennero uccisi in gran numero dalle mitragliatrici e dai colpi di artiglieria partiti dall'isola, che aprirono grandi voragini nell'acqua ghiacciata, dentro le quali annegarono molti soldati bolscevichi. Respinto l'attacco, la distesa di ghiaccio davanti a Kronštadt era costellata di migliaia di cadaveri. Sull'isola, intanto, i ribelli stavano creando la loro repubblica rivoluzionaria: nei diciotto giorni della sua esistenza, il comitato provvisorio degli insorti smantellò l'apparato amministrativo comunista, organizzando la rielezioni sia dei sindacati che dei soviet. L'8 marzo, il giornale degli ammutinati,

Izvestija Vremennogo revoljucionnogo komiteta ( «Notizie del Comitato rivoluzionario

provvisorio»), pubblicò la dichiarazione «Per che cosa combattiamo», nella quale veniva illustrata

1041 Come molti dei marinai di Kronštadt, Petričenko proveniva da una famiglia di contadini originari dell'Ucraina.