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Punti di forza e debolezze dei bianchi

4. IL MOVIMENTO BIANCO

4.4. Punti di forza e debolezze dei bianchi

I bianchi, dopo una lunga e difficile lotta, vennero infine sconfitti. Ma le cose sarebbero potute andare diversamente, considerando gli innegabili e numerosi vantaggi di cui godevano rispetto ai loro nemici: i bianchi controllavano le aree periferiche dell'ex impero, che però erano vaste e ricche di risorse, in particolare agricole ( l'Ucraina e la Siberia occidentale erano i granai dell'Impero Russo); potevano contare sulle abilità militari dei cavalleggeri cosacchi, che fornivano alle loro armate una capacità di penetrazione oltre le linee nemiche impensabile per i bolscevichi; avevano dalla loro parte tutte le grandi potenze occidentali, dalla Francia e il Regno Unito, fino agli Stati Uniti e il Giappone; e, infine, loro stessi erano militari di professione, esperti nell'arte della guerra e della strategia militare. Anche i loro nemici, involontariamente, fornirono loro alcuni iniziali

vantaggi: le durissime condizioni di vita e di lavoro imposte dai rossi nei territori occupati, fecero sì che i bianchi fossero accolti un po' ovunque come dei liberatori.

Esistono numerose testimonianze, anche da fonte nemica, che lo testimoniano: a Charkov, durante la loro marcia verso Mosca, gli uomini di Denikin, secondo un osservatore menscevico, furono accolti dalla gente, gremita sulle strade, come «salvatori e liberatori».

I bolscevichi stessi si videro costretti ad ammettere che folle «piccolo borghesi» accolsero con entusiasmo i bianchi fino al punto massimo della loro avanzata nell'entroterra, ad Orël464.

In fin dei conti, l'Armata dei Volontari di Denikin, contando solo 100.000 uomini era un esercito piccolo: sarebbe stato impossibile, per una forza armata tanto esigua, controllare per alcuni mesi un territorio abitato da circa quaranta milioni di persone, se la precedente amministrazione fosse stata ben voluta. Al contrario, la documentazione mette in luce come le deboli autorità bolsceviche di stanza nelle città di provincia, di fronte all'avanzata dei bianchi, fuggissero e si dileguassero nel nulla in preda al panico, ammettendo senza mezzi termini, nei loro dispacci a Mosca, quanto disperata fosse la situazione465. Non appena i Volontari entravano in una città, con loro arrivavano

abbondanti rifornimenti di viveri, cosa che favoriva l'abbassamento dei prezzi dei generi alimentari, i negozi riaprivano e, al suono delle campane in festa, si tenevano messe di ringraziamento e parate militari, durante le quali ai soldati in marcia si lanciavano fiori.

Ovunque, nel sud, i bianchi venivano accolti con gioia. Le classi agiate, naturalmente, vedevano in loro dei salvatori dalle persecuzioni bolsceviche, ma anche gli operai tendevano a mostrarsi quanto meno neutrali nei loro confronti. Persino gli ebrei e i socialisti, inizialmente, vedevano di buon occhio l'armata di Denikin, o, per lo meno, concedevano ai bianchi il beneficio del dubbio:

prestando fede alle promesse di questi ultimi di ripristinare l'ordine e la legalità, le amministrazioni cittadine vennero prontamente ricostruite dai politici locali466. Nel giugno del 1919 i bianchi

entrarono a Charkov, una città industriale dell'Ucraina. Nel giro di pochi giorni, il prezzo degli alimenti, a cominciare dal pane, ebbe la tendenza a calare fino a raggiungere un decimo del prezzo precedente, e, di conseguenza, anche la numerosa popolazione operaia della città mise da parte la sua diffidenza verso i bianchi: il reclutamento da parte dei bianchi, di conseguenza, ebbe un

notevole successo, con ben cinquemila uomini che si arruolarono come volontari soltanto nei primi tre giorni. La Duma cittadina venne riconvocata e venne eletto un consiglio formato da cinque cadetti e un socialista467. Analogamente, a Kiev il prezzo del pane calò dai 120-140 rubli per circa

mezzo chilo di fine agosto, quando arrivarono i bianchi, fino ai 7 rubli dei primi di settembre468.

Ad est, osservatori appartenenti al partito socialista rivoluzionario, realizzando dei sondaggi nell'area del Volga e degli Urali, constatarono che la propaganda bolscevica, descrivendo Kolčak come un nemico, spesso otteneva l'effetto contrario rispetto a quello desiderato: i contadini non sapevano esattamente chi Kolčak fosse o quali fossero le sue idee, ma, pensavano, essendo un

464 Brovkin, cit., pag. 125 465 Brovkin, ivi, pag. 126 466 Brovkin, ivi, pag. 209 467 Brovkin, ivi, pagg. 157-158 468 Brovkin, ivi, pag. 159

nemico dei bolscevichi non doveva essere poi così male.

Il rapporto degli osservatori social-rivoluzionari concludeva affermando: i contadini stanno

aspettando Kolčak, e ripongono in lui le loro speranze. Persino un possibile ritorno dello zar sul trono era visto positivamente dagli abitanti della zona469. Queste testimonianze, tuttavia, non devono

far pensare ad una preferenza delle popolazioni rurali per i bianchi: secondo diverse testimonianze, anche di autori stranieri ivi presenti, nelle zone prossime al fronte, gli eventi tendevano a seguire uno schema fisso: le preferenze dei contadini andavano alla fazione che, in quel momento, si trovava dall'altra parte del fronte. Così, quando i bianchi scacciavano i bolscevichi, venivano accolti come liberatori, ma, dopo un mese o due, tutta la precedente ostilità verso i rossi veniva dimenticata e i contadini speravano in un loro ritorno e nella cacciata dei bianchi470.

Anche nelle città e tra gli operai, i bolscevichi ebbero modo di constatare quanto scarso fosse il loro seguito, persino di fronte alla più concreta minaccia bianca: a Tula, quando le truppe di Denikin sembravano sul punto di poter prendere la città per poi procedere verso Mosca, i lavoratori affamati sembravano del tutto indifferenti di fronte all'eventualità di una sconfitta della rivoluzione e di una possibile vittoria dei bianchi: gli operai erano fortemente ostili ai comunisti471 e nessun appello alla

difesa della rivoluzione contro Denikin sarebbe bastato a placare gli animi472.

Ad un livello strettamente militare, i bianchi, almeno in una prima fase, potevano contare su ufficiali più esperti e affidabili di quelli arruolati dai rossi, che faticavano a trovare abbastanza uomini per ricoprire tutte le posizioni di comando più essenziali. Questi ultimi, inoltre, dopo aver attinto alle riserve di materiale bellico contenute nei depositi dell'ex armata zarista, dovettero fare i conti con una penuria di armi e munizioni che diventava sempre più vistosa man mano che le dimensioni dell'Armata Rossa aumentavano. I bolscevichi possedevano alcune delle più importanti città industriali del paese, tra cui Tula, sede di importanti stabilimenti industriali specializzati nella produzione bellica, ma la materia prima necessaria per produrre le armi si trovava nelle zone minerarie dell'Ucraina, a cominciare dal Donbass, occupato dai bianchi, i quali, oltretutto, potevano contare su un costante rifornimento di armi e munizioni da parte degli alleati473.

Tra il febbraio e l'ottobre 1919 i volontari di Denikin ricevettero dagli alleati, tra le altre cose, 280.000 fucili, 4.898 mitragliatrici, 917 cannoni, 102 carri armati, 194 aeroplani e 28 milioni di proiettili474. Se è vero che i bolscevichi dovettero compiere grandi sforzi, ed adottare misure

draconiane per mobilitare l'industria in vista dello sforzo bellico, è anche vero che senza questi fondamentali aiuti, i bianchi sarebbero stati costretti a loro volta ad organizzare le loro scarse basi industriali, limitate al Donbass e ad alcune zone degli Urali, al fine di produrre gli armamenti di cui avevano disperatamente bisogno, uno sforzo che, probabilmente, li avrebbe condannati a

soccombere ai loro nemici molto prima di quanto effettivamente accadde475.

La capacità di garantire un costante rifornimento di viveri fu una delle chiavi del successo di cui godette, nei primi tempi, il governo bianco della Russia settentrionale.

Fin dai primi giorni successivi al colpo di stato antibolscevico dell'agosto 1918, la Suprema Amministrazione del nord, guidata da socialisti antibolscevichi, ricevette numerosi telegrammi di saluto e di benvenuto, da parte di assemblee di lavoratori, villaggi e capoluoghi di distretto, nei quali, ad una sostanziale accettazione dei principi politici del nuovo governo, si accompagnava la richiesta di un miglioramento dei rifornimenti alimentari476.

In alcuni casi, le mozioni giunte dai villaggi rendevano noto alle autorità che un ulteriore appoggio

469 Cit.in Brovkin, Behind the front lines of the civil war, pag. 144 470 Brovkin, ibid.

471 In occasione del VII Congresso ( marzo 1918), il partito bolscevico assunse la denominazione ufficiale di Partito Comunista Russo (dei bolscevichi)

472 Cit. in Figes, La tragedia di un popolo, pag. 801 473 Kenez, cit., pag. 15

474 Kenez, ivi, pag. 22 475 Kenez, ivi, pagg. 179-180

476 Ljudmila Novikova, Il grano e le armi. Rivoluzione, «controrivoluzione» e guerra civile popolare nella Russia del nord, 1917-1920, Rivista storica italiana, 2, 2012, pag. 747

al governo in funzione antibolscevica sarebbe dipeso dall'aumento o meno della razione di grano477.

Prestare servizio nell'esercito bianco diventò, data la crisi economica, il principale modo per molti contadini di garantire a sé stessi e alle proprie famiglie non soltanto regolari razioni di cibo, ma anche capi di vestiario e un sussidio in denaro. A questi benefici si dovette lo straordinario successo della mobilitazione generale da parte dell'armata bianca di Archangel'sk, che portò l'esercito del nord a raggiungere, nell'autunno 1919, oltre 54.000 unità, su una popolazione totale di circa mezzo milione di abitanti478. Tuttavia, date le difficoltà che il governo, isolato in una regione artica sterile e

separata dal fronte interno dalle zone agrarie della Russia, incontrava nel garantire un regolare afflusso di alimenti, la fame e il malcontento presto si diffusero in tutto il governatorato di Archangel'sk, minando fortemente il consenso e la stabilità del potere bianco.

Nel corso del 1919 i contadini cominciarono a perdere fiducia nella capacità del governo bianco di rifornirli adeguatamente, soprattutto dopo il ritiro dei contingenti alleati, e mostrarono un crescente interesse verso le condizioni di vita della Russia sotto controllo sovietico, volendo scoprire, in particolare, se le razioni di cibo in quelle zone fossero più alte.

Tra la popolazione del nord, in preda alla carestia, crebbe la volontà di riunire la loro regione alle zone agricole della Russia centrale e meridionale il prima possibile, in modo da ripristinare le tradizionali rotte commerciali interne. I contadini del nord, quindi, pur sostanzialmente indifferenti verso quale governo, se quello bianco o quello rosso, avesse realizzato la riunificazione, iniziarono a vedere sempre più di buon occhio i bolscevichi, che apparivano ormai come i più probabili vincitori della guerra civile479.

Una serie di innegabili vantaggi avrebbe potuto determinare un diverso corso degli eventi durante la guerra civile e dare ai bianchi una vittoria che, in una prima fase, appariva tutt'altro che impossibile. I rossi erano consapevoli della forza dei loro avversari, e, senza mai sottovalutarli, ebbero la

determinazione sufficiente per mobilitare una società in gran parte indifferente, se non apertamente ostile, contro un nemico da cui temevano di poter essere sopraffatti da un momento all'altro.

Il sistema stesso del comunismo di guerra, con il suo dirottare ogni risorsa umana e materiale disponibile verso l'industria, interamente riconvertita al fine di sostentare lo sforzo bellico, insieme alle dimensioni colossali dell'Armata Rossa e all'utilizzo geniale e spietato insieme della

propaganda e della forza, consentirono ai bolscevichi di ottenere una vittoria tutt'altro che scontata. I bianchi, invece, pagarono il prezzo di un'eccessiva sicurezza, e di un atteggiamento di superiorità e indifferenza verso la gente comune e la questioni politiche.

La superficialità con cui affrontarono il problema di come amministrare i territori conquistati, unita alla mancanza di attenzione verso le rivendicazioni delle masse contadine e operaie, ma anche delle minoranze etniche, fecero sì che la popolazione, potenzialmente disposta ad aiutarli, diventasse loro ostile nel giro di breve tempo. I bianchi preferirono rimandare ad un futuro incerto la risoluzione delle grandi questioni sociali dell'epoca, affrontando la lotta da un punto di vista puramente militare e nazionalistico, sperando di riconquistare la Russia senza aver prima pensato a come governarla. Incapaci di adattarsi al contesto rivoluzionario in cui veniva combattuta la guerra civile, essi,

considerandosi i rappresentanti in esilio del vecchio stato russo, avevano rinviato ogni scelta politica al momento in cui la vittoria li avrebbe riportati nella vecchia capitale, senza capire che la vittoria stessa dipendeva dalla preventiva instaurazione di uno stato nuovo480.

Della poca accortezza dei bianchi in campo politico sono un esempio i progetti di riforma agraria proposti dalle due commissioni istituite da Denikin nel 1919: entrambe prevedevano una vendita, da parte dei proprietari terrieri, dei loro terreni in eccesso, ma non prima di tre anni dalla fine della guerra civile, e, in ogni caso, era esclusa recisamente l'ipotesi dell'esproprio forzato.

477 Novikova, ivi, pag. 748 478 Novikova, ivi, pagg. 753-754

479 Ljudmila Novikova, Northeners into whites: popular participation in the counter-revolution in Archangel'sk province, summer-autumn 1918, Europe-Asia studies, LX, 2, 2008, pag. 290

In questo modo, rifiutando di riconoscere il dato di fatto dell'avvenuta rivoluzione contadina, si continuavano a difendere i diritti di proprietà dei latifondisti. È stato calcolato che, se portati a termine, i progetti delle commissioni denikiniane avrebbero costretto i contadini a restituire tre quarti delle terre di cui si erano impossessati a partire dal 1917481.

Inoltre, funzionari civili e militari aiutavano i latifondisti a recuperare i loro terreni, e, come nel vecchio ordine zarista, i proprietari terrieri stessi, con l'aiuto di burocrati e agenti di polizia, assumevano il comando del governo locale nelle campagne, spesso vendicandosi degli agricoltori che ne avevano occupato le proprietà, condannandoli alla fustigazione, o anche a morte482.

In modo analogo, una volta giunto sul Volga, dove forte era la richiesta contadina di terre, il governo di Kolčak non seppe far altro che dichiarare che la futura legge agraria sarebbe stata fondata sul principio della proprietà privata, e che, nel frattempo, i contadini si sarebbero dovuti accontentare di prendere in affitto le terre nobiliari in eccesso.

I contadini, molto scontenti per il carattere reazionario del regime di Kolčak, dovettero essere arruolati con la forza, anche perchè, secondo la visione dei bianchi, servire nelle loro fila era un dovere, così come lo era stato militare nell'esercito zarista, e quindi era del tutto inutile fare ricorso alla persuasione483. Non c'è dunque da stupirsi se i contadini altro non potevano fare, se non

constatare che l'arrivo dei bianchi nelle loro terre non avrebbe portato ad altro che alla restaurazione del vecchio ordine nelle sue forme più dure e reazionarie.

I bianchi si dimostrarono inflessibili anche riguardo le rivendicazioni nazionali dei tanti popoli dell'ex Impero Russo: in Ucraina, Denikin fece ricoprire le principali cariche pubbliche a funzionari di etnia russa e proibì l'utilizzo della lingua ucraina, tanto nelle scuole che in ogni altra istituzione. L'intransigenza verso i sentimenti nazionali dei popoli ebbe delle conseguenze negative anche dal punto di vista militare: con il suo «Proclama al popolo piccolo-russo», nel quale Denikin negava l'esistenza stessa di un paese chiamato Ucraina, che egli preferiva chiamare Piccola Russia e che dichiarava di voler riunire alla madrepatria, il leader bianco fece sì che un gran numero di contadini ucraini si unisse alle fila di Petljura e di altri capi nazionalisti locali, contro i quali dovette inviare molti uomini, prelevandoli dalle prime linee484.

Nei territori da loro occupati, i bianchi non seppero costruire una rete amministrativa capace di mobilitare le risorse umane e materiali locali, ragion per cui dovettero ricorrere alla forza. L'ingovernabilità delle campagne fece sì che, più i bianchi si addentravano nell'entroterra, più difficoltoso si faceva l'afflusso di viveri e munizioni alle prime linee.

Bande contadine come quelle di Machno e di Petljura bloccavano i convogli ferroviari, e gli stessi lavoratori delle ferrovie, ostili ai bianchi, venivano costretti a lavorare sotto la minaccia delle armi. Denikin fece sospendere i diritti sindacali, restituendo le fabbriche ai vecchi proprietari.

Ne risultò un calo della produzione che mise in crisi l'economia della Russia bianca meridionale, cui i bianchi reagirono con il terrore, all'insegna della parola d'ordine morte alle mani callose!485.

La mancanza di un efficiente sistema di sussistenza, costrinse i soldati bianchi a saccheggiare le popolazioni locali, creando sempre più ostilità verso il regime di Denikin: l'Armata dei Volontari, che nella sua abbreviazione russa era chiamata Dobrarmija, venne ribattezzata dalla popolazione

Grab'armija, ossia «Armata dei saccheggiatori»486. I cosacchi, in particolare, considerandosi dei

conquistatori in terra straniera, si dedicavano con impegno alle razzie dei contadini russi spesso con l'esplicita approvazione e incitamento dei loro comandanti, che speravano in tal modo di

assicurarsene la fedeltà. I cavalleggeri cosacchi di Mamontov, durante la loro incursione in territorio sovietico, rubarono talmente tanti beni alla popolazione locale da creare una carovana lunga

sessanta chilometri, tanto imponente da obbligarli ad abbandonare per strada parte del bottino

481 Figes, ivi, pag. 687 482 Figes, ivi, pag. 688 483 Figes, ivi, pag. 788 484 Figes, ivi, pag. 798 485 Figes, ivi, pag. 798-799 486 Mawdsley, cit., pag. 208

perchè non avevano carri a sufficienza per trasportarlo tutto487. Denikin, personalmente, non

approvava questa pratica, ma non ebbe mai la fermezza per impedirne la diffusione488.

Per quanto l'ambito militare fosse il punto di forza principale del movimento bianco, anche qui non mancavano i problemi. Oltre al crearsi, nel corso del tempo, di numerose fazioni a favore di uno o dell'altro comandante, spesso identificati con le varie correnti politiche ( si pensi al «liberale» Denikin contro il conservatore Vrangel'), a pesare sull'efficienza delle armate bianche fu soprattutto la scarsa disciplina: in mancanza di un apparato capace di stabilire una netta subordinazione dei sottoposti ai loro superiori, e di punire con fermezza la mancata esecuzione degli ordini, gli eserciti bianchi ricordavano, secondo Morozova, più una libera associazione di persone legate dalle stesse idee che un esercito in guerra489. Così, se il soldato semplice doveva necessariamente obbedire, per

non rischiare di subire pene severe o addirittura la fucilazione, l'ufficiale, da persona nobile e pensante, aveva il diritto alla propria opinione, e di ogni sua decisione egli era responsabile in primo luogo di fronte alla sua coscienza. Questa impostazione mentale fece sì che, di regola, ogni

violazione degli ordini o della disciplina militare da parte degli ufficiali venisse affrontata con indulgenza490. Gli ufficiali, in effetti, sembra non fossero affatto interessati a motivare le truppe,

ritenendo sufficiente imporre ai soldati la disciplina e l'obbedienza ai loro ordini.

Da un punto di vista strategico, i diversi eserciti bianchi erano costretti ad agire autonomamente l'uno dall'altro, attaccando non appena fossero stati pronti: le enormi distanze, le difficoltà nel comunicare ( Denikin e Kolčak non si incontrarono mai di persona), la necessità di agire prima che l'Armata Rossa diventasse una forze troppo potente per poter essere sconfitta, e la consapevolezza che solo una continua serie di vittorie avrebbe assicurato il sostegno degli alleati, spinse i bianchi a porsi sempre sull'offensiva, prendendo dei rischi di cui, alla fine, pagarono il prezzo491.

I bianchi dovettero fare proprio un atteggiamento basato su un illusorio ottimismo: speravano che una fortunata combinazione di circostanze positive avrebbe reso possibile la continuazione vittoriosa delle loro offensive, rendendo irrilevanti tutti i segnali negativi che, in realtà, non mancavano di manifestarsi. Ma, nonostante tutto, i problemi principali riguardavano i difficili rapporti tra l'esercito al fronte e le retrovie, dove dominavano l'apatia e la corruzione.

L'unità delle forze armate era minata dai problemi logistici, che obbligavano i soldati a rifornirsi di viveri al fronte, spesso requisendo con la forza i generi alimentari ai contadini, mentre nelle città lontane dal fronte regnavano l'immoralità e la decadenza dei costumi: alcol e droghe venivano consumati in grande quantità nelle case da gioco e nei bordelli di Omsk, mentre al mercato nero si vendevano illegalmente i rifornimenti inviati dagli alleati, dalle sigarette alle munizioni.

Il generale Knox, capo della missione militare britannica, venne soprannominato «furiere dell'Armata Rossa», dopo aver ricevuto una lettera da Trockij, nella quale il leader bolscevico lo ringraziava beffardamente per il gran numero di armi, munizioni e uniformi giunte per vie traverse nelle mani dei rossi, il tutto mentre i soldati bianchi, al fronte, indossavano nient'altro che stracci492,

e gli ufficiali alla guida dei reparti combattenti si videro talvolta costretti a contendersi a vicenda i rifornimenti con la forza delle armi493. Queste ruberie ebbero un ruolo fondamentale nel favorire il

graduale disimpegno degli alleati dal conflitto in Russia, nel quale, del resto, nonostante