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Le vicende ucraine e l'inizio dell'intervento alleato

1. L'INGANNO DELL'OTTOBRE (Ottobre 1917 – Gennaio 1918)

2.4 Le vicende ucraine e l'inizio dell'intervento alleato

Nessuna terra non russa del decaduto impero fu tanto coinvolta nelle vicende politico-militari della guerra civile quanto lo fu l'Ucraina. L'antica culla della civiltà russa vide scatenarsi sul proprio territorio lo scontro tra diverse forze antagoniste, intenzionate a sfruttarne le risorse umane e materiali, così come la straordinaria posizione strategica, oppure mosse dal sogno nazionalistico di renderla, per la prima volta nella storia, una nazione indipendente. Basti pensare che la capitale del paese, Kiev, in trentasei mesi passò di mano non meno di sedici volte117.

A seguito della rivoluzione di febbraio, l'assemblea nazionale ucraina, la Rada, approfittò della debolezza del Governo Provvisorio per imboccare la strada dell'indipendenza.

Essa, guidata da politici di idee socialiste, proclamò la nascita della Repubblica Popolare Ucraina, che avrebbe mantenuto il potere nel paese finchè un'Assemblea Costituente liberamente eletta non ne avesse formalizzato l'indipendenza. La crescita del nazionalismo in Ucraina nel corso dell'anno

113 Čurakov, cit., pagg. 38-39 114 Čurakov, ivi, pagg. 41-42 115 Brovkin, cit., pag. 91 116 Berk, cit., pag. 190 117 Lincoln, cit., pag. 267

preoccupò le minoranze russe ed ebraiche, maggioritarie nelle grandi città, che si schierarono a favore dell'unità dello Stato russo. I contadini ucraini, che a differenza di quelli russi non avevano mai sperimentato le asprezze della servitù della gleba, ed erano quindi più liberi e benestanti, svilupparono un forte sentimento antiurbano, antirusso ed antiebraico, che rendeva difficile per ogni governo imporre il proprio volere nelle campagne. Così i nazionalisti, che esitavano a concedere ai contadini le terre, non riuscirono a crearsi un sostegno di massa presso la popolazione rurale, nella quale riponevano le loro speranze118. Per i bolscevichi, che avevano assoluto bisogno delle materie

prime ucraine, il nazionalismo ucraino della Rada era un concetto del tutto astratto, costruito da un gruppo di intellettuali che avevano sfruttato l'arretratezza culturale dei contadini locali, e comunque incompatibile con il loro programma internazionalista, basato sul sostegno delle classi proletarie urbane. A fine dicembre 1917 un governo sovietico venne proclamato dai bolscevichi della città industriale di Charkov, nell'Ucraina orientale. In quella regione industriale, la popolazione era composta in gran parte da operai di etnia russa e il nazionalismo ucraino, che faticava a fare presa persino tra i contadini delle regioni centrali, era del tutto estraneo alla loro mentalità119.

Le truppe bolsceviche marciarono su Kiev, e dopo cinque giorni di duri combattimenti ebbero la meglio sulle deboli e disorganizzate difese della Rada. I bolscevichi entrarono in città la notte tra il 26 e il 27 gennaio 1918, instaurando subito, contro ufficiali ed esponenti nazionalisti, la peggiore ondata di terrore mai vista fino a quel momento nella guerra civile120.

Ma i ministri della Rada già il giorno prima della conquista di Kiev erano fuggiti nella cittadina di Žitomir, ad ovest della capitale. Dal loro rifugio, nel pieno delle trattative di pace tra la Russia sovietica e gli imperi centrali, essi presero contatti con i diplomatici austro-tedeschi, firmando con essi una pace separata il giorno 9 febbraio. I politici della Rada chiesero aiuto agli eserciti degli imperi centrali affinchè li aiutassero a liberare il loro paese dai bolscevichi, e il 2 marzo, dopo sole tre settimane dal loro ingresso in città, i rossi vennero espulsi da Kiev dai militari tedeschi, che entrarono in città dopo l'ingresso, il giorno prima, delle truppe nazionaliste della Rada.

Sebbene i governanti della Rada avessero annunciato alla popolazione che le truppe di occupazione tedesche ed austriache erano venute in pace e non avrebbero in alcun modo limitato la sovranità della repubblica ucraina, l'ordine impartito alle truppe di occupazione dai rispettivi governi era di procurarsi la maggior quantita di cereali e di viveri possibile121.

I tedeschi procedettero quindi all'occupazione di tutto il paese, fino alla regione mineraria orientale del Donbass. La Rada, con le sue politiche socialiste radicali tese alla ridistribuzione delle terre ai contadini, finì per impensierire gli occupanti tedeschi, che non potevano contare sul suo sostegno riguardo lo sfruttamento delle risorse agricole, a causa della debolezza delle strutture governative nelle campagne. La componente conservatrice ucraina, nella quale ricoprivano un ruolo di spicco i proprietari terrieri, si mostrò ostile al radicalismo delle riforme varate dalla Rada e decise di venire a patti con i tedeschi. Il 29 aprile 1918, un colpo di stato metteva fine al governo della Rada, al cui posto venne insediato il generale Pavel Skoropadskij, un ricco latifondista di origine cosacca. Nemico delle politiche socialiste e nazionaliste della Rada, il nuovo atamano122 d'Ucraina instaurò

un regime autoritario di stampo conservatore che seppe restituire al paese la sua vecchia prosperità: la ripresa economica fu straordinaria, e portò ad un netto miglioramento sia nel settore industriale che in quello agricolo123. Migliaia di persone appartenenti alle classi agiate fuggirono allora dal

territorio in mano ai bolscevichi, attratte dall'apparente stabilità del regime di Skoropadskij, per confluire a Kiev, dove poterono sentirsi al sicuro dalle persecuzioni antiborghesi vigenti in Russia. Tra i membri delle classi agiate in fuga dalla Russia centrale vi furono numerosi esponenti del partito costituzional-democratico: pur rimanendo contrari all'ipotesi di una piena indipendenza dell'Ucraina, essi misero da parte i loro sentimenti antitedeschi e la loro fedeltà agli alleati, offrendo

118 Peter Kenez, Civil war in South Russia, 1919-1920: The defeat of the Whites, University of California Press, Berkeley 1977, pagg. 142-144 119 Mawdsley, cit., pag. 25

120 Mawdsley, ivi, pag. 26 121 Lincoln, cit., pag. 270

122 Il titolo di atamano veniva dato, fin dal XVI secolo, dalle comunità cosacche ai loro capi politici e militari. 123 Lincoln, ivi, pag. 271

il loro sostegno al governo di Skoropadskij nella speranza di trovare nei tedeschi un utile alleato nella lotta contro i bolscevichi124. I nazionalisti e i socialisti locali, invece, non furono mai in grado

di venire a patti col regime dell'atamano, a causa della rigida censura inaugurata dal suo governo, della veemente difesa del concetto di proprietà privata e della sua fin troppo evidente disponibilità ad accontentare le richieste degli occupanti tedeschi, richieste che durante l'autunno si fecero ancora più esose. Nel mese di novembre, la definitiva sconfitta degli imperi centrali privò Skoropadskij della protezione militare di cui il suo regime aveva bisogno per rimanere in piedi.

Nel tentativo di non essere spodestato, l'atamano, in cerca di nuovi sostenitori, si rivolse allora agli alleati e ai russi antibolscevichi, proponendo l'ingresso dell'Ucraina in un nuovo stato federale russo guidato dai bianchi. Per dimostrare a questi ultimi la bontà delle sue affermazioni, Skoropadskij istituì un nuovo governo composto in gran parte da russi di idee monarchiche125.

I capi nazionalisti ucraini Vinničenko e Petljura dichiararono allora guerra al regime dell'atamano, considerato traditore dell'Ucraina. Rimasto solo, Skoropadskij, nel giro di breve tempo, venne spodestato, e il nuovo Direttorio nazionalista avviò subito una politica del tutto opposta a quella del deposto dittatore, volta a soddisfare i bisogni delle classi lavoratrici e ad ucrainizzare il paese dal punto di vista culturale. Le politiche economiche del Direttorio favorirono però l'inasprimento dell'inflazione e l'innalzamento fuori controllo dei prezzi dei generi alimentari.

Nel vuoto di potere dovuto alle gravi difficoltà politico-economiche del nuovo governo

nazionalista, nelle provincie si diffuse il caos: le campagne e le cittadine di provincia divennero i feudi privati di capi e atamani locali che, non riconoscendo l'autorità né del Direttorio né di alcun altro governo, imponevano le loro tirannie sulle popolazioni locali.

Ad approfittare della confusione generale seguita al ritiro tedesco, e dell'impopolarità dei

nazionalisti, incapaci di imporre le proprie direttive ad un popolo che non ne riconosceva l'autorità, furono ancora una volta i bolscevichi. Non appena a Mosca giunsero notizie della sconfitta

germanica, Trockij diede ordine di invadere l'Ucraina. Le forze del Direttorio non poterono nulla contro l'impeto dell'Armata Rossa. I contadini non presero le armi a favore del governo e gli operai, in gran parte non ucraini, accolsero con favore i nuovi arrivati126. I rossi rientrarono a Kiev il 5

febbraio 1919. Petljura dovette rifugiarsi ad ovest, nell'ex provincia austriaca della Galizia, abitata da contadini di etnia ucraina e non ancora occupata dalle armate della neonata repubblica polacca, dove si apprestò a ricostituire le sue forze armate.

I rapporti tra i bolscevichi e le potenze alleate furono tesi fin dall'inizio. Gli alleati, a causa della pace separata stipulata a Brest-Litovsk con i tedeschi, consideravano i bolscevichi dei traditori, che avevano distolto la Russia dal suo impegno nel conflitto in nome di idee pericolose e sovversive, accolte con apprensione nelle cancellerie di tutta Europa.

Ma, nonostante lo sdegno e la condiscendenza con cui gli alleati si rivolsero ai nuovi governanti russi, c'era tra di essi disaccordo riguardo finalità, tempistiche e caratteristiche di un eventuale intervento militare. Per quanto grande fosse la loro indignazione morale verso i bolscevichi, i diplomatici alleati non mancarono di cercare con loro un accordo che impedisse ai tedeschi di mettere le mani sulle preziose risorse russe127. Queste trattative non approdarono a nulla, ma gli

alleati, per quanto portati per ragioni ideologiche e strategiche ad opporsi ai bolscevichi, inzialmente erano incerti sul da farsi: essi non ebbero alcun ruolo, ad esempio, negli eventi che portarono alla ribellione della Legione cecoslovacca lungo la Transiberiana, che fu un evento del tutto spontaneo, scaturito dalle circostanze del momento e che colse tutti di sorpresa.

Le potenze occidentali seppero però intravedere in quei fatti la possibilità di affidare ad un alleato credibile le loro speranze di creare una valida e legittima forza antibolscevica.

124 Lincoln, ivi, pag. 272 125 Lincoln, ivi, pag. 273 126 Kenez, cit., pag. 146

127 Lincoln, cit., pagg. 142-144; le truppe britanniche presenti a Murmansk, con l'aperto consenso dei bolscevichi, combatterono addirittura al loro fianco, nel corso di brevi scontri, contro soldati finlandesi antibolscevichi alleati dei tedeschi.

I britannici, i più convinti interventisti tra gli alleati, avevano inviato alcuni primi reparti simbolici in specifiche aree dell'ex impero russo fin dall'inizio del 1918: a gennaio a Baku, in Azerbaigian, ad inizio marzo a Murmansk, nell'estremo nord, e in aprile a Vladivostok, sul Pacifico, dove giunsero insieme ad un contingente giapponese molto più vasto. I successi dei cecoslovacchi convinsero anche i governi francese ed americano, meno certi di quello inglese riguardo l'opportunità di un intervento, ad aumentare il proprio impegno in Russia128. Le potenze cominciarono ad apprezzare il

potenziale antitedesco di un loro impegno negli affari russi: i francesi, in particolare, si convinsero che le truppe cecoslovacche sarebbero state più utili, in vista dello sforzo bellico contro la

Germania, in Russia anziché in Francia, dove sarebbero arrivate soltanto alla fine di un viaggio lungo e pieno di pericoli. Gli americani e i giapponesi, dal canto loro, utilizzarono la legittimazione data loro dall'intervento a favore della democrazia in Russia per nascondere le rispettive mire economico-territoriali sull'estremo oriente del paese e sulla Siberia, territori nei quali mancava ogni forma di legittimità politica, e che sarebbero stati facile preda di mire di tipo coloniale.

Con la motivazione ufficiale del sostegno militare da essi dovuto alle truppe della Legione cecoslovacca, più di 70.000 giapponesi e oltre 8.000 americani misero piede in Siberia129.

Nel sud della Russia l'intervento assunse dei contorni più nitidi man mano che in quelle zone nascevano movimenti ed eserciti antibolscevichi: francesi e britannici, che fin dal dicembre del 1917 si erano spartiti le proprie aree di intervento, decidendo di operare rispettivamente ad ovest e ad est del Don, diedero il loro appoggio al generale bianco Denikin, che in particolar modo gli inglesi si preoccuparono di rifornire di armi e munizioni. Per quanto i bianchi sperassero in un ampio dispiegamento di truppe combattenti, inglesi e francesi si limitarono tuttavia ad inviare contingenti simbolici, senza mai impegnarsi direttamente in battaglia130.

Ma, considerando il fatto che i bianchi occupavano zone prive di grandi stabilimenti industriali, i rifornimenti militari inviati loro dagli alleati, che comprendevano anche aerei e carri armati, ebbero un impatto notevole sulla capacità dei primi di combattere. I rapporti tra francesi e russi bianchi furono d'altra parte tesi fin dall'inizio: Denikin aveva riposto grandi speranze in loro, sperando che essi avrebbero sostituito i tedeschi in qualità di occupanti delle terre ucraine, permettendo al suo esercito di potersi sviluppare senza temere attacchi nemici da quella direzione grazie alla protezione da essi offerta131. I francesi, invece, si limitarono a far sbarcare un esiguo numero di uomini ad

Odessa e in Crimea, entrando per giunta in trattativa con i nazionalisti ucraini, che i bianchi consideravano dei nemici per via della minaccia da loro recata all'unità nazionale russa.

Per quanto riguarda la sorte dei diplomatici stranieri presenti in Russia durante i fatti rivoluzionari, essi furono trasferiti, per volere dei loro governi, nella cittadina provinciale di Vologda,

all'intersezione della ferrovia Mosca-Archangel'sk con la Transiberiana, un luogo strategico, dal quale sarebbe stato più facile lasciare il paese in caso di pericolo.

A Mosca rimasero soltanto rappresentanze non ufficiali, e i diplomatici occidentali, nel loro isolamento a Vologda, non furono mai in grado di fornire indicazioni precise ai loro governi su quanto stesse realmente accadendo nella capitale. A causa di queste incomprensioni e delle notizie incerte e frammentarie che giungevano nelle capitali europee, alcuni comandanti alleati ebbero modo di prendere iniziative personali che andavano ben oltre le direttive loro imposte dai rispettivi comandi. Il generale inglese Poole, ad esempio, di stanza nell'estremo nord della Russia europea, si impegnò in una serie di operazioni militari su vasta scala volte a creare nella zona un'ampia e solida testa di ponte, mentre gli ordini erano solamente di difendere i depositi di materiale bellico di fabbricazione alleata inviati in quell'area durante la guerra per rifornire le forze armate russe, ora minacciati dai tedeschi e dai finlandesi antibolscevichi132. L'offensiva di Poole, destinata comunque

al fallimento, date le enormi distanze e le infrastrutture carenti offerte da un un territorio selvaggio e

128 Lincoln, ivi, pagg. 79-80 129 Lincoln, ivi, pagg. 82-83 130 Kenez, cit., pag. 180 131 Kenez, ivi, pag. 182 132 Lincoln, cit., pag. 155

disabitato, non avrebbe potuto arrecare pericoli consistenti per l'entroterra sovietico.

Agli sbarchi alleati non doveva seguire un'offensiva, essendo il loro scopo puramente difensivo. Consapevoli di non correre rischi consistenti da nord, i bolscevichi posizionarono, a difesa del vasto fronte settentrionale, una forza di soli novemila uomini.

Al di là delle ambizioni proprie di ogni singola potenza che prese parte alle operazioni, gli sbarchi alleati in Russia non furono parte, come i bolscevichi temevano, di un piano ben preciso e

articolato, di una vera e propria crociata imperialista della borghesia internazionale ai danni della Russia rivoluzionaria133. Gli alleati, alle prese con problemi interni di ordine pubblico dovuti ai

rispettivi sforzi bellici, e in guerra con una Germania non ancora sconfitta, avevano problemi più impellenti a cui pensare: essi intervennero su suolo russo non tanto in funzione antisocialista, per sopprimere sul nascere l'esperimento bolscevico, ma per evitare che gli imperi centrali, in quella situazione di totale caos, potessero approfittare della debolezza del paese per estrarne risorse e materie prime vitali per le loro industrie belliche.

Quando la sconfitta austro-tedesca rese vana la motivazione dell'intervento in funzione antigermanica, gli alleati decisero di prolungare il loro impegno in Russia perchè colpiti dalla brutalità del terrore rosso, ma anche a causa degli impegni presi con i rappresentanti delle forze antibolsceviche, che rendevano moralmente difficile un loro improvviso disimpegno134.

Liberatisi dall'intenso sforzo bellico contro gli imperi centrali, gli alleati furono anzi liberi di fornire una quantità ancora maggiore di truppe, armi, munizioni e crediti ai loro alleati in Russia.

Ritiratesi le armate tedesche, gli alleati ebbero modo di impiegare le proprie forze anche nell'area del Mar Baltico, pericolosamente vicina ad obbiettivi di primaria importanza, a cominciare da Pietrogrado. Già durante l'occupazione tedesca, in Estonia e Finlandia i bolscevichi locali erano stati sconfitti, e nuclei di politici e militari bianchi avevano potuto trovarvi rifugio.

In seguito, anche la flotta inglese fu libera di trasportare le proprie navi nella zona, minacciando la base navale di Kronštadt, la principale difesa di Pietrogrado dal mare.