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Costituzione e giudizio di appello: una estraneità soltanto apparente.

Riflessioni su un grado di giudizio ancorato alla tradizione e assiologicamente necessario

4. Costituzione e giudizio di appello: una estraneità soltanto apparente.

Nell’ambito dei principi costituzionali introdotti mediante la l. cost. 23 no- vembre 1999, n. 2, e con particolare riferimento al processo penale85, la pre-

visione contenuta nell’art. 111, co. 4 Cost., sebbene sintetizzi un principio del quale «si possono fornire interpretazioni contrastanti, a seconda che si ritenga – o meno – di valorizzare – ed in quale grado – nel corso del dibattimento, le

84 Così scella, La formazione in contraddittorio del fascicolo per il dibattimento, in Il proces-

so penale dopo la riforma del giudice unico, a cura di Peroni, Padova, 2000, 421, il quale, correttamente, individua la ratio dell’innovazione legislativa nell’esigenza di «scongiurare il pericolo che la documentazione spuria possa comunque esercitare un’influenza di ordine psicologico sul convincimento giudiziale», frustrando «la ratio sottesa dall’intero sistema del doppio fascicolo». V. negli stessi termini, brOnzO, Il fascicolo per il dibattimento, cit., 31.

85 «È al processo penale» – fa notare giOsTra, Analisi e prospettive di un modello probatorio

incompiuto, in Quest. giust., 2001, 1130 – «che il riformatore costituzionale ha dedicato – pur- troppo, verrebbe quasi da dire – le sue maggiori attenzioni, con l’encomiabile intendimento di assicurarvi il più alto tasso dialettico e con il deprecabile risultato di una normativa disor- dinata e ambigua»

dichiarazioni rese dal teste nella fase delle indagini preliminari»86, costituisce

un enunciato intorno al quale si sono addensate le più profonde riflessioni, trat- tandosi di una norma dotata di notevole risalto sul piano della civiltà giuridica e di ineccepibile, sebbene in qualche maniera generativa di forzature sistema- tiche, collocazione nel quadro costituzionale87.

L’inserimento dei principi del “giusto processo” nel testo costituzionale, complessivamente inteso e globalmente interpretato, ha rappresentato la tappa fondamentale del percorso di recupero dei connotati propri del sistema pro- cessuale voluto dal legislatore della riforma codicistica del 198888, avendo la

sua più inconfondibile ragione d’essere «nel proposito di recuperare e conso- lidare, con la forza del rango costituzionale, quel diritto delle prove penali cui il legislatore del 1989 aveva già dato vita, suscitando peraltro le reazioni della cultura inquisitoria di gran parte della magistratura italiana, con i conseguenti interventi demolitori della Corte costituzionale»89.

L’intento è stato quello di rendere effettivo nel nostro ordinamento ed in re- lazione ad un sistema di accertamento che la Costituzione esige sia ancorato ad un principio di stretta legalità90 il nucleo essenziale delle garanzie previste dalla

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, anche se nessuno ha mai negato – da qui la forzatura del quadro sistematico di cui si parlava poco sopra – il rapporto di stretta consequenzialità, anche cronologica, che lega la riforma costituzionale alla pronuncia della Corte

86 espOsiTO, L’accertamento dell’inquinamento della prova testimoniale: art. 500, comma 4,

c.p.p., in Il «doppio binario» nell’accertamento dei fatti di mafia, a cura di bargi, Torino, 2013,

697. Sulla disposizione costituzionale v., in particolare, i fondamentali contributi di TOnini, Il

contraddittorio: diritto individuale e metodo di accertamento, in Dir. pen. proc., 2000, 10, 1388; cOnTi, Le due “anime” del contraddittorio nel nuovo art. 111 Cost., in Dir. pen. proc., 2000, 2,

197.

87 grevi, Dichiarazioni dell’imputato su fatto altrui, facoltà di non rispondere e garanzia del

contraddittorio, in Studi in ricordo di Giandomenico Pisapia, II, Milano, 2000, 359. Infatti, come rileva giOsTra, Contraddittorio (Diritto processuale penale), in Enc. giur., VIII., 5, la strutturazio-

ne in forma dialettica del processo non può essere relegata nel campo delle opzioni di ca- rattere meramente tecnico. L’accoglimento del principio del contraddittorio è soprattutto una scelta di civiltà. Evidenzia come il principio del contraddittorio abbia subito, per effetto della riforma costituzionale, un «evidente salto di qualità», siracusanO, Contestazione al testimone e

«provata condotta illecita»: un difficile banco di prova per la tenuta del principio del contradditto- rio nella formazione della prova, in Cass. pen., 2006, 2611.

88 Fa notare, infatti, chiavariO, Giusto processo (processo penale), in Enc. giur., XV, 2, come di

“giusto processo” si parlava già ben da prima della riforma costituzionale del 1999. Per un’a- nalisi del quadro nel cui ambito è “calata” la riforma v., in particolare, Mele, L’art. 111 della

Costituzione: riscoperta del codice 1989, in Cass. pen., 2001, 2193.

89 aMOdiO, La procedura penale dal rito inquisitorio al giusto processo, in Cass. pen., 2003, 422. 90 Come rileva TOnini, “Giusto processo”: riemerge l’iniziativa del Parlamento, in Dir. pen. proc.,

2000, 2, 137, il legislatore ha inteso affermare un principio di legalità processuale omologo a quello che vale nel diritto penale sostanziale.

costituzionale del 2 novembre 1998, n. 36191, valutata alla stregua di un atto

incompatibile92 con la discrezionalità manifestata attraverso le scelte (non a

caso, sotto diversi e fondamentali profili, dotate di un carattere compensativo) operate con la l. 7 agosto 1997, n. 267 e da cui è scaturito, insieme ad un ven- taglio ampio di polemiche93, un «impeto reattivo del legislatore [che] giun[s]e

fino alla presentazione di quello che appar[ve] come un progetto di “revisione costituzionale-sanzione”, teso a proclamare, nello stesso art. 136 Cost., che alla Corte sono consentite solo pronunce di accoglimento o di rigetto “secche”, ed è invece impedita qualsiasi operazione manipolativa sulle disposizioni legislative oggetto del controllo»94.

La genesi in qualche modo “reattiva” – una reazione a caldo, è stato det- to95 – della riforma costituzionale costituisce il dato sintomatico di una visione

riformistica in fondo poco interessata agli aspetti della procedura – penale so- prattutto, ma non soltanto, stante la presenza nell’ambito dell’art. 111 Cost. di norme riferibili a qualsiasi tipologia di processo – diversi da quelli afferenti alla metodologia dell’accertamento ed alle regole di formazione della prova.

Il legislatore costituzionale, in altre e più povere parole, era troppo attento a chiudere definitivamente la partita aperta dalla Corte costituzionale con l’ela- borazione del drammaticamente famigerato principio di non dispersione della

91 Esso è sottolineato, tra i tanti, da spangher, Il «giusto processo» penale, in Studium iuris,

2000, 255. Ma v., anche, cOnTi, Le due “anime” del contraddittorio, cit., 197. Secondo grevi,

Dichiarazioni dell’imputato su fatto altrui, diritto al silenzio e garanzia del contraddittorio, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, 842, la circostanza è «sintomatica di un orientamento politico diretto a contrastare “a caldo” più che ad integrare od a razionalizzare all’interno del sistema, l’im- postazione e le affermazioni fatte proprie dalla Corte».

92 Parla apertamente di giurisprudenza costituzionale “eversiva” delle scelte operate dal

legislatore ordinario, Mazza, Il garantismo al tempo del giusto processo, Milano, 2011, 4.

93 Ritenute “sorprendenti” da grevi, Dichiarazioni dell’imputato su fatto altrui, facoltà di non

rispondere e garanzia del contraddittorio, cit., 328, perché «sembrano ignorare quale sia il compito primario della Corte costituzionale, in quanto “giudice della legittimità delle leggi”, ed attraverso quali vie tale compito sia stato finora svolto, anche facendo leva sullo strumento delle sentenze “additive”, peraltro sempre entro il quadro di riferimento dei principi costitu- zionali applicati».

94 zanOn, La Corte, il legislatore ordinario e quello di revisione, ovvero del diritto all’«ultima

parola» al cospetto delle decisioni d’incostituzionalità, in Giur. cost., 1998, 3169. Rileva, in re- lazione all’art. 111 Cost., garOFOli, Giudizio, regole e giusto processo. I tormentati itinerari della

cognizione penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 520, come «[l]a rapidità con la quale è stato confezionato – quasi fulminea, trattandosi di riforma costituzionale – è causa di un certo pressappochismo linguistico». Critico rispetto alla metodologia seguita dal legislatore costitu- zionale, inoltre, grevi, Ancora e sempre alla ricerca del processo giusto, in Leg. pen., 2001, 478,

il quale osserva come «una riforma fondamentale per il presente e per il futuro del processo penale come quella all’art. 111 Cost. è stata approvata nel giro di pochi mesi senza alcun ap- profondito dibattito nei luoghi tradizionali della cultura giuridica, ma semmai sotto la spinta di condizionamenti politici, oltre che di influenze corporative provenienti dal mondo forense».

prova – esso, come è stato rimarcato, venne «forgia[to] dal nulla»96 dalla Corte

costituzionale in forza di una concezione assolutistica della verità quale oggetto dell’accertamento processuale97 e di una visione eccentrica del principio del

libero convincimento del giudice98, ed ha costituito «lo strumento con cui si è

agito sul livello primario del processo penale, quello della prova, determinan- dovi una mutazione che l’ha fatto regredire a moduli che il legislatore aveva consegnato al passato»99 – per potersi occupare, ancorché semplicemente a

livello di principio, di profili processuali e di elementi di sistema diversi da quelli platealmente chiamati in causa dall’inatteso stravolgimento delle regole formative della prova.

È difficile condividere, allora, l’affermazione proveniente da attentissima dottrina e secondo la quale «la circostanza che il “nuovo” legislatore costituzio- nale non abbia in alcun modo ritenuto di emendare le previsioni che la Carta fondamentale dedica all’unico rimedio impugnatorio ivi previsto – e la circo- stanza, anzi, che quel tema non risulti esser stato preso in alcuna considerazio- ne neppure nei lavori preparatori della novella – sembra logicamente denotare qualcosa in più del semplice “disinteresse” costituzionale per l’appello»100.

Ragione per cui dalla complessiva strutturazione dell’art. 111 Cost. sem- brerebbe potersi dedurre, seguendo l’impostazione alla quale si sta facendo soltanto un rapido cenno, l’opzione costituzionale «di una “attenzione” massi- ma per il giudizio di primo grado, rispetto al quale si (ri)propone, come unico rimedio, il giudizio di legittimità davanti alla Corte di cassazione […]. Tutto il resto – e quindi anche l’appello – non soltanto fuoriesce con chiarezza dal tessuto costituzionale, ma ne resta, a ben guardare, in qualche misura logica- mente compromesso»101.

D’altra parte, già i costituenti – i quali, nell’ambito dell’art. 24, co. 2 Cost. prefigurano, in linea con una visione generale dell’impalcatura del sistema del- le impugnazioni abbastanza delineata e generalmente condivisa, un giudizio

96 Mazza, Il garantismo, cit., 5. Riteneva invece fuori discussione la presenza del principio di

non dispersione nell’ambito del nuovo modello processuale, alla luce dei principi enunciati dagli artt. 25, 101 e 112 Cost., zaza, Prime riflessioni sulla sentenza costituzionale n. 255 del

1992, in Giust. pen., 1992, I, 243.

97 Sintetizza bene la relazione di derivazione del principio di non dispersione della prova

dalla concezione della verità reale quale fine dell’accertamento processuale, zaza, Prime ri-

flessioni, cit., 243.

98 Come rileva nObili, Storie di un’illustre formula: il “libero convincimento” negli ultimi

trent’anni, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003, 71, «fu in nome di quel principio e dei nuovi corsi complessivi che venne chiesta e ottenuta la testa di un codice varato dal potere parlamentare unanime».

99 dOMiniOni, Un nuovo idolum theatri: il principio di non dispersione probatoria, in Riv. it. dir.

proc. pen., 1997, 738.

100 gaeTa, Macchia, L’appello, cit., 279. V., per un simile ordine di rilievi, Macchia, I “nuovi”

limiti all’appello, cit., 277.

articolata in “stati” e “gradi”102 – si posero il problema della previsione in ambi-

to costituzionale dell’appello come rimedio impugnatorio avverso le sentenze penali che infliggessero pene detentive, fatte salve le limitazioni poste dalla legge per i giudizi di lieve entità, ma la proposta venne rigettata in quanto, riferendosi ad una specifica tipologia di sentenze, avrebbe potuto fare desu- mere una implicita esclusione per tutte le altre, dandosi così luogo ad un esito ricostruttivo del sistema delle impugnazioni che sarebbe stato «l’opposto del pensiero della Commissione»103.

Allo stesso modo, l’originaria formulazione dell’art. 111, co. 7 Cost. propo- sta in Assemblea Costituente – compendiante la previsione della ricorribilità in cassazione “secondo le norme di legge”, formula da intendersi nel senso che la legge avrebbe dovuto “attuare” le garanzie che la Costituzione ha voluto assi- curare – era stata congegnata al fine di prevenire interpretazioni le quali, prefi- gurando un regime di generalizzata ricorribilità diretta in cassazione avverso le decisioni dei giudici di primo grado, potessero giungere a ritenere abrogato il rimedio intermedio e preliminare dell’appello: «una siffatta volontà abrogatrice di norme vigenti» – si fa notare – «non risulta neppure affacciata nel corso della discussione all’Assemblea Costituente»104.

E dunque, se il silenzio della Costituzione denota un approccio rispetto al mantenimento del giudizio di appello tutt’altro che disinteressato e neutro, e se quello del legislatore della riforma costituzionale è, sebbene oggettivamente innegabile se ci si limita a guardare all’impianto normativo del nuovo enuncia- to, storicamente spiegabile alla luce degli obiettivi che ne ha connotato (e circo- scritto, purtroppo!) l’azione105, merita qualche approfondimento in più la lettura

sincronica dell’insieme di valori che orientano la funzionalità del processo in tutti i segmenti che ne delineano la dinamica, al fine di verificare se davvero l’istituto del giudizio d’appello costituisca un extraneus rispetto ad essi.

Orbene, la complessità della norma costituzionale – un giustificatissimo (alla luce dell’esperienza pregressa) miscuglio di principi generali, di regole ed ec- cezioni strutturato in tempi brevissimi, senza un approfondito e diffuso dibat- tito – non poteva non generare perplessità interpretative sotto diversi profili, a partire da quello concernente il significato da attribuire all’espressione “giusto

102 Lo rimarca, pur non attribuendo al dato normativo valore decisivo al fine di configurare

la costituzionalizzazione del doppio grado di giudizio, pisani, Durata ragionevole del processo

penale, cit., 3.

103 FalzOne, palerMO, cOsenTinO, La Costituzione della Repubblica italiana illustrata con i lavori

preparatori, Roma, Colombo, 1948, 207.

104 FalzOne, palerMO, cOsenTinO, La Costituzione della Repubblica italiana, cit., 207.

105 Emblematica, ancora una volta, l’osservazione critica di grevi, Ancora e sempre alla ricerca

processo”106: concetto limite107 mediante il quale il legislatore costituzionale ha

inteso aggettivare, denotandone politicamente le caratteristiche, l’insostituibile strumento di esercizio della giurisdizione.

«Come accade per tutte le più solenni proclamazioni del moderno costitu- zionalismo» – è stato osservato in relazione alla formula normativa, la quale, come già detto, sul piano politico sintetizza una chiara visione del fenomeno così qualificato – «alla notevole portata evocativa si accompagna una qualche vaghezza»108.

Accanto ad una posizione meramente retorica, secondo cui il riferimento normativo implicherebbe semplicemente un giudizio negativo sui punti quali- ficanti dell’allora vigente modello processuale così come rivisti dall’azione de- molitoria della Corte costituzionale109, e ad un indirizzo esegetico secondo cui

la nozione si risolverebbe semplicemente nel richiamo ai principi espressamen- te sanciti dall’art. 111 Cost.110, si è progressivamente affermata nel panorama

dottrinale una terza concezione, la quale, muovendo dall’idea che il principio del “giusto processo” ha una valenza relazionale e sistemica, individua nell’e- spressione costituzionale «una formula in cui si coordinano e si integrano in un sistema coerente e ragionevole tutte le diverse garanzie che attengono all’eser- cizio della funzione giurisdizionale, evitando il pericolo di una interpretazione atomistica ed assolutizzante di ciascuna di esse, e promuovendone, invece, una applicazione che tenga conto di tutte le loro interazioni, del risultato comples-

106 Formula che già si rinviene in pisapia, Appunti di procedura penale, I, Milano, 1971, 17.

V., per un richiamo ad essa ed a chi l’ha introdotta nel vocabolario giuridico, giunchedi, La

tutela dei diritti umani nel processo penale, Padova, 2007, 7. Fa notare Buzzelli, Giusto proces- so, cit., 343, come «[g]iusto processo e processo giusto non sono proprio la medesima cosa. Già il posto assegnato all’aggettivo, messo prima oppure fatto seguire al nome, ha un senso particolare, ed è sintomo di vivacità del tema che, in fondo, non può essere compreso se non misurando costantemente l’eventuale scarto tra teoria e quotidiane prassi giudiziarie».

107 spangher, Il «giusto processo» penale, cit., 256, secondo il quale quello di giusto processo è

un concetto destinato a concretizzarsi nel tempo, rappresentando un orizzonte mai raggiunto né raggiungibile: «In altri termini, si tratta di una tensione verso la previsione di disposizioni sorrette da finalità di garanzia nella scelta delle diverse soluzioni processualmente possibili».

108 TOnini, cOnTi, Il diritto delle prove penali, cit., 21.

109 Ritiene il concetto di “giusto processo” uno slogan, piuttosto che un’espressione giuri-

dicamente qualificabile in maniera compiuta, garOFOli, Giudizio, regole e giusto processo, cit.,

520. Secondo giunchedi, La tutela dei diritti, cit., 7, ogniqualvolta si parla di giusto processo,

«si evocano ideali che proprio per la terminologia utilizzata appaiono più un quid a cui aspi- rare, anche per il continuo divenire dei modelli processuali, mai al passo con tempi, prassi ed esigenze concrete che, spesso, collidono con il modello di riferimento».

110 In passato, osserva chiavariO, Giusto processo, cit., 2, la stessa Corte costituzionale ha fatto

uso dell’espressione, soprattutto per individuarvi una formula riassuntiva del quadro com- plessivo dei principi già consacrati nel testo originario della Costituzione con riferimento alla giurisdizione, all’azione, al diritto di difesa. Lo stesso richiamo, riferito a C. cost., 24 aprile 1996, n. 131, è contenuto in TOnini, cOnTi, Il diritto delle prove penali, cit., 22, nt. 16.

sivo che si ottiene, e dell’esigenza di tutelare i diritti inviolabili di tutte le parti coinvolte nel giudizio»111.

Seguendo questa prospettiva – ha osservato la dottrina – la formula “giusto processo” assume un autonomo significato precettivo, costituendo il criterio di fondo sia per operare il contemperamento ed il bilanciamento tra i valori costi- tuzionali richiamati dall’art. 111 Cost.112, sia per salvaguardare globalmente ed

espandere le prerogative processuali proprie di ciascuna parte con lo sguardo rivolto alle istanze di equità processuale, anche di matrice sovranazionale e comunitaria, consone alla realizzazione dell’ideale di giustizia.

«In tale ottica» – dunque – «una clausola così generale pare rendere aperto e non tassativo l’elenco dei diritti e delle garanzie sanciti nei commi successivi, riproponendo un approccio non dissimile alla nota querelle che concerne il rapporto tra la nozione di “diritti inviolabili” sancita dall’art. 2 Cost. e il catalogo delle istanze individuali espressamente riconosciute dalla Costituzione»113.

La lettura della norma costituzionale ha fin dall’inizio risentito dei contenuti del dibattito che ne ha segnato la genesi, ragione per cui l’attenzione è stata costantemente attratta dal principio generale del contraddittorio in materia di formazione della prova penale, principio sancito dall’art. 111, co. 4 Cost. e che esprime una precisa regola di esclusione probatoria, per effetto della quale i dati conoscitivi formati al di fuori del contraddittorio non possono costituire, qualunque sia la parte dalla quale provengono, prova nell’ambito del processo penale114.

111 balsaMO, L’inserimento nella Carta costituzionale dei principi del “giusto processo” e la valen-

za probatoria delle contestazioni dibattimentali, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, 471; ceccheTTi, I

principi del “giusto processo” nel nuovo art. 111 della Costituzione. Origini e contenuti normativi generali, in Giusto processo, Nuove norme sulla formazione e valutazione della prova, a cura di TOnini, Padova, 2001, 70; de carO, Procedimento probatorio, in Dig. disc. pen., Agg. VIII, 537,

per il quale il giusto processo rappresenta «un metodo legale di accertamento efficiente a forma triadica – actum trium persona rum, actoris, rei, iudicis – al cui epilogo è posta la deci- sione giusta, assunta, cioè, da un giudice indipendente, terzo e imparziale, coerente con gli elementi acquisiti legalmente». Secondo TOnini, La prova penale, Padova, 2000, 8, l’espressio-

ne «giusto processo» si riferisce ad un concetto ideale di giustizia che preesiste rispetto alla legge e che è direttamente collegato a quei diritti inviolabili di tutte le persone coinvolte nel processo che lo Stato, in base all’art. 2 Cost., si impegna a riconoscere.

112 balsaMO, L’inserimento nella Carta costituzionale dei principi del “giusto processo”, cit., 473. 113 TOnini, cOnTi, Il diritto delle prove penali, cit., 22. Ma v., altresì, cOnTi, L’imputato nel proce-

dimento connesso. Diritto al silenzio e obbligo di verità, Padova, 2003, 94, ove si evidenzia che «la locuzione allude ad un concetto ideale di Giustizia, che preesiste rispetto alla legge ed è direttamente collegato ai diritti inviolabili di tutte le persone coinvolte nel processo».

114 Ferrua, La regola d’oro del processo accusatorio: l’irrilevanza probatoria delle contestazioni,

in Il giusto processo tra contraddittorio e diritto al silenzio, a cura di KOsTOris, Torino, 2002, 7.

bargis, Art. 16, L. 1° marzo 2001 n. 63, in Leg. pen., 2002, 280, sottolinea, altresì, come la nor-

ma abbia demolito la “nefasta antitesi” tra ricerca della verità e contraddittorio alla base della sentenza costituzionale n. 255 del 1992. Contra, invece, balsaMO, L’istruttoria dibattimentale

Ma il principio plasma di sé una realtà ben più ampia dal momento che nel