Tra esigenze di giustizia sostanziale, unificazione del diritto e razionalità
2. Profili della funzione nomofilattica e ruolo delle Sezioni unite.
L’esame dei lavori preparatori del codice di procedura penale attuale è ol- tremodo illuminante rispetto ai diversi motivi di perplessità che, emersi già in tutte le discussioni ottocentesche e riversatisi nell’aula dell’Assemblea Costi- tuente, in quel frangente storico riguardavano il ruolo da assegnare alla Corte di cassazione, sospesa come era tra giudice di terza istanza14 e soggetto esclu-
sivamente titolare di una effettiva funzione nomofilattica.
12 Come nota, infatti, capOne, “La Corte di cassazione non giudica nel merito”. Nuovi sviluppi
di un antico adagio, in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, 1629, «il continuo slittamento dei confini tra “legittimità” e “merito” consente alla Corte, pur mettendosi al riparo da eventuali accuse di arbitrarietà, di adottare concrete scelte di politica giudiziaria che a volte comportano una diversa estensione dei propri poteri».
13 Quando la Corte di cassazione esige un dovere di motivazione rafforzata in tema di rin-
novazione dibattimentale in grado di appello, per esempio, impone al giudice di argomentare circa la configurabilità dell’apprezzamento diverso da quello del primo giudice come l’unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadegua- tezze probatorie che abbiano minato la permanente stabilità del primo giudizio. È la stessa Corte, come già detto, a delineare i casi in cui siffatto obbligo deve connotare il provvedimen- to giudiziale, secondo valutazioni fondate su giudizi di valore.
14 La verticalizzazione del sistema, rileva in relazione all’impalcatura del pensiero illumini-
sta, iacOviellO, Giudizio di cassazione, cit., 628, «creava giudici di terza istanza troppo potenti
e fatalmente indocili al morso della legge». D’altra parte, non manca di osservare KOsTOris, Le
impugnazioni penali, travagliato terreno alla ricerca di nuovi equilibri, cit., 916, l’interrogativo circa il ruolo della Suprema Corte – giudice di legittimità o terza istanza – ricorre ciclicamente nella storia della Cassazione.
La riflessione era anche orfana di qualsiasi linea direttrice che la legge di de- lega soltanto avrebbe potuto fornire, essendo il legislatore delegante rimasto, sul tema, «sostanzialmente muto»15, per cui traspare dai lavori preparatori, ed
in maniera chiarissima, il proposito di non assumere una posizione limpida sul tema, quest’ultimo giudicato «privo di giustificazione teorica, considerato che la disciplina del ricorso per cassazione non può non riflettere l’opzione di fondo sul ruolo e sui compiti della Corte»16.
Non v’è dubbio, però, che quella della Corte Suprema costituisca una funzio- ne certamente indefettibile e primaria17, ma anche originale, la quale si iden-
tifica con la parte più significativa ed elevata dell’interpretazione giudiziaria, quella cioè che muove dal caso singolo per prescindervi subito dopo seguendo un itinerario che guarda alla proposizione normativa come contenitore di una norma generale ed astratta18.
Siffatto percorso non pone, come già detto, la Corte al di fuori dell’ordina- mento giudiziario ma, al pari degli altri giudici, essa si pronuncia in occasione di un concreto contenzioso (civile o) penale, attraverso lo strumento funzionale costituito dal ricorso per cassazione e, dunque, collocandosi come protagonista indiscusso nell’ambito del sistema processuale delle impugnazioni19.
15 cOnsO, grevi, neppi MOdOna, Il nuovo cpp. Dalle leggi delega ai decreti delegati, IV, Il progetto
preliminare del 1988, Padova, 1990, 1317. Il silenzio è stato interpretato dal legislatore dele- gato, e la relazione al progetto preliminare lo enuncia chiaramente, come significante l’asse- gnazione di un compito «di ridisegnare il ricorso in modo da eliminare i difetti attualmente riscontrati senza però mutare radicalmente i connotati dell’attuale sistema». Si tratta di una chiave di lettura criticata da bargi, Il ricorso per cassazione, in Le impugnazioni penali, diretto
da gaiTO, II, Torino, 1988, 450.
16 bargi, Il ricorso per cassazione, cit., 450, nt. 4. Nel corso dei lavori preparatori, però, non
sono mancate valutazioni delle poche modifiche apportate al giudizio di cassazione come «significative perché anticipano quelle linee di rinnovamento che da più parti si invocano per restituire al Supremo Collegio quella funzione nomofilattica che le è propria». V., infatti, il parere del Corte d’appello di Bologna, in cOnsO, grevi, neppi MOdOna, Il nuovo cpp, cit., 1319.
17 Durante i lavori preparatori era diffusa, comunque, l’esigenza di restituire alla Corte
di cassazione la funzione di garanzia oggettiva diretta ad assicurare l’esatta ed uniforme interpretazione della legge. Addirittura era stata prospettata dalla Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli studi di Firenze, al fine di ridurre il numero dei ricorsi, l’idea di anticipare alla sentenza d’appello la definitività della pronuncia di condanna, sganciando questa dalla nozione di irrevocabilità. V., sul punto, cOnsO, grevi, neppi MOdOna, Il nuovo cpp, cit., 1320.
Mette in rilievo la prospettiva seguita dal legislatore, altresì, bargi, Il ricorso per cassazione,
cit., 468.
18 Come insegna Falzea, Voci di teoria generale del diritto, Ed. III, Milano, 1985, 308, la nor-
ma è parte del sistema sostanziale e non del sistema formale, laddove «il sistema formale è l’insieme dei segni linguistici, cioè l’apparato documentale delle leggi e dei codici, mentre il sistema sostanziale è il corrispondente insieme di significati e valori». Ragione per cui la norma, in quanto si distingue dall’articolo di legge, non è un dato sensibile, non è la forma linguistica esteriore di un segno o di un insieme di segni, ma è il significato non sensibile di certi segni linguistici.
La Corte di cassazione è, infatti, innanzitutto organo (giudice) di giustizia e la processualizzazione dell’accesso al giudizio di legittimità è sintomatico di una visione (che si tratti di volontà legislativa è forse dire troppo) che non contrappone l’una funzione all’altra – cioè: giustizia contro nomofilachia – ma compenetra entrambe in maniera tale che l’interpretazione diviene strumento, allo stesso tempo, della giustizia del caso singolo e di conformazione dell’ordi- namento complessivo20.
Il sistema delle impugnazioni – lo si è visto, così come si è, anche, detto con quali limiti può lavorare l’elaborazione intorno a certe tematiche concettual- mente poliedriche – è lo strumento attraverso il quale viene perseguito l’obiet- tivo di realizzare il valore fondamentale costituito dalla giustizia della decisione giurisdizionale.
Il mezzo di impugnazione è, in altre parole, la figura giuridico-processuale mediante la quale il legislatore tende a trasformare, attraverso l’attività inter- pretativa, la giustizia del caso singolo (tutela dei diritti soggettivi) in principio giurisprudenziale (conformazione dell’ordinamento giuridico)21, con un esame
della controversia limitato al suo aspetto de iure, l’unico che appare rilevante ai fini generali che sono assegnati all’organo di nomofilachia22.
Il legame che intercorre tra la funzione di uniformazione dell’interpretazione ed i valori fondamentali dell’uguaglianza di trattamento dei cittadini di fronte alla legge e della certezza del diritto – legame che ha portato la Corte Suprema a statuire che la nomofilachia è diretta espressione del principio sancito dall’art. 3 Cost.23 – ha notevoli proiezioni sul versante istituzionale.
Difatti, l’art. 65, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 attribuisce la funzione nomofi- lattica ad un’entità unitariamente concepita a livello costituzionale ma struttu-
20 Si può v., a tale proposito, l’analisi di bargi, Il ricorso per cassazione, cit., 471.
21 «Il propellente che ha mosso il continuo cambiamento della Cassazione» – osserva ia-
cOviellO, Giudizio di cassazione, cit., 627 – «è la difficile convivenza tra ius costitutionis e ius
litigatoris. Lo ius costitutionis riguarda l’esistenza e il significato della legge in astratto. Lo ius litigatoris riguarda la ricostruzione del fatto e l’applicazione della legge al fatto così ricostru- ito».
22 Come insegnava MOrO, Lezioni di Istituzioni di diritto e procedura penale (tenute nella Fa-
coltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma), raccolte e curate da TriTTO, Bari,
2005, 3125nel sistema della giurisdizione e, possiamo dire, nel sistema della interpretazione esistono tre gradi di giurisdizione; cioè esistono tre giudici che, di volta in volta, esaminano il diritto per definire – tanto è importante questa acquisizione, tanto è importante la posta in gioco – per definire qual è il diritto da applicare>». Ma, come rileva bargi, Il ricorso per cassa-
zione, cit., 472, «il riferimento al modello di processo delineato dalla Costituzione “materiale” e dalle Convenzioni internazionali […] avrebbe evidenziato la necessità di “storicizzare” il concetto stesso di nomofilachia in correlazione al mutato “modo d’essere” del rapporto (intel- lettuale, culturale, epistemologico) fra il giudice e la legge e dello stesso modo di essere della legge».
23 Cass. pen., Sez. III, 23 febbraio 1994, n. 7455. Di recente, la diretta correlazione esistente
tra l’uniforme interpretazione del diritto e il principio di eguaglianza è stata ribadita, in ma- niera autorevole, da Cass. pen., Sez. un., 24 novembre 2016, Amato.
rata in sezioni a livello organizzativo-ordinamentale, di talché l’esercizio della funzione di uniformazione del diritto si ripartisce tra compagini decisorie diver- sificate all’interno della Corte medesima.
Essendovi decisioni in contrasto, diviene – per quanto già detto – fondamen- tale (talvolta, però, non risolutivo) l’intervento delle Sezioni unite per mettere fine ad una situazione di incertezza interpretativa e la decisione costituisce una sorta di annuncio implicito di giurisprudenza futura determinante affidamento per gli utenti della giustizia in generale e per il cittadino in particolare: in tale ipotesi la funzione nomofilattica acquisisce un peso dominante e dei risultati ermeneutici conseguiti le sezioni semplici devono (rectius: dovrebbero) pren- derne atto allorché siano chiamate ad affrontare analoghe questioni24.
L’unificazione dell’interpretazione – ossia la scelta, tra diverse soluzioni in- terpretative, di quella maggiormente persuasiva – concorre così a realizzare l’unità del diritto oggettivo nazionale, la quale sarebbe compromessa dalla per- sistenza di situazioni di contrasto interpretativo.
Ovviamente, le istanze di uniformità dell’interpretazione non possono risol- versi nell’immobilismo giurisprudenziale, per cui i meccanismi di trattazione dei ricorsi per cassazione devono essere calibrati in modo tale da fare sì che l’u- niformità interpretativa si sviluppi in maniera dinamica, tenendo conto dell’e- voluzione e delle esigenze della comunità di riferimento oltre che dell’influenza prodotta dall’intersecarsi dell’ordinamento nazionale con i sistemi normativi sovranazionali25.
Ne consegue, e lo ha messo in evidenza la Suprema Corte, che «una sen- tenza la quale determini un overruling per avere effettivamente tale ambizione e per poter incidere sulle valutazioni interpretative del giudice di merito, deve avere il carattere della consapevolezza dell’intenzione del mutamento della giurisprudenza e deve essere sostenuta da un tessuto argomentativo della mo- tivazione rafforzato rispetto al precedente e caratterizzato da esaustiva persua- sività»26.
Da sempre al centro di inestricabili problematiche, cui sono sottese esigenze diverse e non sempre conciliabili tra loro e intorno alle quali si snoda l’effetti- vità della funzione nomofilattica della Corte – l’aspirazione all’uniformità degli
24 Cass. pen., Sez. III, 23 febbraio 1994, n. 7455. Nonché, proprio di recente ed in termini
identici, Cass. pen., Sez. un., 24 novembre 2016, Amato.
25 «L’ordinamento giuridico è […] innanzi tutto, composizione di “elementi” in “insieme”
o in “sistema” al fine di realizzare un suo “ordine” [ma] [n]on esiste […] propriamente ordi- namento giuridico bensì si danno tanti ordinamenti, quanti sono i gruppi o le classi sociali che costituiscono la trama della società complessiva [e che] questi ordinamenti possono poi manifestarsi in modo tendenziale e incompiuto, interferire con altri ordinamenti in fieri o già compiuti e sistemati, possono rappresentare il turbamento per altri “ordini”». Diceva MOrO,
Lezioni di Istituzioni di diritto e procedura penale, cit., 318, che i giudici supremi sono «parte- cipi di quel perenne movimento nelle valutazioni sociali che modifica, nell’interpretazione e nella applicazione, il diritto o, comunque, prepara delle modifiche legislative».
indirizzi interpretativi e l’esigenza di garantire l’autonomia dei singoli giudici, ma anche il desiderio di assicurare certezza e stabilità di orientamenti e la ne- cessità di salvaguardare il valore dell’evoluzione interpretativa – la questione del ruolo delle Sezioni unite è stata oggetto di particolare attenzione alla ricerca di alcuni, sia pur parziali, punti di equilibrio, nella consapevolezza della posi- zione centrale che il sistema delle impugnazioni – attraverso la previsione del ricorso per cassazione, la delimitazione dei relativi casi, il vincolo rispetto ai motivi proposti ed i meccanismi di funzionamento del processo di legittimità – assume in vista dell’assicurazione del principio di uguaglianza.
In particolare modo, la previsione di una pluralità di canali attraverso i quali veicolare i ricorsi alle Sezioni unite si colloca sul versante di un’esigenza forte- mente avvertita e qualificante il sistema (delle impugnazioni, ma non soltanto esso) perché da essa dipende la tenuta di qualsiasi società democratica, quella cioè «che ha più spiccato il senso dei valori della persona, quindi delle ragioni di eguaglianza dei soggetti»27.
Anche perché (anzi, soprattutto perché) «[l]’esperienza quotidiana dimostra che il problema nomofilattico nella sua dimensione più rilevante non si pone più (se mai così s’è posto in precedenza, e se ne dubita) in termini di controllo della decisione del giudice del merito da parte del giudice della legittimità e, quindi, di adeguamento dell’interpretazione a quella data da quest’ultimo, se- condo uno schema di riferimento che, definito in senso pressoché verticistico, individua nella diversificazione interpretativa tra giurisprudenze (di merito e di legittimità) un circolo virtuoso di confronto e, quindi, il motore dell’evoluzione interpretativa entro i limiti della verifica della fondatezza dell’interpretazione diversa da parte dell’organo di giustizia a ciò preposto. Esso, invece, si pone sempre più come problema di sussistenza di divergenze interpretative interne alla stessa giurisprudenza di legittimità, cosicché è proprio lo stesso organo cui è demandata “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge” a risultare impermeabile all’interpretazione da esso data, sovente anche nono- stante l’intervento delle Sezioni Unite»28.
Il problema, come si è già detto, aveva attratto l’attenzione del mondo giu- ridico anche durante la fase elaborativa del nuovo codice, ove la questione (trascurata) del ruolo da assegnare alla Corte di cassazione nel nuovo sistema si intrecciava con la necessità ci coordinare il ruolo nomofilattico delle sezioni semplici con quello delle Sezioni unite.
L’importanza delle tematiche, invero, «emergeva dall’esigenza di assicurare continuità e uniformità di indirizzo alla […] giurisprudenza [della Corte] [in ra- gione del fatto che] anche a causa del numero sempre più elevato di ricorsi, si era fatta in passato evidente l’esistenza di frequenti contrasti giurisprudenziali
27 MOrO, Lezioni di Istituzioni di diritto e procedura penale, cit., 314. 28 FurFarO, Nomofilachia, cit., 336.
fra le varie sezioni o perfino in seno alla stessa sezione, a sopire i quali non sempre risultava efficace l’intervento delle Sezioni Unite»29.
Tra le altre cose, va detto sin da subito che è unanimemente ritenuta inam- missibile un’impugnazione dinanzi alle Sezioni unite avverso una decisione delle sezioni semplici, trattandosi di un organo privo di autonomia istituzionale esterna30, così come costituisce una ovvietà che le prime, una volta investite del
ricorso, devono definire l’intera vicenda processuale e non limitarsi ad affron- tare la questione oggetto di contrasto31.
La soluzione prescelta è stata, in origine, svincolata da rigidi meccanismi di trasmissione dei ricorsi alle Sezioni unite, facendosi evidentemente affidamen- to su uno spirito di condivisione “culturale” del ruolo della Corte Suprema e dei valori che la sua funzione assicura.
Ed allora, con riferimento alla fase degli atti preliminari al giudizio di cas- sazione, l’art. 610, co. 2 c.p.p. prevede che il presidente, su richiesta del pro- curatore generale, dei difensori delle parti o anche d’ufficio, assegna il ricorso alle Sezioni unite quando le questioni proposte sono di speciale importanza o quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni.
Si tratta di un potere gestionale dei ricorsi il cui esercizio, non ancorato a giudizi di convenienza, è comunque vincolato alla ricorrenza di parametri il primo dei quali è stato giustamente ritenuto molto vago32, mentre il secondo
implica comunque una valutazione di “necessità” che conferisce al presidente un’ampia discrezionalità33.
Nelle ipotesi in cui non sia stato esercitato il potere di assegnazione attri- buito al primo presidente della Corte dall’art. 610, co. 2 c.p.p., le Sezioni unite
29 spangher, Suprema Corte di cassazione (ricorso per), in Dig. disc. pen., XIV, 123.
30 Cass. pen., Sez. un., 31 maggio 1991, Catalano. Ma v., anche, Cass. pen., Sez. un., 19
dicembre 1990, Leonardi.
31 Così, nell’ambito di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, Cass. pen., Sez. un., 11
aprile 2006, Sepe, alla luce della considerazione che le Sezioni unite, quantunque composte da magistrati provenienti dalle singole sezioni, costituiscono comunque una sezione alla qua- le il ricorso è assegnato secondo un meccanismo unitario.
32 spangher, La pratica del processo penale, cit., 266. Ma v., altresì, FuMO, Il ricorso per cas-
sazione: procedimento e giudizio, in Procedura penale. Teoria e pratica del processo, a cura di spangher, MarandOla, garuTi, Kalb, IV, Impugnazioni. Esecuzione penale. Rapporti giurisdizionali
con autorità straniere, Milanofiori Assago, 2015, 254, per il quale un uso strumentale di esso potrebbe prestarsi a manovre di sottrazione del ricorso alla sezione tabellarmente competen- te.
33 berTOni, Art. 618, in Commento al nuovo c.p.p., coordinato da chiavariO, VI, Torino, 1991,
278. Sul carattere facoltativo dell’assegnazione ex art. 610, co. 2 c.p.p. non vi sono dubbi in dottrina. V., tra gli altri, apraTi, Le Sezioni unite fra l’esatta applicazione della legge l’uniforme
interpretazione della legge (commi 66-69 l. n. 103/2017), in La riforma della giustizia penale. Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario (L. 103/2017), a cura di MarandOla, bene, Milano, 2017, 277. Secondo bargi, Il ricorso per cassa-
zione, cit., 570, la verifica della ricorrenza di contrasti «si risolve in un’attività di mera consta- tazione, in cui il giudizio valutativo è solo eventuale e residuale».
possono essere investite del ricorso anche a seguito di rimessione ad opera della sezione che abbia proceduto al dibattimento.
In particolare, l’art. 618, co. 1 c.p.p. stabilisce che – durante lo svolgimento del dibattimento, ovvero alla sua conclusione – allorché una sezione della Corte rilevi l’esistenza, o la possibile esistenza, di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla questione di diritto sottoposta al suo esame, su richiesta delle parti o d’ufficio, può con ordinanza34 rimettere il ricorso alle Sezioni unite, le quali
dovranno “sempre” enunciare il principio di diritto sul quale si basa la decisio- ne (art. 173, co. 3 disp. att. c.p.p.)35.
Nonostante lo sforzo interpretativo messo in campo dalla giurisprudenza in tema di overruling per salvaguardare il valore conformativo dei principi di diritto enunciati dalla Sezioni unite, la discrezionalità riconosciuta alle sezioni semplici di rimettere la questione anche in caso di contrasto con una decisione di queste ultime non è, però, apparsa più coerente con un sistema che, pur dotato di un autorevole organo di nomofilachia36, non riesce a porre un limite
al problema dell’incontrollabile proliferazione dei ricorsi e dei contrasti giuri- sprudenziali37.
È noto che in sede di progetto definitivo del nuovo codice processuale era stato inserito un art. 610-bis il quale, vincolando le sezioni semplici al principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite, poneva le stesse nell’alternativa di ri- mettere la questione all’organo supremo di nomofilachia esponendo le ragioni del dissenso.
Altrettanto note sono, però, le valutazioni che portarono la Commissione parlamentare ad esprimere parere negativo a fronte di un’innovazione che, si disse, avrebbe posto per la prima volta, nel nostro ordinamento, il vincolo, sia pure parziale e corretto, del precedente38.
34 La quale, ai sensi dell’art. 125 c.p.p., deve essere motivata: deve indicare, quindi, i ter-
mini del contrasto effettivo o potenziale, esponendo le diverse opzioni interpretative e la provenienza di esse.
35 La norma, evidenzia apraTi, Le Sezioni unite tra l’esatta applicazione della legge e l’unifor-
me interpretazione della legge, cit., 276, ha una portata generale perché, oltre a riguardare i contrasti effetti e potenziali, comprende sia i contrasti interpretativi che sorgono tra le sezioni semplici, sia quelli che coinvolgono i diversi collegi della medesima sezione, sia, infine, quelli che contrappongono le sezioni semplici alle Sezioni unite
36 MOnacO, Riforma Orlando, Riforma Orlando: come cambia il ricorso per cassazione, in La
riforma Orlando. Modifiche al Codice penale, Codice di procedura penale e Ordinamento peniten- ziario, a cura di spangher, Pisa, 2017, 292.
37 Aveva espresso seri dubbi rispetto alla funzionalità del sistema predisposto dal legislato-
re del 1988, infatti, berTOni, Art. 618, cit., 278. Come non manca di rilevare Cordero, Procedu-
ra penale, cit., 1149, sono “tempi ardui” per la Corte di cassazione, i cui collegi «smaltiscono enormi carichi: le massime pullulano […] Quanto più numerosi i responsi, tanto meno auto- revoli: norme improvvisate, fluide deperibili, causano letture discordi; l’effimero legislativo