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Il problema del “travisamento della prova”.

Tra esigenze di giustizia sostanziale, unificazione del diritto e razionalità

7. Il problema del “travisamento della prova”.

La l. 20 febbraio 2006, n. 46, come è noto, nel rivedere la disciplina com- plessiva dell’appellabilità delle sentenze di proscioglimento, è intervenuta an- che sull’art. 606, co. 1 lett. e) c.p.p.159, in particolare consentendo al giudice di

legittimità di rilevare la “mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità160

della motivazione” quando il vizio risulti da atti del processo diversi dal provve- dimento impugnato, purché “specificamente indicati nei motivi di gravame”161.

Non sembra vi siano più ostacoli – ma, come si vedrà meglio, anche dinanzi ad una norma chiarissima nella sua portata innovativa è stato arduo raggiun- gere un coerente traguardo normativo – alla deducibilità mediante il ricorso per cassazione del vizio di travisamento della prova – o, come lo definisce parte della dottrina che ha approfondito l’esame del vizio anche sul versante della compatibilità con le funzioni della Corte Suprema, “travisamento delle risultan- ze processuali”162 – né vi sono ragioni per ipotizzare possibili fuoriuscite del

controllo dai limiti del giudizio di legittimità, ovviamente allorché la verifica si svolga all’interno del perimetro delineato dal controllo sul significato proba-

158 Cass. pen., Sez. VI, 31 marzo 2015, n. 13809. Ma v., anche, Cass. pen. (ord.), Sez. VII, 24

marzo 2015, n. 12406, la quale ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso che sottopone al giudice di legittimità atti processuali per verificare l’adeguatezza dell’apprezzamento pro- batorio ad essi relativo compiuto dal giudice di merito ed ottenerne una diversa valutazione, perché lo stesso costituisce censura non riconducibile alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge. V., altresì e sempre circoscrivendo l’esame alle prese di posizione più recenti, Cass. pen., Sez. V, 16 novembre 2012, n. 44992, per la quale è inam- missibile il ricorso che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, sol- leciti quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita.

159 L’articolo, tuona cOrderO, Procedura penale, cit., 1148, «è uno dei peggio riusciti». 160 «[I]l sostantivo» – fa notare cOrderO, Procedura penale, cit., 1148 – «designa ogni difetto

del pensiero calcolante ma l’aggettivo segnala intenzioni riduttive, come se fosse serio limita- re il vaglio alle storture talmente vistose che ognuno se ne accorga; è un invito a scrivere con tanto fumo».

161 Si è occupato di questo profilo della riforma della disciplina del “vizio di motivazione”, in

sede di primo commento, iacOviellO, Regole più chiare sui vizi di motivazione, in G. dir., 2006,

10, 90. Ma v., successivamente, canziO, Le due riforme, cit., 135.

162 sanTOriellO, Il vizio di motivazione, cit., 231. Analizza l’evoluzione storica del vizio, sof-

fermandosi sulle diverse prospettive suffragate da giurisprudenza e dottrina, FaMiglieTTi, Il

controllo di legittimità sul travisamento del fatto e della prova: ritorno al passato con la “legge Pecorella”, in Dir. pen. proc., 2006, 7, 878.

torio dello specifico elemento di prova, senza spingersi fino alla rilettura del complesso delle risultanze processuali163 o, come è stato ipotizzato proprio in

chiave di critica rispetto al mancato inquadramento della fattispecie nell’ambi- to dell’art. 606, co. 1 lett. c) c.p.p., fino a legittimare il ricorrente «a sostenere […] che il giudice di merito ha sbagliato nel valutare la prova in un modo piuttosto che nell’altro»164.

D’altra parte, la distinzione fra i concetti di “travisamento del fatto” e “tra- visamento della prova”, posta in risalto da parte della dottrina165, è stata auto-

revolmente ribadita, alcuni anni addietro, da quella giurisprudenza che, mag- giormente attenta alle esigenze di verifica della corrispondenza tra risultanze processuali e cognizione giudiziale e allo stesso tempo consapevole dello spa- zio che separava un siffatto raffronto da valutazioni di merito, ha collocato nell’ambito del primo ambito concettuale proprio l’ipotesi costituita dalla rico- struzione del valore probatorio delle risultanze processuali.

Secondo la presa di posizione predetta, difatti, non sarebbe stato consentito dedurre davanti al giudice di legittimità il “travisamento del fatto”, giacché il sistema normativo precludeva alla Corte di cassazione – si era, ovviamente, in un frangente storico antecedente (ma situato a ridosso) rispetto alla riforma del vizio di motivazione – la possibilità non solo di sovrapporre la propria valuta- zione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione, operando un raffronto tra l’apparato argomentativo a sostegno di essa ed even- tuali modelli differenziati di ragionamento mutuati dall’esterno166.

Al contrario, secondo questa prospettiva ermeneutica era consentito pro- spettare il cosiddetto “travisamento della prova”, vizio che ricorre nei casi in

163 Come fanno notare cecchi, pecchiOli, Modelli storici e prospettive del giudizio di cassazione,

in Dir. pen. proc., 2019, 124, mediante la modifica dell’art. 606, co. 1 lett. e) c.p.p., «senza provocare un’indebita metamorfosi del giudice di legittimità in un terzo grado di merito […] il legislatore ha assicurato alla Cassazione quegli strumenti cognitivi che le consentono di svolgere la propria funzione essenziale di garante ultimo della corrispondenza tra sentenza e processo». V., inoltre, aMaTO, Legge Pecorella: anche con l’«accesso agli atti» la Cassazione non

diventa giudice di merito, in G. dir., 2006, 18, 87. Per capOne, La contraddittorietà, cit., 1522,

«anche ammesso che la Corte non debba mai sindacare il merito del processo, tale principio sembra messo in discussione più dal preesistente e tuttora vigente controllo sulla mancanza o manifesta illogicità della motivazione che da un eventuale controllo sulla contraddittorietà tra motivazione e atti istruttori».

164 laTTanzi, Una legge improvvida, in Impugnazioni e regole di giudizio nella legge di rifor-

ma del 2006. Dai problemi di fondo ai primi responsi costituzionali, a cura di bargis, capriOli,

Torino, 2007, 501. Si tratta di un ancoraggio ermeneutico che, se disatteso, rischierebbe di trasformare il giudizio in cassazione in un terzo grado di merito, un “lusso” che, evidenzia KOsTOris, Le modifiche al codice di procedura penale in tema di appello e di ricorso per cassazione

introdotte dalla c.d. «legge Pecorella», in Riv. dir. proc., 2006, 633, appare eccessivo.

165 V., in particolare, iacOviellO, Motivazione, cit., 750. 166 Cass. pen., Sez. IV, 18 maggio 2005, Napoli.

cui il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale.

L’ipotesi è del tutto diversa rispetto all’altra forma di travisamento, dal mo- mento che qui non si tratta di reinterpretare elementi di prova effettivamente disponibili e valutati dal giudice di merito ai fini della decisione ma, diversa- mente, di verificare se questi elementi esistano come dati realmente acquisiti nel processo167.

Anche la giurisprudenza successiva alla riforma dell’art. 606, co. 1 lett. e) c.p.p., impegnata soprattutto a ribadire i limiti di un controllo che avrebbe po- tuto snaturare la fisionomia del giudizio in cassazione, ha chiarito fin da subito che la Corte, nel verificare se vi è mancanza, contraddittorietà o manifesta illo- gicità della motivazione anche in relazione a specifici atti processuali indicati nel ricorso, deve limitarsi alla mera constatazione dell’eventuale “travisamento della prova”, vuoi perché il giudice di merito ha utilizzato per la decisione una prova inesistente, vuoi perché ha posto a base della pronuncia un risultato di prova incontrovertibilmente diverso, nella sua oggettività, da quello effettivo168.

È, quindi, inibita alla Corte qualsiasi nuova operazione valutativa della spe- cifica emergenza processuale richiamata nel motivo di ricorso, la quale non può essere esposta, in base ad una inaccettabile logica di parcellizzazione, ad una interpretazione diversa e alternativa rispetto a quella che ne ha dato il giu- dice di merito, nell’ambito della complessiva valutazione di tutto il materiale probatorio disponibile169.

167 Cass. pen., Sez. IV, 18 maggio 2005, Napoli.

168 Cass. pen., Sez. VI, 5 ottobre 2006, Battistella e altri. In precedenza v., anche, Cass. pen.

Sez. I, 20 luglio 2006, Stpjanovic.

169 Cass. pen., Sez. VI, 5 ottobre 2006, Battistella e altri. Come ribadito, peraltro, da Cass.

pen., Sez. VI, 29 marzo 2006, Casula, allorché si deduca il vizio di motivazione risultante dagli atti del processo, non è sufficiente che detti atti siano semplicemente contrastanti con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità né che siano astrattamente idonei a fornire una rico- struzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudice. Secondo Cass. pen., Sez. V, 24 settembre 2014, Biondetti, il travisamento della prova, se ritenuto commesso dal giudice di primo grado, deve essere dedotto al giudice dell’appello, pena la sua preclusione nel giudizio di legittimità, non potendo essere dedotto con ricorso per cassazione il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado se il travisamento non gli era stato rap- presentato. Inoltre, Cass. pen., Sez. II, 9 gennaio 2018, L e altro, ha affermato che il vizio medesimo può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultan- ze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti.

8. Il processo e le prove. La prospettiva offerta dall’art. 606, co. 1 lett. c)