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Indicazione e argomentazione quali momenti (entrambi) essenziali del motivare.

Tra esigenze di giustizia sostanziale, unificazione del diritto e razionalità

5. Indicazione e argomentazione quali momenti (entrambi) essenziali del motivare.

Il nuovo codice di procedura penale ha scelto di fare propria una diversa struttura logica di motivazione della sentenza penale, dotandola di veste nor- mativa e, così, dimensionando in termini corretti il parametro della concisione, divenuto un obiettivo sì connesso a quello dell’economicità, ma da persegui- re all’interno di quella immodificabile111 struttura ed in nome di una legalità

nell’acquisizione delle prove che, in un processo penale garantista, è inevitabil- mente collegata ad una «legalità nel decidere e nel motivare»112.

La “struttura dialettica” della motivazione, che impone cioè di affiancare all’informazione ed al ragionamento sulle prove utilizzate a sostegno del con- vincimento giudiziale una parallela informazione e argomentazione sulle prove “scartate”, è indubbiamente stata recepita dall’art. 546 c.p.p.113 ed è sorretta

da un fondamento razionale e garantistico di notevole spessore, rafforzato da

109 aMOdiO, Motivazione, cit., 181. D’altra parte, pone in evidenza di chiara, Le modifiche allo

spettro della ricorribilità per cassazione, cit., 196, proprio sotto il vigore del codice abrogato «il fenomeno del dilagare abusivo del controllo della Cassazione nell’area del merito avrebbe assunto l’intensità massima».

110 cOnsO, grevi, neppi MOdOna, Il nuovo cpp., cit. 1323. Contra v., come già detto, bargi, Il

ricorso per cassazione, cit., 515.

111 O, se si preferisce, «invariante», come puntualizza iacOviellO, Il controllo della Cassazione

sulle prove: prove invalide, prove travisate, prove ignorate, in Cass. pen., 1994, 1247.

112 iacOviellO, Il controllo, cit., 1247.

113 V., in questo senso, iacOviellO, Il controllo, cit., 1247; Ferrua, Il sindacato di legittimità sul

vizio di motivazione nel nuovo codice di procedura penale, in Cass. pen., 1990, 966. La tesi è ribadita da capOne, La contraddittorietà tra motivazione e atti in Cassazione, in Dir. pen. proc.,

ultimo dall’introduzione della regola dell’”oltre ogni ragionevole dubbio” e, ab

initio, dalla previsione di un controllo giurisidizionale sulla motivazione.

Sotto il primo aspetto, l’art. 546, co. 1 lett. e) c.p.p. è andato oltre la struttura minima di motivazione costituzionalmente accettata dalla sistematica interna all’art. 111 Cost., opzione di principio che consentirebbe al legislatore ordina- rio di arrestarsi ad un livello di garanzia minima riguardante l’esistenza di una motivazione e l’identificazione ab estrinseco della concreta ed effettiva ratio de-

cidendi sulle questiones facti114.

Nel definire la nozione di “violazione di legge” rilevante ai sensi dell’art. 111 Cost. ed in riferimento a tutti i casi in cui essa rappresenta l’unico vizio che può essere dedotto con il ricorso per cassazione – emblematico il caso del provvedi- mento emesso in materia di misure di prevenzione115 – la giurisprudenza della

Suprema Corte è infatti da tempo consolidata nella declinazione del principio secondo cui non rientra nel relativo concetto, come indicato nella norma co- stituzionale, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione, in quanto separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606, co. 1 lett. e) c.p.p.116.

Oltre ai casi di mancanza assoluta di motivazione, con il ricorso per cassa- zione per violazione di legge la motivazione deve ritenersi censurabile, quindi, soltanto quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente, o sia assolutamente inido- nea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice di merito ov- vero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente

114 Sul punto v., in giurisprudenza, Cass. pen., Sez. I, 13 novembre 1995, Kanoute.

115 Rispetto alle limitazioni afferenti alle quali v., in senso critico, Filippi, Procedimento di

prevenzione, in Dig. disc. pen., Agg. VIII, 497, secondo il quale, tra l’altro, «il controllo logico, e non soltanto giuridico, della motivazione costituisce una piena verifica, da parte di un di- verso giudice, della razionalità del potere esercitato, e permette così un riesame rigoroso e completo circa la concreta applicazione del diritto al fatto». V., inoltre, gaiTO, surFarO, Il ricorso

per cassazione e il giudizio di legittimità, in Misure di prevenzione, a cura di surFarO, Milanofiori

Assago, 2013, 613, per i quali il controllo sulla motivazione costituisce un diritto, in quanto specificazione dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 111, co. 6 Cost.

116 V., in questo senso, Cass. pen., Sez. I, 27 ottobre 2010, n. 40827; Cass. pen., Sez. I, 9

maggio 2006, n. 19093; Cass. pen., Sez. IV, 27 febbraio 2004, n. 20191; Cass. pen., Sez. V, 8 maggio 1998, n. 2879. Si tratta di un orientamento che si colloca sul solco della tendenza interpretativa patrocinata da plurime prese di posizione delle Sezioni unite. V., infatti, Cass. pen., Sez. un., 28 gennaio 2004, n. 5876; Cass. pen., Sez. un., 29 maggio 2008, n. 25932. Con estrema chiarezza, Cass. pen., Sez. un., 28 maggio 2003, n. 25080 ribadisce che qualora il ricorso per cassazione sia ammesso esclusivamente per violazione di legge, è comunque deducibile la mancanza o la mera apparenza della motivazione, atteso che in tal caso si pro- spetta la violazione della norma che impone l’obbligo della motivazione nei provvedimenti giurisdizionali (in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso con il quale si denunciava la sostanziale inesistenza della motivazione di un’ordinanza di liquida- zione del compenso a difensore di imputato ammesso al patrocinio dei non abbienti).

scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato l’adozione del provvedimento117.

Si tratta di un tema, tra l’altro, affrontato anche dalla Corte costituzionale, la quale, esaminandolo in relazione al procedimento di prevenzione ed alla luce della violazione del diritto di difesa, ha ritenuto che le forme di esercizio del diritto medesimo possono essere diversamente modulate in relazione alle caratteristiche di ciascun procedimento, allorché di tale diritto siano comunque assicurati lo scopo e la funzione, per cui non può ritenersi lesivo che i vizi della motivazione siano variamente considerati a seconda del tipo di decisione a cui ineriscono118.

Il discorso motivazionale, in altre parole, non soltanto deve sussistere grafi- camente e deve essere intellegibile119, ma deve anche connotarsi di una effet-

tività esplicativa mancando la quale, invece, ricorre un’ipotesi di motivazione censurabile quale caso specifico di violazione di legge in relazione alle prescri- zioni vincolanti e specificamente sanzionate dall’art. 125 c.p.p.120

L’art. 546, co. 1 lett. e) c.p.p., come già detto, si spinge oltre la perimetrazio- ne costituzionale minima e, legando insieme in un vincolo logico dialetticità del processo e dialetticità della motivazione, impone al giudice di illustrare le ragioni per cui non ritiene attendibili le prove contrarie, anche se, stando alla lettera della disposizione, non prevede rispetto ad esse un preciso dovere in- formativo.

L’omesso riferimento ad una fase di “indicazione”, equivalente a quella pre- vista per le prove decisive, non deve, tuttavia, far desumere l’accettabilità di

117 V., in questo senso, Cass. pen., Sez. VI, 10 marzo 2008, n. 25795; Cass. pen., Sez. I, 21

gennaio 1999, n. 544. Ma v., anche, Cass. pen., Sez. unite, 29 maggio 2008, n. 25932, per la quale il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Come rileva iacOviellO, Giudizio

di cassazione, cit., 645, la motivazione apparente «dà luogo a violazione di legge, perché essa va oltre il limite della manifesta illogicità della motivazione e si risolve in una mancanza so- stanziale di motivazione».

118 Così, da ultimo, C. cost., 9 giugno 2015, n. 106.

119 Secondo Cass. pen., Sez. V, 24 ottobre 2005, Panza, l’illeggibilità della sentenza, scritta a

mano dall’estensore, non determina una nullità in quanto tale sanzione non è fra quelle indi- cate dall’art. 546 c.p.p., ma, in più, la parte interessata può sempre richiedere in cancelleria copia conforme dattiloscritta, con la conseguenza che, ove si tratti di manoscritto effettiva- mente e assolutamente inintellegibile, è dal momento del rilascio della copia suddetta che decorre il termine per l’impugnazione. Soltanto l’assoluta impossibilità della redazione del testo dattiloscritto dovuta, ad esempio, a decesso dell’estensore, che comporti la mancanza per il cancelliere dell’ausilio indispensabile ai fini della trascrizione dell’atto, determina la nullità del provvedimento.

deficit informativi sulle prove contrarie, poiché si argomenta sulla base di in-

formazioni e sarebbe illogico pretendere discorsi sulla fondatezza della prova senza esigerne la preventiva indicazione121.

Esaminata sotto altro profilo, la completezza motivazionale costituisce un’es- senziale qualità del percorso decisorio poiché, altrimenti, qualunque ragiona- mento giudiziale si presenterebbe, salvi i casi di intrinseca incoerenza, come una sequenza razionale.

Infine, la compiutezza dell’informazione e (anche) dell’argomentazione122

ha costituito il presupposto per un controllo specifico della motivazione della sentenza nel sistema processuale antecedente alla riforma attuata con la l. 20 febbraio 2006, n. 46, sistema in cui era imposto il “limite testuale” di rilevabilità del vizio di motivazione, articolato nelle forme della mancanza, contradditto- rietà o manifesta illogicità123.

«Attraverso il vizio di motivazione» – è stato detto per sottolineare i tratti peculiari di un’analisi che non riguarda le norme, sebbene sia fondata su nor- me – «non si affermano principi di diritto e non si uniforma la giurisprudenza [poiché esso] riguarda il ragionamento specifico di quel determinato processo e di quel complesso di prove. Nel vizio di motivazione non c’è interpretazione di norme, ma ricerca della logicità del giudizio»124.

La connessione che il controllo sulla motivazione crea con l’attività valutati- va del giudice ha da sempre posto su un crinale di intrinseca criticità il dogma dell’estraneità del controllo di legittimità rispetto alla sfera del fatto, di talché nel corso dei lavori preparatori si pose finanche il problema della conservazio- ne (o meno) di un sindacato sul vizio di motivazione: «La risposta è stata positi- va [perché] il silenzio della legge-delega è apparso indicativo dell’intenzione di evitare mutamenti radicali [ed inoltre perché] è sembrato che fosse opportuno non già escludere qualunque sindacato sulla motivazione, ma piuttosto conte- nerlo, in modo da evitare che il controllo della cassazione anziché sui requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità della motivazione si esercit[asse], muovendo dagli atti del processo, sul contenuto della decisione»125.

121 Così iacOviellO, Motivazione della sentenza penale, in Enc. dir., Agg. IV, 788, il quale sotto-

linea come la sentenza, «prima ancora che “spiegare”, deve “informare”; deve cioè indicare tutti gli elementi di prova ed esattezza rilevanti per il decidere».

122 Come non manca di osservare aMOdiO, Motivazione, cit., 220, un modello di motivazione

integrale sarebbe meglio rispondente alla garanzia del diritto di difesa, tuttavia «vi sono altri interessi in giuoco nell’esercizio della giurisdizione che impediscono di concepire la sentenza come atto destinato alle sole parti tale da farne scadere l’intelligibilità, nel coacervo delle argomentazioni, per quanti siano rimasti estranei al processo».

123 Per ciascuna delle predette tipologie può vedersi, in dottrina, iacOviellO, Giudizio di cas-

sazione, cit., 691; di chiara, Le modifiche, cit., 212; della MOnica, Il ricorso per cassazione, cit.,

312.

124 iacOviellO, Giudizio di cassazione, cit., 677.

Sulla soluzione positiva data al quesito hanno pesato, altresì, esigenze di garanzia assolutamente non trascurabili, in quanto «[n]el momento in cui un’il- legalità organizzata e diffusa esige uno sforzo di comprensione di fenomeni complessi e, quindi, un più ampio ricorso alla prova critica, sarebbe [stato] fortemente rischioso amputare la giurisdizione della possibilità di esercitare un sindacato finale su motivazioni in cui si traggono conclusioni prive di giustifica- zione o incompatibili con le premesse, ovvero si adottano massime di esperien- za contrastanti con “il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di accertamento”»126.

Il parametro della testualità del vizio di motivazione127 – della cui legittimità

costituzionale si è pure dubitato, senza che la relativa questione sia pervenuta però alla Corte costituzionale alla luce di una ipotizzata libertà del legislatore di stabilire l’ambito ed i limiti del controllo di legittimità sulla motivazione128

veniva indicato come una sorta di linea di confine – un argine per riportare, si è enfaticamente detto, nell’alveo naturale un torrente “in piena”129 – idonea ad

impedire più o meno penetranti incursioni del giudice di legittimità nell’area presidiata dalla nozione di “merito”, prevaricandosi l’accesso al fascicolo pro- cessuale e, con esso, salvaguardandosi la funzione della Corte di cassazione rispetto a possibili scivolamenti in direzione dei temutissimi giudizi di terza istanza130.

126 cOnsO, grevi, neppi MOdOna, Il nuovo cpp, cit., 1318.

127 Esso, evidenzia iacOviellO, Giudizio di cassazione, cit., 676, «si pone sui confini tra Cassa-

zione e Terza Istanza». Come fanno notare gaeTa, Macchia, L’ordinanza cautelare, cit., 1161,

«non è […] contestabile la diffusa opinione secondo la quale la delimitazione del potere di cognizione della Corte di Cassazione al controllo del testo del provvedimento rappresenta una delle più salienti innovazioni introdotte nel codice di rito del 1988».

128 Cass. pen., Sez. I, 26 novembre 1993, Maurizio. Ma v., negli stessi termini, Cass. pen.,

Sez. III, 11 giugno 1993, Tacus. È contraddittorio, però, che nel corso dei lavori preparatori proprio la Corte di cassazione ne avesse proposto un parziale superamento in relazione alla violazione di cui all’art. 606, co. 1 lett. d) c.p.p., prospettando una violazione dell’art. 3 Cost. sotto il profilo della disparità di trattamento tra situazioni analoghe. V., sul punto, cOnsO, gre- vi, neppi MOdOna, Il nuovo cpp, cit., 1327.

129 In questi termini si esprime il parere della Corte d’appello di Bologna, in cOnsO, grevi,

neppi MOdOna, Il nuovo cpp, cit., 1328.

130 L’art. 606, co. 1 lett. e) c.p.p., come è noto, compendiava nella sua versione originaria un

limite – sintetizzato nel passaggio in cui si precisava che la “mancanza o manifesta illogicità della motivazione” risultasse dal testo del provvedimento impugnato – espressamente fina- lizzato a mantenere il sindacato della Corte sul piano della stretta legittimità, evitando quegli eccessi che, nel precedente regime e come già detto, avevano dato luogo ad invasioni da parte del giudice di legittimità dell’area del giudizio riservata alla giurisdizione di merito. In- dividua nella disposizione l’espressione «più appariscente della tendenza a ridefinire verso il versante della legittimità la sfera di cognizione della Cassazione», laTTanzi, Controllo del diritto

e del fatto in cassazione, in Cass. pen., 1992, 815. Su questo aspetto v., tra gli altri, bargi, Ricor-

so per cassazione, cit., 1998, 507; aMOdiO, Motivazione, cit., 237; canziO, Le due riforme proces-

suali del 2006 a confronto: vizio di motivazione, autosufficienza del ricorso e accesso agli atti nei giudizi civili e penali di legittimità, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, 142; spangher, Suprema Corte

I limiti del requisito, però, finiscono con il generare turbolenze dal momento che, è stato efficacemente osservato, «con un sapiente lavoro di ritaglio e di scarto si possono edificare motivazioni di granitica coerenza […] se in motiva- zione io cito una contro prova ma la confuto male, la motivazione è illogica e non si salva dall’annullamento. Se io invece semplicemente ignoro la contro- prova – magari perché non trovo argomenti validi da opporle – la mia motiva- zione è a prova di cassazione»131.

Il requisito del “limite testuale” non può non essere associato, dunque, al dovere di completezza ed esattezza dell’informazione, mentre diviene «preso a sé, un requisito illogico e iniquo perché non garantisce contro i rischi di frattura tra sentenza e processo»132.

Infatti, il giudice della fase di merito potrebbe immettere nella motivazione tutte le premesse empiriche che vuole, sottoponendo alla Corte di cassazione tutti i dati probatori oppure omettendo la menzione dei dati probatori conflig- genti con la sua versione ricostruttiva del fatto, di talché il giudice di legittimità sarebbe costretto a saggiare la plausibilità argomentativa della sentenza sulla base delle sole informazioni che il giudice di merito ha ritenuto di indicare in motivazione: «lo stesso quadro probatorio» – si è osservato – «giungerebbe in Cassazione arricchito o depauperato a seconda delle scelte argomentative del giudice di merito»133.

Il dato di fondo non sfugge a nessuno: «la pretesa intangibilità della pronun- cia che faccia uso di prove inesistenti, pretermetta del tutto risultati probatori ritualmente acquisiti o ne stravolga i contenuti, e pur tuttavia passi indenne dai

di cassazione, cit., 127, il quale evidenzia l’effetto restrittivo che scaturisce dalla connessione tra il vincolo del “limite testuale” ed il principio di “concisione espositiva” enunciato dall’art. 546 c.p.p.

131 iacOviellO, Motivazione, cit., 750. V., inoltre, KOsTOris, Le impugnazioni penali, travagliato

terreno alla ricerca di nuovi equilibri, cit., 916, per il quale il divieto di accesso agli atti del processo correlato alla previsione del limite testuale era assurdo. Osserva, molto persuasiva- mente, lOzzi, La ricorribilità in cassazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, 1309, come «[l]’im-

possibilità del controllo in ordine alla omessa valutazione vanifica il dovere di prendere in considerazione le prove assunte in attuazione del diritto alla prova e, quindi, vanifica tale diritto e con esso il diritto di difesa».

132 iacOviellO, Motivazione, cit., 788. Ma v., anche, di chiara, Le modifiche, cit., 197.

133 iacOviellO, Il controllo, cit., 1244. L’importanza della completezza informativa, da inten-

dersi ovviamente quale dovere espositivo esteso alla “proposizione probatoria” che scaturisce dall’assunzione di un mezzo di prova, è sottolineata, inoltre, da aMOdiO, Motivazione, cit., 208,

il quale vi intravede l’unico rimedio contro l’arbitrio «perché dal rapporto tra “fatti probatori” e “fatti accertati” […] scaturisce la controllabilità del discorso giustificativo del giudice». V., altresì, Ferrua, Il sindacato, cit., 966, il quale ipotizza il prodursi di un «meccanismo riflessivo»

in forza del quale, «da un lato, la coerenza della motivazione sana, ai fini del ricorso, errori evidenziabili con l’esame del fascicolo processuale; dall’altro, la consapevolezza degli effetti catartici esercitati da una motivazione in sé ineccepibile spinge l’estensore, sia pure incon- sciamente, a salvaguardarne al massimo la logicità, anche a costo di adattamenti e forzature delle acquisizioni probatorie: s’innalza il tasso di coerenza della decisione, ma si abbassa quello di fedeltà ai risultati del processo».

filtri di controllo sol perché il vizio non sia diagnosticabile dalla semplice lettura del testo della motivazione, presenta i tratti di una inaccettabilità sociale, etica e logico-giuridica così dirompente da imporre all’interprete, proprio sulla breccia dell’esperienza, la ricerca di itinerari idonei a superare lo stallo»134.

«Dove le motivazioni siano vagliate solo ab intra, essendo interdetto alla Corte l’accesso agli atti, diventa possibile ogni travisamento» – dal momento che, si evidenzia – «non importa cos’abbiano narrato i testimoni e nemmeno se esistano, purché il motivante li nomini, attribuendo a ciascuno un detto; idem quando tiri in ballo ricognizioni mai eseguite; ecco ridotto il terzo grado a una fantasmagorìa dove valgono anche pseudo-fatti processuali, mai accaduti, se l’estensore ne parla»135.