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Criticità e punti di forza di una collaborazione non formalizzata

5.3 La rete antiviolenza a Pisa

5.3.1 Criticità e punti di forza di una collaborazione non formalizzata

Il centro antiviolenza sostiene come l’attività della casa delle donne sia proprio quella di “mediare” con la rete

possiamo attivare dei percorsi di servizio sociale che cmq sono le linee guida per la presa in carico della donna maltrattata e del minore della società della salute della zona Pisana, ma possiamo mediare anche con le forze dell’ordine perché abbiamo referenti anche all’interno della questura e quindi le donne possono essere, non che hanno un percorso previlegiato perché non è una questione di percorso privilegiato ma agevolato perché magari fanno querela per maltrattamenti o per violenza sessuale è diversa da farla perché ti rubano il motorino (Intervista Sogg.1 ).

Se l’esperienza del Cav appare positiva, sebbene non esista un vero protocollo e non sussista un percorso privilegiato che venga stabilito a priori, dalle parole del soggetto intervistato, sembrerebbe che le operatrici del centro antiviolenza siano abbastanza soddisfatte.

L’intervista al centro per uomini autori di violenza invece rende nota la collaborazione avviata da qualche anno con l’ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe)205 con il quale è stato stilato anche un protocollo.

Se la persona è stata condannata ad un massimo di quattro anni può andare all’Uepe e quindi sconta la pena senza andare in carcere, quindi fa il colloqui con il servizio sociale che verifica una serie di cose, se riabilitazione, volontariato se lo prevedono …e se l’assistente sociale è sensibile, ravvisa che quella persona o

205 “Possono accedere alla misura gli imputati per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena

edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'articolo 550 del c.p.p. Non può essere concessa più di una volta ed è esclusa nei casi in cui l’imputato sia stato dichiarato dal giudice delinquente abituale o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 c. p.”. Disponibile on line al link:

143 conoscendo la storia o per il reato commesso, o per altre cose…se pensa che all’uomo possa giovargli fare un percorso sull’aggressività, sulla violenza interpersonale, veniamo contattati e ci viene inviato l’uomo (Intervista Sogg.2 ).

Dall’intervista si desume come anche in presenza di un atto ufficiale come può essere un protocollo, l’invio ad un centro per autori di violenza ha luogo solamente nel caso in cui l’assistente sociale preposta alla valutazione, sia sensibile al fenomeno che, come viene reso noto, “dipende dalla formazione e dal turnover degli operatori e operatrici…” rendendo visibile anche la differente tipologia “loro hanno formazione obbligatoria ma magari lo hanno fatto solo sulla donna e non sul maltrattante…”

Criticità maggiori sono riscontrate nella relazione con i Servizi sociali afferenti all’ambito territoriale

Peggio quando non c’è una linea guida come con i servizi sociali. a noi non vengono mandati, cioè ora magari l’assistente sociale lo conosciamo, qualcuno ha dato il numero…proprio su questo dobbiamo lavorare e che si rendano le procedure uniforme, che vuol dire che se mi mandi l’uomo mi contatti prima mi mandi le informazioni…(Intervista Sogg.2).

La mancanza di lavoro di rete è riscontrato non solo nella scarsa considerazione per il servizio svolto, non inviando gli uomini ma, nel caso ritengano necessario che l’utente intraprenda questo percorso non contattano il centro

abbiamo avuto un persona che non sapevamo che fosse in carico ai servizi da un mese e mezzo, la persona non sapeva il nome, dopo due mesi ottieni la documentazione e ti accorgi di cose mai raccontate. il lavoro di rete è proprio necessario, altrimenti tu pensi di avere A e invece ai Y…c’è una roba assurda…(Intervista Sogg.2).

In risposta, il servizio sociale sostiene come in pochi siano al corrente dell’esistenza del Centro per autori di violenza, ma credono in una futura collaborazione, soprattutto se verrà stabilito un procedimento formalizzato.

L’attenzione all’uomo c’è … quando ci siamo trovate di fronte ad una situazione di violenza, non conoscendo il Centro Nuovo Maschile, è stata fatta denuncia alla Procura della Repubblica

144 oppure alla Procura presso il tribunale dei Minorenni (Intervista Sogg.3).

Per quanto riguarda il rapporto con il medesimo Servizio, punti di debolezza sono stati rilevati anche dall’intervistata del Cav; le criticità non sono caratterizzate dalla mancanza di comunicazione tra gli operatori ma sono individuate nella metodologia stessa del lavoro dell’Assistente sociale; come motivazione viene addotto il differente approccio metodologico; dalle parole del soggetto intervistato si rileva che i Servizi sociali si avvalgano del “familiy approach” mente i Cav del “gender approach”.

La casa delle donne tiene a precisare che quanto detto non indichi che il modello seguito dalle operatrici dei Centri antiviolenza sia diretto a negare la figura dell’uomo, ma la finalità è quella di mettere in evidenza come non è detto che la figura maschile debba essere individuata nel solo padre;

Ho avuto un bambino in casa rifugio che aveva lo zio e i primi incontri li ha voluti fare con lui, ha voluto fosse lui gli tagliasse i capelli, maschile positivo lo avevano. Il padre avevano preso a calci a mamma mentre lei era a terra e si era fatta la pipì addosso… (Intervista Sogg.1).

L’intervistata del Cav parla di “sbilanciamento di interventi” perché mentre la donna “è sotto la lente di ingrandimento, nostra, servizi sociali” l’uomo invece viene valutato solamente con gli incontri protetti. Si viene a conoscenza di come il Servizio sociale non abbia riconosciuto le Linee redatte dal Cismai dove per l’appunto, è stabilito che un incontro protetto non possa essere motivo di valutazione della genitorialità dell’uomo “perché non può essere scissa dalla violenza perpetrata a danni della donna” (Intervista Sogg.1).

Per quanto riguarda le linee di intervento da seguire per procedere nella “presa in carico”, differentemente a quanto sostenuto dal Centro Nuovo maschile, il Cav è presente nel primo Protocollo, emesso nel 2005, e nelle linee guida stabilite con la società della salute zona Pisana; nel caso la donna sia anche madre

ha bisogno di essere presa in carico dal servizio sociale perché ha un minore e deve attivarsi rispetto minorenni, succede che si attiva l’equipe, la donna prima ascoltata dalla psicologa dell’Usma, ora consultorio perché dopo la legge del 2007 il centro di coordinamento è il consultorio, quindi la donna è ascoltata dalla

145 psicologa e dall’assistente sociale referente del Consultorio che è quella che può intervenire e poi noi del Cav, o di Dim… perché fa la prima accoglienza in emergenza per un massimo di 24 giorni per valutare se casa rifugio, Dim fa parte della rete ma non della Casa della donna, noi siamo collegate a loro perché non avevamo la possibilità di fare l’accoglienza in emergenza e quindi loro che avevano già un numero di donne per la tratta hanno riservato dei posti in emergenza per le donne che non possono rientrare a casa o che codice rosa, ospedale o carabinieri, si fa entro 48 ore il primo colloquio per valutare motivazione e poi… l’equipe vale anche per percorsi che non entrano in casa rifugio ma hanno bisogno del percorso assistenziale (Intervista Sogg.1).

Dall’intervista è reso noto come sebbene il collegamento esista e sia standardizzato, non sia così valido, dato che “su 250 donne… che vediamo assieme al Servizio sociale sono 30-35 ad anno…” Aspetto che trova differenti motivazioni, rintracciabili sia nella paura delle donne a rivolgersi ai Servizi sociali, per timore delle conseguenze (soprattutto nel caso siano presenti minori) sia nella difficoltà delle stesse operatrici sociali che, in assenza di adeguata formazione, hanno difficoltà nel rilevare situazioni di violenza nel caso in cui la domanda sia indiretta.

Entrambi i soggetti intervistati sottolineano la mancanza di un protocollo che possa collegare tutti i soggetti della rete (oltre a quelli oggetti dello studio) stabilendo i compiti di ognuno; sebbene risulti essere attivo il protocollo emesso dalla Prefettura nel 2013, entrambi i soggetti intervistati, risultano di esserne all’oscuro, in particolar modo dell’avvenuto rinnovo, e mostrano unanimità nel rilevarne l’inutilità206.