5.2 I nodi della rete nel modello territoriale
5.2.1 L’Assistente sociale e l’emersione del fenomeno della violenza
La legge 84 del 23 marzo 1993 individua la figura dell’Assistente sociale nel soggetto che con autonomia-tecnico professionale e di giudizio operando in tutte le fasi dell’intervento è volta a prevenire, sostenere e recuperare singoli, famiglie, gruppi e comunità che presentano uno stato di bisogno e di disagio. Solitamente la professione è esercitata in enti pubblici e terzo settore. Gli Enti locali, i Servizi sanitari (Consultorio, Servizi per le Dipendenze e di Salute Mentale) il Ministero della
196 Per quanto riguarda il caso studio ci si riferisce ad una rete non ancora formalizzata data l’assenza
in quella vigente del Centro per uomini autori di violenza.
197 In seguito alla legge 119/2013 il questore ha l’obbligo di indicare all’autore di violenza i centri più
128 Giustizia (Ufficio per l’Esecuzione Esterna UEPE e Ufficio di Servizio Sociale Minorenni USSM), risultano essere i principali enti pubblici che testimoniano la sua presenza.
L’espressione “servizio sociale” ha due diversi significati che talvolta si sovrappongono creando confusione:
• uno indica l’attività professionale dell’assistente sociale e la disciplina scientifica su cui si basa tale attività;
• l’altro invece indica un’articolazione della pubblica amministrazione che ha la funzione di occuparsi degli interventi socio-assistenziali o servizi alla persona. (Linee guida 2014; p.48)198
La professione non si svolge solo nell’osservanza della legge citata e del dettato normativo nazionale legge 328/2000 recante “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, fondamentale risulta essere anche l’ottemperanza del Codice deontologico; una guida per il suo operato e rappresentativo dell’identità stessa dell’assistente sociale.
Un aspetto irrinunciabile per l’espletamento del suo lavoro, rilevato anche nel dettato deontologico, risulta essere il principio di unicità e di autodeterminazione dell’utente; viene stabilito infatti che l’assistente sociale abbia il dovere di accogliere ogni persona indipendentemente dall’età, sesso, stato civile, etnia, nazionalità, religione, condizione sociale, ideologia politica, minorazione psichica o fisica, o di qualsiasi altra differenza che caratterizzi le persone portatrici di un bisogno e/o problema come unica, collocandola nel suo ambiente di vita e di relazioni, riconoscendone la centralità in ogni scelta e intervento.
Per quanto concerne la violenza contro le donne, per migliorare il modus operandi utilizzato dall’assistente sociale, nel 2014 Anci e D.i.re hanno formalizzato delle “linee
guida per l’intervento e la costruzione di rete tra i Servizi Sociali dei Comuni e i Centri Antiviolenza”, individuando nella stessa figura, un elemento “catalizzatore per
promuovere il cambiamento sociale e culturale”; perché come si avrà modo di
129 comprendere, grazie al loro lavoro, risultano essere le sole199 in grado di rilevare le situazioni di violenza (a prescindere dal fatto che la donna riveli o meno il torto subito). Come è stato più volte rilevato, la violenza contro le donne è un fenomeno trasversale che interessa ogni fascia della società: che sia benestante, indigente, istruita, analfabeta. L’individuare eventuali situazioni di violenza tra gli utenti dei Servizi sociali, obbliga a ricordare come la violenza, sebbene non sia prerogativa delle classi sociali indigenti, per alcune donne, proprio a causa dei problemi economici che sono costrette ad affrontare, risultando più assuefatte al fenomeno, hanno maggiore difficoltà nel riconoscere il comportamento nel proprio partner; in molti casi ritenendo che i problemi meritori siano altri, non hanno interesse e desiderio nel rivolgersi ai centri appositi per chiedere aiuto e a denunciare.
La donna può venire a contatto dei Servizi Sociali in base a due modalità:
• in via indiretta (attraverso un parente, mediante l’invio del servizio specialistico, obbligata dal tribunale …);
• direttamente affinché sia espletata la richiesta di prestazioni economiche, servizi socio-assistenziali.
L’assistente sociale oltre all’espletamento dei bisogni espressi dall’utente (solitamente elargendo la prestazione economica richiesta) ha il dovere di ravvisare possibili indicatori tipici di una situazione di violenza interpersonale.
La richiesta di prestazioni economiche (l’aiuto nel pagamento delle utenze, richiesta di buoni alimentari…), l’assistenza domiciliare per i genitori anziani, l’intervento sui minori in seguito alla segnalazione dalla scuola, (dispersione scolastica e assenze ingiustificate) oppure nel caso di dissidi in costanza di separazione, la stessa richiesta di indagine decretata dal tribunale dei Minorenni, consentendo all’assistente sociale di entrare a conoscenza delle famiglie e del loro ménage, rende possibile l’emersione della violenza domestica; l’assistente sociale difatti risulta in grado di rilevare preoccupazioni inespresse e comportamenti che, un occhio attento e formato a dovere,
199 E giusto puntualizzare che il discorso è limitato solamente alle “professioni sociali” in particolar
modo a quelle oggetto dello studio; sebbene una donna possa recarsi al Cav senza avere la certezza di subire una violenza (se presente sarà l’operatrice a renderla consapevole del torto subito) nel caso di specie, si vuole spiegare come l’utente dei servizi sociali inizialmente si presenta dall’assistente sociale per vedere evase richieste totalmente differenti (spesso di natura economica).
130 possono essere l’indicatore di una sofferenza familiare. Molteplici gli elementi che potrebbero destare attenzione: dall’assenza della moglie durante l’elargizione della prestazione richiesta (la presenza costante del marito, nel caso in cui la donna non abbia un’occupazione, potrebbe essere indicatore di una violenza economica), alla difficoltà rilevata nella stessa donna, durante un colloquio che li vede presenti entrambi, nell’esprimere un proprio parere, intimorita dalla presenza e dalle risposte dell’uomo.
Il primo contatto con un operatore/trice sociale può diventare un primo e importante momento fertile per far emergere una violenza taciuta perché considerata “irrilevante” rispetto ad altre emergenze di sopravvivenza. (Linee Guida Anci-Dire 2014; p.67).
Oltre al colloquio, una prerogativa, limitata a poche professioni tra le quali è compreso anche il mestiere dell’Assistente sociale, è la visita domiciliare; se è ritenuto opportuno verificare lo stile di vita della famiglia o la situazione abitativa di un minore, l’operatore sociale può fissare un incontro al domicilio dell’utente. Il colloquio effettuato in un setting differente, in un ambiente cosiddetto “di confort” può essere foriero di indizi riguardanti la situazione vissuta dai membri; il poterli osservare all’interno del loro contesto di vita, può risultare utile nel rilevare eventuali comportamenti soggioganti dell’uomo.
Il colloquio, la visita domiciliare sono tutte occasioni fondamentali per l’emersione di una situazione di violenza, favorendo nel minor tempo possibile l’instaurarsi di una relazione di fiducia con la donna in grado di facilitare la narrazione dei suoi timori, aiutandola (sempre seguendo i suoi tempi e rispettando la sua volontà) a scegliere ed accettare il percorso di fuoriuscita.
Un altro aspetto fondamentale per tutelare la donna è la trasparenza: in molti casi, le utenti che si rivolgono direttamente al Servizio oppure, in seguito ad una prima presa in carico per bisogni differenti si trovano a confermare i timori dell’operatrice, sono all’oscuro delle normative riguardanti la loro tutela e i servizi preposti al loro benessere; il primo aiuto dell’assistente sociale risulta essere l’elargire informazioni in modo più accurato e reale possibile. La donna dovrà essere messa al corrente dei servizi della rete presenti sul territorio, in primis Centro antiviolenza, (definendo i ruoli e le competenze) ed i tempi burocratici necessari; dovrà esserle spiegato che spetta a
131 lei la scelta sulle procedure da attivare, senza che le vengano però omessi gli obblighi di legge derivanti dall’art 331 del c.p.p sulla procedibilità di ufficio.
Nel caso nel nucleo siano presenti minori, l’assistente sociale ha il dovere di informare la donna dell’obbligo di denuncia alla procura del tribunale dei minorenni, ricordando alla stessa madre come il dovere di operare in questo modo origini dalla necessità di tutelare il minore, vittima al pari della stessa donna della violenza agita dal padre (violenza assistita200).
Venuta a conoscenza della violenza domestica, prima di sostenere la scelta della donna e stabilire quale sia la procedura più appropriata, l’Assistente sociale ha il dovere di valutare il rischio per l’utente e i minori presenti; i servizi possono avvalersi di differenti tipologie di test. Sebbene esistano differenze tra i diversi modelli adottati, per avere certezza del “pericolo”, gli aspetti principali che caratterizzano una situazione “allarmante” risultano essere:
- Donna teme per la propria vita - Il partner è violento con i figli - Il partner è violento verso terzi
- Ha agito violenza durante la gravidanza - Il partner fa uso di sostanze psicotrope o alcol - In casa sono presenti armi
Sebbene i fattori elencati non siano esaustivi, la presenza di alcuni tra quelli delineati è un chiaro indicatore della letalità per la donna e i minori. Compito del Servizio Sociale territoriale risulta quindi essere quello di “co-predisporre” (assieme alla rete di servizi interessati) la protezione del nucleo mediante “l’allontanamento”.
Lo strumento, nonostante a prima vista possa apparire come l’obbiettivo da raggiungere per la fuoriuscita dalla violenza, in realtà deve essere visto solo come un momento, un passo fondamentale da intraprendere per permettere alla donna il raggiungimento dell’autonomia e con l’aiuto dei servizi preposti possa ritrovare la forza e le risorse personali per ricostruire una nuova esistenza.
Questo passaggio di concezione da vittima ad attrice consapevole della propria situazione è la chiave di volta che permette alla donna di intraprendere dei percorsi di uscita dalla violenza dai risvolti
132 positivi perché sostenuti da forte motivazione da parte della stessa. (Linee guida 2014; p.57)
Lo strumento dell’allontanamento, in base al rischio rilevato, può essere predisposto seguendo due tipologie:
- Programmato: inserimento casa rifugio o comunità madre- bambino, abitazione in affitto
- In emergenza: (rete parentale, amicale) inserimento casa rifugio In entrambi i casi, come si evince dalle “Linee guida” menzionate, l’Assistente sociale ha l’obbligo di contattare il Cav, che ha il compito di accompagnare e supportare la donna nelle sue scelte future e nell’eventuale progetto di “casa rifugio”. Il Centro antiviolenza e il Servizio sociale, sebbene appartengano entrambi alla medesima sfera e condividano il medesimo obbiettivo di sostegno e tutela della donna, in ogni fase dell’intervento presentano una presa in carico differente; il Servizio sociale essendo un’istituzione, è gestita da pubblici ufficiali/incaricati di pubblico servizio ed è per questo che, nel caso apprenda di maltrattamenti gravi, non può esimersi (soprattutto nel caso siano presenti minori) dal trasmettere il fatto all’autorità competente (procura del tribunale dei minorenni)201. È da sottolineare come spesso l’Assistente sociale abbia una formazione basata sul modello “sistemico relazionale” che, se da un lato è fondamentale perché le permette di considerare il nucleo nel suo complesso (compreso l’autore della violenza), dall’altra nelle situazioni di violenza interpersonale sulle donne può commettere errori, perché può interpretare la violenza come una risposta alla relazione tra i due partner, considerando entrambi degli attori e paragonando la violenza al conflitto familiare.
Un altro aspetto peculiare che contraddistingue il Servizio sociale, è la facoltà/obbligo nel convocare anche l’autore della violenza; sia nel caso in cui la
201 L’obbligo al segreto professionale, a cui è tenuto il professionista assistente sociale, può entrare in
conflitto con l’obbligo di denuncia di reati perseguibili d’ufficio, a cui sono tenuti i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio (articolo 331 c.p.p). Di conseguenza, se l’assistente sociale, che esercita in quanto pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, viene a conoscenza di un segreto, che però costituisce un reato, è tenuto a rivelarlo per non incorrere nelle sanzioni penali previste agli articoli 361 e 362 del c.p. (rispettivamente omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale/di incaricato di pubblico servizio). Disponibile on line al link: https://assistentesocialenelmondo.wordpress.com
133 coppia abbia figli minori sia in loro assenza, l’uomo può essere ascoltato e indirizzato, se presenti sul territorio, ad un centro apposito per uomini autori di violenza.