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L’approccio integrato sul territorio Nazionale

In Italia nel corso degli ultimi anni il fenomeno della violenza contro le donne e gli effetti prodotti sugli stessi minori ha riscosso molta attenzione sia da parte dei soggetti direttamente coinvolti nel sostegno alla vittima (centri antiviolenza), nel lavoro con l’autore (centri per autori di violenza), interessando sempre più anche le stesse istituzioni. Come si è potuto osservare nel primo capitolo le indagini effettuate dall’Istat (2006, 2014) e le numerose ricerche prodotte, non solo hanno cercato di chiarire l’entità stessa del fenomeno ma ne hanno dimostrato la trasversalità e multidimensionalità che lo caratterizzano.

Con il trascorrere del tempo è stata così confermata l’esigenza di affrontare il fenomeno utilizzando un approccio integrato ricorrendo alla creazione di un network interistituzionale: sanitario, sociale, giudiziario, assistenziale, formativo, educativo (sia per la vittima che per l’autore) superando la prospettiva unidimensionale.

Prescindere dal contesto in cui si trova la “vittima della violenza”, gli eventuali minori coinvolti e lo stesso autore del maltrattamento non è più possibile: la violenza e le

102 successive decisioni avviate inevitabilmente portano con se una concatenazione di effetti, un domino: muovendo il primo tassello non si va ad influire solo sul vicino ma su tutti quelli posti sul piano: Pronto soccorso, Servizi sociali, Centri antiviolenza, Forze dell’ordine, Istituti scolastici, Pediatri di libera scelta, Centri per autori di violenza, ogni ente pubblico o privato che sia viene interessato dal fenomeno.

La violenza non è un problema delle donne, originata dalla cultura della società per contrastarla non può prescindere da essa; nessuno è escluso, uomini compresi. L’approccio integrato richiama la responsabilità pubblica rimarcando l’attenzione generalizzata di implementare una rete antiviolenza che sia più ricca e specializzata. Un aspetto condiviso da molti operatori tra i quali vi è compreso anche il Dirigente Superiore della Polizia di Stato Enzo Calabria; nel suo intervento al “Tavolo tecnico dedicato alla violenza di genere” tenutosi a Roma il 10 aprile del 2014, ha espresso il suo pensiero per quanto riguarda l’importanza di “mettere in comunicazione” tutti i soggetti che, in base alla propria professionalità, intervengono nel “percorso di fuoriuscita dalla violenza”, sostenendo la creazione di “un raccordo interistituzionale tra soggetti pubblici e privati per la definizione di percorsi integrati e la messa in pratica di un protocollo operativo”166. In quell’occasione come in altri convegni e

seminari che si sono succeduti negli anni, illustri esperti del settore richiamando le normative Nazionali ed Internazionali hanno dimostrato il bisogno di implementare la collaborazione tra tutti i servizi dedicati al fenomeno.

Tuttavia, a ben guardare, la recente attenzione al lavoro di rete, risulta in realtà una novità solamente nell’esperienza italiana; l’Europa attraverso la convenzione CEDAW, la Raccomandazione del consiglio dei ministri d’Europa 2002, fino alla più recente

Convenzione di Istanbul (art 7 e 8) invero ha più volte convenuto come l’approccio

migliore per affrontare il fenomeno fosse proprio quello del lavoro multidisciplinare di rete.

A livello Nazionale il primo “documento operativo” attestante l’adeguatezza e la necessità di creare un network è da individuare nel Piano nazionale contro la violenza

di genere e lo stalking (2010); già nella premessa viene reso noto come la necessità di

166Intervento disponibile al link: http://www.ondaosservatorio.it/ondauploads/2014/04/Abstract-Enzo-

103 predisporre il Piano trova la sua ragion d’essere nella “consapevolezza che, per contrastare efficacemente il fenomeno, [sia] necessario integrare gli interventi repressivi con politiche ed azioni puntuali e coordinate in ambito sociale, educativo, informativo e normativo” (Piano Nazionale 2010); nel medesimo viene evidenziata anche la forte sinergia che deve esistere tra tutti i soggetti implicati nel contrasto al fenomeno (Governo, Regioni, Province, Comuni) annoverando tra gli obbiettivi la necessità di creare reti “tra tutti i soggetti impegnati nel contrasto alla violenza di genere, siano essi istituzionali o espressione della società civile”.(Ibidem)

In realtà come ricorda la Consigliera di parità Dott.ssa Ferraro (nella “riflessione” resa da lei stessa pubblica) prima che l’implementazione della rete ottenesse importanza normativa, l’Italia grazie al progetto Pilota “Rete Antiviolenza tra le città

Urban d’Italia” (1999-2001 e 2003-2004) ha assistito (in anticipo) alla realizzazione

di una “rete antiviolenza”; l’iniziativa mirava sia all’acquisizione degli strumenti di conoscenza, utili alla definizione della fenomenologia della violenza finalizzati a migliorare ed implementare la programmazione di nuovi interventi nel contesto locale, sia a promuovere (come metodologia di lavoro per affrontare il fenomeno) proprio la creazione di una rete locale tra i servizi (Ferraro).

Dopo questa prima esperienza, il network ottiene un riconoscimento anche all’interno di un altro progetto sviluppato dal 2005 (vede anche la firma del dipartimento delle Pari Opportunità) riguardante l’ideazione della rete167 ARIANNA168 e la successiva definizione del numero di pubblica utilità: 1522.

Il servizio169, collocandosi “alla base della metodologia del lavoro di rete”, (indicato nello snodo operativo delle attività di contrasto alla violenza di genere e stalking) ottiene “il ruolo di strumento tecnico operativo di supporto alle azioni realizzate dalle reti antiviolenza locali” consentendo anche “i necessari raccordi tra le

167 La Rete nazionale antiviolenza è intesa come una rete tematica i cui nodi sono le Autorità centrali ed

i referenti locali delle realtà coinvolte nelle azioni di integrazione tra servizio telefonico

nazionale e operatività territoriale. Il coordinamento della Rete è a cura del Dipartimento supportato dalla RTI (Le Onde Onlus, LeNove, Almaviva).

168 ARiaNnA è acronimo di: Attivazione Rete Antiviolenza Nazionale

169 Nel 2009, con l’entrata in vigore della L.38/2009 in tema di atti persecutori, il Numero ha iniziato

104 Amministrazioni Centrali competenti nel campo giudiziario, sociale, sanitario, della sicurezza e dell'ordine170.

Come si evince dal sito ufficiale del Dipartimento per le pari opportunità (DPO), i servizi inclusi nella prima mappatura nazionale del servizio Telefonico Antiviolenza Donna 1522 sono afferenti a differenti ambiti:

• Centri antiviolenza

• Strutture residenziali e di accoglienza • Consultori pubblici

• Servizi sociali di base (dei comuni capoluogo) • Aziende sanitarie locali

• Aziende ospedaliere pubbliche • Consigliere di parità

• Caritas diocesane

• Numeri pubblici di emergenza (112, 113, 118) • Pronto soccorso violenza donna

• Servizi dedicati alle donne straniere

Il (primo) Piano Nazionale, in realtà nel periodo di “validità” (tre anni) non è stato totalmente in grado di affrontare il fenomeno; la ratifica della convenzione di Istanbul e la successiva legge 119 (la prima normativa a livello nazionale interessata al “femicidio”), evidenziando le debolezze rilevate sul territorio, hanno stabilito all’art 5 della suddetta legge l’implementazione di un nuovo “Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (2015). Tra gli obbiettivi delineati, anche in questo documento è reso noto come lo stesso Piano abbia il compito di intervenire “sul fenomeno della violenza maschile contro le donne attraverso l'individuazione di azioni coordinate” ponendo “in essere azioni sinergiche tra le Istituzioni e il mondo dell'associazionismo e più in generale del privato sociale” (2015), riconoscendo l’importanza del lavoro di rete.

I Piani (2010 e 2015) presentano delle differenze; oltre all’implementazione di un lavoro di rete, tenendo in considerazione la trasversalità e la multidisciplinarietà che caratterizzano il fenomeno, due aspetti meritano particolare attenzione:

Il minore testimone della violenza agita sulla propria madre, vittima di Violenza assistita

Il trattamento/recupero degli autori di violenza

170Disponibile on line al link: http://www.pariopportunita.gov.it/contro-la-violenza-sessuale-e-di-

105 Osservando i dettami presenti nella Convenzione (Istanbul), trattandosi di un piano operativo le questioni vengono considerate non solo da un punto di vista teorico e descrittivo, ma interessando anche le procedure per affrontare il fenomeno.

Dall’analisi effettuata sull’ultimo Piano si desume come al minore venga dedicata attenzione non solo attraverso la definizione del fenomeno; all’Allegato B alla voce

Linee di indirizzo ‘Educazione’, attenzione particolare viene difatti riservata ai soggetti

che a seguito del loro lavoro, trovandosi quotidianamente in contatto con il bambino, risultano essere le figure essenziali per l’emersione del fenomeno; il minore vittima di violenza assistita infatti in primo luogo viene accolto all’interno dell’ambiente scolastico “dagli insegnanti ‘sentinelle’, che in virtù del rapporto continuo con gli studenti, possono avvertire i segnali di allarme del disagio”; un riconoscimento precoce del malessere esibito dall’alunno permette alle stesse insegnanti di inviare il prima possibile

i minori in difficoltà presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale individuate per la specifica presa in carico, quali i Consultori familiari, i Dipartimenti materno-infantili, i centri e gli sportelli antiviolenza e altre strutture idonee presenti sul territorio (Piano 2015 p. 30)

rendendo possibile l’attivazione di una presa in carico precoce dell’alunno e dello stesso nucleo familiare scongiurando l’eventuale trasmissione intergenerazionale della violenza.

Come si è visto nei capitoli precedenti, in particolar modo nel secondo, in questi anni attenzione è stata indirizzata non solo alla vittima della violenza ma anche allo stesso autore; aspetto che, innanzitutto, trova la dovuta considerazione grazie agli organismi internazionali come l'Organizzazione Internazionale delle Nazioni Unite (Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne 1993), il Consiglio d'Europa (Raccomandazione Ree 2005 “Programmi di intervento con gli autori”)e la risoluzione del 5 aprile 2011 del Parlamento Europeo (limitandosi ai più noti), i quali hanno persuaso il legislatore a dedicare una sezione del Piano all’autore della violenza. Una scelta che trova la sua ragione d’essere sia nel ritenere che le donne siano

106 estranee171 al problema della violenza, sia superando la convinzione che gli interventi progettati per gli autori di violenza siano “inconferenti” con quelli ideati per le vittime consentendo l’attuazione di azioni di contrasto efficaci (2015 p. 23).

Al fenomeno in oggetto è dedicato l’allegato G; oltre a sostenere che i programmi per gli autori debbano essere sviluppati parallelamente a quelli per le vittime, (oggetto di attenzione nel capitolo secondo), attraverso la presentazione degli strumenti istituzionali, rafforza il bisogno di lavorare costituendo una rete:

La promozione di sinergie potrà essere formalizzata con i consueti strumenti istituzionali ossia accordi e protocolli territoriali, che potranno prevedere procedure di interazione tra la rete integrata formata dagli operatori che accompagnano la donna nel percorso di uscita dalla violenza e i centri di intervento per l'uomo che ha agito violenza (Piano 2015 p. 7).