• Non ci sono risultati.

Monitoraggio del fenomeno: pubblicazione dei Rapporti

4.3 Dalla normativa alla prassi: il caso toscano

4.3.1 Monitoraggio del fenomeno: pubblicazione dei Rapporti

L’emanazione della normativa regionale ha reso necessario un primo monitoraggio sulla situazione Toscana; avvalendosi dell’osservatorio regionale sulla violenza di

genere, (un’apposita sezione istituita presso l’osservatorio sociale); in conformità a

quanto stabilito all’art 10 della legge 59/2007 (con la modifica all’articolo 40 della L.R 41/2005) dal 2009 la Regione “ha sollevato la necessità di monitorare il fenomeno e le politiche per la violenza di genere” (Bagattini, 2009 p. 3) attraverso la pubblicazione del primo rapporto: “Un analisi dei dati dei centri antiviolenza”, che attualmente è arrivato all’VIII pubblicazione. Rapporti annuali, finalizzati al monitoraggio del fenomeno affinché possa essere facilitata e resa possibile la progettazione di policies migliori “atte a prevenire nelle sue cause e quindi a sconfiggere il fenomeno della violenza” (Bagattini, 2010 p. 7).

118

a) Violenza assistita

Dall’osservazione del quadro sinottico “confronto regionale”189 si desume come

l’attenzione debba essere volta principalmente all’analisi dei rapporti pubblicati dopo il 2011; prestando attenzione ai criteri oggetto di studio in realtà emerge come l’attenzione al minore vittima di violenza assistita, sia presente già nel primo rapporto (Bagattini, 2009) nella scheda posta in appendice ed in particolar modo nel secondo (Bagattini, 2010) dove il fenomeno viene definito avvalendosi del termine anglosassone witnessed violence, designandolo come quel fenomeno “di cui sono testimoni i bambini che assistono alla violenza esercitata su una figura di riferimento”.

Con la pubblicazione del terzo rapporto al minore testimone della violenza viene dedicato un intero paragrafo; gli autori tendono a sottolineare come l’assenza del fenomeno nelle pubblicazioni precedenti non fosse dovuto allo scarso interesse mostrato dagli stessi autori, ma all’assenza di dati a livello regionale; viene resa nota la definizione proposta dal Cismai190 e vengono presentati i primi valori riferiti al fenomeno: “Su 1.572 donne, 999 dichiarano che alla violenza assistono anche i figli: si tratta del 63,5% delle rispondenti”; un dato che desta ancora maggiormente preoccupazione se si considera che “dei quasi 2.000 figli che assistono alla violenza, il 71% è minorenne” (Bagattini, 2011 p. 100).

Al tema viene dedicato ampio spazio anche nei rapporti successivi: dal 2012 un paragrafo è stato impiegato a rappresentare il fenomeno della violenza assistita sul territorio, dal 2013 il tema ha modificato anche il titolo in Piccoli testimoni di violenza:

piccole vittime, fino ad arrivare alla settima e all’ottava pubblicazione (ad oggi) che

assegna al fenomeno un intero capitolo.

Per quanto riguarda il maltrattamento sui minori, l’attenzione deve essere mossa anche al Centro regionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza che con la L.R. 31 del 2000 Partecipazione dell’Istituto degli Innocenti di Firenze

all’attuazione delle politiche regionali di promozione e di sostegno rivolte all’infanzia e all’adolescenza, ha iniziato ad interessarsi alle attività socioassistenziali dei servizi

territoriali toscani attuati per i bambini e le loro famiglie. Nel rapporto (periodo 2013-

189 Consultabile nell’Allegato 1 190 Cfr. capitolo terzo

119 2014) per la prima volta lo studio ha interessato l’analisi e la quantificazione della violenza assistita. In assenza di dati sul confronto a livello nazionale, in primo luogo l’attenzione è stata indirizzata ai Centri antiviolenza, rimarcando come i Cav afferenti al territorio Toscano, nell’ultimo triennio 2011-2013, abbiano reso noto che “3.314 donne hanno dichiarato il coinvolgimento di almeno un figlio nella violenza da loro subita” (Centro Regionale di Documentazione per l’Infanzia e l’Adolescenza, 2014 p. 15).

Nel rapporto in esame l’attenzione ai testimoni della violenza ha ottenuto rilevanza anche nel paragrafo dedicato ai “Maltrattamenti in famiglia e abusi sessuali” dove come è esplicitato nella parte introduttiva:

La sezione dedicata a questa tematica ha avuto nell’ultimo anno una profonda riorganizzazione al fine poter meglio interpretare un fenomeno in costante evoluzione quantitativa negli ultimi anni. È stata così aggiunta una nuova tipologia di reato relativa alla violenza assistita (Centro Regionale di Documentazione per l’Infanzia e l’Adolescenza, 2014 p. 24)

L’analisi non riguarda più i Cav, l’attenzione è diretta alle istituzioni; nel triennio 2011-2013 il numero di minorenni segnalati agli organi giudiziari e successivamente presi in carico dai Servizi Sociali territoriali risulta essere 794. Ponendo a confronto la popolazione di riferimento “si ottiene un tasso annuo di 1,4 vittime di violenza assistita ogni 1.000 minori residenti in Toscana” (Centro Regionale di Documentazione per l’Infanzia e l’Adolescenza, 2014 p. 26).

I testimoni della violenza agita sulle proprie madri, ottiene uno spazio maggiore nel rapporto successivo; oltre a confermare l’interesse per il problema, analizzando il periodo (2013-2015) viene reso noto l’incremento dei minori presi in carico perché vittime di violenza assistita; un valore che risulta essere in aumento del 53% passando da 794 bambini a 1143 (Centro Regionale di Documentazione per l’Infanzia e l’Adolescenza, 2017).

I rapporti Toscani e quelli afferenti al Centro regionale confermano come, nonostante l’attenzione a livello normativo risulti assente, la Regione è interessata al fenomeno che vede sempre più minori testimoni della violenza interpersonale.

120

b) Autori di violenza

Dopo aver affrontato la questione riguardante il minore vittima di violenza, è risultato necessario monitorare l’attenzione mossa dalla Toscana all’autore del maltrattamento.

In linea con quanto è emerso per il fenomeno precedente, anche in questo caso sebbene la normativa non tenga in considerazione l’autore della violenza, i Report regionali pubblicati in seguito hanno affrontato la tematica in maniera esaustiva.

Il quarto rapporto affronta la questione partendo nell’esporre la perplessità sollevata da un’operatrice (durante un corso di formazione indetto dalla Regione) sulla difficoltà riscontrata nel “tutelare le donne” se gli autori della violenza, (che siano in carcere o restino nel proprio domicilio), non interrompono il comportamento violento; partendo dall’idea che la violenza sia frutto della “società maschilista”, è stato convenuto data l’impossibilità di “debellarla senza far smettere gli uomini” come la risposta al problema fosse quindi da rintracciare nell’implementazione di servizi per uomini. (Bagattini. D., 2012 p. 75)

A livello regionale per la prima volta i servizi per gli autori della violenza trovano spazio nella sezione Approfondimenti “Tra sanitario e sociale: esempi di azioni

integrate contro la violenza di genere”, oggetto del quarto rapporto toscano.

Contrariamente a quanto si possa pensare, il capitolo non ha affrontato la tematica avvalendosi della descrizione dei servizi per uomini presenti sul territorio Internazionale o Nazionale; come è possibile osservare già nella parte introduttiva del capitolo, dopo aver illustrato quanto avviene negli altri Paesi, l’attenzione è stata subito indirizzata alla presentazione del Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti (CAM) di Firenze191 , il quale al momento della pubblicazione risultava essere attivo da tre anni.

Un’esperienza pionieristica che ad oggi ha portato alla nascita di altre realtà su tutto il territorio nazionale. Il rapporto preso in considerazione risulta essere dedicato solamente alla realtà del capoluogo; proseguendo la lettura dei volumi redatti in seguito si evince come la Toscana abbia continuato nel prestare attenzione all’uomo autore della violenza e ai servizi presenti a livello regionale. Sebbene il quinto rapporto abbia dedicato all’argomento un solo paragrafo, in quello successivo la tematica trova

121 invece luogo nella sezione di approfondimento. Dalla lettura si evince come negli anni seguenti, la Toscana abbia accolto sul proprio territorio altre esperienze simili, consentendo l’apertura di tre nuovi centri finalizzati al recupero dell’uomo “violento”; osservando le caratteristiche dei servizi offerti da ognuno, viene reso noto come la strutturazione dei programmi di recupero non possano prescindere dall’appartenenza degli sessi uomini ad una società maschilista192; a sostegno di quanto sostenuto, i centri

oltre ad occuparsi degli offenders, attraverso l’implementazione di programmi educativi che siano “in grado di agire, a livello culturale, sugli stereotipi maschili imperanti nella società” si prefiggono anche lo scopo di sensibilizzare l’intera cittadinanza (Bagattini, 2014 p. 112).

I centri apparsi nel panorama toscano sono:

• Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti (CAM) • Associazione Livorno Uomini Insieme (LUI) • Associazione Nuovo Maschile di Pisa

• Sportello di aiuto uomini maltrattanti (SAM) di Lucca

Ognuno, al di là delle specificità ha caratteristiche comuni; l’associazione sorta a Livorno (LUI) e quella afferente al territorio Pisano (Nuovo Maschile), presentano similitudini; entrambe non sono nate con lo scopo di recuperare gli autori della violenza ma hanno un passato “come gruppi di condivisione e di autocoscienza sulla figura Maschile”193, solo con il trascorrere del tempo e l’inserimento di soggetti problematici all’interno degli stessi, ha reso necessario considerare l’attivazione di programmi per “offenders” (Bagattini, 2014 p. 112).

Analizzando i dati ottenuti dalle prime indagini si può sostenere come dal 2009 (dall’esperienza pionieristica del Cam), trecentocinquanta uomini mediante una “prima consulenza, colloqui individuali, inserimento in gruppi” abbiano avuto contatti con uno dei quattro centri presenti sul territorio toscano (Bagattini, 2014 p. 126).

L’attenzione alla tematica ed in particolar modo ad una prima quantificazione del fenomeno è individuata nel VI rapporto, essendo “entrata nella sezione di

192 In realtà oggi siamo in una società post-patriarcale che preserva l’ideale maschilista 193 Aspetto considerato nel secondo capitolo

122 approfondimento dell’osservatorio sociale Regionale”; affinché fosse possibile ottenere valori più accurati, il gruppo dell’osservatorio ha elaborato un modello in grado di raccogliere i dati in maniera univoca per ogni centro. Una scheda di raccolta che per la prima volta ha reso possibile effettuare una rilevazione ed una lettura aggregando i valori afferenti ad ogni centro toscano. Nell’ultimo rapporto pubblicato si evince come

Nel I semestre del 2016 i Centri toscani per il recupero degli uomini autori di violenze hanno effettuato 52 prese in carico. In circa 1/3 dei casi la decisione di rivolgersi al Centro è avvenuta su iniziativa spontanea da parte dell’uomo, mentre risulta frequente (11 casi) la spinta da parte della partner o ex partner, presumibilmente vittima delle violenze agite dall’uomo. Tra gli invii effettuati da soggetti terzi – afferenti l’ambito pubblico o privato – si rilevano 7 invii da parte dei Servizi sociali, 5 da parte del Tribunale/UEPE (Ufficio esecuzione penale esterna) e 4 da parte di professionisti privati come avvocati e/o psicologi. L’invio, o meglio, l’indirizzo dato all’uomo di rivolgersi ad un centro per autori di violenze è avvenuto in 2 casi da parte di un centro antiviolenza.” (Bagattini, et al., 2016 p. 109)

dall’ VIII report viene anche ricordato come dall’anno successivo i centri, per effettuare “l’inserimento delle schede utenti” avranno accesso allo stesso applicativo utilizzato dai servizi appartenenti alla rete antiviolenza. Un’innovazione che secondo quanto sostenuto potrà “migliorare il sistema di raccolta dati a disposizione dell’osservatorio”.

Un aspetto che si rivela essenziale sia per gli stessi operatori che saranno messi nella condizione di poter osservare come cambiano le prese in carico con il trascorrere degli anni, sia per gli stessi decisori politici perché potranno comprendere meglio come si presenta il fenomeno sul territorio e avranno maggiori strumenti per implementare i servizi (Bagattini, et al., 2016 p.107).

Un passaggio fondamentale perché consentirà, anche per quanto riguarda i dati, di ottenere risposte integrate.

Come è stato più volte affrontato nel corso della trattazione, l’implementazione di un lavoro di rete attraverso la collaborazione di differenti soggetti istituzionali e non, risulta infatti essere un criterio essenziale per contrastare la violenza.

123 I report oltre ad affrontare gli aspetti trattati, volgono particolare attenzione all’implementazione del lavoro di rete tra i centri per uomini autori di violenza e i soggetti, istituzionali e non, attivi sul territorio: Forze dell’ordine, Questura, Prefettura, Servizi sociali, Aziende sanitarie e Centri antiviolenza, sostenendo come ogni atto istituzionale, che sia un “accordo o protocollo siglato in tal senso rappresenta un arricchimento degli interventi attuati, in ottica integrata, nei confronti delle donne che subiscono violenza e nei confronti degli uomini che invece la agiscono” (Bagattini, 2014 p. 125).

Quanto affermato consente di rammentare la necessità di rendere effettiva la collaborazione tra tutti i servizi, sia quelli nati a sostegno della donna e dei minori che quelli per gli autori della violenza; come sottolinea Grifoni, i percorsi “per gli uomini che agiscono violenza nelle relazioni affettive” sono fondamentali per aiutare gli uomini a comprendere gli errori commessi, trovando modalità alternative per rapportarsi alla moglie/compagna, ma ottengono rilevanza soprattutto per le stesse donne; in molti casi, come spesso riferiscono le operatrici dei Cav, le donne che si rivolgono anche in autonomia a chiedere aiuto, non mostrano interesse ad interrompere la relazione. Se tale reticenza a lasciare l’ambiente violento possa essere rintracciato in motivazioni differenti194, le operatrici e gli stessi servizi chiamati a rispondere alla donna, non potendo prescindere dalla autodeterminazione della stessa, hanno il dovere di trovare strategie alternative per affrontare il fenomeno.

Quanto sostenuto, risulta essere una delle spiegazioni principali che spingono a implementare i servizi per gli stessi autori; l’altro aspetto che, come si è visto195 è

imprescindibile e risulta connesso all’autore della violenza, è il minore oppresso costretto a vivere in un contesto di maltrattamento; l’attenzione al padre, in particolar modo alla valutazione e recupero del rapporto educativo padre-figlio/figlia, risulta essere un fattore determinante per l’interruzione della trasmissione intergenerazionale della violenza.

194 Alcuni aspetti sono stati oggetto di attenzione nei capitoli precedenti (Cfr. Primo capitolo e nel

Terzo capitolo, prestando particolare attenzione al 3.2 e 3.2.1)

124

QUINTO CAPITOLO

Il modello di intervento a Pisa: dallo studio di caso ad una

nuova progettualità

Gli aspetti tematizzati nei capitoli precedenti hanno costituito il frame adatto ad accogliere il caso studio fornendo le “lenti” atte a comprendere il fenomeno, permettendo di declinare la conoscenza in modelli di azione.

Apportando chiarezza ai concetti entrati erroneamente nel senso comune e ricorrendo alle indagini statistiche, è stata colta la dimensione e le differenti declinazioni della violenza maschile sul territorio Italiano. Attraverso l'analisi socio- culturale, l’emersione del fenomeno nei movimenti femministi ha permesso di giustificare l'attenzione mostrata dagli addetti ai servizi e dalla società tutta alla protezione della sola soggettività femminile, relegando gli interventi per l'uomo alla dimensione punitiva. I gruppi di autocoscienza interessati alla questione maschile gradualmente hanno decostruito la rappresentazione collettiva dell’uomo portando alla creazione dei primi servizi per gli autori della violenza. L’attenzione rilevata prioritariamente all’uomo in qualità di padre, data la presenza del minore nella dinamica relazionale, ha obbligato a considerare la violenza assistita e gli effetti ad essa connessi.

Quanto osservato nei primi tre capitoli è stato declinato nella formulazione di criteri finalizzati, data l'assenza di una legge quadro nazionale, ad una comparazione dei disposti normativi di ogni Regione. Passaggio risultato essere sostanziale per constatare l'adeguatezza, in base ai principi internazionalmente codificati, della Regione Toscana e dello stesso territorio Pisano.

È nella sussidiarietà anche a livello locale che è quindi possibile individuare il principio cardine di organizzazione dei servizi al contrasto della violenza.

Il modello di intervento regionale, analizzato dalla normativa 59/2007, nel presente capitolo prediligendo come territorio-studio il comune con maggiori risorse, verrà esaminato nel suo divenire.

La ricostruzione del percorso di implementazione del modello di rete, permette di evidenziarne anche il portato illusorio, dell’ultimo protocollo (emesso nel 2013) dalla

125 Prefettura, uno strumento operativo poco conosciuto e considerato, la cui funzione è limitata a riunire saltuariamente i firmatari per la partecipazione ad eventi o convegni sul tema.

In un secondo momento, dopo una preliminare spiegazione metodologica dei servizi oggetto di studio (Cav, Servizi sociali, Centro per autori di violenza), l’approfondimento qualitativo permetterà di cogliere le specificità di cui ciascun nodo è portatore rilevando anche eventuali debolezze; sebbene sul territorio sia presente un Centro per autori di violenza, l’assenza del servizio all’interno delle linee guida, rende il modello discutibile, concedendo spazio per nuove strategie di intervento.