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Il fenomeno in ottica diacronica attraverso le serie storiche

1.2. Violenza interpersonale come “espressione” della violenza di genere

1.2.2. Il fenomeno in ottica diacronica attraverso le serie storiche

Sono trascorsi alcuni anni prima che la violenza domestica fosse nuovamente oggetto di ricerca; nel mese di giugno del 2015, l’indagine sulla “Sicurezza delle donne”, condotta dall’Istat (maggio-dicembre 2014), consente di aggiornare i dati relativi al fenomeno della violenza contro le donne35.

Tenendo in considerazione lo schema metodologico utilizzato nella rilevazione precedente, come primo fattore viene posta attenzione alla violenza fisica e sessuale.

35 Ci si attiene solo al report redatto a seguito dell’indagine. Il testo integrale al momento della stesura della tesi

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Grafico 14 - Donne da 16 a 70 anni che hanno subito violenza fisica o sessuale da un partner

per tipo di violenza subita e per periodo in cui si è verificata

Fonte: nostra elaborazione di dati Istat. Anno 2007 e 2015

Il Grafico 14 mostra un primo sviluppo. Sebbene lo stupro e il tentato stupro presentino lo stesso valore, per quanto riguarda gli altri dati, nonostante lo scarto sia minimo, esiste. Nella prima rilevazione la percentuale di donne sottoposte a violenza fisica o sessuale è pari a 14,3% mentre nell’ultima indagine è 13,6%. Lo stesso vale per la violenza fisica, la percentuale da 12% scende a 11,6%.

Invariata o quasi rimane invece la percentuale delle violenze rilevata negli ultimi 12 mesi: 2,4% (2006) e 2% (2014).

Un miglioramento che seppur limitato, è indice “di una maggiore informazione, del lavoro sul campo ma soprattutto di una migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno”(Istat, 2015 p. 1) in un clima sociale che condannando la violenza in ogni sua forma, per la prima volta ha prestato attenzione non solo alle donne ma anche a chi agisce violenza rendendo possibile la nascita dei primi “Centri per uomini autori di violenza”36.

Approfondendo lo studio, e ponendo attenzione alle modalità con cui gli uomini (partner o ex partner) agiscono la violenza, è possibile notare un aggravarsi della stessa.

36 L’anno dell’indagine 2014 erano già presente un discreto numero; il primo risale al 2009 (cfr: II

Capitolo) 14,3% 12,0% 6,1% 2,4% 2,4% 13,6% 11,6% 5,8% 2,4% 2,0% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16%

violenza fisica o sessuale da un partner attuale o precedente

violenza fisica da un partner attuale o precedente violenza sessuale da un partner attuale o precedente stupro o tentato stupro da un partner attuale o

precedente

violenza fisica o sessuale negli ultimi 12 mesi da un partner attuale o precedente

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Grafico 15 - Donne da 16 a 70 anni che hanno subito violenza da un partner nel corso della vita,

per forme di violenza subita

Fonte: nostra elaborazione di dati Istat. Anno 2007-2015

Dall’analisi del grafico 15 compare come l’opzione: schiaffi/calci/pugni passi da 47,8% a 77,8%; attenzione particolare deve essere indirizzata alle modalità più violente; si assiste infatti ad un aumento esponenziale delle opzioni: “minacciate o

colpite con armi”, “ustioni e tentativi di strangolamento” e “violenza fisica in modo diverso” che raggiungono il 51,6%, 79,6% e 23,5%.

Grafico 16 - Donne che hanno subito violenza fisica o sessuale dal partner nel corso della vita:

ferite subite, timore per la propria vita al momento della violenza, gravità percepita del fatto.

Fonte: nostra elaborazione di dati Istat. Anno 2007 e 2015

65,40% 51% 77,80% 58,60% 51,60% 79,60% 23,50% 63,40% 48,60% 47,80% 25,20% 6,80% 6,60% 3,90% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% strattonamenti/spinte minacciata di essere colpita fisicamente schiaffi/calci/pugni colpite con un oggetto minacciate o colpite con armi ustioni o tentativi di strangolamento violenza fisica in un modo diverso

2006 2014 27,1 21,3 34,5 37,8 36 44,6 0 10 20 30 40 50

Ha riportato ferite Ha avuto paura che la sua vita fosse in pericolo

L'episodio è stato molto grave

33 Dal nuovo grafico infatti è visibile un aumento della percentuale di donne che hanno riportato ferite (dal 27,1% al 37,8%).

Analizzando le risposte rese dalle intervistate per quanto riguarda la percezione della violenza: quelle che hanno temuto per la propria vita passano dal 21,3% al 36%; stesso aumento è rilevato anche nella situazione in cui il campione abbia ritenuto che la violenza sia stata “molto grave”.

Alla luce dell’ultimo aspetto preso in considerazione, l’aumento delle violenze ritenute più acute potrebbe essere spiegato avvalendosi di due motivazioni: attenendosi a quanto ipotizzato dall’ente stesso, una prima interpretazione confermerebbe l’effettiva gravità della violenza; l’altra spiegazione potrebbe però essere ravvisata in una rinnovata consapevolezza delle donne nel riconoscere il fenomeno e nella conoscenza dei propri diritti; un aspetto confermato anche dal cambiamento percettivo rilevato sulla sensazione del danno a loro causato. Per confermare quest’ultima ipotesi risulta utile esaminare l’ultimo grafico.

Grafico 17 - Donne da 16 a 70 anni che hanno subìto violenza (fisica o sessuale) nel corso della

vita. Valutazione dell’episodio

Fonte: nostra elaborazione di dati Istat. Anno 2008 e 2015

La figura mostra infatti una nuova percezione sull’idea della violenza. Le donne (rispetto alla prima rilevazione) nel 35,4% dei casi risultano essere consapevoli che si tratta di un’azione perseguibile penalmente (prima solo il 18,2% riteneva la violenza subita un “reato”); nonostante la percentuale “qualcosa di sbagliato” sia rimasta la stessa, la percentuale di donne che ritenga il fatto solo “qualcosa che è accaduto”, come è possibile osservare dal Grafico 17, passa dal 36% al 19,4%.

18,2% 44,0% 36,0% 35,4% 44,0% 19,4% 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50% un reato

qualcosa di sbagliato ma non un reato

solamente qualcosa che è accaduto

34 Così sebbene a prima vista l’analisi dei dati sembrerebbe protendere verso un aggravarsi dell’agito violento, in realtà la spiegazione dei nuovi valori risulterebbe essere caratterizzata da una maggiore consapevolezza acquisita dalle donne sul fenomeno stesso; ipotesi confermata dall’aumento della percentuale di donne che configurano la violenza un reato (Grafico 17).

Come evidenzia (anche) lo stesso Istat però:

La violenza all’interno delle relazioni di coppia non si limita alle violenze fisiche, alle minacce o alle violenze sessuali, ma può manifestarsi sotto forma di violenza psicologica ed economica che la letteratura internazionale indica con i termini verbal abuse, emotional abuse e financial abuse (Istat, 2015 p. 12).

Osservando i nuovi valori possiamo rilevare un trend negativo anche per quanto riguarda quella psicologica; nelle varie categorie considerate è riscontrabile una netta diminuzione delle donne che dichiarano di esserne state vittime. Anche quella economica, sebbene sia diminuita di pochi punti, risulta inferiore: dal 2,0% a 1,4%37.

Confrontando i dati ottenuti nella rilevazione del 2006 e quelli rilevati con l’indagine del 2014 sembrerebbe delinearsi un quadro ottimistico38.

Tra le domande poste al campione, particolare attenzione è stata dedicata al fenomeno dello stalking; sebbene nella prima indagine a riferire di essere vittime dell’“atto persecutorio” (dall’ex partner) siano state 2 milioni 77 mila donne, nella nuova rilevazione viene introdotto un nuovo elemento: la perseguibilità penale.

In seguito all’introduzione del nuovo criterio, si osserva una diminuzione delle vittime del reato, con un valore che si attesta sulle 1.524.800 donne.

Dall’analisi delle risposte rese dalle intervistate emerge un altro aspetto innovativo; nella prima indagine l’attenzione era volta a verificare il numero delle donne vittime di stalking considerando solamente le persecuzioni commesse dagli ex partner; in questa nuova indagine invece viene fatta rientrare nell’analisi anche “la rilevazione dei

37 I valori non corrispondono a quelli presentati in precedenza perché il report del 2015 (indagine del

2014) utilizza parametri differenti Nel primo caso analizzato, la percentuale è ottenuta rapportando i valori corrispondenti a “100 donne vittime di violenza psicologica”; in questo caso invece i valori sono rapportati a “100 donne con il partner attuale” (16,5 milioni).

38Il paragone è reso possibile dalla stessa modalità utilizzata e dalle stesse categorie utilizzate per

35 comportamenti persecutori subìti da parte di altre persone, che raggiungono i 2 milioni 229 mila donne” (Istat, 2015 p. 16); il numero delle intervistate che dichiarano di essere vittima del reato di stalking ottiene così un valore pari ai 3 milioni 466 mila.

La persecuzione effettuata dagli estranei, sebbene risulti difficile da porre a confronto con i valori emessi nell’indagine precedente (la stessa infatti ha studiato il fenomeno solamente considerando gli ex partner), conduce all’ipotesi che il trend positivo riscontrato sia dovuto al fatto che l’atto persecutorio, essendo configurabile come reato, risulta essere un “valido” deterrente. Stessa spiegazione può essere ravvisata nella diminuzione degli stalker (nella figura dell’ex partner).

Le donne che hanno subìto una storia di stalking da parte del proprio ex partner l’hanno avuta nel 60% dei casi prima della legge del 2009, il 38,7% negli ultimi 5 anni ed in particolare il 14,8% negli ultimi 12 mesi (Istat, 2015 p. 16)

Dall’estratto risulta confermata l’ipotesi che sostiene come l’essere perseguiti penalmente sia un fattore deterrente al commettere il reato.

Alla luce dei valori ottenuti dall’indagine si può quindi sostenere che la conversione del decreto-legge “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla

violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”39 sia un provvedimento utile al

contrasto della violenza sulle donne.

Le previsioni in alcuni casi però possono essere disattese; una legge difficilmente è in grado di eliminare del tutto un atto contrario al diritto se prima non si tenta di comprenderne la motivazione che spinge a trasgredirlo.

Si ha la certezza che in questo caso40 sia necessario solo un provvedimento normativo che perseguiti penalmente l’autore, e renda più severe le pene per impedire il suo proseguo? C’è chi considera lo stalking un disturbo mentale (Galeazzi, Curci e Aramini)

Definendolo “come espressione di una malattia o disturbo psicopatologico” che potrebbe essere dovuto ad “un’erotomania

39 Legge 23 aprile 2009, n. 38 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 febbraio

2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori" Consultabile on line al sito: http://www.gazzettaufficiale.it/

40 Ci si riferisce allo stalking ma il discorso può essere esteso a ogni azione contro le donne, ogni atto

36 non delirante o borderline o un inseguimento ossessivo” (Baccaro, 2009 p. 10)

Altri, ricorrendo alla teoria della “costruzione sociale” cercano invece di comprendere l’essenza, la natura stessa del fenomeno partendo dal contesto sociale in cui l’uomo si trova.

Riflettendo sulla situazione Italiana, risultano essere pochi anni che l’attenzione pubblica si è interessata agli “atti persecutori” a danno delle donne; un problema che risulta relativamente recente dato che solamente nel 2009 è entrato a far parte dei reati penali. Lo stalker, individuato nella figura del partner

non è altro che un uomo incapace di accettare la fine di una relazione sulle quali ha investito le proprie speranze per il futuro. Venti o trent’anni fa quest’uomo avrebbe avuto l’approvazione sociale per le sue azioni in quanto legittimato a perseguitare la partner per farla tornare nei suoi passi in quanto questa non aveva alcun potere decisionale e doveva sottostare ai compromessi dell’uomo (Baccaro, 2009 p. 12).

Un aspetto interessante che a fronte della trasformazione della società induce a riflettere su quali strategie sia opportuno implementate per soccorrere chi non è in grado di adattarsi all’evoluzione.

Nella prima parte della trattazione è stato più volte sostenuto come il femicidio non sia l’esito di un raptus improvviso ma la conseguenza estrema della violenza interpersonale che, se trascurata, con il trascorrere del tempo può raggiungere ad un’escalation tale da porre in grave pericolo la stessa donna; le motivazioni che possono condurre un uomo ad uccidere la propria partner risultano individuate nella decisione della stessa di separarsi; i dati presentati all’inizio del capitolo difatti hanno rilevato come il periodo a più alto rischio sia proprio nei novanta giorni successivi alla separazione (cfr. Grafico 7) rendendo possibile la connessione con il fenomeno dello stalking da ex partner .

Alla luce di questi dati risulta necessario domandarsi quale strategia possa risultare efficace per contrastare il fenomeno e soprattutto risulta d’obbligo stabilire se le

policies per il contrasto alla violenza siano realmente efficaci o pecchino nell’ oscurare

37 consapevoli della fine della società patriarcale41 e delle ricadute che questa evoluzione ha prodotto sull’uomo

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SECONDO CAPITOLO

Centri per uomini autori di violenza: le radici socio-culturali

Nel primo capitolo, avvalendoci dei dati emessi da Istat e Eures, abbiamo considerati i diversi aspetti e declinazioni che la violenza maschile sulle donne assume nel territorio Italiano. Come abbiamo visto l’aumentata consapevolezza si traduce anche in una capacità diffusa di identificare significati e tipologie42. Nominare un fenomeno, definirlo, infatti è il primo passo per riconoscerlo e poterlo affrontare ed è grazie a tali processi che si è potuto identificare lo spazio privato come il principale contesto nel quale tale violenza si esplica. La famiglia, luogo di cura e affetto diventa così il principio di questa nuova realtà43.

Per quanto i dati siano recenti, è evidente che il fenomeno affonda le proprie radici nella costruzione sociale dei generi, maschile e femminile, e dalla disparità di potere che caratterizza la loro relazione, a partire dal patriarcato44 e proseguendo verso la

costruzione del modello famigliare fondato sul malebradwinner. Oggi, si è preso semplicemente consapevolezza della sua esistenza e, senza voler entrare nel merito delle trasformazioni che hanno consentito tale tematizzazione45, risulta interessante ai fini del presente lavoro, considerare la matrice culturale di tale consapevolezza e del suo divenire.

Partendo dallo sviluppo del processo di autocoscienza femminista - il parlare di sé - delle donne, il lavoro considera le trasformazioni intervenute a seguito del crescente

42 Nel capitolo precedente si è parlato di violenza, declinandola in quattro forme principali: Fisica,

Sessuale, Psicologica ed Economica. Nonostante possa essere inserita nella categoria “Psicologica”, attenzione deve essere mossa anche al reato di stalking.

43 Come si è potuto osservare nel Primo capitolo, la prima indagine ufficiale risale al 2006.

44 “È stato chiamato Patriarcato quel sistema di dominio degli uomini sulle donne che a livello materiale

e simbolico ha permeato di sé cultura, religioni, politica, relazioni pubbliche e private. Nel lento passaggio dalla preistoria alla storia, è successo qualcosa che ha cambiato radicalmente i rapporti tra donne e uomini e ha posto le basi per l’affermarsi di un potere dispari in cui la differenza sessuale da dato naturale è diventata pretesto per gerarchie improprie che hanno giustificato per millenni il potere maschile e la subordinazione femminile.” (Marcodoppido, 2013)

45 “i valori, le tradizioni e persino le leggi che consideravano la violenza domestica contro donne e

minori un “fatto naturale”, normale, addirittura giustificabile e socialmente accettato sono state dominanti per un tempo superiore a quanto si possa immaginare, rendendo a lungo opaca, se non invisibile, la violenza di genere proprio perché essa coincideva con quei valori.” (Cocchiara, 2013)

39 protagonismo maschile, che attraverso loro associazioni e gruppi (Maschile Plurale) hanno sensibilmente contribuito ad arricchire la prospettiva di analisi.