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Cronache e cronisti come testimoni della vita gesuitica nell'esilio faentino

Lo scenario della rete

4. Cronache e cronisti come testimoni della vita gesuitica nell'esilio faentino

Uno dei primi a lasciar traccia sui gesuiti fu V. Monti468 educato durante 5 anni nel

Seminario di Faenza 1766-1771469 considerato dal Lanzoni -storico locale- uno dei

centri culturali più in vista della Romagna della fine del XVIII secolo.

Monti raccontò che il giorno 16 settembre del 1768 arrivarono in città “moltissimi gesuiti Spagnuoli, Indiani, e dal Paraguai e andarono alla Posta470, ed alla ostaria detta di

Pataìhone”. Furono ospitati, come ripettono tutte le cronache, “in molti palazzi nobiliari”. Secondo i contemporanei arrivarono in un pessimo stato fino al punto che i vicini affermavano: “vendevano compasione, per essere in stati miserabili, cioè male vestiti, pessima cera, miserabili”. La sorpresa dovette essere tale che il seminarista faentino assicurava che la popolazione si aspettava giorno per giorno l'arrivo di tanti altri “se ne attendevano spre.de die, in die”. Il loro arrivo colpì fortemente l'opinione

467 Seguo in parte le interessantissime riflessioni fatte da N. Lafi, Cronache civiche e microcosmi cittadini:

Tripoli nell’Ottocento, in: Il Mediterraneo delle città, Paolo Militello et Enrico Iachello, 2011, p. 233-240.

468 Vincenzo Monti è stato un umanista faentino della seconda metà del XVIII secolo. Vedere F. Lanzoni,

Vincenzo Monti nel Seminario di Faenza, in «Valdilamone», fasc. II, 1928, pp. 3-22. Sugli insegnanti del Seminario faentino del XVIII e XIX secolo va segnalata l’opera di F. Lanzoni, Alcune memorie dei Maestri di Belle Lettere del Seminario di Faenza, Faenza, 1894

469È da sottolineare che il suo periodo come seminarista coincide con l'arrivo e sistemazione a Faenza

degli esuli americani, circonstanza che avrà possibilemente segnato la sua educazione.

pubblica che rimase perplessa per la quantità di stranieri che riempirono all'improviso “le Locande, e le moltissime case di Nobiltà”. Per l'autore della cronaca Monti l'impatto fu tale che a Faenza circolava il seguente proverbio: “Faenza da Piazza d'Arme per i soldati Papalin diventò un gran Colleggio di Gesuiti”.

Pochi mesi dopo il loro arrivo troviamo già i gesuiti in modo stabile a prendere parte alle celebrazioni della B.a V.e delle Grazie patrona di Faenza471 per le scosse del terremoto

verificatesi un mese dopo il loro arrivo:

Li 28 1768 si scoprì che la B.a V.e delle Grazie per (…) scosse di teremoto, e stette scoperta per tre giorni, ma però a certe ore del giorno472.

Un numero importante di americani trovò ospitalità, come sottolineano le cronache, a partire del 8 dicembre 1768 presso il precedentemente rimodelato ospizio di S. Nevolone dove andarono ad abitare in 60 organizzandosi tra anziani e malatti come meglio poterono. Il cronista raccontava che alcuni mesi dopo durante l'estate è precisamente il 27 luglio 1769 organizzarono una bella festa con partecipazione popolare in onore della Beata Vergine. Uno dei testimoni di quel periodo che aveva avuto maggiori informazioni, forse direttamente dagli ex gesuiti, fu l'autore dell'aggiunta della cronaca Zanelli, Don Luigi Querzola473 il quale offrì alcuni spunti utili alla

descrizione della vita gesuitica vista dai suoi contemporanei. Fu il primo a segnalare che i gesuiti provenivano dalla Corsica prima di arrivare a Faenza e che avevano dovuto abbandonarla per essere stati cacciati dai francesi. Segnalava anche che gli esuli percepivano una pensione annua della Corona spagnola di 72 scudi e che erano andati

471 La Madonna delle Grazie è la patrona principale della Città di Faenza e della Diocesi di Faenza-

Modigliana, dove viene ricordata il sabato precedente alla seconda domenica di maggio. L'immagine è venerata in una fastosa cappella della Cattedrale: si tratta di un affresco mutilo del XVI secolo, che ritrae la Vergine nell'atto di spezzare delle frecce.

472Cronaca Monti

473 Don Luigi Querzola era nato a Faenza il 14.09.1772, fratello Di Tommaso (Anagrafe Napoleonica),

ospiti di vari signori faentini come “li Sig.ri: Cantoni-474Cattoli, Orefici, Costa475, Can.co

Spada476, Troncossi, Sinibaldi477, Ginnasi478-Ghetti479, Marchetti, Mengolini480, e Guzzi”,

alcune delle più influenti famiglie della nobiltà faentina. Il Querzola offre informazioni diverse a quelle indicate dal P. F. Miranda481 e dal P. Peramás sulla costituzione presso il

Palazzo Zanelli482 del seminario di Teologia e Filosofia dove finirano i loro studi gli

studenti provenienti dal collegio di “Córdoba”483. La situazione più probabile è che

esistessero col passare del tempo diverse case dove i novizi americani frequentavano le loro lezioni come la chiamata “La Isola” dei Conti Cantoni o la casa del canonico Fanelli vicino alla Cattedrale.

Le notizie delle cronache dettagliano anche che si trovavano a Faenza altri gesuiti provenienti dalle Provincie di Quito e dell'Andalucia i quali abitavano “in casa di

474 Il dizionario biografico della Biblioteca manfrediana di Faenza afferma che la famiglia Cantoni si

trasferì a Faenza nella prima metà del sec. XVII, proveniente da non si sa quale altra città. Il primo di questa famiglia ricordato in un rogito del 30 maggio 1639, è un Magister Franciscus Cantoni che aveva un fratello di nome Giambattista. Questo fu il capostipite del ramo da cui nacque il padre di Mons. Cantoni. (Valgimigli "Memorie storiche di Faenza"). La famiglia Cantoni si estinse in Faenza con la morte del c.te colonnello Valerio il 5 aprile 1873. (M.C.) 1796: famiglia nobile che dava membri al Consiglio Municipale. (E.G.). Tra queste famiglie citiamo coi soli nomi quelle dei Cantoni, dei Cattoli e dei Curroli. 1797, 2 febbraio: un colpo di cannone francese uccide il ministro di casa Cantoni che si trovava sulla porta del palazzo. (E.G.).

475 Famiglia Costa 1796: famiglia nobile che da membri al Consiglio Municipale. (E.G.)

476 La famiglia Spada fu una importante famiglia presente nella valle del Lamone, specie in Brisighella, e

a Bologna, nella Roma papale del ‘600 e infine a Faenza, oggi assai frequente in ogni ceto sociale faentino. Nel 1742 Carlo Emanuele III di Sardegna, che aveva abbracciato la parte imperiale durante la terza delle guerre di successione, quella per il trono austriaco, di passaggio a Faenza fu ospite del m.se Leonida Spada. Poi, la famiglia scompare dall’ambiente cittadino.

477 Nel 1786 Francesco Conti, erede d'uno zio della casa Sinibaldi, fece costruire al Pistocchi il palazzo di

c.so Mazzini, ora di proprietà della Banca Popolare; e l'opera fu terminata dal Tomba, poi rimaneggiata ancora, e conserva all'interno alcuni ambienti con decorazioni di Felice Giani: Ai Conti appartenne anche la villa delle Fabbriche, sulla via Emilia di ponente, passata poi, attraverso un matrimonio ai Quarantini ed infine ai Zanelli.

478 1796: famiglia nobile che da membri al Consiglio Comunale (E.G.) senza altri dati.

479 Non ci sono tracce di questa famiglia nell'Elenco di Famiglie nobili faentine, soltanto compare come il

nome di un palazzo, il Ghetti Masolini di corso Matteotti.

480Esiste a Faenza un vecchio palazzo Mengolini Sali nella centrale via Cavour purtroppo non si trovano

dati su questa casata nobile

481 Vedere la biografia di D. Muriel scritta dal P. F. Miranda.

482 Le stesse notizie sono riportate nella compilazione di notizie e cronache conosciuta con il nome di

“Schedario Rossini” consultabile alla Biblioteca Manfrediana di Faenza.

“sett. 16 Giungono dalla Corsica a Faenza molti PP. Ex-Gesuiti già espulsi dalla Spagna e dall'America spagnola.

Circa 400 a Faenza, se ne raccolsero essendo stata assegnata Faenza come rifugio ai Gesuiti della Prov. Del Paraguai, ed anche del Quito e dall'Andalusia. Furono ospitati specialmente dai Sigg. Cantoni, Cattoli, Orefici, Costa, Can. Spada, Troncossi, Sinibaldi, Ginnasi, Ghetti, Marchetti, Mengolini e Guzzi; e nel Palazzo Zanelli aprirono una scuola di Filosofia e Teologia”.

particolari pagando la loro dozzina”. Alla fine del 1768 la quantità di esuli gesuiti che dimorano nella città di Faenza484 erano secondo le cronache “400 incirca”485:

Adì 16 settembre 1768. Pervennero nella nostra città di Faenza molti Padri Gesuiti; quali dimoravano nell'Isola di Corsica. Questi sono li exgesuiti espulsi dal Rè di Spagna dà suoi Stati sì d'America come di Spagna. Dimoravano come dissi nell'Isola di Corsica, ma non essendo stato possibile ad essi ivi restare per esser ripiena detta Isola di Francesi, sono stati ammessi dal S. Padre Clemente XIII nel tuo Stato. Il Rè di Spagna passa a detti Padri scudi 72 di annua pensione. Vari signori faentini alloggiarono nelle loro case detti Padri, che di giorno in giorno sopragiungeva. Tra questi furono li Sig.ri: Cantoni Cattoli, Orefici, Costa, Can.co Spada, Troncossi, Sinibaldi, Ginnasi Ghetti, Marchetti, Mengolini, Guzzi. Alla Provincia del Paragui è stata assegnata per sua stanza la città di Faenza, la quale ha posto uno studio di Teologia e Filosofia nel Palazzo Zanelli. Ve ne sono ancora del Quito, e della Andalucia quali abitavano in casa di particolari pagando

484 Non sono riuscita a trovare una statistica della popolazione attendibile per la decade del '60. Il Rossini

segnalava per l'anno 1795 i seguenti calcoli:

1795 (agosto) Statistica: pop. Della città di Faenza 16.744 anime

27 parrocchie, case religiose 15 maschili, 12 femminili, ecclesiatici 982, chiese pubbliche 60. In tutta la diocesi 2173 ecclesiastici (cioè 858 preti, 406 chierici, 348 religiose)

Nel 1795 (agosto) su una popolazione di 16.744 anime la popolazione di Faenza contava con 290 preti, 176 chierici, 217 religiosi, 299 religiose, e in tutta la diocesi (allora più vasta che ora): 858 preti, 406 chierici, 348 religiosi, 571 religiose.

Le Parrocchie Urbane erano 24 (S. Abramo, S. Antonino, S. Antonio Ab., San Bartolomeo, S. Biagio (già S.M. Di Guido), S. Clemente, S. Croce, S. Emiliano, S. Eutropio, S. Giacomo (della Penna), SS. Filippo e Giacomo dei Servi, S. Ilaro, SS. Ippolito e Lorenzo, S. Marco, S. Margherita, S. Maria in Broilo, S. Maria Madd. Della Commenda, S. Michele, S. Niccolò, SS. Salvatore, S. Savino, S. Terenzio, San Vitale.

14 case religiose maschili (Domenicani, Camaldolesi di S. Giovanni e S. Ippolito, Cistercensi in S. Maria Nuova, i Celestini, gli Agostiniani, i Frati Minori, Coventuali, Osservanti e Cappuccini, i Carmelitani, i Trainitarj, (in S. Giorgio) i Terziari Francescani regolari (al Paradiso) e i Fatebenefratelli dell'Ospedale degli Infermi.

12 case religiose femmenili (...) In tutto 80 chiese e oratori pubblici.

La popolazione della città, borgo e sobborgo nel 1794 ammontava a 20858 ab. A quel tempo inoltre vi erano a Faenza i seguenti Istituti:

Il Seminario Diocesano, il nuovo Ospedale Infermi presso porta imolese, il Conservatorio Ghidieri, quello dei Mendicanti (presso S. Agostino), l'Orfanatrofio delle Michelline, l'Orfanatrofio maschile del SS. Crocifisso (O. S. Giuseppe), l'Ospedale dei Proietti od Esposti (Casa di Dio), L'Ospedale di San Pietro in Vincoli per i sacerdoti che andavano a Roma, l'Ospedaletto o Ricovero dei poveri in parr. S. Michele.

485 Anche la Cronaca Faentina d'un Anonimo forse dell'Ab. Cesare Mengolini ripette gli stessi dati:"Adì

16 settembre 1768 giunsero in Faenza molti Gesuiti. Varj signori allogiarono nelle loro case detti Padri, essendo piene le locande della città per lo straordinario numero di essi Padri, tal che giungono a 400 incirca".

la loro dozzina. Tutti li Gesuiti che al presente dimorano nella città di Faenza sono 400486 incirca.(...)487

Alcuni degli aspetti descritti da questo cronista fanno ricordare alle continue lettere spedite dai superiori spagnoli al generale Ricci in cui si comunicava che erano stati espulsi effettivamente dai francesi dalla Corsica e che i timori della Segreteria di Stato era quello di una vera e propria invasione di migliaia di religiosi gesuiti nello Stato Pontificio organizzati in piccoli gruppi. Tra le carte al governatore Torrigiani N. Guasti segnala che in una lettera del fondo Gesuiti del A.S.V. scritta da un ignoto si dichiarava che dalla Corsica molti gesuiti spagnoli erano andati a dimorare a Genova, e per le riviere, ma avevano avuto ordine dal Re di Spagna di portarsi a Roma motivo per il quale si aspettavano giorno per giorno diversi gruppi di gesuiti spagnoli ed americani488.

E' necessario sottolineare che il continuo arrivo di gesuiti spagnoli che volevano secolarizzarsi a Roma si era aumentato durante il 1768 e nonostante il fatto che Ricci si rifiutassi di riceverli al Gesù aumentavano giorno per giorno il loro insediamento in diversi quartieri della città capitale. Altri casi di gesuiti “indisciplinati” si verificò anche con un gruppo di 23 gesuiti probabilmente paraguaiani che decisero di andare per conto proprio a vivere ad Ancona. O come nel caso di F. Gilij che in contraposizioni alle direttive del governo all'arrivare in Italia va a fare visita alla sua famiglia a Legogne di Norcia nell'Abruzzo489. Ai Superiori delle varie province era arrivata una lettera del

Generale Ricci in cui raccomandava di aver particolare cura degli studenti per evitare defezioni, motivo per il quale appena radicati nelle nuove terre tentarono di ristabilire i collegi e gli studi filosofici il prima possibile. Bisogna segnalare che sebbene durante la permanenza nel Puerto di Santa Maria si era iniziata a frantumare la coesione della provincia Paraguaiana dal punto di vista formale questo non si verificò in tutti i casi dal punto di vista delle reti relazionali. Nei primi tempi molti ignaziani isolarono quelli che

486 La popolazione del Comune di Faenza al censimento del 1812 risulterà di un totale di 26.550 abitanti,

13.224 abitanti nella città e il resto nella campagna.

487Una situazione simile fu quella descritta dal P. Luengo nel suo Diario in cui racconta come insieme alla

redazione del suo Diario divideva il suo tempo a Bologna come Maestro di Filosofia degli scolari gesuiti che erano stati i suoi alunni a Santiago di Compostela. Vedere I. Fernández Arrillaga, ed E. Marchetti, La Bolonia que habitaron los jesuitas hispánicos (1768-1773), Edupress, Bologna 2012, p. 12.

488Vedere N. Guasti, L'esilio..., p. 37, 38 nota 20.

489Vedere anche sul destino territoriale dei gesuiti Baldacchini, L. e Manfron, A. (a cura di), Il libro in

Romagna. Produzione, commercio e consumo dalla fine del secolo XV all'età contemporanea, Firenze,

Olschki, 1998, vol. 2, pp. 557-657. In questo libro si spiega perche all'inizio a Cesena non arrivò nessun espulso. Soltanto dopo alcuni anni del loro arrivo andranno ad abitare a Cesena J. Osuna e L. Hervás.

avevano manifestato la volontà di secolarizzarsi490 condannando la loro fragilità di

spirito, ma col passo del tempo il corpus di cui avevano formato parte durante i loro studi si ricomposse e tornarono a essere solidali. Molti di questi ultimi continuarono a godere dei benefici delle reti relazionali di cui avevano fatto parte prima della loro rinuncia alla Compagnia. Nei carteggi di Camaño, Ocampo, Juárez y Villafañe sono presenti duranti gli anni dell'esilio alcuni dei primi secolarizzati come R. Rospigliosi, E. Castañares, P. Nogal; J. Rivadavia, F. Martínez, e P. Arduz verso i quali agirono, dopo i primi momenti di confusione e di fredezza, con un trattamento di uguale natura a quelli che non avevano mai abbandonato l'Istituzione religiosa.

Per quanto riguarda ad altre cifre in riferimento agli esuli l'unico che riesce ad avere informazioni di prima mano sulla quantità totale dei gesuiti espulsi nel contesto faentino fu il Valgimigli491,e così le riversava nelle sue memorie Storiche di Faenza 1718-1793492,

dove affermava che la quantità esatta di espulsi da parte della Corona spagnola ascendeva a 5000 ignaziani.

Da Carlo III re di Spagna cacciati nel precedente anno i gesuiti dà suoi Stati in numero di ben cinque mila493, e dal medesimo inviati poscia sull'esempio

del Portogallo nei domini della Chiesa. Seguiva che à 16 del settembre e il dì appresso ne giunsero nella città nostra intorno a quattocento così male in arnese e macilenti, che destavano compassione negli animi di tutti onde molte nobili famiglie ne accolsero alquanti nelle loro case e largamente li sovvennero del bisognevole, dè quali poscia nel seguente mese meglio che cinquanta recaronsi ad abitare nell'abolito ospedale di b. Nevolone.

490Questi furono i sacerdoti J. Del Po, R. Rospigliosi, E. Castañares, P. Nogal, F. Gaete; tre studenti J.

Rivadavia, F. Martínez, J. Achard, e un coadiutore P. Arduz.

491 L’opera manoscritta compilata da Gian Marcello Valgimigli composta da 18 volumi manoscritti,

integrati da altri 6 volumi di aggiunte - costituisce il Ms. 62 della Biblioteca Comunale di Faenza descritto anche nel volume XXVIII degli Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d’Italia a cura di Giuseppe Mazzatinti. Il Valgimigli andava per archivi privati ed statali, prendeva appunti e dopo li trascriveva nella sua cronaca.

492Valgimigli, "Memorie storiche di Faenza 1718-1793", p.14 1768

493 Bisogna sottolineare che nel 1767 l'Assistenza spagnola della Compagnia era numericamente la più

consistente dopo quella tedesca: alle quattro Province presenti nel territorio metropolitano: Castiglia, Toledo, Aragona (che comprendeva anche le isole Baleari) e Andalusia (sotto la cui giurisdizione ricadeva anche l'arcipelago delle Canarie), si aggiungevano le sette Province indiane: Messico, Paraguay, Perú, Quito, Cile, Nuova Granada o Santa Fé, e Filippine.

Questo primo arrivo secondo il Diario di Peramás si traterebbe di quello dei gesuiti della Provincia di Quito che anticiparono di 8 giorni l'arrivo dei paraguaiani il 24 settembre che finirono, secondo il diarista, per essere ospitati nel seminario vescovile e nel Convento di Santa Maria dei Serviti494. Circostanza del tutto ignorata dalle cronache

faentine che non menzionano mai questi due alloggi per i gesuiti americani. Nel frattempo quelli della Provincia di Santa Fé erano stati ospitati a Forlí, a Rimini e i cileni a Imola. Soltanto dopo il 29 settembre con l'arrivo di una gran parte di ignaziani provenienti dal Paraguay i quiteños decissero di trasferirsi a Ravenna. Gli alloggi furono scelti con la viva partecipazione della nobiltà faentina grazie all'intervento di due gesuiti faentini il P. Canestri e il P. Correa. Questi due ignaziani aiutarono gli americani a trovare anche stanze presso le case private dei faentini e presso il Convento di San Giovanni di Dio e la casa che i filippini avevano accanto alla Chiesa del Suffragio495.

Nel caso dello stesso diarista Peramás si sa che andò a vivere, nei primi giorni di ottobre, insieme a una ottantina d'ignaziani del Colegio Máximo de Córdoba in una villa suburbana dei Conti Cantoni dove si riunì per la prima volta il corpo di scolari e sacerdoti dell'istituzione cordobesa496, la quale dopo poco tempo sarà trasferita al

Palazzo cittadino del Conte Zanelli sotto la direzione di Muriel. Il rettore del Collegio di Cordoba arriverà a Faenza qualche giorno dopo con due disposizioni da mettere in atto immediatamente, la prima che era stato incaricato il P. Robles come Provinciale in sostituzione del P. M. Vergara497 (rimasto a Yapeyú-Corrientes) e che egli stesso era stato

nominato come rettore del Colegio Máximo a conferma delle disposizioni impartite prima dell'espulsione da parte dello stesso Generale Ricci.

Il pagamento della prima pensione nell'esilio italiano arriverà per la prima volta il 29 ottobre ed il rettore D. Muriel avrà l'idea di radunare tutte le pensioni in un unica cassa comune per conservare uniti in qualche modo i destini dei più giovani e contrastare le possibili defezioni senza evitare le immediate rinunce da parte del coadiutore D.

494 Peramás, Diario, p. 203-217. 495 A.R.S.I. Paraq. 21 p. 209.

496Appena stabiliti in questa villa il 14 ottobre si diede inizio ai primi esercizi spirituali di Sant'Ignazio a

Faenza da parte di tutti gli ignaziani americani ed italiani che si trovavano in città.

497 Il P. M. Vergara era rimasto a Yapeyú (Corrientes) fino al 1768 e morto dopo il viaggio d'esilio nel

Fernandez e dello studente D. Rosel que cercarono di tornare in Spagna498 per motivi di

famiglia.

L'abbandono dei più giovani, quelli considerati più a rischio di lasciare la Religione499,

fu combattuto attraverso diversi metodi tra cui il tentativo di ristabilire una parvenza di normalità tra gli scolari grazie alle gare letterarie annuali che tornarono ad organizzarsi per fortificare lo spirito comunitario. Nel frattempo il provinciale J. Robles500, prima di

trasferirsi definitivamente a Faenza, concentrò ad Imola i paraguaiani sparsi che si erano radicati a Ferrara per esercitare un maggiore controllo territoriale su di loro, dando ordine a tutti di costituire case comuni dove abitassero non più di una dozzina d'ignaziani501. Tutti provvedimenti mirati a contrastare la decomposizione del tessuto

connettivo del "corpo fisico della Compagnia" che si era sviluppato tra la Corsica e il definitivo stanziamento a Faenza.

Soltanto un mese dopo l'arrivo del primo contingente gesuitico la situazione si complica secondo le cronache502 con una delle tante scosse sismiche che si verificheranno in

Romagna nell'arco della seconda metà del XVIII secolo. La cronaca la raccontava così: Le relazioni qui giunte del terremoto seguito la notte delli 19 ottobre 1768 portano che la terra si S. Sofia in Toscana503 è restata quasi del tutto

demolita con perdita di 100 abitanti. Nella stessa notte si fece sentire più volte nella nostra città di Faenza, ma con niun danno. Il nostro Monsig.e Vitale Giuseppe dè Buoi ordinò alli 28 ottobre una generale Processione di Penitenza colla scoperta della B. V. delle Grazie. Detta Processione partita

498A.R.S.I. Paraq. 21 p. 211.

499 Tra i gesuiti si parlava in questo modo per nominare la Compagnia.

500 José de Robles nato a Jaén (Spagna) fu Provinciale dal 17 ottobre 1769 fino al 1771. Morì a Genova il