La nascita della rete relazionale dei gesuiti espuls
7. La rete relazionale come “Compagnia sotterranea”
Tra i diversi nodi del network esistette un proficuo scambio di informazioni ed idee, che diedero vita a una “rete relazionale gesuitica” funzionante durante gli anni dell'esilio427
tra l'Italia, la Spagna e l'America Latina. La quale, come se si fosse trattato di una “Compagnia sotterranea”, sopravvissuta all'estinzione, rafforzò il gruppo sociale degli esuli, garantendo loro, diverse forme di contenzione socio-economica. Venendo a meno la struttura gerarchica dopo la soppressione, la Compagnia che permane nel tempo, fu quella dei rapporti di amicizia, di parentela, di lavoro, dei contatti professionali, dei vincoli, e dei collegamenti personali, che misero in relazione un attore con l'altro, attraverso i diversi nodi, seguendo il principio dei vasi comunicanti428. Tra i diversi nodi
si stabiliva una relazione intercorrente attraverso la quale si trasmetteva ogni tipo di “risorsa429”, così il network gesuitico di Camaño -come gruppo di individui legati tra
loro- a modo di sistema solidale sopravvisse all'estinzione, modificando e rafforzando in parte l'identità degli esuli.
Ognuno degli attori della rete conservava con cura il loro vincolo relazionale dando vita a dei gruppi, sottogruppi e reti internazionali, mai estatiche, alle quali facevano riferimento in diversi momenti della loro esistenza. Nel caso della rete di Camaño ho osservato una triangolazione principale: Faenza-Imola, Bologna, Roma-Madrid,
426Archivio Arcivescovile di Bologna, Cancelleria Vecchia 1779-1823. 427In particolare dopo la soppressione del 1773.
428Principio dei vasi comunicanti: principio in base al quale un liquido contenuto in recipienti comunicanti
sale in essi allo stesso livello, indipendentemente dalla loro forma e dal loro diametro.
Córdoba-Buenos Aires, che intercorreva con derivazioni secondarie e connessioni dirette ed indirette tra gli attori e i diversi nodi territoriali. In ognuno di questi spazi territoriali potevano contare su una base di possibili rapporti relazionali, dati da altri ignaziani o da reti filogesuite430.
Se consideriamo, la struttura sociale degli esuli, come una fitta rete di interconnessioni, al rappresentarla come tale è molto importante considerare i nodi principali della rete territoriale, sulla quale questa nacque e si mosse. Quella di cui fece parte J. Camaño, consisteva, come ho appena detto, in una specie di triangolo territoriale, svoltosi tra i nodi italiani di Bologna, Faenza e Roma. Bisogna anche chiarire che la visualizzazione grafica dei rapporti intercorsi tra i diversi nodi (esuli) della rete431, che in termini teorici
si chiamano grafo, si stese su diverse basi territoriali, come ho spiegato nel punto precedente. Questa rappresentazione della struttura relazionale gesuitica, ci indica anche la base geografica sulla quale loro interagirono, come migranti illustri oltrepassando l'Oceano432.
Credo sia molto interessante osservare questa struttura relazionale sotto la lente del
Social Network Analysis433, che ha avuto negli anni uno sviluppo cumulativo, i cui
contributi provengono da vari ambiti disciplinari, e che hanno dimostrato una grande flessibilità. Con questo tipo d'analisi possiamo osservare come i gesuiti prenderanno parte a un intreccio complesso di relazioni sociali, variamente strutturate, in diversi modi a seconda delle situazioni. Un fenomeno sociale come quello delle reti relazionali dei gesuiti, può essere letto anche in termini delle strutture migratorie, poiché ogni gesuita si relazionava con gli altri costituendo per loro un vincolo e una opportunità comunitaria. In questo caso ovviamente non userò tutti gli elementi presenti nella teoria del SNA434, soltanto mi sono servita di quelli che mi hanno permeso di capire le strategie
relazionali dei gesuiti durante l'esilio. La mia indagine ha soltanto intuito, e identificato, attraverso i carteggi la struttura della rete, la quale mi ha fornito alcuni dati empirici di grande novità. Ignorerò ovviamente l’uso dell’analisi matematica, che fa parte
430Faccio riferimento con questo termine a persone che per devozione o interessi culturali o personali ecc.
offrirono ai gesuiti una base sulla quale potersi muovere nella terra d'accoglienza o altrove.
431Vedere appendice documentale Parte VI, punto 1, 2, 3, 4, 5, dove si può osservare la Mappa della Rete
di J. Camaño e la sua rappresentazione grafica.
432Vedere appendice documentale Parte VI, punto 1, in particolare la Mappa della Rete di J. Camaño.
433 J. Scott, Social Network Analysis. A handbook, Sage Pubblications, London, 1991; trad. it. A cura di
Amaturo E., L’analisi delle reti sociali, Carocci, Roma, 2003, p. 29.
indisolubile della SNA, poiché il mio lavoro è nato oltre, e perché ovviamente tenta di spiegare soltanto una parte della storia culturale degli esuli americani435.
Gli esuli paraguaiani accettarono come primo destino la città di Faenza, dove morirono nella loro maggior parte (157 del totale degli esuli); dopo la soppressione e col passare degli anni, quelli che ancora si sentivano in forza, cambiarono città di residenza o tentarono di tornare in America, dimostrando una grande mobilità. Dai registri dei decessi436 sappiamo che andranno a vivere a diversi città italiane ed spagnole437 tra cui:
Imola, Bologna, Ferrara, Brisighela, Ravenna, Cesena, Fusignano, Bertinoro, Castel Bolognese, Bagnacavallo, Lugo438, Rimini, Milano, Genova, Roma, Venezia, Cremona,
Firenze, Volterra, Massacarrara, Castrocaro, Pesaro, Foligno, Fano, Spelo, Perugia, Civitavecchia, Madrid, Valencia, Zaragoza, Barcelona, Puerto de Santa María (1800), Cádiz (1800), Oviedo, Mallorca, San Salvador, Plasencia, Coruña; alcuni di essi tornarono nei paesi e città di dove erano originari come: Vetinga (Lituania), Delinga (Finlandia), Lucerna (Svizzera), Germania, Silesia, Tirnavi (Romania), ed l'Inghilterra. Della totalità dei gesuiti paraguaiani soltanto tre tornarono in America, secondo le cronache, quasi in modo clandestino, di questi due morirono nella città di Tucumán: Bartolomé Hernández (1813) e Diego Villafañe439 (1830), ignorandosi dove finì i suoi
giorni il terzo: J. Rivadavia440. Molti di loro si erano sentiti richiamati dalle grandi città
come Roma o Milano, dove le probabilità di sopravvivenza erano maggiori; i paraguaiani appartenenti alla rete di Camaño residenti a Roma furono: G. Juárez, F. Ocampo, F. Iturri, Rospigliosi, M. Suárez, J. Gutierrez, P. Guevara, P. Arduz, F. Urias, A. Miranda, ecc. Ad ogni modo bisogna sottolineare che le città di residenza, e i destini di molti ex gesuiti, in particolare col finire del convulsionato XVIII secolo, furono travolti dall'irruzione delle truppe francesi. G. Juárez, nella sua lettera del 7 marzo 1797 ricordava:
435 L. C. Freeman, The Development of Social Network Analysis. A Study in the Sociology of Science,
Empirical Press, Vancouver, BC Canada, 2004; trad. It. a cura di Memoli, Lo sviluppo dell’analisi delle reti sociali. Uno studio di sociologia della scienza, Franco Angeli, Milano, 2007.
436A.R.S.I. Paraq. 26 Catalogo del Paraguay, Provincia del Paraguay. 437A queste città andranno a vivere dopo la Restaurazione del 1814.
438Francisco Ortega, nato a Toledo, secolarizzato diventñ medico e lavorò per molti anni a Lugo.
439Villafañe è l'unico ex-gesuiti paraguaiano ad essere confermato come tornato e rimasto in “Patria”,
l'altro caso è dubbioso.
440A Villafañe ed Hernández si debe aggiungere il P. Rivadavia che fu incarcerato nella città della Coruña nel
“Acabamos de saber por carta del 15 de enero, que ha escrito el mismo Porcel o Frasquera (Dn. Domingo) desde Leon de Francia, de que está vivo con su muger, y dos hijas, pero en tanta necesidad, y miseria, que apenas tiene que comer; porque han perdido en las reboluciones todo lo poco que tenian.
Aquí tambien en el Estado Pontificio los sugetos, que estaban en aquellas Ciudades, donde han entrado los franceses, han padecido y padecen mucho. En la ciudad de Faenza, donde estaban los mas o casi todos de nuestra Provincia,por motivo que quiso resistir alguna cosa a impetu de los enemigos, fue saqueada por tres horas, y fueron también, algunos pobres jesuitas, y aun heridos, como Don Ventura Peralta, Luis Vasques etc. En otra ocasión individualizaré otras cosas”441.
Allo stesso tempo non dobbiamo ignorare che, alcuni americani come il cileno Juan Ignacio Molina, cercarono a Bologna il fascino della sua famosa università442. Santagata
441P. Grenon, Los Funes..., T. 2, p. 174.
442Juan Ignacio Molina, considerato dalla storiografia tradizionale il primo scienziato della Storia del Cile,
collaborò tra altri con W. Humboldt. Secondo il suo biografo, Walter Hanisch S.J., in Revista Universum, Año 1, N° 1, Universidad de Talca, 1986, il gesuita cileno: “Perteneció también a la Sociedad Médica de
Bolonia y a la Academia Agraria o de los Georgófili, que eran las más importantes después de la Academia de las Ciencias del Instituto de Bolonia. Otras academias que lo llamaron a contarse entre sus miembros de número o de honor son la de los Filidicologi y la Felsinea, ambas de Bolonia, y fuera de Bolonia, la Truentina de Ascoli. A veces uno se pregunta ¿por qué Molina no abandonó nunca Bolonia? La única obsesión de viajar se la ofrecía la vuelta a la patria y no fue posible, sino entre 1798-1801, y esto para muy pocos. Entonces quiso partir, vendió muchas cosas, pero la poca fortuna de los que lo intentaron: cautividad en Argel, confinamiento en España, regreso a Italia forzado, lo hicieron desistir.
El ambiente cultísimo de Bolonia y la convivencia amable que le ofrecía deben haber pesado en su decisión final de 1802. Es sabido, sin embargo, que lo intentó de nuevo entre 1815 y 1818 y con más constancia que todos los otros. No es difícil encontrar en sus escritos piropos a Bolonia y así dice en su Historia Natural de 1782: "Esta famosa ciudad, mansión agradable de las ciencias y buenas artes, y en la cual tengo la felicidad de habitar después de tantas alternativas como he pasado por mar y por tierrra". De hecho no cortó nunca las amarras del corazón con la dulce ciudad felsinea.
Los amigos de Molina eran hombres de la Ilustración científica de Italia y sus nombres están vinculados a obras de relieve en el campo de las ciencias: Antonio Bertoloni es autor de la Flora Itálica y era profesor de botánica en Bolonia; Alberto Fortis, inquieto y célebre científico, exhortaba a Molina a quedarse en Italia como estudioso de la naturaleza y abandonar sus estudios sobre Chile, porque el modelo era demasiado lejano; Carlos Mosca y Mateo Foschi, discípulos del Abate, siguen en sus obras las tendencias de Molina de asociar la geografía a las ciencias naturales, idea esta que propiciaba también Humboldt; Felipe Luis Gilij (otro Gilij), compañero en Roma de Molina, en su breve viaje, escribió la Historia Natural de la Campiña Romana; Ranzani discípulo de Molina, a quien recomendara éste para que se le continuara la cátedra universitaria, donde era interino, es autor de una zoología, que quedó incompleta, y era profesor de excelente método; Felipe Re fue un iniciador de los estudios de agricultura, profesor de agricultura en Bolonia, autor de obras y rector universitario en Reggio, decía que siempre aprendía algo de Molina; Santágata, profesor de Química en la Universidad de Bolonia, hizo el elogio de Molina en la
descriveva il cileno Molina443 in questo modo:
Appressatore equo e spasionato degli scrittori del suo paese e dell'America loda sovente con le più ingenue parole i meritevoli e biasima con incredibile e naturale accortezza gli errori dicendo per esempio che anche il Chili ha i suoi laghi ma non tanti quanti vorrebbe il Paw che fa dell'America tutta una palude444.
Conosciuto è il caso di Clotilde Tambroni445, nata a Bologna nel 1758, che secondo le
fonti dell'Archivio di Stato di Bologna fu allieva di due distinti ex-gesuiti spagnoli: “nel 1794 ebbe l'alto onore di essere eletta istitutrice di lettere greche nelle quali era divenuta Academia, donde admira la ciencia de Molina que se atrevía a corregir a maestros de gran relieve; Scannagata, director del Jardín Botánico de Bolonia, profesor de botánica en la Universidad, cultivaba en el jardín un quisco coquimbano, gentileza que recuerda Molina en su Historia Natural; Felipe Schiassi, arqueólogo y numismático, que fue profesor de sus especialidades, fue compañero de Molina en el viaje a Livorno, única ida a la playa de nuestro naturalista en Italia; Gaetano Savi y su hijo Pablo eran corresponsales de Molina, el primero escribió una Flora Pisana y una Flora Italiana y el segundo una Ornitología Toscana y una Ornitología Italiana. Ambos eran profesores en Pisa. Entre los extranjeros tenía correspondencia con Parmentier, propagador de la papa en Europa; Martín Vahl, noruego, especialista en botánica americana; Carlos Rudolphi, sueco, especialista en anatomía de las plantas, animales y hombres, que lo fue a visitar a Bolonia”.
443 Tra gli allievi del Molina possiamo contare a: Antonio Santágata, docente di "Chimica generale"
all'Università di Bologna, Camilo Ranzani (professore dal 1803 di storia naturale e rettore all'Università di Bologna) e Filippo Re, membro dell'Istituto delle Scienze de Bologna (uno dei massimi studiosi di agricoltura del suo tempo). Nella città dello Studio Molina visse più di 50 anni, questo “uomo nuovo”, come lo definì Antonio Santágata, stabilì scambi con: M. Kant 1724-1804, il quale cita la sua opera “Historia Natural”; J. B. Lamark (1744-1829), il quale parla del Molina nella Enciclopédie Méthodique; e Christian F. Lessing (1809-1862) nella sua Synopsis.Vedere l'Archivio dell'Università di Bologna, Ms Santagata VI, 7
444 Archivio dell'Università di Bologna, Ms Santagata VI, 7, p. 11.
445 Wikipedia dice: “Clotilde Tambroni (Bologna, 29 giugno 1758 – Bologna, 2 giugno 1817) è stata una
filologa, linguista e poetessa italiana. Nata da Paolo, cuoco originario di Parma, e da Maria Rosa Muzzi, era sorella del diplomatico ed erudito Giuseppe. Mostrò una spiccata capacità di apprendimento, grazie alla quale imparò il greco antico, seguendo le lezioni private del grecista Emanuele Aponte, docente all'ateneo di Bologna. Questi, accortosi delle doti della giovane, decise di dedicarle maggiore attenzione, insegnandole anche il latino. Fu, secondo alcuni aneddoti dell'epoca, una delusione amorosa a spingere la giovane a dedicarsi completamente allo studio delle lingue antiche. Nel 1792 entrò a far parte degli accademici dell'Arcadia, con lo pseudonimo di Doriclea Sicionia, e il 23 novembre 1793 ottenne, senza neanche possedere una laurea, la cattedra di Lingua Greca all'Università di Bologna, per la quale compose e lesse l'orazione inaugurale nel 1806. Si distinse anche nella conoscenza delle lingue moderne, tra le quali padroneggiava lo spagnolo, il francese e l'inglese. Nel 1798, con l'avvento di Napoleone in Italia e la nascita della Repubblica Cisalpina, la Tambroni dovette lasciare la cattedra per essersi rifiutata di giurare fedeltà allo stato repubblicano cisalpino. Costretta ad abbandonare l'Italia, si rifugiò in compagnia del suo antico maestro, al quale era rimasta legata, in Spagna, dove entrò a far parte della Real Academia Española. Nel 1799, per volere dello stesso Napoleone, la Tambroni poté rientrare in Italia e, poco più tardi, vedersi assegnare la cattedra di Lingua e Letteratura Greca (istituita nell'ateneo bolognese nel novembre del 1800), cattedra che mantenne fino al 15 novembre 1808, quando venne abolita. In suo onore lo scultore Adamo Tadolini creò un busto marmoreo dietro la supervisione di Canova, amico personale dei fratelli Tambroni”.
famosa e celebratissima. I celebri Giovanni Colomes ed Emmanuele Aponte si accinsero ad informarla alla conoscenza delle lettere greche, latine, e italiane”446, nel 1793 ottenne
la cattedra di Lingua Greca all'Università di Bologna. Nell'Archivio dell'Università di Bologna447, nei manoscritti di Antonio Santagata e F. Schiassi448, docenti dello Studio
bolognese, si possono ritrovare molte tracce interessanti sull'influenza degli esuli nel corpo dei professori dell'Università di Bologna. Come ad esempio l'influenza del Molina anche sul gottologo Mezzofanti, che dopo molti anni d'amicizia il 4 maggio 1815, quando era già uno studioso affermato nel tessuto cittadino, scriverà al Cardinale (direttore della Biblioteca Universitaria) per chiedere un impiego per un suo allievo:
Al preg.mo Sig.r Professore Mezzofanti
Il datore449 di questa è un mio scolare, giovane dotato di ottima qualità
morali, di talento, e di cognizioni letterarie. Non ha nè Padre, nè madre, e vive soltanto di quel che guadagna nel negozio Mezzetti. Per tanto, se è possibile, vi prego di procurargli un posto nella Biblioteca, di cui con sommo piacere ho saputo che ne siete incaricato.
Di casa 4 maggio 1815
Vostro aff.mo Molina450
Infine a Bologna si verificò, tra la fine del XVIII secolo ed inizi del XIX, la circolazione di un importante numero di opere scritte, stampate e manoscritte, fatte dai gesuiti esiliati che riscontrarono grande succeso nei circoli accademici. Come ad esempio: "El grande adalid de Dios y Capitano de la Iglesia S. Ignacio de Loyola", di José Butrón y Mujica. "San Giorgio Martire", tragedia di J. Cella (1769), "De viris illustribus in Castella Veteri Societatem Jesu ingressis et in Italia" di Juan Andrea Navarrette (1793), "Relazione dello stato che godono le missioni della Compagnia di Gesù nel Paraguay" di Francisco Xarqué (1726-1767), "Storia di un filosofo disingannato" del P . Mariano LLorente (sig. XIX). "Catechismo y exposición breve de la doctrina cristiana" per M. Jerónimo de
446Archivio di Stato di Bologna, Biblioteca, A.S.BO coll: B, B, II, 11. 447Archivio dell'Università di Bologna, Ms Santagata VI, 7
448Archivio dell'Università di Bologna, Ms Schiassi XLIX, 16. 449 Marimari Pagni, un allievo del gesuita J. I. Molina.
450 BCO. BO, Fondo Mezzofanti, L.II. 8 Molina Ms. Mezzofanti, lettera di Juan Ignacio Molina,
Ripalda (sig. XVIII),"De Vitis aliquot mexicanorum aliorun que qui sive virtute, sive litteris inprimis floruerunt, adiecta Vita Antoni Lopezii Portilli" di Juan Maneiro (1791- 92), "L'Antico Testamento" di Lorenzo Hervas y Panduro (sig. XVIII), "Relazione della Converzione" al Catolicismo de L. I. Thjulen (1770), "L'imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis, tradotta in versi castigliani", de Francisco Saverio Clavijero, "Relazione breve della Repubblica che li religiosi gesuiti delle provincie di Portogallo e di Spagna hanno stabilito ne' domini oltremari", "Tradotta dalla lingua guaraní nel portoghese e da questa nell'italiana", "Il Torquato Tasso, o sia l'onorato Delinquente tradotta dall'idioma spagnolo dall'abate D. Francisco Saverio Peirolon", "Memorias de los Padres de la Compañía de Jesús de la Provincia de Nueva España difuntos después del arresto acaecido en la capital de México el día 25 de junio del año 1767, Escritas por Félix de Sebastián, sacerdote de la misma provincia, que era de la nación Tubará, "Grammatica grecca del P. Giuseppe Petisco della Compagnia de Gesù" "tradotta dallo spagnolo", "Vita di Caterina Sforza Visconti Contessa d'Imola e Signora di Forlì, scritta dall'abate Antonio Burriel" (1795), "Analogie poco osservate dei tre regni della natura" di J. Molina, "Disertazione sopra i giardini all'inglese" J. Molina.