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Narrazione degli avvenimenti cittadini nelle cronache

Lo scenario della rete

3. Narrazione degli avvenimenti cittadini nelle cronache

Nelle cronache cittadine faentine compaiono molti dei più interessanti avvenimenti della storia urbana, i quali erano scritti o ri-scritti usando informazioni di prima o seconda mano460. Cioè offerte da una o più cronache precedenti che facevano parte dei pilastri

della storia urbana tessuta dai cronisti locali. In alcuni casi i cronisti funzionarono come

458ARX Historia S.I, Catalunya, ACMI 02, p. 55-56, dove in una lettera compare l'indirizzo di Camaño in

questo modo: “G.de D. M. A.”. Credo che M stia per Maria, e A. per Angelo.

459 Nell'estate del 1944 gran parte dell'Archivio Arcivescovile di Faenza fu distrutto dalle bombe

americane. Ancor oggi e parzialmente consultabile e sistemato in un modo di difficile accesso.

460Molti dei cronisti faentini, cultori della storia locale, ebbero accesso diretto a importanti archivi privati,

antenne, che riuscirono a cogliere gli avvenimenti più prossimi alla loro sensibilità, in altre ritrasmettevano fatti verificati possibilmente da altri. I cronisti funzionarono come dispositivi “trasduttori461” (antenne), in grado di trasmettere e ritrasmettere le notizie più

rilevanti per la vita cittadina. Alcuni furono persone informatissime e altri meno, nella maggior parte essi, usarono come riferimento, le cronache scritte in precedenza da altri, alla pari di un insieme misto di fonti orali e documenti d'archivi privati (famiglie nobili) e scritti di ogni natura. Tra i cronisti “trasmittenti462” e “riceventi463” esistevano diverse

sensibilità e metodologie nel contesto faentino, alcuni furono particolarmente curati e altri più amatoriali.

Dal mio punto di vista, le cronache manfrediane, sono le narrazioni più complete delle caratteristiche del contesto socioculturale in cui gli esuli misero in atto le loro strategie sociali. In queste si può trovare molti degli elementi fondamentali della storia quotidiana degli esuli americani. Date ed eventi sono riportati con più o meno precisione a seconda, della personalità, dell’autore. E siccome, in molte cronache l’autore fa anche opera di compilatore di conoscenze storiche, le cronache costituiscono una base fondamentale per la conoscenza della loro storia464. Il genere di queste relazioni è quello della cronaca

cittadina, scritta in una lingua a volte curata e a volte grammaticalmente martirizzata, o dialettale. Queste fonti permettono di percepire in parte la fusione socioculturale che protagonizzarono gli ex-gesuiti, al ritmo dei cambiamenti della breve durata (événementielle) dell'esilio romagnolo. N. Lafi nel suo libro “Cronache civiche e microcosmi cittadini” appuntava che:

per chi s’interessa, in effetti, alla storia urbana, la cronaca cittadina non è solo una fonte di informazioni: è anche una porta aperta sulla comprensione dell’organizzazione della società urbana stessa465.

Tenterò a questo punto di osservare, attraverso le cronache cittadine, l'organizzazione

461Il trasduttore nel linguaggio tecnico è la denominazione generica di ogni dispositivo atto a ricevere

segnali di determinata natura da un mezzo di trasmissione trasformandoli in altri segnali.

462Definisco così a quelli che furono testimoni diretti del fatto accaduto

463Definisco così a quelli che senza essere testimoni diretti del fatto accaduto lo ripetono nei loro scritti

senza chiarire che stanno copiando informazioni prese da altre croniche.

464Per una riflessione sull'uso delle cronache in altri ambiti vedere: N. Lafi, Cronache civiche e

microcosmi cittadini: Tripoli nell’Ottocento, p. 233, in Il Mediterraneo delle città, Paolo Militello e Enrico Iachello (Ed.) (2011) p. 233-240.

sociale di Faenza dopo l'arrivo dei gesuiti. È interessante indicare, nel caso degli esuli, che le cronache non sono soltanto un serbatoio d'informazioni, ma bensì una fonte articolata che rispecchia parte del processo sociale in cui loro riuscirono a integrarsi in un modo poco percettibile. Si stabilì, secondo la mia opinione un intenso scambio culturale in cui gli esuli conservarono la loro “memoria” come radice identitaria individuale e comunitaria, stabilendo un tipo particolare di “interscambio”, che finì per essere un processo di trasformazione-integrazione delle due realtà culturali a confronto. Mi riferisco a quella faentina e a quella gesuitica.

Vorrei premettere che ho esaminato le cronache nel tentativo di osservare l'atteggiamento della società faentina verso gli ignaziani, e quello di questi ultimi verso la società d'accoglienza. Questo mi ha permesso di evidenziare i cambiamenti sociali, ed interpretare le tracce di vita gesuitica come le tracce di una normale “comunità di stranieri” che si adattarono gradatamente alla vita urbana -almeno credo- con più facilità di altre (o che in altri contesti466). Sarebbe lecito sottolineare che in molti casi le

cronache faentine furono dei diari di appassionati della storia locale che pensavano di portare avanti un lavoro di conservazione della memoria urbana legata alla vita civica. In effetti nelle cronache si può percepire l'espressione e lo sguardo dei notabili cittadini verso le altre sfere della società e del potere. La cronaca urbana faentina rileva gli elementi attivi della vita civica, non solo come resoconto passivo dei fatti, anzi la loro dinamicità consistette nel fatto che di solito l'autore -abitualmente un notabile- svolgeva un ruolo di mediatore tra gli avvenimenti e la società futura alla quale era destinato il racconto. Una specie di memoria collettiva della vita civica e dei suoi rapporti con le sfere del potere, con i ceti popolari, con lo Stato Pontificio, con i commercianti, con gli eruditi ed intellettuali. Per questo occorre indicare che nelle loro pagine gli ex gesuiti saranno una presenza positiva senza mai avere dei connotati negativi come quelli descritti dal cronista bolognese Palmieri che incolpò i gesuiti di molti dei problemi dell'epoca.

Le cronache faentine segnalarono molti elementi utili alla gestione urbana ordinaria. Esse pur essendo ovviamente un prodotto che non può essere usato in modo ingenuo lasciano tracce dell’esistenza di un sistema sociale in cui gli esuli furono attivi.

Credo sia necessario chiarire questi elementi per poter usare le cronache e conoscere

466Le cronache faentine non evidenziano mai tracce di rifiuto o scontento cittadino vero i nuovi arrivati,

alcune delle caratteristiche del rapporto degli esuli con lo spazio urbano e la società faentina ovvero per avvicinarci finalmente al loro microcosmo. La lettura di queste cronache mi ha consentito, a diverse scale, di percepire la complessità dei rapporti tra individui, comunità e spazio urbano, e di articolare questa sfera con quella della società urbana locale dipendente di un ordine sociale maggiore integrato nello Stato Pontificio. La cronaca in questo caso sarà la trascrizione della percezione che ha il cronista di un certo dato, e consentirà di raffinare la visione d'insieme, introducendo la dimensione dinamica per tentare di capire come si sentirebbe, e come si comporterebbe un esule in questa realtà. Questo non per fare la storia delle probabilità ma per tentare di trovare che tipo di elementi identitari dovette riformulare un esule americano e far emergere l'enorme duttilità dimostrata in questo nuovo spazio collettivo467.

4.

Cronache e cronisti come testimoni della vita gesuitica nell'esilio