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Un passo indietro: l'arrivo a Bologna degli esul

La nascita della rete relazionale dei gesuiti espuls

2. Un passo indietro: l'arrivo a Bologna degli esul

“Luego que comimos, nos pusimos otra vez en camino, y á cosa de las 2 llegamos á Castel Franco, primer lugar de los Estados Pontificios. Después en Samocha mudamos los coches y cerca de anochecer avistamos la celebérrima ciudad de Bolonia”363.

362Vedere lettera del 3 luglio 1777 di José Nicolás Azara al Segretario di Stato Floridablanca: “ El tiempo

de los modernos. Blog de Historia Moderna”, coordinato da: E. Giménez e J.

Llaneras,http://blogs.ua.es/eltiempodelosmodernos/2014/02/05/1778-el-mexicano-manuel-colazo-solicita- dejar-bolonia/trackback/. Trascrizione di E. Giménez.

Le notizie che parlano sull'arrivo a Bologna degli ignaziani, estratte dalle cronache cittadine, dipingono una città presa d'assalto dalla loro comparsa. La cronaca Palmieri che si trova nella Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, che fa parte della raccolta Gozzadini, costituisce oggi una delle cronache più ricche e meno conosciute sulla vita gesuitica e la reazione che ebbero i bolognesi nei primi tempi:

15 settembre 1768 giunsero in città in quantità di legni da n° 400 gesuiti provenienti dalla Corsica, che furono già discacciati dalla Spagna, e si sono ricoverati in più case prese a piggione si in città, che in campagna364.

Anche attraverso questa cronaca è noto che la migrazione forzata dei Gesuiti nel territorio della Emilia-Romagna365 era stata preceduta da una costante pubblicità di

pamphlet366, e volantini, normali per l'epoca, che fu estremamente controllata dalle

autorità del territorio. Queste nonostante i loro sforzi non riuscirono mai a frenare il proliferare del dibattito pro-gesuitico, diventando complici -in molte occasioni- delle polemiche anti-gesuitiche. Seguendo alcuni avvenimenti e disposizioni si ha la sensazione che le autorità avessero voluto367 oscurare la vita quotidiana degli esuli, e

controllarla fino nei minimi particolari, obiettivo che tentarono ad ogni costo, senza mai riuscire a concretizzarlo. Uno dei tanti volantini che circolavano in città diceva:

Io fui gran tempo gesuita, e frate Mi sentivo chiamare a mio dispetto:

ora mi sento dire Signor Abbate, e mi parlano tutti con rispetto. Portavo allor le braghe rattoppate,

era l'abito mio rozzo, e negletto, or vesto da Signor, fibbie lo dorate.

364B.C.A.Bo, Ms. Gozzadini 11, cronaca Palmieri, p. 22 365 a partire dal mese di settembre 1768.

366Archivio dell'Università di Bologna, BUBO, Ms. 160, fasc. 1-46 Collezione Zanetti. Ubaldo Zanetti

riuscì a mettere insieme una importante collezione di notizie ed aneddotti che giustificano l'espulsione dei gesuiti a partire dal 1759.

367 La cronaca del Palmieri è di una grande ricchezza sugli eventi che riguardano i gesuiti al contrario del

Bei manichetti, e vago mantelletto. Or mangio bene, allor minestra e lesso,

un superiore allor che mi seccava: vivo a mio modo, nissun mi secca adesso.

Eppur io piango? Oh frati, se toccava questa disgrazia a voi saria lo stesso? Per Dio, che a festa ogniun di voi sonava368.

Nonostante il duro colpo assertato con l'estinzione la loro vitalità comunitaria non fu mai distrutta trovando nella propaganda nemica l'ispirazione per poter consolidare la loro unione. In quel periodo fanno la loro comparsa nelle principali città dello Stato Pontificio alcuni libelli ancora conservati nella Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna come questo:

Mi domandate de P. P. Gesuiti, però vi rispondo che in Albano ve en sono cento sessanta, in Frascati duecento, à Tivoli duecento e trecento si sono sbarcati in CivitaVecchia nè principii di Marzo, e questi li mandaranno parte in Roma, e parte in altri luoghi; ora si aspettano altri del Brasile, e del Paraguai; onde dite pure à quelli che ciò negano, che l'è vero, verissimo, e provamo anche noi la loro disgrazia; stante la carestia che anno messo à tutte le cose, e specialmen.e al Pesce, che tutto comprano loro, e à noi conviene mangiar salume, e mi sanno mille anni che termini la quaresima, se pure non la guasto. V.ro aff.mo N. N.369

In modo non graduale i gesuiti irrompono nella vita cittadina. La cronaca del Palmieri li annota nei più svariati atteggiamenti i quali dipingono con grande veridicità la vita quotidiana degli esuli e il loro impatto sul tessuto cittadino. Uno dei problemi che crearono fu quello dell'approvvigionamento dei generi alimentari e il loro conseguente aumento dei prezzi:

368"Sonetto fatto da un gesuita stinto" (anónimo), BCABO (Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di

Bologna).

369 BCA.Bo, Ms Gozzadini 254, miscellanea, brevi, bandi. E' datato ad Albano il 12 marzo 1760 ma credo

sia un errore di copia la situazione che descrive corrisponde perfettamente al periodo dell'arrivo dei gesuiti dopo il 1767.

li 13 aprile 1770

Fui in questo dì affisato nelli soliti luoghi della città, e della Piazza li Bandi per la vendita delle carni Bovine, e Porzine, il prezzo delle quali essendo ulteriormente alterato più del consueto non ricordarsi mai assendere à tanto nemeno l'anno che segui la disgrazia della mortalità delle Bestie Bovine, il tutto si attribuisce alla gran quantità che si ritrovano non tanto in città che nel Territorio de Gesuiti, e che giornalmente arrivano da Paesi Oltramontani, onde il Popolo per tale alterazione si è molto risentito370.

Le altre tipi di colpe che portarono sulle loro spalle furono quelle di avere seminato il disordine per le strade svegliando il zelo dei cittadini nei confronti delle loro figlie:

li 11 luglio 1770

Dalle replicate riassunte fatte da cotesti zelentissimi nostri Parrochi, e sacerdoti confessori e da relazioni date da più casi di famiglie vigilantissime dello loro proprie figlie a questo nostro Emtissmo Sigr. Cardinale Arcivescovo Vincenzo Malvezzi contro à molti gesuiti disfatti di varie nazioni, onde della sua vigilanza essendo venuto in chiaro delle delinquenti ad uno, ad uno, sino à numero vent'otto li ha dato l'esiglio dalla sua giurisdizione con la penale in caso di ritorno d'anni cinque di galera, e ciò per le continue insolenze fatte nelle strade, nelle case, e persino nelle chiese.

Si potrebbe immaginare facilmente questa situazione in cui l'arrivo a Bologna di tanti uomini soli, molti dei quali giovani, costretti a lasciare l'abito -come nel caso dell'episodio seguente- fece scattare una serie di episodi negativi e una sorta di sguardo critico da parte della popolazione nei loro riguardi:

li 4 Agosto 1770

sono arrivati in città n° 70 gesuiti di varie nazioni e sono andati d'alloggio in varie case e loccande di questa città et il giorno 5 d° da n°40 di essi si sono

disfatti avendo deposto l'abbito religioso e si sono vestiti da secolare371.

Gli esuli, nonostante le condizioni iniziali di grande svantaggio materiale, tentarono di riprendere le loro abitudini come spiegava la cronaca. A Bologna, e nelle loro campagne, l'arrivo di gesuiti continuò a verificarsi fino alla fine del 1770 quando probabilmente i gesuiti provenienti dalle Filippine fecero il loro ingresso per la Porta di via Saragozza, carichi di tabacco e cioccolata372. Altri ingressi furono fatti dalle parte sud della città

attraverso la Porta di Strada Santo Stefano: Li 20 novembre 1770

Sulle ore venti arivarono altri n° 30 gesuiti che dovevano arivare con li primi ma per averíe avuto una grande burrasca in mare dove erano stati trasportati da essi in Paesi lontani questi arivarono per la Porta di Strada Santo Stefano entro in sedie, e cavalli da vettura e tutti bene equipaggiati con Bacelli, et altri arnesi, e si sono allogiati in una casa in S. Felice che hanno pigliata in affitto, e con li altri che si stavano ascendano in tutto à n°85 et in altre case recinte ad essa ve en sono in tutto n° 115373.

Bisogna dire che l'arrivo di questi stranieri, alquanto particolari non coincise con una situazione di crescita dell'economia locale, motivo per il quale si torna comprensibile che la cronaca del Palmieri li identifichi come la causa delle carestie e dei disturbi. Bologna da alcuni decenni aveva iniziato a soffrire gravi dissesti finanziari ed economico-sociali in cui l’assetto istituzionale dei due secoli precedenti aveva provato lentamente a cambiare, per tentare di arginare il problema. A metà del XVIII secolo la nobiltà bolognese era ormai un ceto sociale in decadenza sia a causa della erosione

371B.C.A.Bo, Ms. Gozzadini 11, cronaca Palmieri, p. 41

372 B.C.A.Bo, Ms. Gozzadini 11, cronaca Palmieri, p. 44 Li 15 novembre 1770

Sono arrivati dal Giappone novamente altra condotta de gesuiti sono in numero 222 i quali pur essi sono come gli altri di colà stati essigliati sono venuti per la Strada di Firenze et hanno molto ritardato p. il laborioso viaggio avuto, nel passare che fecero p. l Ispana essen. Questi carichi di tabacco, e cioccolata vero di Siviglia, non avendo manifestato nulla alla Porta come di costume li feccero il contrabando, e per bontà di quel governatore stante l'essere le L. L. A. A. come sia descrito apsente, li fece la grazia che pasassero solamente baj 5 per ogni L. di capitaleche li avevano arestato, al suo arivo in città si allogaronoin case di Campagna e parte dentro in città, et uno di questi essendosi alloggiato in strada S. Stefano poco doppo il suo arivo s'infirmò, e morì, lo portarono alla Parrocchia cioè alli Pri di S. Biagio, il quale alla mattina restò esposto sui in tavolazzo con molte messe celebrate da Pri. Gesuiti della sua Nazione.

patrimoniale, sia a causa delle estinzioni naturali. Per risolvere questo, ed altri problemi tendenti a migliorare la vita della città, si eseguirono una serie di riforme per porre fine ai gravi problemi finanziari, economici e sociali in cui versava la città. Per quegli anni Bologna era arrivata a un punto tale di dissesto finanziario che, tra il 1748 e il 1750, vi era stato addirittura il rischio di bancarotta per la camera bolognese, la quale aveva accumulato notevoli debiti verso la camera apostolica. La via trovata dal governo apostolico fu quella delle riforme, in quanto riteneva che solo attraverso queste si sarebbe potuto risanare l’economia, e ridare forza all’industria e al commercio che ormai erano in decadenza, già dalla fine del XVII secolo. Periodo in cui era stato colpito duramente l'altra parte del governo misto: il potere senatoriale che stentò a riprendere quota durante tutto il secolo seguente. Il più grande mancato introito per le entrate del fisco proveniva dal contado, il quale sul finire del 1600 era stato duramente colpito da ripetute inondazioni, carestie ed epidemie, con la conseguente drastica diminuzione della produzione agricola. Fino ad allora il fisco aveva percepito le contribuzioni dal commercio, che era investito dalla gabella grossa, ma il più delle entrate gli pervenivano dal contado, che era gravato dal dazio d'imposta. Anche il commercio, però, era un settore in crisi, sia a causa della riduzione degli scambi, sia per il dilagare dei contrabbandi374. In realtà la manovra principale fu quella dell’aumento dei dazi sui

generi di largo consumo. Il Senato era favorevole all’estinzione dei privilegi e delle esenzioni ed andando contro i propri interessi era propenso anche alla soppressione della tesoreria, per potenziare il pubblico nel campo finanziario. Alla morte di Benedetto XIV (1758), il movimento riformatore, che intendeva procedere con la riforma dei dazi e la perequazione tributaria, fu frenato dalla parte conservatrice del Senato, che gli rimproverava anche il fallimento della bonifica, fallita sia per errori di progettazione sia per la scarsità delle risorse disponibili. Inoltre il nuovo pontefice Clemente XIII Rezzonico (1758-69) tornò ad una politica restauratrice ed antibolognese. Seguirono decenni di forte crisi economico-sociale, in questo modo i riformisti non riuscendo ad ottenere l’approvazione del loro progetto di riforma generale, lasciarono il Senato che cadde in un periodo di paralisi politica. Fu così che i gesuiti trovarono l'impianto economico-sociale bolognese alquanto debilitato, e per conseguenza refrattario ai nuovi immigrati.

374Attivittà questa del contrabando, secondo le cronache e alcune fonti d'archivio, che sarà svolta dai

Nel 1775 divenne papa Pio VI Braschi, che diede il via ad una nuova fase di riforme avvalendosi della collaborazione del legato Ignazio Boncompagni, che già conosceva le problematiche della città in quanto aveva ricoperto le cariche di commissario d’acque e di vicelegato da più di un ventennio. Nel 1780 fu pubblicato un piano di riforme economiche volto ad eliminare i privilegi dei luoghi, dei ceti, e delle persone. Questo piano, intendeva rinnovare la vita economica dello Stato, intervenendo maggiormente nelle finanze, e nel sistema tributario. Esso prevedeva la sostituzione di una trentina di imposte allora esistenti con quelle del sale, del macinato, del tabacco e del terratico stimato su base catastale; inoltre si prefiggeva la riforma dei dazi, la soppressione della gabella grossa e l’unificazione della finanza pubblica. Tra questi provvedimenti proposti dal Boncompagni, quello che sicuramente suscitò una maggiore reazione negativa fu l’introduzione del terratico su base catastale, che doveva gravare su tutti indistintamente, anche sugli ecclesiastici. Inoltre il Senato non avrebbe più avuto alcun potere nella pubblica economia, in quanto di questa se ne sarebbero occupati degli organi creati all’uopo. La città vide minacciata la sua antica autonomia, la parte conservatrice del Senato e il clero videro soppressi i propri privilegi, lo stesso Pio VI non lo sostenne come avrebbe dovuto fare il piano del Boncompagni, in quanto maggiormente impegnato a difendere i privilegi del clero dalle critiche che provenivano dai sovrani esteri che sostenevano il riformismo e il giurisdizionalismo. Nel 1785 il legato fu chiamato a ricoprire il ruolo di segretario di Stato pur continuando ad occuparsi del piano economico di Bologna, infatti procedette con le riforme: realizzò la rilevazione catastale dei terreni, l’appalto generale dei dazi e sostituì alle milizie bolognesi il presidio pontificio. Con il suo piano economico il Boncompagni aveva dimostrato la ferma volontà di superare gli interessi particolaristici dei luoghi e dei ceti, procedendo a favore di un interesse più generale che mirasse al bene dello Stato e del pubblico. I ricorsi presentati a questo piano di riforme fecero in modo che esso non venisse attuato, fin quando tutti gli attriti furono definitivamente azzerati dall’invasione francese che realizzò una definitiva rottura col vecchio sistema amministrativo dello Stato ecclesiastico. Nella primavera del 1796 Napoleone occupò lo Stato Pontificio e il Papa Pio VI, costretto all’armistizio, cedette le Legazioni di Bologna e Ferrara. Il 19 giugno dello stesso anno i francesi arrivarono a Bologna, a tale data la città contava circa

66.000 abitanti. Napoleone come prima cosa liquidò il Cardinale Legato Vincenzi dichiarando ormai decaduta la sovranità pontificia sulla città, subito dopo cercò il sostegno del Senato manifestando la sua volontà di voler ripristinare l’antica libertà bolognese. Il Senato avrebbe riavuto il potere legislativo e governativo dietro giuramento di fedeltà alla Repubblica francese e con l’impegno di esercitare il potere alla sua dipendenza. Bonaparte era interessato ad accattivarsi il Senato perché era consapevole che questo riusciva a contenere la massa del popolo, quindi a tutelare la tranquillità cittadina, ed inoltre sarebbe riuscito a far accettare ai cittadini le pesanti richieste finanziarie di cui aveva bisogno per le sue campagne militari. Il Senato, che negli ultimi anni aveva visto il proprio potere sempre più minacciato dal governo pontificio, e soprattutto con il piano economico del Boncompagni aveva temuto la perdita dei propri privilegi, ben si adattò ai nuovi ideali democratici, lasciando che i francesi si appropriassero dei beni ecclesiastici pur di conservare i propri. Complessivamente i bolognesi, ciascuno con le proprie aspettative, accettarono di buon grado questa nuova realtà. Il 4 dicembre 1796 i 484 rappresentanti bolognesi, riunitisi nella chiesa di San Petronio, votarono la nuova Costituzione di Bologna, la prima costituzione democratica della storia dell’Italia moderna. Questa, però, durò solo pochi giorni, in quanto il 30 dicembre il Congresso di Reggio proclamò la Repubblica Cispadana con capitale Bologna, conseguentemente nel mese di febbraio fu approvata un’altra Costituzione. Fu eletto un Direttorio composto da tre membri e due Consigli legislativi. Con questi atti il Senato bolognese finiva di esistere. Ma anche questa Repubblica ebbe vita breve, infatti il 9 luglio 1797 fu proclamata la Repubblica Cisalpina, con capitale Milano, a cui furono unite anche Bologna, Ferrara e la Romagna. Quest’unione di Bologna alla Cisalpina fu vista positivamente dal ceto emergente della borghesia, in quanto l’essere a contatto con la politica “illuminata” della Lombardia faceva sperare in una rinascita dell’industria e del commercio. Malgrado la città avesse subìto in così breve tempo siffatti continui cambiamenti all’interno della sua vita politica, tuttavia la struttura socio-economica non fu particolarmente stravolta, infatti l’unica novità che si ebbe fu l’accesso della classe media all'interno della pubblica amministrazione. Intanto nel 1799 l'Austria e la Russia ripresero le ostilità contro la Francia che, già duramente sconfitta un anno prima ad Abukir in Egitto, fu ripetutamente sconfitta tanto da perdere quasi tutta l'Italia dove vennero restaurati i

vecchi regimi. A Bologna, invasa dagli austriaci, vi fu un pieno ritorno al passato, le novità apportate dai francesi furono spazzate via, tranne le già gravose leggi finanziarie che furono ulteriormente implementate da nuovi tributi. Nel mese di giugno del 1800, Napoleone che aveva già ripreso il potere con il colpo di Stato del 18 brumaio, sconfisse gli austriaci a Marengo, cosicché a Bologna tornarono i francesi. Questa volta alla città non vennero promesse le antiche libertà municipali, ma soltanto la protezione da parte della Francia, dove nel frattempo si erano esauriti gli ideali rivoluzionari e si era instaurato un nuovo ordine fondato su un forte centralismo burocratico, che venne imposto anche all'Italia. Nel 1802 fu proclamata la Repubblica italiana, di cui divenne presidente Napoleone, e fu strutturata sul modello francese, per cui risultava una repubblica fortemente centralizzata. Per Bologna fu piuttosto complicato inserirsi al suo interno, in quanto la città, duramente provata dalla parentesi austriaca, stava vivendo una difficile situazione economica. Nelle campagne si ebbero insurrezioni contadine antifrancesi d'ispirazione clericale e si diffuse il brigantaggio rurale infatti le popolazioni rurali erano duramente colpite dalla pressione fiscale e dalla leva forzata per le campagne militari di Napoleone, inoltre l'alienazione delle terre di proprietà della Chiesa aveva portato molti coloni a dover sopportare sotto i nuovi proprietari condizioni peggiori di quelle precedenti. Anche all'interno delle mura cittadine si verificarono numerosi episodi di ribellione popolare contro lo Stato, di fronte ai quali l'azione della polizia e della Guardia Nazionale risultò inefficace, al punto che nel mese di luglio si ritenne necessario l'intervento delle truppe francesi, guidate dal generale Verdier, che procedettero ad una dura repressione che suscitò lo sdegno della popolazione.