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Dal principio alle prassi

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 70-76)

Maria Tomarchio

3. Dal principio alle prassi

Si è lavorato a lungo perché la Convenzione del 1989, sullo sfondo di un confronto sempre aperto e non semplice, anche in ragione dell’uso di più codici linguistici, vestisse quell’abito internazionale e sovranazionale ‘com-prensivo’ di più tradizioni giuridiche e paradigmi interpretativi; da questo deriva la sua indiscussa forza (è il trattato sui diritti umani ratificato dal maggior numero di Paesi). Nel corso del tempo sono andate via via a so-vrapporsi e intrecciarsi interpretazioni, scelte linguistiche, scopi e valori sociali, dentro i quali la CRC va ad incunearsi e a legittimare spazi di ap-plicazione sempre più ampiamente legittimati e praticati. È facile oggi

os-servare quanta forza essa possa esprimere, seguendo le attività del Comita-to5, leggendo i numerosi, articolati documenti prodotti e trasmessi agli Stati-parte; ciascuno di essi meriterebbe uno specifico approfondimento. Le più recenti Osservazioni conclusive rivolte all’Italia nel febbraio 2019, ad esempio, analizzando lo stato di attuazione della CRC nel nostro Paese re-stituiscono importanti spunti di riflessione in ordine alla situazione dei di-ritti e della tutela dei minori migranti.

Se lo scenario sul quale ci muoviamo e torniamo a riflettere è mobile, ancor più è importante non perdere di vista il filo conduttore e la sostanza di una visione pedagogica; incombono i rischi di certo relativismo cultu-rale che potrebbe vedere un interesse del minore, ad esempio, nelle puni-zioni corporali6o nella negazione del diritto allo studio delle bambine che devono imparare a gestire la casa, attività loro richiesta per un produttivo inserimento sociale.

Con l’evidente intento, e nella quotidiana necessità, di disambiguare il principio del best interests of the child, nel 2013 viene predisposto uno spe-cifico Commento Generale espressamente dedicato a mettere in chiaro che esso è l’espressione di un vero e proprio “diritto sostanziale”, prima che “fondamentale principio interpretativo” e/o “regola procedurale”; nella sua dimensione internazionale assurge pertanto ad obiettivo di politica del di-ritto a favore dell’infanzia in generale, diventando per tutti anche un chia-ro impegno volto alla pchia-rotezione dei minori come categoria.

Ma disambiguare è un compito a cui siamo tutti chiamati, poiché il principio si conferma (o al contrario si disconferma) essere tale in funzione e alla prova di precisi contesti. Un impegno che si profila di grande re-sponsabilità per la ricerca pedagogica contemporanea; un impegno che le

5 Composto da 18 esperti di alta moralità e in possesso di una competenza riconosciuta sul terreno dei diritti dell’infanzia, il Comitato esamina i progressi compiuti dagli Sta-ti-parte nell’esecuzione degli obblighi derivanti dal trattato.

6 Si pensi al celebre caso deciso dalla Corte costituzionale del Sud Africa, 4 maggio 2000, Christian Education South Africa c. Minister of Education, in www.saf lii.org/ -za/cases/ZACC/2000/11.html. La Corte costituzionale, chiamata a decidere della le-gittimità costituzionale della legge nazionale che impediva l’utilizzo di pene corporali, si trova a bilanciare la posizione governativa secondo cui sarebbe nell’interesse del mi-nore non subire punizioni corporali, dalla posizione della Chiesa cristiana che ritiene tale normativa contraria alla libertà religiosa in quanto il sistema educativo delle scuo-le religiose si fonda sull’utilizzo delscuo-le punizioni corporali.

è propriamente connaturato per una serie di caratteristiche e di assunti di base che le appartengono e che ne fanno un campo disciplinare eletto mo-tu proprio garante dei minori, infatti:

– si ispira ed affida ad un sano, connaturato, corrazionalismo di metodo; – sa ben restituire una cifra teorica, che è anche socio-politica, ai propri

assunti, senza la quale si fatica a restituire progettualità per il cambia-mento/superamento;

– sperimenta quotidianamente la grandezza e la fatica dell’umiltà del sa-per integrare apporti, linguaggi, spazi (fisici e non);

– nel chiedersi quale possa essere la cosa migliore per un/a minore sa di porre una domanda mai scontata, molto simile a quella che riguarda gli scopi e i valori della vita stessa.

Nel novero delle disposizioni e delle prassi ispirate dal principio del su-periore interesse del minore, ad almeno due vorrei accennare in conclusione: due significative, recenti, esperienze inter-istituzionali, che auspico possa-no trovare maggiore spazio di approfondimento in un prossimo futuro.

La prima è la pionieristica Risoluzione del 31 ottobre 2017 del Consi-glio Superiore della Magistratura, su iniziativa della VI Commissione, dal titolo La tutela dei minori nell’ambito del contrasto alla criminalità organiz-zata che entra nel merito di una delle più avanzate modalità di tutela del minore sperimentata in alcuni tribunali per i minorenni del SUD Italia (Reggio Calabria, Napoli, Catania), in accordo con le rispettive Procure della Repubblica. In linea con la funzione rieducativa cui assolve il proces-so penale minorile, essa va ad affermare la tendenza ad adottare con sem-pre maggiore frequenza provvedimenti di decadenza o limitazione della potestà genitoriale (fino ad arrivare alla dichiarazione di adottabilità) e di collocamento del minore in strutture esterne al territorio di provenienza, onde recidere il legame con i condizionamenti socio-ambientali. A salva-guardia degli interessi del minore, la risoluzione sottolinea la necessità di adottare provvedimenti che siano idonei a svolgere una funzione di pre-venzione e recupero in contesti di “paranze dei bambini”, di “minori di mafia”, intervenendo sul contesto familiare e sociale di provenienza, poi-ché tale contesto spesso ne determina un’evoluzione in senso criminale, mafioso in particolare, del percorso di crescita. In tale ottica il superiore interesse del minore deve risultare simultaneamente obiettivo e limite dell’esercizio della responsabilità genitoriale. Pur rimanendo la famiglia

stessa lo strumento attraverso il quale il costituente persegue la tutela e la promozione della personalità dei minori, tuttavia, in sostanza, l’autono-mia riconosciuta ai genitori nell’adempimento del dovere educativo non può essere dissociata dai valori generali che fondano la convivenza civile.

L’altra interessante iniziativa che posso appena segnalare in chiusura na-sce, invece, da un Protocollo tra MIUR e AGIA (Associazione Garanti In-fanzia e Adolescenza). Si tratta dell’emanazione, in dicembre 2017, a firma della Ministra Fedeli, delle Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine, allo scopo di fornire al perso-nale scolastico elementi di conoscenza del sistema di tutela dei minorenni, sì da garantire pari opportunità nell’istruzione per le persone minori d’età. Il documento sviluppa le proprie argomentazioni sui tre principi generali che sono gli assi costitutivi del modello inclusivo italiano, vale a dire l’uni-versalismo, la scuola comune, la centralità della persona in relazione con l’altro, ed è dedicato a bambine e bambini, ragazze e ragazzi che sono in affidamento familiare, ospiti nelle strutture dei sistemi di protezione per-ché non è possibile disporre di un affidamento familiare, minori stranieri non accompagnati, ragazze e ragazzi sottoposti a provvedimenti dell’auto-rità giudiziaria minorile in ambito penale.

Nel superiore interesse dei minori, in una prospettiva di intervento di re-te, entrambe le iniziative brevemente richiamare-te, guardano alla Costitu-zione Italiana, che richiama la duplice necessità: ora di tutela delle forma-zioni sociali all’interno delle quali la persona si sviluppa, ora di tutela dalle stesse formazioni sociali nelle quali lo sviluppo potrebbe risultare minac-ciato o compromesso, ancor più qualora la persona possa trovarsi inserita in una formazione sociale indipendentemente dalla propria volontà, come accade per i figli in famiglia. Suggerisco un’attenta considerazione dei due provvedimenti, anche in considerazione degli immediati effetti che produ-cono, e continueranno a produrre in un prossimo futuro, sul terreno, pa-rallelamente, delle prassi informali e istituzionali.

Riferimenti bibliografici

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Introducción

A finales de Octubre de 2019, la SIPED convocó una de sus reuniones científicas en Palermo, Sicilia. Fue para mí un honor poder participar en ese encuentro como invitado internacional. Me solicitaron una interven-ción sobre la Educainterven-ción Infantil y pensé que podría ser interesante referir-me al enfoque de las coreografías didácticas para esa etapa educativa. Este texto se supone que debiera responder a lo dicho en aquel momento, pero como suele ser habitual (los tiempos de los académicos también son líqui-dos e inciertos, más aún si hay una pandemia acechándonos) solo he teni-do el sosiego necesario para redactarlo mucho tiempo después, cuanteni-do la presión de los organizadores y la urgencia de las fechas te dejan sin esca-patoria. Así que aquí estoy, en Septiembre de 2020, casi un año después, esforzándome en completar mi compromiso.

Digo todo lo anterior, que debería no decirse, para aclarar la forma y el fondo que ha adoptado este texto. Ese tiempo intermedio ha resultado es-pecialmente calamitoso para todos nosotros a causa del COVID-19, un vi-rus cruel que ha hecho saltar por el aire la tranquilidad, la salud, la econo-mía y las rutinas sociales de todos los países del mundo. Por supuesto, la tormenta perfecta que ha supuesto la pandemia y el tsunami posterior que provocó en todos los órdenes de la vida han hecho saltar por el aire el mundo de la educación y sus formatos convencionales. Estos días están co-menzando de nuevo las clases en España dentro de un caos notable y con prevenciones que han trastocado totalmente las prácticas educativas. Ni-ños con mascarilla, movimientos hiperregulados en la escuela donde se convierte en prioridad el evitar los contactos, grupos burbuja que no

po-a lpo-a búsquedpo-a de nuevpo-as coreogrpo-afípo-as educpo-ativpo-as

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 70-76)