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La progettazione nei servizi educativi

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 183-187)

Giovanni Moretti Professore Ordinario - Università Roma Tre

2. La progettazione nei servizi educativi

Progettazione e valutazione come abbiamo sin qui detto sono elementi tra loro integrati che se ben bilanciati consentono di qualificare i servizi edu-cativi, nella prospettiva di adattare l’offerta formativa e di aiuto, sia alle esi-genze della popolazione interessata sia del territorio. Detto ciò, mantenendo sempre un contesto interpretativo che acquisisce la progettazione e la valu-tazione in una dimensione olistica e sistemica, può essere utile analizzare i

contributi presentati nel panel con l’obiettivo di approfondire se e in che modo ciascuno di essi affronta direttamente o indirettamente la dimensione della progettazione. In particolare, si ritiene utile individuare nei vari con-tributi i tratti ricorrenti e caratterizzanti della progettazione cui si fa riferi-mento, i suoi legami con i diritti delle persone, le implicazioni con la dimensione della valutazione e più in generale con la qualità dei servizi edu-cativi. È inoltre interessante rilevare se e in che modo la progettazione di-venta oggetto specifico di ricerca educativa, tenendo conto che nel complesso i contributi presentati hanno fatto riferimento a indagini con-cluse, in corso o ancora da sviluppare sul campo.

Tutti i contributi prendono in considerazione la dimensione della pro-gettazione, alcuni la assumono come focus centrale della propria argomen-tazione, altri invece la esaminano come aspetto corollario rispetto a quello ritenuto principale. Nel complesso prevale la progettazione didattica (Se-meraro, 2009; Vannini, 2009), ovvero una attenzione specifica alla proget-tazione o micro-progetproget-tazione delle condizioni che possono innalzare la qualità dei processi di apprendimento, di sviluppo delle competenze (Ca-stoldi, 2011; Trinchero, 2012) e delle soft skills.

I principali tratti ricorrenti, caratterizzanti la progettazione a cui si fa ri-ferimento nelle sei presentazioni del panel, sono i seguenti: la finalizzazione, la contestualizzazione, la condivisione, l’individualizzazione o personaliz-zazione, la riprogettazione.

La progettazione, anche quando è riferita all’ambito più ampio dei ser-vizi educativi o di istruzione, il più delle volte è esplicitamente finalizzata ad aspetti specifici, come la costruzione di strumenti di rilevazione o la messa a punto di particolari metodologie e strategie di intervento volti a qualificare i processi e i risultati tangibili dei servizi educativi. L’obiettivo che diffusamente ci si pone è quello di attivare progressivamente processi partecipativi in grado di coinvolgere gli operatori nell’utilizzo di strumenti e strategie, nella comprensione dei criteri di osservazione e degli indicatori della qualità, in modo tale da apprezzarne le potenzialità, le ragioni e la ver-satilità di impiego, non tanto in astratto, ma in relazione alle specifiche esi-genze manifestate nell’ambito del proprio ambito lavorativo. Ecco dunque il solido legame che la finalizzazione stabilisce con la seconda caratteristica rilevata: la contestualizzazione della progettazione. L’azione progettuale non pare potersi configurare come applicazione meccanica di una predetermi-nata modellistica normativa, alla quale la dura realtà si dovrebbe adattare,

ma dovrebbe svolgersi in modo intenzionale e consapevole in modo da pro-porsi come percorso pubblico inclusivo dei differenti punti di vista, soste-nibile e praticabile in un determinato contesto. Del contesto si prendono a riferimento i soggetti istituzionali e le figure professionali che si ritiene debbano cooperare per mobilitare tutte le risorse disponibili al fine di rag-giungere gli obiettivi stabiliti. Un aspetto importante è la progettazione di attività in cui occorre qualificare le “transizioni” tra contesti educativi sup-portando la continuità educativa e didattica (Restiglian, 2012; Bondioli, Savio, 2018; Zonca, Colombini, 2019).

La condivisione, coerentemente con quanto sin qui argomentato, emerge come ulteriore tratto della progettazione, che ne enfatizza la dimensione sociale e partecipata. La progettazione non si può esaurire nella sua rispon-denza formale, ma deve farsi “mondana”, ovvero dovrebbe misurarsi pren-dendo a riferimento i contesti reali di intervento, ipotizzandone i cambiamenti auspicabili e quelli possibili stante i vincoli rilevati e le risorse effettive disponibili.

In Italia l’idea di qualità dei servizi educativi e di istruzione è di massima formulata tenendo conto del dettato Costituzionale ed anche dei principi stabiliti e fatti propri dai singoli Paesi sulla base della adesione e ratifica di convenzioni e linee di indirizzo di ambito europeo e internazionale, quali ad esempio la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e del-l’Adolescenza.

Il lavoro maggiore è quello di evitare progettazioni orientate principal-mente a produrre documenti scritti, da protocollare e da esibire all’occor-renza, ma di garantire percorsi progettuali partecipati e condivisi, in grado di indicare a tutti i soggetti coinvolti, sia la direzione del cambiamento, sia i principi ed i valori irrinunciabili connessi al cambiamento desiderato. In questo senso si evince uno sforzo tipico della contemporaneità nel voler es-sere inclusivi non solo nella realizzazione dei servizi educativi, ma anche nei processi partecipativi che li animano, valorizzando tutti i punti di vista espressi sia dalle istituzioni che partecipano alle reti di gestione e organiz-zazione delle filiere dei servizi, sia delle figure professionali ed esperte, che contribuiscono a determinare le decisioni operative e le applicazioni nelle differenti fattispecie.

Gli ulteriori due tratti ricorrenti, caratterizzanti la progettazione a cui si fa riferimento nelle sei presentazioni del panel, ovvero l’individualizza-zione/personalizzazione e la riprogettazione, consentono di focalizzare un

aspetto cruciale: la progettazione educativa non deve limitarsi a fornire ri-sposte a dei bisogni, ma deve anche introdurre delle modificazioni concrete e materiali nelle condizioni in cui si opera (Palma, 2016) e nelle persone coinvolte. Il legame tra progettazione e attenzione ai diritti delle persone è evidente soprattutto nel continuo riferimento agli aspetti della individualiz-zazione e personalizindividualiz-zazione, che da tratto caratteristico della progettazione si trasforma nella esigenza di attivare processi di apprendimento e di tra-sformazione orientati alla persona, che si vuole riconoscere in tutti i suoi aspetti, cognitivi, affettivi, emotivi e relazionali. Nelle sei presentazioni del panel si coglie la consapevolezza che per fare qualità nei servizi alle famiglie e alle persone, soprattutto laddove ci si rivolge ai minori, occorre procedere con approcci bottom-up, dal basso verso l’alto, valorizzando i punti di vista dei soggetti coinvolti e rispettando la loro dignità, nella prospettiva di fa-vorirne la motivazione ad apprendere ed il coinvolgimento attivo (ad esem-pio attraverso pratiche di peer tutoring, engagement, assunzione di responsabilità). Le implicazioni tra progettazione e valutazione sono evi-denti in tutti i contributi e il concetto più utilizzato per definire il punto di snodo tra le due dimensioni è quello di “riprogettazione”. I contributi presentati, pur trattando di contesti educativi differenti per mission, utenza e organizzazione – scuole di vari ordini e gradi (Capperucci; Corsini e Van-nini), scuole dell’infanzia, asili nidi (Moretti e Briceag), Servizi residenziali per minori (Pandolfi), Università (Fioretti, Sposetti e Szpunar), Comunità educative di accoglienza (Traverso) –, convergono nell’identificare la pro-gettazione non tanto come fase iniziale e in sé conclusa di una azione a svol-gimento lineare e circoscritta nel tempo, ma come dispositivo dinamico e generativo. Dinamico in quanto la progettazione dovrebbe presupporre, sempre, l’accesso ad una solida memoria di conoscenze e ad una variegata raccolta di esperienze pregresse e di evidenze scientifiche; generativo in quanto gli obiettivi individuati e le azioni intraprese in relazione alla pro-gettazione vanno considerati dentro un orizzonte di significato che assume come focus la qualità e il miglioramento continuo dei servizi offerti. Tutto ciò comporta la necessità di mantenere sempre vivo un ciclo dinamico nel quale la riprogettazione diventa sul piano concettuale l’elemento di conti-nuità e di disconticonti-nuità che consente di convogliare gli esiti rilevati e i dif-ferenti punti di vista in un rinnovato sforzo e impegno di cambiamento positivo.

di riflessione da parte dei membri del gruppo di lavoro, degli operatori im-pegnati nei servizi e delle varie istituzioni che collaborano in rete (Univer-sità, Scuole, USR), diventa un processo generativo di nuove idee, di formulazione di ulteriori ipotesi interpretative e soprattutto di realizzazione di positive esperienze di formazione in servizio e di sviluppo professionale. Quest’ultima considerazione ci illumina su uno dei modi più ricorrenti che possiamo rilevare prendendo in esame i contributi del panel, che tutti in-terpretano la riprogettazione come oggetto specifico della ricerca educativa nella prospettiva della Formazione. Da qui la constatazione della diffusa adozione di un modello di Ricerca/Formazione o di Ricerca/azione (Scurati, Zanniello, 1993; Baldacci; 2012; Moretti, 2014; Asquini, 2018) da parte di cinque contributi su sei (il sesto contributo adotta un approccio empirico di tipo esplorativo). Si tratta di approcci di ricerca che riconoscono alla ri-flessione, al confronto e alla condivisione tra operatori ed esperti, diretta-mente coinvolti in un determinato contesto educativo, la possibilità di maturare nuove conoscenze, di qualificare le loro culture e pratiche profes-sionali e di concorrere a rendere sempre più esplicite le molte dimensioni dell’agire professionale che spesso sfuggono all’attenzione dell’agire tradi-zionale, del fare tanto per fare, dell’intervento individuale e isolato.

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 183-187)