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Francesco Casolo

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 136-146)

Professore Ordinario - Università Cattolica del Sacro Cuore francesco.casolo@unicatt.it

Nel corso degli ultimi cinquant’anni molti autori si sono cimentati nel ten-tare di definire il concetto di benessere inteso come il sentirsi bene con se stessi e con gli altri. Lo stare e il sentirsi bene deriva, secondo un noto au-tore, dalla soddisfazione di alcuni bisogni fondamentali e dall’auto-realiz-zazione personale da raggiungere nelle età della vita, condizione ottimale per essere creativi e soddisfatti (Maslow, 1992). Questa sensazione viene avvertita da ciascuno di noi in relazione a tutte le dimensioni: fisica, psi-chica, morale, emozionale, religiosa e sociale. La piramide dei bisogni, se-condo Maslow e l’interpretazione che i suoi successori hanno voluto trasmettere, si articola in cinque livelli a partire dal basso: bisogni fisiologici, bisogni di sicurezza, bisogni di appartenenza, bisogni di stima e bisogni di autorealizzazione. Tutti i bisogni sono connessi tra loro gerarchicamente secondo un ordine di potenza e di priorità; sono in continuo divenire di-namico e si supportano vicendevolmente. I bisogni fisiologici (fame, sete, coprirsi, ripararsi etc.), sono i più impellenti perché necessari alla sopravvi-venza e vanno soddisfatti per primi ed al più presto. Quelli superiori, a dif-ferenza dei primi, vengono considerati come carenze o lacune individuali colmabili e da soddisfare attraverso un positivo e funzionale rapporto con l’ambiente fisico e socio-relazionale. Tutti sono definiti dall’autore come ‘fondamentali’ e rappresentano per il singolo individuo compiti perseguibili nel corso dell’esistenza e il soddisfacimento dei primi quattro gruppi di bi-sogni non è sufficiente all’individuo per sentirsi appagato. Insoddisfazione e conseguente irrequietezza psicologica possono essere dovute alla mancanza di utilizzo pieno del proprio potenziale personale che avviene solo attraverso l’impulso che porta al culmine della piramide dove può avvenire l’autorea-lizzazione e l’auto-accrescimento, sinonimi di salute psicologica e di benes-sere. Tale condizione si palesa attraverso la manifestazione spontanea e

consapevole dei ‘valori buoni’: espressività spontanea, bontà, altruismo, co-raggio e creatività.

Se andassimo a contestualizzare l’approccio nell’ambito bio-medico il concetto di star bene viene abitualmente ricondotto all’assenza di malattie e al mantenimento dello stato di salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto proprie le Linee guida per l’attività fisica dell’anno 2008 emesse dal Dipartimento della salute statunitense che basandosi sulle evi-denze medico-scientifiche degli ultimi 20 anni hanno individuato nell’eser-cizio fisico un efficace strumento di prevenzione delle malattie (OMS, 2008).

Trenta minuti di attività al giorno è sufficiente per diminuire: del 58% le possibilità di sviluppare il diabete di tipo 2 (con i farmaci tradizionali si ha una riduzione inferiore:31%); del 39% il rischio di morte per infarto e malattie cardio-vascolari negli uomini; del 34% il rischio di ictus cerebrale; del 38% il rischio di sviluppare tumori ( quello al colon diminuisce del 47%) ; del 40% il rischio di demenza senile e di contrarre il morbo di Al-zheimer; del 50% il rischio di fratture e del 30 % quello di incontinenza negli anziani; diminuisce del 50% la possibilità di sviluppare asma. Inoltre, gli effetti di una attività motoria abituale e costante vanno estesi ad una maggior capacità di mobilità articolare e elasticità muscolare che rendono l’uomo che invecchia indipendente fino a tarda età, una maggior capacità di sviluppare e mantenere la memoria e le capacità mentali, una sensibile diminuzione del rischio di cadere in depressione. Recentemente l’American College of Sport Science con le linee-guida del 2011 ha quantificato l’atti-vità motoria utile all’uomo entrando nei dettagli quantitativi e qualitativi (ACSM, 2011). Per star bene ognuno di noi dovrebbe muoversi per almeno 150 minuti a settimana (30 minuti al giorno per cinque giorni) dedicando almeno 20 minuti in tre delle cinque giornate a attività ad intensità mode-rata-vigorosa e integrando esercizi di mobilità articolare e di allungamento muscolare per ciascuno dei principali gruppi muscolari. Del resto l’uomo è “Born to move” e dunque possiede una strutturazione corporea concepita per relazionarsi con l’ambiente e con i propri simili attraverso il movimento (Minetti, 2009; Fasting, 2009). I numeri di organi e apparati che compon-gono questa dotazione anatomica sono impressionanti (Casolo, 2011).

Secondo Enrile e Invernici il benessere dell’uomo dipende da un rap-porto equilibrato tra l’attività della mente e l’attività motoria e l’assenza o l’insufficienza di movimento provoca in tutte le età ripercussioni negative

su tutto l’organismo e sulla personalità. I due autori sottolineano l’impor-tanza di questo equilibrio tra pensiero e movimento, tra attività mentale ed attività motoria, che conduce ad un senso individuale di benessere chia-mato ‘cenestesi individuale positiva’ che ogni uomo avverte da una condizione di benessere fisico e mentale (Enrile, Invernici, 1977).

Recentemente l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è fatta porta-voce di un nuovo concetto di salute attiva che ci aiuta ad ampliare il con-cetto di benessere cha andiamo definendo. Secondo la dichiarazione di Ottawa del 1986: “La promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di miglio-rarla. Per raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e so-ciale, un individuo o un gruppo deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte. La salute è quindi vista come una risorsa per la vita quotidiana, non è l’obiettivo del vivere. La salute è un concetto po-sitivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche. Quindi la promozione della salute non è una responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma va al di là degli stili di vita e punta al benessere “(OMS, 1986). Un contributo teorico ma fondamentale in tal senso è stato offerto dall’approccio ecologico degli studi sulla persona e sul benessere, che hanno proposto un nuovo modo di concettualizzare la relazione fra l’individuo e l’ambiente. In quest’ottica la salute è vista come il prodotto dell’interdi-pendenza tra individuo e sottosistemi dell’ecosistema che, per promuovere la salute deve fornire le condizioni economiche e sociali che inducono stili di vita sani e le necessarie informazioni che consentano l’acquisizione delle abilità necessarie affinché gli individui possano attuare tali comportamenti. In tal senso il processo educativo dovrebbe essere indirizzato a indurre azioni volontarie che le persone possono compiere autonomamente o collettiva-mente. I messaggi educativi oggi non sono più focalizzati su singole azioni, ma su veri e propri stili di vita duraturi.

Dalla letteratura di oltreoceano ci proviene il concetto di “wellness” che nella sostanza integra due termini: well being (benessere) e fitness (essere in forma fisica). Oggi per wellness si intende lo star bene della persona ot-tenuto prevalentemente attraverso una cura e una attenzione alla alimen-tazione e allo stato di forma fisica. Il tutto potrebbe essere sintetizzato nel motto “Essere in forma per sentirsi bene”. Nel nostro caso mi sembra op-portuno sostituirlo con “Muoversi per stare bene” arrivando in questo modo

ad abbracciare quanto afferma il fondatore secondo cui il concetto di wel-lness (Hettler, 1976), oggi utilizzato come sinonimo di benessere, dovrebbe orientarsi verso lo sviluppo e la acquisizione di sei mete-componenti tutte indispensabili:

. benessere intellettuale; la stimolazione mentale e l’arricchimento intel-1

lettuale sono alla base di una mente sana e creativa. Una persona che gode di benessere mentale utilizza tutte le risorse che ha a disposizione per espandere le conoscenze proprie per incrementare le abilità proprie e altrui in differenti contesti.

. benessere morale e spirituale. La dimensione spirituale cerca di dare 2

scopo e significati all’esistenza umana; include un profondo apprezza-mento per la vita, per la grandezza della natura e per chi l’ha creata. Lungo questo percorso il bambino che cresce potrà imparare a porsi do-mande di senso su quello che oggi è effettivamente importante e signi-ficativo per star bene: saper essere o avere? Imparerà a capire e a interpretare il mondo con le molteplici esperienze e scelte che questo pone all’individuo.

. benessere fisico-motorio; inteso come equilibrio tra attività fisica e ali-3

mentazione ma anche come scelta consapevole di utilizzare il movimento umano come parte connotativa e costituente della nostra vita. L’attività fisica costante e abitudinaria potenzia l’apparato cardio-circolatorio, il sistema muscolare e la flessibilità generale facendoci sentire a posto con il nostro corpo. Per ottenere questa dimensione del benessere occorre saper scegliere, tra le innumerevoli proposte, quella o quelle attività mo-torie che meglio si adattano alle nostre caratteristiche fisiche e psico-so-ciali individuali; una attenzione maggiore a questa dimensione diminuisce le probabilità di ammalarsi, ritarda l’invecchiamento facen-doci sentire attivi e vitali in ogni momento dell’arco di vita;

. benessere professionale inteso come ricerca della soddisfazione in ambito 4

lavorativo e capacità di gestione del delicato equilibrio tra tempo lavo-rativo e tempo libero; la soddisfazione professionale è una dimensione importante del benessere generale in quanto il lavoro oggi occupa gran parte della nostra giornata.

. benessere sociale. H. Gardner (1987) aveva individuato nell’intelligenza 5

inter-personale la capacità di gestire relazioni efficaci, positive e gratifi-canti con coniuge, figli, amici, colleghi. Ritengo che questa dimensione

dell’essere sia altrettanto importante per star bene. Del resto l’uomo è un essere sociale e come tale ha la necessità e il bisogno di interagire con i propri simili.

. benessere emozionale. Consiste nella capacità di gestione delle proprie 6

emozioni, sentimenti, punti di forza e limiti. In questo ambito lo stu-dioso di riferimento è D. Goleman (1996) e il percorso educativo che propone è quello di imparare a leggere tutte le manifestazioni corporee che compaiono in modo spontaneo ( rossore, tremore, aumento delle pulsazioni cardiache) e che denotano la presenza più o meno accentuata di un determinato stato emotivo. La loro conoscenza e il modo con cui si manifestano ci consente di poterle leggere, di poterne essere consape-voli per tentare di controllarle. Come? Agendo sul controllo respiratorio o su tutte quelle tecniche di auto-controllo che possono veramente ve-nire in nostro aiuto nelle situazioni complesse che la vita ci riserva. Gran parte di queste dimensioni del benessere trovano nelle occasioni di movimento e sport una vera e propria palestra di allenamento spontaneo, efficace e a basso costo. Una attività motorio-sportiva, se praticata in un contesto educativamente controllato e serio, offre occasioni di crescita non solo fisica ma anche intellettiva, sociale, emozionale e morale.

Lo star bene arriva così ad inglobare i concetti di assenza di malattia, auto-realizzazione, salute attiva, fitness e wellness nonché la prospettiva di implementare e valorizzare tutte le dimensioni della personalità.

Ma, ci chiediamo, vi può essere una educazione al benessere? Certamente si. Dove? A partire dalla famiglia e a seguire nel sistema scolastico: le due più importanti istanze educative. In aggiunta, siamo consapevoli e convinti che il punto di partenza di questo percorso sia la piena conoscenza, co-scienza ed accettazione della propria corporeità intesa come insieme e uni-cità di mente e corpo. É a partire dal proprio corpo e dalle esperienze vissute che il bambino impara a conoscere se stesso, gli altri e il mondo.

Le neuroscienze ci hanno dimostrato che oggi il corpo non è solo l’espressione visibile di tutto quello che c’è nella persona come la postura, la gestualità, l’atteggiamento e le caratteristiche somatiche, ma è a tutti gli effetti il modo di manifestarsi del nostro cervello che è un insieme di razio-nalità, emotività e sentimenti. L’educazione alla corporeità, affrontata prima in famiglia e poi a scuola aiuta i nostri bambini ad ascoltare i messaggi del corpo, a scoprire le proprie potenzialità e a collocarsi positivamente

nel-l’ambiente imparando ad interagire e a rinnovare l’immagine di sé abituan-doci ad accettare il nostro corpo che si trasforma nel corso delle differenti età della vita.

Siamo convinti che la cultura della corporeità debba trovare spazio al-l’interno del contesto familiare e trovare genitori convinti e consapevoli dell’importanza del movimento e delle esperienze motorie dei propri figli. L’istituzione famigliare può essere un vero e proprio gruppo positivo per la crescita e per lo sviluppo della personalità dei figli solo se riuscirà ad orga-nizzarsi per superare le difficoltà derivanti dall’integrazione di esigenze dif-ferenti dei componenti quali l’impiego dei genitori, le necessità domestiche, le esigenze di cura, di gioco e di attenzione dei figli, l’impegno scolastico, le esigenze di comunicazione tra i componenti. Se da un lato diminuisce il tempo a disposizione per il rapporto educativi tra genitori e figli ci si aspetta che, quel poco tempo, sia per lo meno utilizzato bene.

Purtroppo le statistiche più recenti sull’uso del televisore in famiglia con-fermano che i bambini ne fanno un uso esagerato ed i genitori lo permet-tono. Oggi la percentuale di famiglie che possiede almeno un televisore raggiunge quasi il 100%, mentre il 10,6% ne possiede uno anche in camera dei ragazzi, nel 16% dei casi la TV rimane accesa tutto il giorno, indipen-dentemente dalle attività svolte dai componenti, e l’81% tiene la televisione accesa durante i pasti, il 27% durante l’esecuzione dei compiti, il 64% du-rante il gioco ed il 40% mentre si prepara per uscire al mattino (ISTAT, 1997). É stato inoltre rilevato che in media i bambini di oggi dedicano alla fruizione multimediale di televisione, computer, giochi elettronici e video-registratore un tempo di 4 ore e 15 minuti al giorno che arriva a 5 ore e 15 minuti nel 25% di bambini ed adolescenti.

Che non siano del tutto negativi gli effetti di un uso così prolungato del mezzo televisivo è certo: la televisione diverte, informa, ci fa conoscere il mondo lontano, istruisce ma... purtroppo può condizionare in negativo la vita dei nostri figli, specialmente dal punto di vista motorio. Questa grande presenza della televisione e dei mezzi informatici ha fatto perdere il primato educativo ai genitori che vengono sostituiti da “mamma TV”, danneg-giando in modo grave l’autorità che la famiglia doveva dimostrare di fronte all’espandersi di questo mezzo (Mazza, 2002).

Vi sono numerose indagini e dati statistici che meriterebbero di essere commentati in quanto dimostrano come i genitori e le famiglie stiano vi-vendo in modo non sempre consapevole questa loro mancanza quantitativa

e qualitativa di apporto personale all’educazione dei figli. Oggigiorno la quantità e la qualità dell’intervento educativo dei genitori sui figli si limita a qualche ora durante la settimana e quando va bene alle giornate del sabato e della domenica.

Con un consapevole intervento educativo mamma e papà potrebbero scegliere di favorire le attività di movimento e di gioco motorio costruendo attorno al bambino un ambiente non pericoloso e adatto ad essere esplo-rato, oltre che a rendersi disponibili a giocare con lui. È importante che possano abituare fin da piccolo il proprio figlio ad un rapporto ludico con l’acqua in casa e in ambiente naturale. In alternativa ai giochi elettronici svolgono una funzione importante in direzione dello sviluppo degli schemi motori di base tutti i giochi e i giocattoli che inducono forme di movimento come la palla, i pattini e i mono pattini, la bicicletta, gli sci. Tutte le espe-rienze di movimento globali (che coinvolgono il corpo in toto) o segmen-tarie costruiscono quel bagaglio di esperienze psico-motorie utili per la conoscenza del proprio corpo, per la formazione del carattere e per l’avvio dei rapporti sociali con i coetanei e con l’ambiente. Nel rispetto dei tempi di apprendimento differenti da bambino a bambino l’obiettivo educativo dei genitori dovrebbe essere quello di far vivere al proprio figlio esperienze di movimento e di avvicinamento alle pratiche sportive le più differenziate possibili evitando una specializzazione precoce mono-disciplinare che nella maggioranza dei casi si rivela deleteria.

Il sistema scolastico oggi è l’ambiente educativo che, assieme alla fami-glia, potrebbe educare al benessere attraverso la trasmissione di una cultura che comprenda, oltre ai settori tradizionali, anche gli ambiti nutrizionale e motorio-sportivo. La scuola è un contesto privilegiato per la realizzazione di interventi educativi per la presenza di diversi vantaggi: consente di rag-giungere virtualmente tutta la popolazione; ha una utenza composta da persone giovani che stanno iniziando ad adottare stili di vita. L’istituzione scolastica è l’unica insieme alle ASL ad avere attribuiti per legge compiti di educazione alla salute e al benessere. L’obiettivo da raggiungere è quello di promuovere uno stile di vita sano e di fornire ai più giovani quelle abilità per la vita (life skills) che consentano ai ragazzi di affrontare le varie scelte per la salute con le adeguate conoscenze e le opportune motivazioni, e non solo influenzati dal parere dei coetanei, dagli stimoli della pubblicità palese e occulta o da condizionamenti casuali (Valagussa et al., 2004). Per questo fine è necessario un progetto educativo per la salute e il benessere all’interno

del curriculum scolastico. L’educazione alla salute comprende tutte le op-portunità di apprendimento costruite consapevolmente che coinvolgono alcune forme di comunicazione, ideate per conoscere meglio la salute, per migliorare le cognizioni, e per sviluppare quelle capacità di vita che contri-buiscono alla salute del singolo e della comunità. Le life skills sono abilità psico-socio-affettive e come tali coinvolgono pienamente la corporeità e l’apprendimento in situazione tipico dell’educazione attraverso il movi-mento. Il concetto alla base delle life skills definite dall’OMS in materia di salute è relativo al concetto di salute intesa come sviluppo delle potenzialità umane; questa rinnovata visione è stata ribadita dall’Organizzazione Mon-diale della Sanità all’interno del documento “Life Skills education in school” (OMS, 2000).

Nell’intento di arrivare a una sintesi finale il concetto di “benessere” oggi arriva a coincidere con quello di “salute attiva” e non dipende unicamente dall’assenza di malattia ma da un insieme di componenti tra cui la forma-zione di una personalità completa attraverso l’acquisiforma-zione – indotta dalla famiglia e dalla scuola – delle life skills e l’abitudine ad una pratica motoria giornaliera che sembrano essere una tra le componenti più determinanti per il benessere stesso.

Ne deriva che un aspetto oggi attuale e salutare della cultura familiare e scolastica è la cultura del movimento e della corporeità che definisce e tra-smette i valori e i vantaggi che l’attività motorio-sportiva può apportare come in nessun altro momento della nostra vita al benessere inteso in tutte le componenti come abbiamo argomentato. Se noi tutti conveniamo che il benessere non può essere né genetico né imposto dall’esterno ma al contra-rio “educabile” l’unica operazione che sembra essere oggi necessaria è quella dell’inclusione convinta e programmata di una forte cultura del movimento all’interno del nostro sistema educativo, scolastico e extrascolastico.

Riferimenti bibliografici

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Enrile E., Invernici A. (1977). I principi fondamentali dell’educazione fisica. Roma: Società Stampa Sportiva.

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Gardner H. (1987). Formae mentis, Saggio sulla pluralità dell’intelligenza. Milano: Feltrinelli.

Goleman D. (1996). Intelligenza emotiva. Milano: Rizzoli.

Hettler B. (1976).The six dimension of wellness model. National Wellness Institute (NWI – USA).

Maslow A.H. (1992). Motivazione e personalità. Roma: Armando (ed. orig. 1954). Mazza V. (2002). Usare la TV senza farsi usare. Torino: Sonda.

Minetti A.E. (2009). Human adaptability to move: internal and external resources. Oslo: ECSS Congress.

Valagussa F., Valagussa L. (2004). Cardiologia di comunità e promozione della sa-lute con la scuola. Italian Heart Journal.

Documenti

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della salute, Novembre, Ottawa, Ontario, Canada.

OMS (2000). Life skills education for children and adolescents in schools, year 2000. U.S. Department of Health and Human Services (2008). Phisycal Activity

per garantire l’educazione di tutti e di ciascuno

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 136-146)