Prospettive educative Michele Baldassarre
2. Processi comunicativi sul web
Oggi ragazzi e adulti ricorrono continuamente alla rete come fonte di in-formazione, in modo pervasivo e per una molteplicità di domini e contesti di conoscenza. Questo fenomeno mette in luce un aspetto centrale dell’uso delle ICT che riguarda tutti gli utenti senza alcuna distinzione ma che si rende maggiormente cruciale per i minori: la consapevolezza digitale.
La diffusione dei mobile devices (smartphone, tablet) e del social network, insieme alla disponibilità ubiqua di connessione, rende sempre più facile l’attività di produzione di contenuti digitali e la loro pubblicazione on-line. Questo espone maggiormente i soggetti a un uso poco consapevole e spesso scorretto dei media. Di qui l’importanza sempre più rilevante di insegnarne un uso responsabile e la progressiva declinazione della ME [Media Education] in termini di educazione alla cittadinanza (Rivoltella, n.d.).
Per comprendere il significato di “consapevolezza digitale”, generalmente chiamata e-awareness, è bene chiarire alcuni concetti che ne sono alla base. – Technological Literacy: letteralmente “alfabetizzazione tecnologica”, im-plica la capacità di utilizzare gli strumenti (hardware e software) tecno-logici;
– Information Literacy: letteralmente “alfabetizzazione alle informazioni”, implica la capacità di organizzare e comunicare informazioni, nonché
di saperle identificare, valutare e utilizzare. L’Information Literacy è re-quisito abilitante per la partecipazione alla società dell’informazione; – Media Literacy: letteralmente “alfabetizzazione all’uso dei media”, implica
la competenza nell’uso di diversi media, sapendosi orientare al loro in-terno. La Commissione Europea definisce la media literacy come “la ca-pacità di accedere ai media, di comprenderne e valutarne i diversi aspetti a cominciare dai loro contenuti, di creare comunicazione in una varietà di contesti” (Commissione della Comunità Europea, 2007).
– Digital Presence: letteralmente “presenza digitale”, implica la competenza nella gestione di una propria identità virtuale;
– E-awareness: letteralmente “consapevolezza digitale”, implica la consa-pevolezza che un utente dovrebbe sviluppare durante la navigazione sul web in merito alle informazioni che coglie e a quelle che produce, non-ché all’immagine di sé che costruisce e di cui lascia tracce anche nei so-cial.
La consapevolezza digitale ha una serie di implicazioni per l’utente, tra cui la capacità di gestire la propria reputazione in rete, la propria identità digitale, la responsabilità nella produzione di contenuti e la competenza nel decodificare quelli prodotti da altri. Questi fattori concorrono a descrivere la competenza digitale che “consiste nel saper analizzare in modo flessibile situazioni tecnologiche nuove, nel saper analizzare, selezionare e valutare criticamente dati e informazioni, nel sapersi avvalere del potenziale delle tecnologie per la rappresentazione e soluzione di problemi e per la costru-zione condivisa e collaborativa della conoscenza” (Tamborra, Baldassarre, 2014, p. 724).
Quanto sin qui evidenziato, richiama particolare attenzione sulla pro-duzione e sulla fruizione dei contenuti in rete.
2.1 Produzione dei contenuti
Per comprendere pienamente il fenomeno della produzione dei contenuti digitali, è necessario premettere in che modo si siano evolute, nel tempo, le modalità di interazione online.
Inizialmente il web è stato pensato e, conseguentemente, strutturato per permettere l’accesso a contenuti di tipo ipertestuale. Gli utenti del “web
1.0” potevano consultare i contenuti presenti nei siti internet in modo uni-direzionale, senza, cioè, che vi fosse la possibilità di stabilire una forma di interazione tra produttori e fruitori. I siti internet erano definiti “statici” e gli utenti avevano un ruolo passivo.
Con l’avvento del web 2.0 l’interazione tra gli utenti è diventata un aspetto centrale soprattutto con la diffusione di ambienti online come i so-cial network, i blog e il podcast; ossia siti web strutturati per permettere agli utenti di entrare in relazione e il cui obiettivo principale è la condivisione di contenuti personali. Gli strumenti del web 2.0 aggiungono alla possibilità di fruire di contenuti, tipica del web 1.0, quella di condividerli. Gli stru-menti per l’accesso alla rete prendono il nome di “social media”, ossia media che consentono la condivisione e la partecipazione a reti sociali virtuali.
Nel tempo, le implicazioni delle possibilità di produzione e condivisione orizzontale di contenuti hanno condotto allo sviluppo di sistemi di analisi dei dati prodotti nel web per scopi di marketing mirato. Nasce, così, il web 3.0 definito anche “web semantico”, caratterizzato da una profonda inter-connessione dei contenuti attraverso la costruzione di database in grado di effettuare ricerche approfondite grazie anche all’intelligenza artificiale ado-perata per individuare relazioni tra i dati in grado di offrire risultati di ricerca che incontrino le necessità e i gusti degli utenti grazie alla loro “profilazione”, ossia lo studio del loro comportamento in rete (Treccani, 2013).
L’evoluzione delle architetture del web, è avvenuta in modo parallelo al livello di penetrazione nella società di strumenti utili ad accedervi, dai com-puter, i personal comcom-puter, agli smartphone. Questi due aspetti, insieme, hanno generato un vero e proprio processo di “democratizzazione” all’in-terno del web per quanto pertiene la produzione dei contenuti attraverso, prevalentemente, i social media.
Il processo di democratizzazione porta con sé luci e ombre del fenomeno dell’interazione online. Se, infatti, produrre e condividere contenuti sia di-venuto un diritto quasi scontato, bisogna, tuttavia, considerare le respon-sabilità che questa possibilità comporta.
2.2 Processi di fruizione
Quando si considera la fruizione dei contenuti, l’attenzione è da porsi prin-cipalmente sulla verifica della veridicità delle informazioni apprese.
tec-niche e strumenti; “come cercare fonti valide, in che modo valutare la ve-ridicità di un’immagine, quali parole utilizzare e come rapportarsi agli altri osservando la netiquette” (Averame, 2018, p. 17). La rete, inoltre, offre “la possibilità di acquisire conoscenze e informazioni in maniera non lineare (al contrario di quanto avviene leggendo un libro o un articolo di giornale), non sequenziale, utilizzando differenti media (testi, video, audio, imma-gini)” (ivi, pp. 17-18).
Queste capacità legate alla navigazione in rete, risultano cruciali in un ambiente virtuale sempre più popolato da fonti di informazioni che mirano a influenzare le scelte dei fruitori in una molteplicità di ambiti della loro vita: dall’acquisto di nuovi prodotti, a scelte di natura politica. In questo senso risulta lampante che l’internauta debba essere in grado di discernere l’autenticità delle informazioni dalle operazioni marketing o dalla manipo-lazione.
Si pensi, in questo senso, al ruolo e alla notorietà che stanno acquisendo i cosiddetti “influencers”. Si tratta di una figura che si è affermata all’interno dei social network e identifica utenti che sono seguiti da moltissime, nel-l’ordine di migliaia, persone – followers – e le cui opinioni sono considerate da questi ultimi autorevoli e credibili. Gli influencers, in virtù nei numerosi fan e followers, sono considerati come persone in grado di influenzare le opinioni di molti, rispetto a certi ambiti di cui sono esperti oppure appas-sionati. Su questi presupposti molte aziende hanno considerato il loro po-tenziale di influenza anche nelle scelte d’acquisto. Nasce, in questo modo, il così detto “influencer marketing”, “una forma di marketing che si basa sull’identificazione di personaggi riconosciuti dagli utenti a cui la campagna è destinata, lasciando alle loro parole, opinioni e modalità di comunicare con i propri fan il compito di parlare di un prodotto o un servizio, a diffe-renza del tradizionale uso di personaggi famosi che si fa in pubblicità” (ivi, p. 38). Il principio su cui si fonda questa forma di marketing è quello del passaparola partendo dal presupposto che un consiglio o un’opinione espressa da una persona considerata simile e vicina al proprio status possa avere una maggiore influenza rispetto a quanto possa esserlo se proveniente da un personaggio famoso che, per quanto possa suscitare interesse, viene comunque percepito come appartenente a un modo distante dal proprio. Il principio del passaparola mira alla diffusione delle informazioni in modo “virale”, al punto che si parla di “viral marketing” che si basa su meccanismi di diffusione delle notizie del tutto simili a quelli delle fake news.
Si tratta pertanto di sensibilizzare ed educare i giovani a saper valutare e decodificare i messaggi trasmessi in rete, a verificarne la veridicità e la fonte, nonché, lo scopo alla base della pubblicazione di quel contenuto, impa-rando a saper distinguere la passione e lo scambio di opinioni dal puro mar-keting e, invece, fruire di contenuti pubblicitari con la giusta consapevolezza e volontà di farlo.