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I diritti dei bambini nell’era digitale: spunti per la ricerca educativa

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 173-177)

Francesca Pedone Professore Associato - Università di Palermo

2. I diritti dei bambini nell’era digitale: spunti per la ricerca educativa

Mentre la vita quotidiana dei bambini diventa sempre più pesantemente pervasa dai nuovi media ci si interroga se “l’era digitale” stia migliorando o meno i loro diritti5, con le attuali controversie incentrate sul diritto dei mi-nori alla privacy online come offline, all’informazione e alla libertà di espres-sione e alla protezione da minacce variamente filtrate o amplificate dal Web. Di seguito presentiamo alcune sollecitazioni per la ricerca in campo edu-cativo sui diritti dei minori, che si legano a tre sfide tra loro interconnesse: la relazione universalità-contestualizzazione dei diritti, il ruolo che hanno i media nella determinazione dei diritti dei minori, l’equilibrio tra rischio e opportunità per consentire la partecipazione dei bambini.

Se nel XX secolo lo studio dei rischi e delle opportunità dei media ver-teva prevalentemente sui potenziali danni legati all’esposizione a contenuti mediatici aggressivi, sessuali e commerciali (Livingstone, 2016), nel XXI

5 Si pensi anche al tristemente attuale dibattito, in tempi di pandemia da Covid19, sul valore della didattica a distanza che se da una parte sta consentendo a milioni di stu-denti di rimanere “connessi” con la comunità scolastica di appartenenza, di coltivare saperi e relazioni, dall’altra rischia di amplificare le disuguaglianze, lasciando ai margini moltissimi altri studenti che vivono in contesti di povertà educativa o in situazione di disabilità.

secolo con l’avvento dei media digitali, collegati in rete e sui social, la ricerca sui diritti dei minori e media ha abbracciato prospettive disciplinari diffe-renti e sollevato molteplici interrogativi legati ai diritti che, nel mondo an-glosassone, vengono sintetizzati con le 3P (Livingstone, O’Neill, 2014): provision, protection e participation, cioè il diritto ad avere la disponibilità di fruizione dei media e di accesso alle informazioni, il diritto di protezione dai rischi che possono derivare dagli stessi e, infine, il diritto di partecipa-zione attiva, in riferimento all’aspetto più social dei nuovi media. In questa direzione la ricerca dovrebbe orientarsi sui diversi fattori individuali e con-testuali che influiscono sugli usi, sui significati e sulle conseguenze dei media che possono apparire in contrasto con lo spirito universalistico della Convenzione. Su questo punto la ricerca, contestualizzata e interdiscipli-nare, deve interrogarsi su quali siano le condizioni che danno origine ai bi-sogni dei bambini, quale la gamma di rischi specifici in cui possono imbattersi, quale il significato e le opportunità particolari che determinano la loro attiva partecipazione. Se da una parte i media hanno il potenziale per aprire nuove possibilità, per aumentare la consapevolezza dei bambini sui loro diritti e promuovere le loro opinioni e far sentire la loro voce; dal-l’altra, tuttavia, la comunità globale è molto lontana dal riconoscere e rea-lizzare il potenziale dei media digitali a sostegno dei diritti dei minori.

Solo per fare un esempio tra i tanti, per i bambini in molte parti del mondo, un accesso ai media digitali costante e di qualità rimane una sfida: non possono accedere alle risorse online nella loro madrelingua, e laddove ciò sia possibile, prevalentemente si tratta di un accesso limitato alle informazioni e all’intrattenimento non adeguati alla loro età. La ricerca europea mostra che opportunità e rischi online sono correlati positivamente (Livingstone, Helsper, 2010); se in alcuni contesti l’esposizione ad alcuni rischi può essere il mezzo per sviluppare opportunità in termini di acquisizione di competenze digitali e di apprendimento, esplorazione e partecipazione online, in altri contesti è possibile che tali rischi siano troppo grandi, poiché spesso mancano le “reti di sicurezza” date da contesti educativi significativi in famiglia a scuola e nel-l’extra scuola. Ecco la prima sfida: come può l’educazione colmare il divario tra l’universalità dei diritti e la specificità dei contesti?

La ricerca si interroga su come i diritti dei minori, che sempre dipendono dal contesto, siano plasmati anche dal contesto digitale costituito da piat-taforme digitali (giochi, app, social network) che, configurandosi come “in-termediari digitali” (Dal Yong, 2015), accumulano dati dei minori, ne

ridefiniscono l’identità, la privacy, la socialità e influenzano le attività quo-tidiane, l’economia e la cultura. Tali piattaforme, come è facilmente intui-bile, non sono neutrali, ma sono create e gestite da privati o da enti governativi o non governativi e riflettono le priorità e le aspirazioni delle istituzioni e degli adulti che le hanno messe a punto. Su queste piattaforme vengono rilevate le informazioni sui minori e le loro abitudini che sono poi utilizzate per generare modelli di conoscenza a fini documentali o di pro-fitto, modellando di fatto profondamente il significato dei diritti dei minori nell’era digitale. Per diffondere un discorso etico alternativo sui diritti dei bambini nell’era digitale, Swist e Collin (2017) si rifanno al capability ap-proach di Sen (2005) che genera una concezione di agency6come elemento che emerge dalla natura localizzata e interdipendente delle interazioni umane (online e offline). Il capability approach ha introdotto una com-prensione multidimensionale dello sviluppo umano, sfidando la prevalente attenzione alla crescita economica che domina le politiche dei vari Paesi. Secondo Sen (2005), questo approccio non è in conflitto con i diritti umani; anzi, il concetto di “capability” (cioè l’opportunità di ottenere pre-ziose combinazioni di funzionamenti umani, cosa una persona è in grado di fare o essere), può essere molto utile per comprendere gli aspetti peculiari della libertà e dei diritti umani. Tale approccio consente di ripensare i diritti dei minori perché si concentra sulla loro agency per espandere le loro capa-cità, ossia le loro opportunità di raggiungere i modi di essere (aspirazioni) e di fare (realizzazioni) a cui danno valore in relazione agli altri. L’influenza delle interrelazioni è la chiave per il capability approach proprio perché i contesti influenzano in modo significativo le nostre capacità, il nostro libero arbitrio e la nostra libertà di perseguire modi di fare e di essere. Porre al centro della riflessione educativa lo sviluppo delle capacità personali induce ad assumere una visione multiprospettica, che accoglie al suo interno anche le dimensioni sociali, relazionali, partecipative e progettuali. Attraverso la lente del capability approach i diritti dei minori sono considerati in termini della loro interdipendenza con le persone e i luoghi della società. La tecno-logia svolge un ruolo molto importante nell’espansione delle capacità

6 In questa prospettiva il concetto di agency è inteso come la libertà di raggiungere tra-guardi giudicati auspicabili e fa riferimento al ruolo dell’iniziativa individuale nella conduzione di una vita desiderabile e “fiorente”, includendo al suo interno i concetti di empowerment e di autonomia (Sen, 1992).

umane, e ci consente di esaminare come le piattaforme possano accrescere e/o limitare le capacità dei bambini e di riconoscere e attualizzare la loro li-bertà di raggiungere il libero arbitrio e il benessere. La ricerca in questa di-rezione potrebbe ulteriormente contribuire per un ripensamento e una riprogettazione delle piattaforme principalmente con i minori e non solo per i minori, per imparare a comprendere i nuovi media attraverso i loro occhi. Si pone quindi la seconda sfida: in che modo la ricerca assumendo una modalità riflessiva può aiutare a problematizzare pratiche lineari “dal-l’alto verso il basso” che possono avere priorità aziendali, economiche o po-litiche e contribuire all’identificazione di pratiche distribuite “dal basso verso l’alto” volte a promuovere i diritti e il benessere dei minori?

In questa stessa direzione siamo convinti dell’importanza di indagare il tema dei diritti attraverso le voci dei diretti interessati (Costa et al., 2017): i minori dovrebbero essere stimolati a riflettere sui loro diritti nell’era digi-tale e ad identificare le varie opportunità e sfide che modellano la loro ca-pacità di usare i media digitali per comprendere e far valere i loro diritti. Sebbene la Convenzione Onu del 1989 qualifichi i diritti di partecipazione dei minori in base alla loro capacità (o maturità) di esprimersi, insiste anche sul fatto che le decisioni che incidono sui minori siano prese nel loro mi-gliore interesse. La ricerca (Third, Collin, 2016) ha già dimostrato che un ampio accesso ai media digitali da parte dei bambini non implica in loro un aumento della consapevolezza dei loro diritti. I media digitali sono di-ventati prerequisiti per soddisfare altri diritti: l’accesso ai media è un diritto fondamentale e la mancanza di tale accesso è spesso il problema più grande per i bambini. I media sono i mezzi attraverso i quali i minori esercitano il diritto all’informazione, all’istruzione e alla partecipazione; quindi sono una via per il benessere. L’alfabetizzazione è fondamentale per l’accesso, la comprensione e la partecipazione ai media digitali e, quindi, per l’esercizio dei diritti nell’era digitale. Far sentire la voce dei minori è un mezzo irri-nunciabile per contribuire alla politica e alle pratiche che rappresentano e soddisfano i loro interessi. È importante imparare a capire i media digitali attraverso gli occhi dei minori se vogliamo sviluppare modi credibili ed ef-ficaci per i bambini di sfruttare tali strumenti al servizio dei loro diritti. In-fine la terza sfida: in che modo la ricerca educativa può offrire ai minori l’opportunità di riflettere su come i media digitali potrebbero avere un im-patto positivo sui loro diritti?

Nel documento Società Italiana di Pedagogia (pagine 173-177)