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Nel caso di un nocumento ambientale che incide su posizioni soggettive individuali i privati possono agire secondo le regole dell’illecito aquiliano anche per la tutela di una serie di danni-conseguenza privi di un contenuto prettamente patrimoniale ma giuridicamente rilevanti e risarcibili in quanto si riflettono sulla qualità della vita dei singoli.

Di seguito si intende verificare se tale diminuzione della qualità della vita, dovuta alle particolari condizioni in cui versa la popolazione afflitta, sia inquadrabile in una specifica categoria di danno ai fini della sua risarcibilità.

489 Prudentemente favorevoli all’ammissibilità delle sottoclassi, già con riferimento all’azione consumeristica (e pur evidenziando problemi pratici di difficile risoluzione con riferimento alla gestione processuale degli interessi di ogni sottoclasse), MENCHINI S., MOTTO A., Op. cit. Sui rischi connessi all’introduzione di un sistema di sottoclassi, cfr. GIUSSANI A., Aggregazione di cause e aggregazione di questioni nel contenzioso di serie, in

Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2016, 4, p. 1279-1285.

490 Si veda la già menzionata Tribunale di Cagliari 11 aprile 2018, in giustiziacivile.com, con nota di DE DOMINICIS F., Ciò che non fa la legge, lo fa il giudice, se capace: azione di classe e previsione delle sottoclassi. 491 MALAVASI M., RICCIARDI G., Op. cit.

133 5.1. Il danno biologico

La prima categoria di danni che si considera è quella del danno biologico, inteso in senso ampio come integrità psico-fisica, rispetto al quale può agire in giudizio per il risarcimento chiunque ritenga di essere stato leso nel proprio primario diritto alla salute. Dottrina e giurisprudenza considerano questo danno come non patrimoniale e concordano sul fatto che il danno da lesione della persona va liquidato tenendo conto della menomazione in sé considerata, a prescindere dai riflessi economici, essendo il bene salute riconosciuto costituzionalmente a tutti gli individui in misura uguale493.

Rispetto all’inquinamento delle acque venete, si è detto che, ad oggi, non si possiedono prove in termini di causa-effetto tra l’esposizione ai PFAS e l’insorgenza di alcune specifiche malattie, pertanto saranno necessari ulteriori approfondimenti per una sicura conferma della correlazione diretta tra le patologie e l’esposizione a queste sostanze. Tuttavia, non va dimenticato che a livello medico i PFAS sono stati classificali quali interferenti endocrini e che le loro caratteristiche li portano ad accumularsi nell’organismo, che non riesce a metabolizzarli. In particolare, quello che gli studi epidemiologici hanno evidenziato ad oggi è un rapporto di “probabile collegamento” tra le sostanze perfluoroalchiliche e alcune classi di patologie, quali tumori del rene e del testicolo, patologie della tiroide, ipercolesterolemia, ipertensione in gravidanza, colite ulcerosa.

Proprio questa base probabilistica permette, all’interno di un rito civile, di ritenere accertata la causalità materiale secondo al criterio del “più probabile che non”, che equivale a certezza. Pertanto, nel caso del manifestarsi di una delle patologie considerate, coloro che risiedono nella zona contaminata e che hanno bevuto per anni l’acqua contenente PFAS, possono esercitare una azione risarcitoria il cui titolo risiede nel danno biologico subito.

Tuttavia, ciò risulta difficile ai fini di una azione di classe come quella che si sta considerando, in quanto le lesioni così considerate faticano ad avere quel carattere di omogeneità richiesto a pena di ammissibilità dalla norma processuale. L’ostacolo in questo senso è dato dall’accertamento dei danni alla salute, che non può certamente avvenire in modo uniforme per tutti i membri della classe, dal momento che l’insorgenza di una malattia è determinata da una molteplicità di variabili, alcune delle quali, per loro natura, personali e specifiche, quali le abitudini di vita, la predisposizione genetica e altri fattori di rischio preesistenti all’esposizione alle sostanze tossiche494.

Per questi motivi, pur potendo affermare la sussistenza di un danno biologico, i cui contorni, con tutta probabilità, assumeranno caratteristiche ben più definite nel corso negli anni con l’aumentare delle conoscenze in materia, tuttavia il medesimo non sembra azionabile all’interno di una azione di classe, così come configurata dalla legge del 2019.

493 Corte costituzionale, sentenza n. 88 del 1979, in www.giurcost.org; Cass. civ., sez. lav., 12 maggio 2006, n. 11039, in Foro italiano, 2006, Danni civili, n. 286.

494 Si ricordi, per esempio, nell’ambito delle c.d. tobacco litigations, la decisione del caso Codacons c. British American Tocacco (BAT) che ha dichiarato l’inammissibilità dell’azione di classe proposta da alcuni consumatori che attribuivano al fumo la loro dipendenza alla nicotina; il risarcimento del danno non patrimoniale richiesto, consistente nel timore di ammalarsi, sarebbe stato impossibile da accertare senza accertamenti individuali riferiti alle abitudini personali e alle ragioni che avevano spinto ad iniziare a fumare. Tribunale di Roma 11 aprile 2011, in Foro italiano, 2011, 12, I, col. 3424. MALAVASI M., RICCIARDI G.,

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5.2. Il danno da patema d’animo da paura di ammalarsi

Un’altra riflessione interessante può derivare rispetto all’esistenza di un danno di tipo morale soggettivo, risarcibile in anche via autonoma a prescindere dalla sussistenza di quello biologico analizzato prima495. All’esito dell’emblematica vicenda Seveso, già citata nel

corso del presente lavoro, un vero e proprio danno morale da disastro ambientale496 veniva

individuato e risarcito, grazie ad una sapiente giurisprudenza, nell’alveo della tutela ambientale. Si è postulata la regola per cui questo tipo di danno soggettivo, verificatosi a seguito della lesione del diritto individuale alla salubrità dell’ambiente, dà luogo a risarcimento nel caso in cui sia conseguenza della menomazione dell’integrità psico-fisica dell’individuo497. Tale menomazione può colpire il soggetto che si trova in uno stretto

rapporto con un’area contaminata in virtù della propria residenza oppure del proprio lavoro, e, a fronte dell’esposizione alle sostanze inquinanti, egli si trova a vivere una situazione di patema d’animo, inteso come stato transeunte oppure duraturo di turbamento emotivo e preoccupazione per le proprie condizioni di salute. Con il caso Seveso, la Cassazione ha ammesso la risarcibilità di tale danno da pericolo e, in particolare, del danno da paura di ammalarsi a seguito dell’esposizione a determinate sostanze tossiche. Anche la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza successive hanno accettato questa elaborazione, applicata principalmente nell’ambito dei cosiddetti toxic torts, ossia di quegli illeciti in cui il danno sussiste in virtù della sola esposizione alle sostanze498.

Nel caso di cui si tratta, una simile situazione di tensione trova la sua ratio non solo nella scoperta, da parte dei residenti nelle zone contaminate, di essere stati esposti per molti anni alle sostanze inquinanti, ingerendo acqua contenente PFAS, ma anche nella successiva sottoposizione a controlli sanitari volti ad accertare la sussistenza delle sostanze tossiche nel sangue. Un elevatissimo numero di cittadini veneti risultano coinvolti sin dal 2013 in un importante piano di sorveglianza sanitaria, il cui spettro di destinatari va peraltro ampliandosi nel corso degli anni. Di fronte alla consapevolezza, acquisita attraverso le analisi effettuate durante questo screening di massa, di avere un’alta concentrazione di PFAS nel proprio sangue, gli individui vivono costantemente in una situazione di preoccupazione rispetto alle proprie condizioni di salute, temendo lo sviluppo di patologie potenzialmente gravi, dal momento che i PFAS costituiscono un fattore di rischio ulteriore499.

495 Cass. S.U., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Foro italiano, Archivio Cassazione Civile, Danni civili, 176.

496 In difetto di una definizione legislativa la dottrina intendeva, empiricamente, la nozione di disastro ambientale come “compromissione e deterioramento dell’ambiente a causa della violazione dell’integrità ambientale”, che “comporta, sul piano giuridico, pregiudizi non solo patrimoniali sia alla collettività sia al singolo individuo”, v. VOLPE F., Danno da disastro ambientale, in AA.VV., Manuale di diritto civile dell’ambiente, PENNASILICO M. (a cura di), Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2014, cit. p. 322. Una definizione giuridica di disastro ambientale è finalmente offerta dalla legge 22 maggio 2015, n. 68, Disposizioni in materia di

delitti contro l’ambiente, che, in attuazione della dir. 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente, introduce l’art.

452-quater c.p., intitolato al delitto di “disastro ambientale”.

497 Cass., sez. III civ., 20 giugno 1997, n.5530, in Foro italiano, 1997, Danni civili, n. 149.

498 Per un esempio di risarcibilità del danno da paura di ammalarsi riconosciuto in tempi più recenti si veda DIMOLA M., BERGAMINI C., Il danno da paura di ammalarsi a quarant’anni dal caso Seveso, 7 febbraio 2018, in

https://www.dlapiper.com, quale commento a Cass. civ. sez. lav., 13 ottobre 2017, n. 24217, in Foro italiano, 2018, Sanità pubblica e sanitari, n. 486.

499 Cass. S.U., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Foro italiano, Archivio Cassazione Civile, Danni civili, 176. Sulla medesima questione, e negli stessi termini, si è recentemente pronunciata Cass., sez. III civ., 13 maggio 2009, n. 11059, in Danno e responsabilità, 2009, p. 766.

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Il riferimento ai controlli sanitari permette di fornire la prova della sussistenza del danno suddetto, giacché le sofferenze interiori derivanti da un disastro ambientale ben possono essere provate per presunzioni: secondo la prova per inferenza induttiva, si può considerare provato il danno qualificabile come probabile conseguenza del fatto lesivo secondo criteri di regolarità causale500. Poiché al bioaccumulo nell’organismo di determinate

concentrazioni di PFAS segue, secondo le conoscenze disponibili, un maggiore rischio di contrarre le malattie correlate, il patema d’animo sussiste presuntivamente, secondo l’id quod

plerumque accidit.

L’omogeneità di un simile danno, ai fini dell’azionabilità del medesimo all’interno di una azione di classe, non sembra in discussione: tutti coloro che dispongano dei risultati delle analisi svolte nell’ambito del piano di sorveglianza della popolazione, e in tutti i casi in cui gli accertamenti individuino una certa concentrazione di PFAS nel sangue, sarà provato il danno medesimo, senza necessità di svolgere valutazioni individuali.

Se quanto detto è sufficiente a reggere la prova dell’esistenza del danno, ulteriori dimostrazioni concrete in questo senso possono pesare sul quantum del risarcimento. Si

pensi, per esempio al protrarsi dello stato di tensione e di ansia per un lungo periodo501,

oppure al fatto che il disagio, anziché scemare con il trascorrere degli anni, è destinato ad

accrescersi con l’aumentare delle cognizioni scientifiche in materia. Ad oggi, pur nell’assenza di evidenze scientifiche incontestabili, sono molti i soggetti residenti nelle zone contaminate che risultano essere andati incontro alle patologie correlate all’esposizione, e questo non fa che accrescere la convinzione di essersi ammalati proprio per effetto dell’accumulo delle sostanze tossiche nel proprio organismo. D’altronde, all’incertezza circa gli effetti delle sostanze per la salute umana, si associa l’impossibilità di sapere, una volta sviluppatasi una malattia (per esempio, un tumore al rene o al testicolo) se questa è conseguenza dell’inquinamento o se ha cause diverse, quali predisposizione genetica e familiare o altre. Un’altra condizione che potrebbe incrementare il quantum risarcitorio è la situazione di timore per la salute dei propri figli, tanto maggiore dopo la scoperta che la contaminazione nei loro confronti è iniziata in alcuni casi già durante la gravidanza502.

Infatti, i ricercatori hanno scoperto che i PFAS riescono a passare attraverso la placenta durante la gravidanza, accumulandosi nel tessuto fetale e facendo sì che al momento della nascita il neonato presenti già un accumulo di sostanze tossiche in alcuni organi503.

La situazione di forte stress emozionale è stata aggravata, negli anni, dalla mancanza di informazioni sull’accaduto e, probabilmente, dalla minimizzazione degli effetti dell’esposizione alle sostanze. Si ricordi, a titolo di esempio, che il primo parere rilasciato nel 2013, immediatamente dopo la scoperta della contaminazione, dall’istituto Superiore di Sanità, addirittura escludeva la sussistenza di un rischio per la popolazione esposta alle sostanze504. Nel caso di specie, lo shock emotivo si manifesta anche attraverso un senso di

sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche e degli enti di controllo i quali, stando alle indagini condotte, hanno reagito tardivamente perpetrando condotte negligenti, lasciando i cittadini privi di tutela.

500 Cass. sez. III civ., 15 maggio 2009, n. 11059, in Rivista quadrimestrale di diritto dell’ambiente, 2010, p. 79-82. 501 BLASI E., Op. cit. cit. p. 83.

502 Significative testimonianze a tal proposito sono fornite in TOMASI A., Op. cit.

503 Karolinska Institutet, PFAS chemicals pass from mother to fetus throughout pregnancy, 30 gennaio 2019, in

https://news.ki.se.

504 Istituto Superiore di Sanità, parere prot. 7 giugno 2013, n. 002264 emesso su richiesta del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

136 5.3. Il danno esistenziale

Secondo una parte della dottrina, la figura del danno morale da disastro ambientale potrebbe essere qualificata come autonoma voce di danno, a sua volta distinta dal tanto discusso danno esistenziale, da intendere come modificazione peggiorativa delle condizioni esistenziali di coloro che, a causa del disastro, a prescindere da quelle che si accertano come lesioni all’integrità psico-fisica, siano costretti a sottoporsi a controlli sanitari periodici. Al di là del patema d’animo si potrebbe individuare un diverso evento dannoso qualificabile come alterazione della normale qualità della vita505. La differenza risiede nel fatto che il

danno morale si riferisce esclusivamente alla sfera personale ed emotiva del soggetto, mentre il danno esistenziale si riferisce all’ambiente esterno e al modo di rapportarsi con esso506.

Secondo questa interpretazione, il danno esistenziale si può configurare come una lesione a monte di un interesse protetto dell’ordinamento, dunque non come danno- conseguenza derivante dalla lesione del diritto alla salubrità dell’ambiente, ma come danno- evento fondato sulla lesione del diritto costituzionale all’integrità morale e al sereno svolgimento della propria esistenza. D’altronde, riconoscendo il diritto all’ambiente come diritto del singolo individuo e considerando il bene ambiente come funzionale all’esplicazione della personalità umana507 tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost, si possono

ricomprendere nella sfera dei danni risarcibili anche i pregiudizi arrecati alla “normale qualità della vita” dai singoli dai fenomeni di inquinamento, quali fonte di alterazione della personalità umana.