• Non ci sono risultati.

Le sentenze nn 210 e 641 del 1987 della Corte costituzionale: l’ambiente quale “bene

Da quanto emerso finora non possono ritenersi sufficienti le ricostruzioni volte ad individuare uno status giuridico dell’ambiente attraverso le disposizioni di cui agli artt. 2, 9 e 32 della nostra Carta fondamentale. Come si è detto, l’assenza del vocabolo o di un suo esplicito riferimento è giustificabile se calata nella realtà del dopoguerra in cui i costituenti si sono trovati a redigere le norme costituzionali. Ma spostandosi in avanti di un trentennio nella linea temporale una simile carenza non poteva non generare delle difficoltà. La sensibilità verso i problemi ambientali era ormai cambiata ed era necessario che anche l’ordinamento ne tenesse conto. Difatti quando agli inizi degli anni ’80 il rapporto di reciproca causa-effetto tra la crescente esigenza sociale di tutela ambientale e la sua collocazione giuridica si è intensificato, la Corte costituzionale ha intrapreso l’iter evolutivo che l’avrebbe portata a configurare l’ambiente come “valore costituzionale” 70, prima

ancora che nella Carta costituzionale stessa si parlasse di ambiente.

Risulta difficile capire quando di preciso la Corte costituzionale abbia iniziato a riferirsi all’ambiente, perché, questo è stato continuamente declinato secondo il riferimento al paesaggio o alla salute, fino a quando non è emerso tra i due. I primi sporadici interventi della Corte in materia ambientale risalgono agli inizi degli anni Settanta e per tutto il decennio hanno seguito l’ondata delle teorie pluraliste che si erano diffuse. Erano interventi eterogenei perché scaturenti da situazioni specifiche di protezione della natura confinate all’interno di interessi ambientali di volta in volta diversi e autonomi. Il termine ambiente veniva espressamente utilizzato dai giudici ma i suoi contorni erano ancora incerti e approssimativi tanto da renderlo un “contenitore puramente nominalistico” di una serie di beni da proteggere71.

A conclusione di questa fase, verso la fine degli anni Ottanta, vanno ricondotte alcune sentenze con le quali per la prima volta si è visto un esplicito riferimento all’ambiente come “valore”72. In questi anni l’intervento del giudice costituzionale non era

più sporadico bensì frequente e sistematico, finalizzato ad affermare un nuovo diritto soggettivo autonomo.

La prima di due fondamentali sentenze di questo periodo è stata la n. 210 del 198773,

nella quale la Corte ha sancito dei notevoli punti fermi: riferendosi al dibattito relativo all’unità-pluralità, ha osservato la tendenza verso una concezione unitaria del bene

69 Per l’analisi della posizione assunta dalla Corte dei Conti si è fatto riferimento a ROSSI G., Op. cit., p. 102. 70 Così, CARAVITA B., Diritto dell’ambiente, Op. cit., p. 36; CECCHETTI M., Principi costituzionali per la tutela

dell’ambiente, Milano, Giuffrè Editore, 2000, p. 8; DELL’ANNO P., PICOZZA E., Op. cit., p. 239; NICOTRA

I., SALANITRO U., Op. cit., p. 23.

71 Corte costituzionale, sentenza n. 79 del 1971, in www.giurcost.org. Sul punto si veda CECCHETTI M., Op.

cit. p. 11; DELL’ANNO P., PICOZZA E., Op. cit., p. 249.

72 Corte costituzionale, sentenze nn. 167 e 191 del 1987, entrambe in www.giurcost.org. Nella prima in particolare si afferma che “il patrimonio paesaggistico ed ambientale costituisce eminente valore cui la Costituzione ha conferito spiccato rilievo […] imponendo alla Repubblica […] di perseguirne il fine precipuo di tutela”.

37

ambientale; ha richiamato nuovamente il valore, questa volta riferendosi espressamente all’ambiente, rinvenendone il fondamento negli artt. 9 e 32 Cost. come fonti di valori costituzionali primari; ha infine tentato di perimetrare l’ambito della materia, affermando che essa “comprende la conservazione, la razionale gestione ed il miglioramento delle condizioni naturali (aria, acque, suolo e territorio in tutte le sue componenti), la esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri e marini, di tutte le specie animali e vegetali che in esso vivono allo stato naturale ed indefinitiva la persona umana in tutte le sue estrinsecazioni”74. A chiusura di tutto ciò ha affermato la necessità di istituti giuridici a

protezione dell’ambiente, quale “diritto della persona e interesse fondamentale della collettività”75. Effettivamente la decisione seguiva la tendenza legislativa dell’anno

precedente, che aveva introdotto l’istituto privatistico del danno ambientale tramite la legge n. 349. La Corte costituzionale era comunque consapevole del fatto che questa statuizione non rappresentasse un definitivo punto di arrivo, infatti ha riconosciuto la necessità di una

“sempre più moderna interpretazione” delle norme.

Essa stessa sviluppa una riflessione più articolata nel medesimo anno con la di poco successiva sentenza n. 641.

La pronuncia in questione ha rappresentato un primo ed importante contributo all’interno del dibattito che appoggiava l’inquadramento del nuovo illecito ex art. 18 della l.

349 nell’ambito del sistema della responsabilità civile.

Proprio all’interno della sentenza n. 641, nel ricostruire la disciplina del fatto illecito ambientale, la Corte ha identificato definitivamente il bene protetto quale “bene immateriale unitario” sebbene “a varie componenti”76. L’ambiente veniva considerato come

un bene composto, di cui facevano parte situazioni giuridiche che potevano essere tutelate anche isolatamente e separatamente, ma che nell’insieme erano tutte riconducibili ad unità. Il fatto che l’ambiente potesse estrinsecarsi in varie forme e che potesse essere tutelato sotto diversi profili non intaccava la sua natura e la sua sostanza di bene unitario. È stato ribadito che il bene-ambiente era costituzionalmente protetto, ed anzi, “di valore assoluto e primario” necessario alla collettività; dunque certamente era un elemento determinativo della qualità della vita e garantito anche in virtù degli articoli 9 e 32, ma in modo autonomo rispetto a questi. La sua protezione non aveva finalità astratte di tipo naturalistico o estetico ma mirava a consacrare l’esistenza di un habitat naturale all’interno del quale l’uomo, inteso come singolo e come collettività, viveva e agiva.

La soluzione compromissoria al dilemma dell’unità-pluralità, emersa in dottrina e giurisprudenza, considerava l’ambiente sia come unità sia nelle sue singole componenti. Diversamente, la disciplina avrebbe rischiato di essere inefficace, in quanto limitata ad una visione settoriale.

Riguardo a queste enunciazioni le pronunce della Corte successive non hanno contraddetto le posizioni assunte. La giurisprudenza degli anni Novanta ha riconosciuto un’autonomia alla protezione dell’ambiente al di là dei settori che quest’ultima attraversa esplicitamente e che ricadono in diverse competenze, così come ha affermato che l’integrità ambientale sia un bene unitario77.

74 Ibidem.

75 Ibidem.

76 Corte costituzionale, sentenza n. 641 del 1987, in Foro italiano, 1988, I, p. 695, con nota di GIAMPIETRO F., Il danno all’ambiente innanzi alla Corte costituzionale, in Foro italiano, 1988, parte I, p. 695 ss.

77 L’unico esempio di messa in discussione dell’acquisita unicità dell’ambiente è stato rappresentato in quegli anni dall’approccio del giudice amministrativo.

38

In merito alla configurabilità di un diritto soggettivo, anche individuale, all’ambiente, queste pronunce tendevano a fornire una risposta in senso positivo oramai condivisa. Nel capitolo seguente, analizzando la disciplina del vigente Codice dell’ambiente, si avrà una conferma in tal senso, infatti le norme ivi contenute legittimano anche i singoli privati – oltre agli enti territoriali e alle associazioni ambientalistiche – ad agire a tutela dell’ambiente. Per tale motivo non si può negare l’esistenza di situazioni giuridiche soggettive protette anche individualmente. Resta comunque indiscusso che la materia ambientale per la sua attinenza alla vita della collettività sia riconducibile solo marginalmente al sistema tipico della tutela delle situazioni giuridiche soggettive.

8. La diffusività del bene-ambiente ed il ruolo delle associazioni ambientaliste