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La salvaguardia del patrimonio naturale è senza dubbio avvertita in tutti i popoli come una esigenza universale. Ormai tutti gli ordinamenti contemporanei riservano uno spazio significativo a disposizioni costituzionali e legislative, principi generali, ma anche riflessioni dottrinali e giurisprudenziali in merito alla tematica ambientale. E ciò mira a fornire una risposta alla comune sensibilità ambientale delle società contemporanee e delle loro politiche.

La natura sovranazionale della questione ha anche altre spiegazioni. Si pensi agli effetti transfrontalieri prodotti dagli inquinamenti e dagli altri fattori di degrado ambientale. Rispetto ad una tale diffusione, “è largamente condivisa l’idea secondo la quale un’efficace tutela dell’ambiente può essere meglio assicurata ove l’azione di salvaguardia possa essere

90 ROSSI G., Op. cit., p. 139-143.

91 ROSSI G., Op. cit., cit. p. 149.

92 Riguardo a cosa debba intendersi per norma regionale “contrastante” con le disposizioni statali si è sviluppato un forte dibattito. La questione è stata una delle più controverse tra quelle sorte a seguito del 2001 ed in particolare ha riguardato il caso in cui le regioni adottino disposizioni in deroga a norme statali. Se la deroga garantiva una protezione minore rispetto a quella statale, non vi erano dubbi circa la sua inammissibilità (salvo nei casi espressamente previsti). Ma anche nel caso di deroga accrescitiva della tutela fornita a livello statale, quanto emerso che non è accettabile ammettere le norme maggiormente protettive sempre e comunque (infatti ogni misura di protezione ambientale è sempre fissata in modo tale da controbilanciare delle libertà antagoniste, generalmente di natura economica). Si tenga presente che tale conclusione, riportata qui in breve per coerenza con le finalità del lavoro, è stata conquistata dalla Corte non senza dispute e cedimenti.

93 Così, Corte costituzionale, sentenza n. 407 del 2002, in Foro italiano, 2003, I, col. 688; Corte costituzionale, sentenza n. 536 del 2002, in Foro italiano, 2003, I, col. 688.

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estesa oltre i confini dello Stato singolo, attraverso poteri di governo e di giurisdizione che oltrepassino il limite della sovranità statale”94. Inoltre, la sfida assume dimensioni globali in

ragione del fatto che i beni a rischio di deterioramento o distruzione sono un patrimonio comune dell’umanità, motivo per cui si è resa opportuna e doverosa un’azione coordinata tra le più importanti organizzazioni internazionali regionali e globali, rappresentative di tutti gli Stati coinvolti.

Vista la globalità delle problematiche, il singolo Stato non può che essere inadeguato nel predisporre autonomamente adeguati strumenti di intervento. Per regolamentare giuridicamente le prime questioni ambientali riguardanti in egual modo più nazioni si è ricorso alla cooperazione internazionale, ed in particolare allo strumento del trattato, prima, e a tutte le altre fonti del diritto internazionale, poi. Per questi motivi si può ad oggi affermare con certezza che il diritto dell’ambiente affondi le sue radici nel diritto internazionale95.

10.1. Gli strumenti per la creazione del diritto internazionale dell’ambiente

Le prime manifestazioni di un diritto internazionale dell’ambiente risiedono nell’estensione anche al campo ambientale di alcune norme di diritto internazionale di formazione consuetudinaria quali il divieto di inquinamento transfrontaliero e l’obbligo di

cooperazione tra gli Stati per proteggere e migliorare l’ambiente.

Altrettanto importanti sono le dichiarazioni di principio che, pur non essendo vincolanti, sono in grado di dare impulso all’operato degli Stati (si parla di strumenti di soft law, per indicare che non stabiliscono specifici impegni e responsabilità). Tra queste si colloca la prima e fondamentale “Dichiarazione sull’ambiente umano” adottata nella Conferenza di Stoccolma organizzata dall’ONU nel 1972. In questa sede viene anche istituito il primo organismo internazionale con competenze specifiche: l’UNEP (Programma della Nazioni Unite per l’ambiente). Procedendo nella linea temporale, nel 1992 si collocano la “Dichiarazione su ambiente e sviluppo” e il programma d’azione denominato “Agenda 21”, approvati dalla Conferenza di Rio.

Un terzo livello è rappresentato dai trattati internazionali a carattere mondiale. Tra questi si possono ricordare quelli nel settore marino, oggetto della maggiore attività pattizia a livello internazionale (una su tutte la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Montego Bay, 1982)96. Tra i più recenti non va tralasciato il Protocollo di Kyoto del

1997, che manifesta la tendenza ad individuare obiettivi e standards legalmente vincolanti per gli Stati contraenti (in particolare un obiettivo di riduzione nelle emissioni di gas inquinanti). La questione ambientale viene poi affrontata anche da Trattati che nascono per altri scopi (importante esempio in questo senso è il GATT, l’Accordo generale sulle tariffe e il commercio). Infine non può mancare il più noto ed ambizioso Trattato in tema ambientale concluso in tempi più recenti, ovvero l’Accordo di Parigi del 2015.

Ultimo, ma non meno importante livello, è quello dei numerosissimi trattati a carattere regionale, fra cui spicca quello istitutivo della Comunità europea97.

94 CORDINI G., Diritto ambientale comparato, Padova, Cedam, 2002, cit. p. 9. 95 CORDINI G., Op. cit., passim; ROSSI G., Op. cit., p. 30-42.

96 Il futuro di noi tutti, Rapporto della Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo, Milano,

Bompiani, 1988, cit. p. 335.

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È importante ricordare tutto ciò in quanto è proprio da questo livello sovranazionale che sono partite molte discussioni in merito alla questione ambientale all’interno dei Paesi. È da qui che i medesimi hanno avviato le riforme costituzionali e di adeguamento degli ordinamenti interni, la riorganizzazione dello Stato contemporaneo e degli indirizzi politici. 10.2. I principi per la protezione ambientale

Fondamentale per superare l’approccio settoriale ed interstatale all’ambiente è stata la formulazione di principi di carattere generale, avvenuta all’interno delle suddette convenzioni. Il fatto poi che una materia sia dotata di principi specifici fa sì che questa acquisisca indipendenza giuridica: osservazione non banale se si ricorda quanto l’ambiente abbia faticato ad imporsi come materia giuridica vera e propria.

Tra i principi fondamentali si ricordano, a partire da Stoccolma, quello dell’ambiente come diritto umano fondamentale alla salute e al benessere, e quello della giustizia

intergenerazionale: l’uomo, nell’utilizzo delle risorse naturali, ha il dovere di salvaguardarle e di

garantirne l’uso anche per le generazioni future. Fondamentale il principio dello sviluppo

sostenibile, secondo cui “sostenibile è [lo sviluppo in grado di] soddisfare i bisogni del

presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”98.

L’indeterminatezza della nozione in sé va riportato sul piano concreto nella necessità che lo Stato tenga conto della tutela ambientale nella pianificazione dello sviluppo e dei processi economici. Un’altra appendice al principio dello sviluppo sostenibile è stata poi individuata nella necessità di garantire maggiore equità nella distribuzione delle risorse tra le popolazioni del mondo (Principio 5 di Rio). Ne è derivato dunque il principio delle

responsabilità comuni ma differenziate tra gli Stati in ragione della ricchezza di ciascuno e del

contributo al degrado ambientale (Principio 7 di Rio). Essenziale in ambito ambientale è poi il principio di precauzione, in base al quale si devono adottare misure dirette a contrastare il rischio di danni gravi, senza attendere la certezza scientifica ma ritenendo sufficienti a tal fine ragionevoli e fondati indizi di pericolo (Principio 15 della Dichiarazione su ambiente e sviluppo); da ciò è derivata l’obbligatorietà in taluni casi di ricorrere a valutazioni preventive di impatto ambientale di determinate attività. E il principio “chi inquina paga”, secondo cui è l’inquinatore a dover sostenere il costo del proprio inquinamento (Principio 16)99. È in virtù

di questo principio che sono state disciplinate le ipotesi di responsabilità per danno ambientale con la previsione di misure risarcitorie.