4. L’art 97 comma 5
4.1. La nozione di giustificato motivo
Dato che il giustificato motivo costituisce l’unica deroga al principio di immutabilità della difesa, è necessaria un’interpretazione restrittiva dello stesso. Per quanto concerne la nozione di giustificato motivo, data l’assenza di una specificazione legislativa, si discute.
Una premessa è d’obbligo: non potranno mai configurare ipotesi di giustificato motivo i casi in cui non vi sia un reale ed obiettivo rischio di ledere l’effettività e la concretezza della difesa193.
Anzitutto possiamo dire che la divergenza di opinioni circa la linea difensiva tra cliente e difensore d’ufficio non può costituire motivo legittimo per fondare un giustificato motivo, perché è già l’ordinamento che fornisce lo strumento rimediale: l’art. 97 comma 6 c.p.p. ci dice infatti che, nel momento in cui l’imputato nomina un difensore di fiducia, quello d’ufficio cessa le proprie funzioni194. Tale soluzione è stata fatta propria anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte195.
192
L’art. 127 comma 1 c.p.p. abr. recitava così: «Per essere sostituiti nei casi di legittimo impedimento, il difensore o i difensori nominati dalle parti possono designare ciascuno un proprio sostituto, il quale è autorizzato ad agire nel dibattimento soltanto per il tempo in cui si verifica il bisogno della sostituzione.»
193
Si veda sul punto, A. RICCI, op. cit., p. 738, che nella nota 287 richiama alcuni casi giurisprudenziali in questo senso: a titolo di esempio, può essere rimosso il difensore d’ufficio che dopo la designazione assuma la carica di pubblico ministero d’udienza.
194
In questo senso e proprio in virtù del carattere sussidiario della difesa d’ufficio, si spiegano gli artt. 369-bis comma 2, lett. b,c,d, c.p.p. e 28 disp.att. c.p.p. .
195
Vedi, ad esempio, Cass., Sez. II, 21 gennaio 2016, n.8081, «Non integrano gli estremi del giustificato motivo, che legittima la sostituzione del difensore d'ufficio ai sensi dell'art. 97, comma
164
Inoltre, se si ricade in una delle ipotesi dell’art. 97 comma 4 c.p.p., e cioè mancato reperimento, mancata comparizione o abbandono di difesa, ciò non costituisce giustificato motivo ai sensi del comma 5, in quanto, nell’ottica di valorizzare al massimo l’immutabilità del difensore, in tali casi si dovrà ricorrere ad un sostituto provvisorio.
Costituisce invece motivo legittimo, il decesso196, la perdita dei requisiti per esercitare la professione o l’incompatibilità ex art. 106 comma 1 c.p.p.197
, del difensore d’ufficio precedentemente nominato. In questi casi perciò, il giudice dovrebbe procedere alla nomina di un nuovo difensore: se si limitasse alla designazione di un sostituto provvisorio sarebbe integrata un’ipotesi di nullità assoluta198.
Alla stessa conclusione si dovrebbe giungere nell’ipotesi del difensore d’ufficio di un soggetto latitante: in particolare, se deve essere proposto ricorso per Cassazione ma il difensore d’ufficio originariamente officiato non è abilitato ad esercitare presso le giurisdizioni superiori, la giurisprudenza ritiene legittima la richiesta di essere dispensato dall’incarico per giustificato motivo: solo in tal modo si potrà permettere la sostituzione con un altro avvocato d’ufficio abilitato a proporre il ricorso.
Inoltre, legittima ipotesi di giustificato motivo è il caso in cui il procedimento sia stato trasferito in altra sede (diverso distretto o circondario)199.
Infine, non costituisce giustificato motivo la nomina di un sostituto ex art. 102 c.p.p. da parte del difensore d’ufficio, in quanto tale figura, per sua natura, ha
quinto, cod. proc. pen., le divergenze relative alla strategia difensiva, la cui valutazione non può essere delegata all'autorità giudiziaria».
196 Cass., Sez. II, 23 ottobre 2013, n. 48817. 197
Nello stesso senso si esprime l’art. 11 del Codice deontologico Forense; cfr. F. D’ANGELO,
Sub art. 11 c.d.f., in E. RANDAZZO (a cura di), Il penalista e il nuovo codice deontologico,
Giuffrè, Milano, 2014, p. 42.
198
Così, M. L. BUSETTO, op. cit., p. 139. La giurisprudenza di Cassazione ritiene corretta questa soluzione anche nell’ipotesi di sostituzione provvisoria a seguito di rinuncia o revoca del difensore di fiducia: in tali casi si integrerebbe una nullità assoluta (Cass., Sez. V, 17 gennaio 2011). Invero, secondo alcuni, la nullità dovrebbe qualificarsi solo come intermedia, così, D. POTETTI, op. cit., p. 213.
165
valenza temporanea, in quanto presuppone che il titolare dell’incarico ritorni ad esercitarlo in tempi brevi200.
Più complessa è la valutazione circa la possibilità per il difensore d’ufficio di essere dispensato per giustificato motivo nel caso in cui il cliente non abbia adempiuto all’obbligo di retribuzione.
Sul punto rileva una recente sentenza della Corte d’appello di Venezia201: il difensore d’ufficio chiedeva alla Corte di essere esonerato dall’incarico ai sensi dell’art. 97 comma 5 in quanto il cliente, a seguito di diffida ad adempiere inviata all’esito del giudizio di primo grado, non lo aveva retribuito per le prestazioni professionali svolte sino a quel momento. Nel fare ciò egli invocava la ragione sulla base di tre disposizioni: gli artt. 83 e 116 del d.p.r. n. 115 del 2002 e l’art 34 del Cod.deont.for.
La prima norma impone al difensore di richiedere la liquidazione dell’onorario, nel caso in cui si sia dimostrata l’incapienza cui all’art. 116 del d.p.p. n. 115 del 2001, al termine di ciascuna fase o grado del processo; la disposizione deontologica avalla tale conclusione prevedendo che il difensore, a pena di censura, per agire giudizialmente nei confronti del cliente o della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, debba rinunciare a tutti gli incarichi ricevuti. A ciò si aggiunge un parere del CNF del 14 luglio 2011, n.68202, con il quale si statuisce che il difensore d’ufficio non è tenuto a tollerare il mancato pagamento della parcella, potendo tale ipotesi ben giustificare una sostituzione ai sensi dell’art. 97 comma 5 c.p.p..
La Corte d’appello, tuttavia, non accoglie l’interpretazione prospettata dal difensore. Dopo aver richiamato la normativa sovranazionale, CEDU e direttiva 2013/48/UE, ritiene di dover dare prevalenza al principio di immutabilità del difensore; in particolare la Corte contesta l’interpretazione data dell’art. 83 d.p.p. n. 115 del 2002 secondo cui il difensore sarebbe obbligato a richiedere il pagamento prima di ogni fase: si tratterebbe invero, sostiene la Corte, di una disposizione che «altro non fa che stabilire il momento nel quale il giudice può
200
T. BENE, op. cit., p. 70
201 Corte d’appello di Venezia, 23 ottobre 2018, n. 3594 202
Cfr. CNF, sentenza del 18 luglio 2013, n. 112; CNF, decisione del 16 marzo 2011, n. 31; CNF, sentenza del 27 ottobre 2008, n. 146.
166
provvedere alla liquidazione»203, non impedendo al giudice di provvedere successivamente. Di più, secondo la Corte, anche laddove si accogliesse l’interpretazione prospettata dal difensore, in virtù del criterio di gerarchia delle fonti, la disposizione deontologica non potrebbe imporsi sul principio di immutabilità del difensore che trova il suo aggancio, al livello costituzionale, nell’art. 24 Cost.: la norma deontologica cioè detta un modus agendi per l’avvocato, non certo per il giudice. Peraltro, si prosegue, ammettere un’interpretazione siffatta comporterebbe che il difensore potrebbe farsi sostituire scegliendo il momento in cui chiedere la propria retribuzione, vanificando il principio della immutabilità della difesa.
Ciò detto, la Corte stabilisce che la diffida a adempiere non può costituire giustificato motivo per la sostituzione ex art. 97, comma 5 c.p.p.
Da ultimo, la prassi sembra aver enucleato un’ulteriore ipotesi di giustificato motivo: nel caso di mancato consenso all’elezione di domicilio dell’arrestato/fermato presso il primo difensore d’ufficio reperibile ex art. 162 comma 4-bis c.p.p., la polizia giudiziaria ha talvolta verbalizzato la “revoca della nomina ufficiosa” del difensore ad assumere l’incarico e proceduto a contattare un altro avvocato reperibile.
Tralasciando per il momento le problematiche legate alla retribuzione e all’effettiva conoscenza del procedimento in capo all’indagato, appare del tutto contrario al principio di immutabilità del difensore un’operazione di questo tipo. Da più parti viene auspicato un intervento da parte degli organi competenti.
Dal punto di vista processuale, spetta poi al difensore che ritiene sussistente un giustificato motivo, evidenziarlo all’autorità procedente204
. Questa conclusione è rafforzata dal dettato dell’art. 30 comma 3 disp.att. c.p.p205
.
203
Cass., Sez. IV, 2 luglio 2008, n. 37539.
204
RICCI, op. cit., p. 737.
205
La norma stabilisce che «Nel caso previsto dall’articolo 97, comma 5, del codice, il difensore d’ufficio che si trova nell’impossibilità di adempiere l’incarico e non ha nominato un sostituto deve avvisare immediatamente l’autorità giudiziaria, indicandone le ragioni, affinché si provveda alla sostituzione».
167
Parte della dottrina206, sostenuta anche dall’avvocatura, ritiene che anche situazioni di «prolungato, persistente inadempimento ai doveri d’ufficio»207
debbano integrare il giustificato motivo ex art. 97 comma 5 c.p.p. e perciò fondare una situazione di abbandono definitivo della difesa (cui conseguirà la nomina di un nuovo difensore).
Più specificatamente, nelle ipotesi in cui il difensore d’ufficio si disinteressi della causa non partecipando ad atti nei quali sarebbe dovuto intervenire, cioè atti “garantiti” (senza nominare un sostituto ex art 102 c.p.p.)208
, il giudice dovrebbe operare una valutazione complessiva, e, nell’ipotesi in cui si convincesse che vi siano elementi dai quali si deduce l’unidirezionalità della volontà dell’avvocato ad abbandonare definitivamente l’incarico, dovrebbe nominare un nuovo difensore ex art 97 comma 2,3 e non ai sensi del comma 4, c.p.p., salvo che l’imputato non abbia nominato un avvocato di fiducia.
Questa prima teoria denota alcuni punti di forza: in primis ricollega la possibilità di un intervento giudiziale non quando si verifichi una qualunque assenza del
206
T. BENE, Il difensore d’ufficio, cit., p. 174.
Si sottolineano, però, i possibili elementi di criticità di una interpretazione siffatta: dal rischio di attribuire al giudice un’eccessiva discrezionalità nell’individuazione dei casi in esame, al pericolo di svuotare di contenuti il principio di inamovibilità del difensore d’ufficio, già di per sé sottoposto a “pressioni” da parte della giurisprudenza.
Peraltro l’assenza di una disposizione che imponga l’obbligo di motivazione circa il provvedimento di sostituzione per giustificato motivo, impedendo la sindacabilità del provvedimento, incide sull’effettiva tutela dell’inamovibilità.
207
G. FRIGO, Difensore, cit., p. 629.
Un esempio potrebbe essere l’ipotesi del difensore d’ufficio che non si sia presentato a nessuna udienza dibattimentale; in tal caso, l’accogliere questa tesi, comporterebbe la facoltà in capo al giudice di valutare questa situazione come fatto sintomatico di un “abbandono definitivo” (ex art. 105 c.p.p.), capace perciò di giustificare una rimozione del difensore inoperoso e la nomina di un nuovo avvocato d’ufficio. Ciò peraltro consentirebbe al nuovo difensore nominato di richiedere un termine a difesa ex art. 108 c.p.p.
208
In un’ipotesi siffatta il problema non si porrebbe in quanto l’art. 120 c.p.p. attribuisce al sostituto tutte la facoltà del sostituito. Con una formula riassuntiva «il sostituto agisce “come se” fosse il difensore sostituto», D. ARCELLASCHI, op. cit., p.42.
Tuttavia parte della dottrina minoritaria ritiene che, anche in questa ipotesi, si possa configurare una volontà di abbandono implicito dell’incarico, vedi D. POTETTI, Il sostituto del difensore,
sospeso fra “dimensione privatistica” dell’istituto e controllo del magistrato penale, in Arch.n.proc.pen., 1999, p.232 ss.
168
difensore ad atti “garantiti”, bensì solo quando vi siano elementi ulteriori che fanno presumere un abbandono definitivo della difesa209. Se così non fosse, si violerebbe l’art. 97 comma 4 c.p.p. che invece impone la nomina del “sostituto temporaneo” nei casi di mera assenza.
In secundis, si dice che la nomina di un nuovo difensore a seguito di abbandono
definitivo (che appunto integrerebbe una ipotesi di giustificato motivo) deve essere prevista a pena di nullità generale (al pari dell’ipotesi di morte del difensore titolare nel caso in cui l’autorità procedente si limiti ad applicare un 97 comma 4 c.p.p.).
Tuttavia, a questa prima tesi se ne contrappone un’altra210
, che sostiene, al contrario, la non imputabilità al giudice di un potere valutativo così discrezionale, per due motivi: 1) anzitutto la sostituzione che deriva dal giustificato motivo ex art 97 comma 5 c.p.p. presuppone una chiara volontà dell’avvocato d’ufficio impedito; 2) la vigenza nel nostro sistema del principio di immanenza del difensore, in base al quale l’avvocato mantiene la sua qualifica, anche mentre operano continue sostituzioni, fino a che non vi sia stata la nomina di un altro difensore211.
A fronte di queste interpretazioni dottrinali, la giurisprudenza non è intervenuta specificatamente per cercare di riempire di contenuti la dizione «giustificato motivo», ma comunque si è espressa indirettamente sulla questione, con alcune pronunce in materia di notifica212, nell’ipotesi della sostituzione provvisoria. Si è sostanzialmente detto213 che, per regola, la notifica debba essere effettuata al difensore nominato di fiducia o designato d’ufficio e non invece al sostituto ex art.
209 Come per esempio un’assenza prolungata dalle udienze. 210 D. ARCELLASCHI, op. cit., p.46 ss.
211
Mostra di condividere tale orientamento, ma per ragioni diverse e richiamando una giurisprudenza sul punto, A. RICCI, op. cit., p. 738.
212
Cass., Sez. Un., 11 novembre 1994; Cass., Sez. I, 28 maggio 2009, n. 243820.
213
Con la sentenza a Sezioni Unite dell’11 novembre 1994, il Giudice di legittimità ha posto fine ad un contrasto giurisprudenziale che vedeva contrapposti due orientamenti.
Una prima tesi (Cass., Sez. I, 10 gennaio 1994) sosteneva che il difensore sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p., in quanto subentrava nei diritti e nei doveri del difensore sostituito, era legittimato
169
97 comma 4 c.p.p.214, in quanto, anche sulla base di una giurisprudenza costante215, titolare del munus resta l’originario difensore sostituito216.
Tuttavia se quest’ultimo si è disinteressato della causa rimanendo assente durate la stessa, la notificazione può217 essere effettuata al sostituto temporaneo, il quale però, assumerà la qualifica di nuovo difensore ex art. 97 comma 1 c.p.p., in quanto si presume che l’imputato ne sia «rimasto privo». Tutto ciò sarebbe conforme con la ratio del principio di immutabilità. Infatti se l’obiettivo di tale regola è garantire in ogni caso un continuum dell’assistenza difensiva in capo al medesimo avvocato, se questi non ha neppure svolto la ben che minima attività218, tale principio non ha ragione di operare219.
a ricevere la notificazione della sentenza, talché il termine per proporre gravame decorreva dalla data della notifica al sostituto.
La seconda interpretazione, fatta propria dalle Sezioni Unite, individuava quale unico legittimato alla ricezione delle notifiche, il difensore titolare, e cioè il sostituito. Per una disamina dei due orientamenti, vedi D. DELLA MONICA, Art. 97 – difensore d’ufficio, in A.A.DALIA (a cura di),
Il codice di procedura penale secondo le Sezioni Unite della Cassazione (1990-2006), Cedam,
Padova, 2007, p. 83 ss.
214
Ciò in virtù del fatto che unico titolare dell’incarico resta il difensor originario; cfr. Cass., Sez. Un., 11 novembre 1994, secondo la quale l’investitura del sostituto provvisorio non può essere predeterminata , perciò egli, pur non essendo titolare del diritto di notifica, potrà ben impugnare la sentenza. Tuttavia tale impugnazione non sarà vincolante per il sostituito.
215
Per gli orientamenti giurisprudenziali precedenti, vedi M. D’AGNOLO, Sostituzione d’ufficio e
sostituzione «fiduciaria» del difensore tra prassi e modifiche normative, in Giur.it., 2001, p. 2361
nota 6
216
Conformemente, in dottrina, vedi A. CRISTIANI, Nuovo vademecum del difensore nel
processo penale, Giappichelli, Torino, 1994, p. 25 ss; A. NAPPI, Guida al codice di procedura penale, Giuffrè, Milano, 2000, p. 65; D. CURTOTTI, Sub art. 97 c.p.p., in G.LATTANZI-
E.LUPO, Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Giuffrè, Milano, 1998, p. 564 ss.
217
Nelle sentenze che afferiscono a tale orientamento giurisprudenziale si evidenzia come la sostituzione definitiva del difensore originariamente nominato e rimasto inerte sia meramente facoltativa, non importando la comminatoria di nullità; ciò forse anche perché la nomina del nuovo avvocato importerebbe la concessione del termine ex art. 108 c.p.p. con un allungamento dei tempi processuali, vedi, Cass., Sez. I, 17 marzo 2005, n. 19037
218 Ex plurimis Cass., Sez. III, 8 gennaio 2009, n. 3837; Cass., Sez. III, 7 giugno 2005, n. 25812. 219
«Non vi è motivo di mantenere ferma la nomina del difensore designato, quando questi non si sia in concreto attivato», così, Cass., Sez. I, 17 marzo 2005, n. 19037.
170
La conseguenza è che il difensore d’ufficio può essere sostituito in via definitiva anche solo quando si disinteressi della causa rimanendo inerte220 o non partecipando alla prima ed unica udienza, senza perciò richiedere quella valutazione ulteriore (“inerzia/assenza qualificata”) che prospettava la prima interpretazione dottrinale sopra richiamata.
A nostro avviso, tuttavia, non si può presumere che la mera inerzia significhi disinteresse221. Ben potrebbe l’avvocato inerte, dare attuazione ad una linea difensiva concordata col cliente: lo spazio imputato-difensore deve rimanere estraneo da valutazioni di opportunità da parte del giudice.
L’obiettivo di questa giurisprudenza, nell’ottica di garantire una effettività della difesa tecnica, sembra essere quello di limitare le ipotesi di ricorso alla figura del sostituto provvisorio a favore dell’art. 97 comma 5, tant’è che al verificarsi della mera inerzia (e non, lo ribadiamo, anche di un quid pluris come per esempio la violazione di doveri deontologici) si integra il giustificato motivo che importa l’applicazione del quinto comma222
.
In senso contrario però gioca una Sentenza a Sezioni Unite del 2003: secondo il Giudice di legittimità, non è condivisibile il suddetto orientamento in base al quale la mera inattività del difensore d’ufficio implica l’integrazione del giustificato motivo che legittima la sostituzione ex art. 97 comma 5 c.p.p., poiché si «verrebbe a crear[re] una disparità di trattamento, del tutto immotivata e contraria al principio di completa, sostanziale, parificazione introdotto dal nuovo codice di procedura penale tra difensore di ufficio e difensore di fiducia, non essendo per quest'ultimo prevista la sostituzione in caso di inattività». Infine,
220
Cass., Sez. I, 21 novembre 2017 , n. 3444 secondo la quale «il principio della immutabilità e unicità della difesa […] può valere solamente allorquando l'originario difensore di ufficio si sia attivato nell'effettivo svolgimento dell'incarico che gli è stato demandato»; Cass., Sez. I, 10 febbraio 1998, n. 6493.
Peraltro il rischio che l’inerzia venga fatta coincidere con una condotta attiva (e non omissiva), ma ritenuta comunque indice di disinteresse, è concreto, Cass., Sez., VI, 25 ottobre 2000, n. 218658.
221
In questo senso, Cass., Sez. V, 5 luglio 2001, n. 33724, in virtù della quale non può operare una presunzione tale per cui il fatto che non si siano manifestate all’esterno attività difensive, significhi
tout court la totale assenza di queste.
222
Cass., Sez. II, 3 febbraio 2015, n. 6851, secondo cui «Per principio giurisprudenziale consolidato è legittima la sostituzione del difensore di ufficio che non abbia svolto alcuna incombenza difensiva e non si sia attivato in favore del proprio assistito».
171
precisa la Corte, aderendo all’interpretazione sopra prospettata, si finirebbe con l’attribuire un potere eccessivamente discrezionale al giudice procedente223
.
Sorgono allora tre questioni, diverse ma collegate fra loro.
La prima: dobbiamo chiederci se la sostituzione del difensore ex art. 97 comma 5, sia obbligatoria o meno: la giurisprudenza dà risposta negativa al quesito224. La seconda: ci si interroga sulla necesssarietà o meno di un provvedimento ad hoc che commini la sostituzione. La giurisprudenza maggioritaria225 ritiene che ciò possa avvenire anche in assenza di un provvedimento specifico. Non mancano però pronunce di senso opposto226.
Infine, ipotizzando di accogliere l’orientamento secondo cui è necessario un provvedimento ad hoc, di quale dovrebbe servirsi il giudice? Si è sostenuto227 che, in relazione ad esigenze di economia processuale, il provvedimento da adottare sarebbe un decreto, con una motivazione perciò sintetica che indichi brevemente il giustificato motivo che ha dato adito alla sostituzione.
Pare allora che l’orientamento giurisprudenziale sopra esposto, forzi eccessivamente il dettato normativo poiché autorizza «una sostituzione ad nutum del difensore d’ufficio, fino a quando non risulti che egli abbia compiuto o partecipato ad atti del procedimento, in aperto contrasto con l’art. 95 comma 5 c.p.p.»228
223 Mostra di condividere, A. RICCI, op. cit., p. 738. 224
Alcune sentenze evidenziano come la mancata comminatoria di nullità derivi dal fatto che non si sarebbe avuta una concreta lesione del diritto di difesa, poiché questo non è violato «quando il difensore d’ufficio non ha concretamente esercitato il suo ufficio»: Cass., Sez. I, 2 gennaio 2004. Riteniamo che sulla fondatezza di tale ultima affermazione si possa più che dubitare.
225
Cass., Sez. II, 5 dicembre 2001, n. 221520.
226
In senso contrario, Cass., Sez. V, 28 novembre 2005, n 46864, secondo cui è necessario un provvedimento formale «non potendo il difensore nominato essere revocato […] implicitamente».
227 F. CERQUA, op. cit., p. 59 228 M. L. BUSETTO, op. cit., p. 143.
172