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Delimitazione del perimetro normativo: i diritti di partecipazione politica dello straniero tra ordinamento

PARTE PRIMA

4. Delimitazione del perimetro normativo: i diritti di partecipazione politica dello straniero tra ordinamento

interno e diritto sovranazionale

Quanto sin qui osservato in ordine alle trasformazioni delle comunità politiche, pare trovare una prima (sommaria) conferma nella più recente evoluzione legislativa, se solo si volge lo sguardo: all’art. 2, comma 4, del T. U. sull’immigrazione, il quale prevede che: “lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale”; all’art. 9, comma 4, lettera d) del medesimo T. U.,

179 Sicché era quasi naturale che il dibattito sull’immigrazione si

svolgesse in tono minore e, forse, a tratti, anche confuso: cfr. A. CASSESE, Art.

10, in, G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, cit., 508 ss.

180 Sottolinea questo dato, da ultimo, V. ONIDA, Relazione introduttiva

al convegno dell’associazione italiana dei costituzionalisti lo statuto costituzionale del non cittadino, cit., 2 ss.

181 Come è stato rilevato, il dibattito in Assemblea costituente

restituisce una doppia anima a proposito dei diritti politici: questi, da un lato, vengono concepiti come uno strumento di partecipazione democratica, ma, dall’altro, non è estranea al dibattito medesimo l’idea dei diritti politici come attributi della nazionalità: cfr. A. ALGOSTINO, I diritti politici dello straniero,

73 il quale disponeva, prima della novella del 2007182, che lo

straniero titolare della Carta di soggiorno potesse “partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche l’elettorato quando previsto dall’ordinamento e in armonia con le previsioni del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992; al novellato art. 9, comma 12, lettera d), che riconosce allo straniero titolare del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo il diritto di “partecipare alla vita pubblica locale, con le forme e nei limiti previsti dalla vigente normativa”; ai commi 3 e 5 dell’art. 8 del Tuel, i quali dispongono rispettivamente che: “nello Statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione” e che lo Statuto comunale, “ispirandosi ai principi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203 e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell’Unione europea e degli stranieri regolarmente residenti”.

Le fonti provenienti dal livello sovranazionale contribuiscono, peraltro, a complicare il sistema normativo: l’art. 21 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 afferma che “ogni individuo ha diritto di partecipare al Governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti”183; il Patto internazionale sui diritti civili e

politici – adottato dall’Assemblea Generale il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976 –, che riguarda il diritto di

182 Cfr. d. lgs. 8 gennaio 2007, n. 3.

183 Nonostante il riferimento all’individuo, è, però, diffusa al riguardo

una interpretazione restrittiva, ritenendosi implicito il riferimento al cittadino: cfr. A. ALGOSTINO,Il ritorno dei meteci, cit., 432 ss.

74 autodeterminazione, prevede all’art. 25 che “ogni cittadino ha il diritto, e deve avere la possibilità, senza alcuna delle discriminazioni menzionate all’articolo 2 di votare e di essere eletto, nel corso di elezioni veritiere, periodiche, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, che garantiscano la libera espressione della volontà degli elettori; nonché di accedere, in condizioni generali di eguaglianza, ai pubblici impieghi del proprio paese”; l’art. 3 del Protocollo addizionale della Cedu prevede che “le Alte Parti Contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo”; il capitolo C della Convenzione di Strasburgo del 1992 riconosce allo straniero regolarmente residente il voto in ambito locale, sebbene l’Italia abbia opposto il proprio opting out proprio nei riguardi di questo capitolo184; infine, la direttiva 94/80 Ce del Consiglio del 19

dicembre 1994 attribuisce il diritto di voto nelle elezioni comunali ad ogni cittadino dell’Unione, oppure a chi “pur non essendo cittadino possiede, tuttavia, i requisiti di eleggibilità dei propri cittadini”, benché il decreto legislativo n. 196/1997 abbia attuato riduttivamente la direttiva, facendo eccezione a quest’ultima parte.

Tuttavia, neppure guardando all’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, si ha modo di avere risposte univoche al problema, considerato che nell’unico giudizio in cui la Corte avrebbe avuto la possibilità di pronunciarsi ex professo, la

184 Sul punto cfr., per tutti, G. ZINCONE-S.ARDOVINO,I diritti elettorali

75 questione è stata dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza185. Ciò nondimeno, pur in carenza di un’affermazione

esplicita, in alcune pronunce sembrerebbe potersi scorgere una conferma della dicotomia diritti inviolabili dell’uomo/diritti inviolabili del cittadino186, in quanto, in modo – sia consentito –

forse un po’ apodittico, la Corte pare configurare l’elettorato attivo e passivo alla stregua di un connotato tipico dello status activae

civitatis.

Nella sentenza n. 120 del 1967 si legge, ad esempio, che “i diritti inviolabili (…) rappresentano un minus rispetto alla somma dei diritti di libertà riconosciuti al cittadino”187; nella

sentenza n. 11 del 1968, poi, il giudice delle leggi, nell’individuare il proprium dei diritti inviolabili dell’uomo, afferma che essi consistono “in quei fondamentali diritti democratici che non siano strettamente inerenti allo status civitatis”188. E, per quanto si

tratti di obiter dicta, tali snodi giurisprudenziali hanno sovente

185 Cfr. E. GROSSO, art. 48, in R. BIFULCO-A.CELOTTO-M. OLIVETTI (a

cura di), Commentario alla Costituzione, cit., 967. La Corte costituzionale, chiamata a decidere sulla legittimità della legge n. 18 del 1979, relativa alla elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, sollevata in riferimento all’art. 51 Cost., nella parte in cui sembrava ammettere la candidatura di uno straniero al Parlamento europeo, ha dichiarato la questione inammissibile per difetto di rilevanza, con l’ordinanza n. 316/1989; sulla pronuncia cfr. G. CORDINI, Questioni in tema di eleggibilità al Parlamento

Europeo di candidati privi della cittadinanza italiana, in Giur. cost., 1/1989,

1425 ss.

186 Su questa dicotomia cfr., per tutti, A. BALDASSARRE, Diritti

inviolabili, cit., 1 ss.; N. BOBBIO,L’età dei diritti, Torino 1990; L. FERRAJOLI,

Dai diritti del cittadino ai diritti della persona, cit., 263 ss.; ID. (a cura di),

Diritti fondamentali, Roma-Bari 2001; R. DWORKIN, I diritti presi sul serio,

trad. it., Bologna 2010; da ultimo, il poderoso volume di R. ALEXY, Teoria dei

diritti fondamentali, trad. it., Bologna 2012.

187 Punto 2 del Cons. in dir. 188 Punto 6 del Cons. in dir.

76 supportato le tesi di chi rileva l’esistenza di limiti costituzionali alla estensione dei destinatari del voto189.

Occorre, tuttavia, anticipare sin d’ora, rispetto a quanto si affermerà a breve, che queste tesi della dottrina appaiono inconsistenti nella parte in cui – forse sopravvalutando il valore di questi rilievi della Corte, che rimangono, peraltro, pur sempre degli obiter dicta – fondano proprio su questa giurisprudenza l’esistenza di limiti costituzionali all’estensione dell’elettorato attivo e passivo agli stranieri regolarmente residenti. Giova, difatti, rilevare come vi siano altre decisioni della Corte in cui può, al contrario, scorgersi il riconoscimento di una certa ambizione universalistica dei diritti politici, come quando, ad esempio, il giudice delle leggi riconduce l’elettorato passivo alla sfera dei diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost. e, dunque, alla catena del personalismo190; diritti che possono essere limitati “solo

nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale, e ciò in base alla regola della necessarietà e della ragionevole proporzionalità di tale limitazione”191.

5. Ricostruzione del dibattito teorico: la tesi che qualifica i

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