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Ricostruzione del dibattito teorico: la tesi che qualifica i diritti politici come una prerogativa esclusiva del

PARTE PRIMA

5. Ricostruzione del dibattito teorico: la tesi che qualifica i diritti politici come una prerogativa esclusiva del

cittadino

189 Cfr., da ultimo, T. F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti

politici. Problemi costituzionali dell’estensione del diritto di voto in ambito locale, in www.forumcostituzionale.it.,

190 Corte cost. nn. 235 del 1988; 571del 1989; 141del 1996; 191 Corte cost. nn. 141 del 1996; 235del 1988.

77 Il dibattito teorico sviluppatosi a proposito della titolarità dei diritti politici si snoda attorno a quattro posizioni di fondo192.

Fra queste occorre, innanzitutto, confrontarsi con quella estrema che individua una vera e propria riserva costituzionale per il cittadino e, di converso, una esclusione assoluta dello straniero, insuperabile anche da una legge revisione costituzionale.

Fra i sostenitori di quest’ultima tesi, si ricorda, innanzitutto, la autorevole posizione di chi distingue nettamente i diritti fondamentali dai diritti costituzionali, osservando che solo i primi sono “diritti del singolo uomo libero e precisamente diritti che egli ha di fronte allo Stato”; sono diritti assoluti, pre- e sovrastatuali, che prescindono dall’idea della cittadinanza, dovuti al fatto che “l’uomo in forza di un suo diritto «naturale» si contrappone allo Stato e l’idea dei diritti pre- e sovrastatuali del singolo non può essere del tutto rimossa”193. Essi sono dotati del

carattere dell’assolutezza, la cui garanzia prescinde dal contenuto della legge e rispetto ai quali l’intervento legislativo opera in via del tutto eccezionale e in maniera limitata e misurabile194.

I diritti fondamentali – che si identificano nei diritti di libertà del singolo isolato o in collegamento con altri singoli – si distinguono, poi, oltre che dai diritti del singolo alle prestazioni dello Stato, dai diritti essenzialmente democratici del cittadino, i quali sono anch’essi definibili come diritti fondamentali, ma in un

192 Cfr. A. ALGOSTINO, I diritti politici dello straniero, cit., 92 ss., la

quale distingue le seguenti posizioni: “la negazione della titolarità dei diritti politici da parte degli stranieri”; “la possibilità di estendere la titolarità dei diritti politici previa adozione di una legge costituzionale”; “la discrezionalità del legislatore nell’attribuzione dei diritti politici”; “i diritti politici come diritti di partecipazione al governo del paese in cui si vive”.

193 C.SCHMITT, Dottrina della Costituzione, trad. it., Milano 1984, 221. 194 C.SCHMITT, Dottrina, cit., 222.

78 senso del tutto diverso dai diritti individuali di libertà195. Fra i

diritti democratici del cittadino vanno ricompresi, ad avviso del teorico tedesco, il diritto all’eguaglianza davanti alla legge, il diritto di petizione, il diritto eguale di voto e il diritto di accesso eguale agli uffici pubblici196. Questi ultimi “non presuppongono il

singolo uomo libero nelle condizioni extrastatuali della «libertà», ma il cittadino, il citoyen, che vive nello Stato. Essi hanno perciò il carattere essenzialmente politico”197 e, pertanto, “non valgono

naturalmente per gli stranieri, poiché altrimenti cesserebbe l’unità e la comunità politica e cadrebbe il presupposto essenziale dell’esistenza politica, la possibilità di distinzione fra amico e nemico”198.

Volgendo lo sguardo al panorama degli interpreti della Costituzione italiana, alle medesime conclusioni giunge chi sostiene l’irrilevanza del dato letterale del testo costituzionale, ritenendo più opportuno “risalire al sistema”199, al fine di

determinare la condizione giuridica dello straniero200, giacché non

vi sono elementi sufficienti per far ritenere che l’uso delle espressioni “tutti” o “cittadini” possa risultare dirimente per fare emergere una precisa volontà del Costituente nella

195 C.SCHMITT, Dottrina, cit., 226. 196 C. SCHMITT, Dottrina, cit., 228. 197 C. SCHMITT, Dottrina, cit., 226. 198 C. SCHMITT, Dottrina, cit., 227.

199 C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, II, Padova 1976, 1153. 200 L’Autore distingue, inoltre, la condizione dello straniero sfornito di

una particolare qualificazione da quella dello straniero richiedente asilo, il cui trattamento deve essere ricompreso nell’art. 10, comma 3, Cost., al quale spetta un vero e proprio diritto all’ingresso e al soggiorno a carattere non provvisorio (1156-1157).

79 determinazione della cerchia dei soggetti titolari delle singole posizioni giuridiche201.

Ciò premesso, sono tre le situazioni riferibili nei confronti dello straniero: a) di assoluta esclusione da tutti quei diritti per loro natura inerenti alla qualità di cittadino ed, in modo tipico, di tutti i diritti politici (status activae civitatis); b) di necessario riconoscimento, in condizioni di parità con i cittadini, di tutti gli altri diritti che concernono la tutela delle esigenze essenziali alla condizione umana; c) di discrezionale attribuzione dei residui diritti, avendo riguardo alle limitazioni necessarie a tutela della sicurezza e del buon costume202.

Una tesi analoga è, poi, in larga parte ripresa da parte di chi, occupandosi del tema dei partiti politici e delle loro cariche dirigenti, prende le mosse proprio da quella tripartizione poc’anzi riportata, per concludere che sembra “risultare pienamente accolto nel nostro ordinamento costituzionale (…) il principio che i

diritti politici sono fruiti unicamente dai cittadini (…) in quanto i

diritti stessi tendono a tutelare degli interessi che sono propri, per loro natura, dei soli componenti della collettività statale medesima203.

Questa dottrina, sulla base di tali osservazioni di partenza, afferma, dunque, che: l’associazione ad un partito, traducendosi, per sé stessa, in esercizio dei diritti politici, è lecita ai soli cittadini; l’assunzione di un ufficio dirigente in seno ad un partito determina l’esercizio di ulteriori rilevanti funzioni pubbliche, che,

201 C. MORTATI, Istituzioni, cit., 1153. 202 C. MORTATI, Istituzioni, cit., 1154.

203 P. BISCARETTI DI RUFFIA, Cittadinanza italiana, partiti politici e loro

80 in quanto tali, non possono essere esplicate da parte di uno straniero204.

Alle stesse conclusioni perviene chi considera del tutto escluso il riconoscimento agli stranieri delle libertà politiche, le quali solo impropriamente vengono definite tali, dal momento che si tratta di “veri e propri poteri funzionali ai fini di permettere la partecipazione dei cittadini all’organizzazione dello Stato ed all’esercizio delle sue fondamentali funzioni”205.

La ragione di questa esclusione è determinata dal fatto che solo chi appartiene in maniera “prevalente e costante” alla comunità statale può esercitare i poteri o adempiere i doveri nel comune interesse della nazione206. L’unica eccezione ammissibile,

rimessa dalla Costituzione alla discrezionalità legislativa, è quella degli italiani non appartenenti alla Repubblica, per i quali è consentita l’equiparazione con i cittadini italiani; il che rende evidente il rilievo attribuito alla nazionalità dalle disposizioni costituzionali relative ai diritti e doveri politici207.

A simili conclusioni perviene, inoltre, chi rileva che due sono i criteri per individuare quali siano i “diritti dell’uomo” e le “libertà fondamentali” che la Costituzione riconosce anche agli stranieri: il primo è dato dal criterio letterale, secondo cui agli stranieri sarebbero attribuiti tutti i diritti non espressamente riservati ai cittadini. Siffatto criterio appare, però, troppo

204 P. BISCARETTI DI RUFFIA, Cittadinanza italiana, cit., 707 ss.

205 M. MAZZIOTTI DI CELSO, Sulla soggettività e tutela dello straniero

nell’ordinamento italiano, in AA. VV., Studi in memoria di Gaetano Serino,

Milano 1966, 316.

206 M. MAZZIOTTI DI CELSO, Sulla soggettività e tutela dello straniero

nell’ordinamento italiano, cit., 316-317.

207 M. MAZZIOTTI DI CELSO, Sulla soggettività e tutela dello straniero

81 limitativo in presenza di un principio interpretativo che ad esso si sovrappone, in forza del quale lo Stato italiano è tenuto a parificare la condizione giuridica dello straniero a quella dei cittadini tutte le volte che ciò non contrasti con i suoi preminenti interessi208.

La combinazione di questi due criteri conduce questa dottrina alla conclusione che “gli stranieri non sono destinatari delle norme che attribuiscono diritti e doveri politici, vale a dire quelle situazioni giuridiche soggettive strettamente inerenti la qualità di cittadini; e, dunque, il diritto di elettorato attivo e passivo, di associarsi in partiti, di rivolgere petizioni alle Camere ed il dovere di fedeltà alla Repubblica”209.

6. (segue) la tesi secondo cui l’estensione dell’elettorato al non cittadino richiede una revisione costituzionale

Una impostazione più moderatamente inclusiva è quella di chi, introducendo argomenti di ordine formale, talvolta frammisti ad altri di ordine sostanziale, considera, rebus sic stantibus, preclusa una estensione del voto, potendo solo una legge di revisione costituzionale estenderne la titolarità soggettiva.

Fra questi, v’è chi osserva che le formule contenute nelle disposizioni costituzionali sui diritti politici “non solo attribuiscono positivamente tali diritti ai cittadini, ma anche escludono che le leggi ordinarie possano attribuirle agli

208 T.MARTINES, Diritto costituzionale, cit., 591. 209 T. MARTINES, Diritto costituzionale, cit., 591-592.

82 stranieri”210. Difatti, nel titolo IV della Costituzione è disciplinato

lo stato di attiva cittadinanza proprio degli appartenenti allo Stato, ed è pertanto esclusa la partecipazione degli stranieri211.

Sulla stessa linea di pensiero, si è osservato come “modernamente, di regola, soltanto i «cittadini» godono dei cosiddetti diritti politici, attraverso i quali possono partecipare attivamente all’esplicazione del potere di governo”212.

Altri si sono mostrati, poi, sensibili alla necessità di contemperare due opposte esigenze che vengono in rilievo con riguardo al problema dei diritti politici del non cittadino: da un lato, l’espansione della sfera dei diritti dello straniero, dall’altro, il rispetto di quel principio istituzionale secondo cui l’esercizio dei poteri sovrani spetta solo, direttamente o indirettamente, ai componenti la comunità politica213. Questa dottrina è, peraltro,

incerta se “l’attività politica debba ritenersi attratta prevalentemente nella sfera dei limiti propri della condizione di straniero, con conseguente divieto, o se alcune componenti, almeno, di essa (in particolare le manifestazioni di pensiero o di critica) possano o debbano essere ricomprese, all’opposto, nel novero delle libertà riconosciute anche al non cittadino”214. Per

risolvere un simile bilanciamento, si propone di indagare, caso per caso, se “prevalga l’azione sul pensiero cioè l’organizzazione di mezzi e di persone per il perseguimento di un fine concreto (anche

210 C.ESPOSITO, I partiti nella Costituzione italiana, in AA.VV., Studi di

diritto costituzionale in memoria di Luigi Rossi, Milano 1952, 140.

211 C. ESPOSITO, I partiti nella Costituzione italiana, cit., 139.

212 V. CRISAFULLI, Lezioni di Diritto costituzionale, Padova 1970, I, 61. 213 G. D’ORAZIO, Lo straniero nella Costituzione italiana, cit., 299. 214 G. D’ORAZIO, Lo straniero nella Costituzione italiana, cit., 301

83 se limitato e circoscritto) o la dichiarazione di giudizio e, tutt’al più, di desiderio da parte, ad esempio, di stranieri in asilo e rifugiati”215.

Tali conclusioni sono, pertanto, modulate a seconda del tipo di attività politica in discorso: per quanto concerne il diritto di petizione, è preferibile l’interpretazione volta ad estendere il diritto al non cittadino, malgrado l’espresso riferimento letterale di cui all’art. 50 Cost. ai soli cittadini, stante la “natura del tutto strumentale di tale attività e non di diretto esercizio delle funzioni sovrane”216. Parimenti, “l’iscrizione ad un partito politico non è, di

per sé, lesiva o contrastante con interessi pubblici, ma può

divenirlo solo se ed in quanto possa condurre (…) alla assunzione e svolgimento di attività o funzioni di rilievo politico-istituzionale esterno, o siano, comunque, suscettibili di influire in modo più diretto sulla formazione della volontà politica dello Stato”217.

Con riguardo più da vicino al diritto di voto, questa dottrina fonda, invece, il proprio ragionamento essenzialmente sugli artt. 10, comma 1, e 51, co. 2, Cost. A suo avviso, esiste una norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta che esclude, a garanzia della sovranità degli Stati, lo straniero dall’esercizio dei diritti più strettamente politici e, tra questi, in particolare, dell’elettorato attivo e passivo. Il che renderebbe incostituzionale,

215 G. D’ORAZIO, Lo straniero nella Costituzione italiana, cit., 301,

(corsivo originale).

216 G. D’ORAZIO, Lo straniero nella Costituzione italiana, cit., 298. 217 G. D’ORAZIO, Lo straniero nella Costituzione italiana, cit., 296

(corsivo originale). A tal proposito viene in rilievo la vicenda Fabre, segretario politico del partito Radicale, escluso dalle consultazioni del Presidente della Repubblica perché privo della cittadinanza italiana e, quindi, ritenuto non legittimato a partecipare ad una attività necessaria per l’esercizio di una funzione costituzionale del Capo dello Stato nella formazione del Governo.

84 per violazione di una norma interposta, una eventuale disposizione di rango ordinario che in tesi estendesse allo straniero il diritto in questione218. Una simile estensione con legge

ordinaria sarebbe, del resto, preclusa dall’art. 51, comma 2, Cost., poiché, dal fatto che solo a favore degli italiani non appartenenti alla Repubblica è consentita una parificazione con il cittadino per l’ammissione alle cariche elettive, si deduce, ragionando e

contrario, che “se una deroga alla regola generale dell’esclusione è

espressamente consentita dalla Costituzione alla legge ordinaria, essa è giustificata, in mancanza di un rapporto di appartenenza giuridica o cittadinanza (che in tal caso, per definizione, non sussiste), dalla appartenenza alla nazionalità italiana, presumendo una comunità di interessi “nazionali” che costituisce un valore costituzionalmente rilevante e preminente”219.

Più di recente, considerato l’art. 48 Cost. “come matrice unitaria della normativa in materia di diritto di voto”220, si è

ritenuto necessaria la revisione costituzionale per l’estensione di tale diritto ai non cittadini, tanto per il livello amministrativo, quanto per quello europeo221.

218 G. D’ORAZIO, Lo straniero nella Costituzione italiana, cit., 311. 219 G. D’ORAZIO, Lo straniero nella Costituzione italiana, cit., 311.

L’autore, inoltre, (nota 67) rileva come anche la stessa Carta costituzionale contenga molteplici riferimenti al concetto di “nazione”: quello che definisce il Capo dello Stato “rappresentante dell’unità nazionale (art. 87, comma 1, Cost.); quello secondo cui “ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione (art. 67 Cost.); quello secondo cui “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione” (art. 98, comma 1, Cost.).

220 F. LANCHESTER, Voto, cit., 1124.

221 F. LANCHESTER, Voto, cit., 1124. L’Autore inoltre, per quanto

riguarda il voto in ambito europeo, afferma che il ricorso all’art. 11 Cost. introduca il rischio di una violazione della rigidità della Carta costituzionale, inserendola nel novero di quelle elastiche (nota 77).

85 Ad avviso di questa dottrina, per la normativa vigente il diritto di voto è, difatti, attribuito solo ai cittadini e non ad altri222. Il presupposto di una simile conclusione è l’analisi

testuale della Carta, che risulta “molto chiara se si raccorda con i risultati di teoria generale e con l’indagine comparatistica”223. Il

titolo IV della Costituzione, fatta eccezione per l’art. 53 Cost. relativo al dovere di contribuzione, “non include un esplicito riferimento ai cittadini”, sicché “è razionale che (…) diritti e doveri di appartenenza alla comunità politica vengono attribuiti solo a coloro che posseggano la cittadinanza”224. D’altro canto,

l’eventuale riconoscimento agli stranieri del diritto di voto, modulato sulla base dei requisiti di residenza, si scontrerebbe con una tradizione teorica difficile da superare, sicché l’eventuale riconoscimento agli stranieri di tale diritto potrebbe determinare una flessibilizzazione dello stesso concetto di cittadinanza225.

Solo in parte differente, presentando alcuni interessanti profili di novità, è la posizione di chi, riprendendo la tesi sulla fattispecie aperta dell’art. 2 Cost.226, individua negli artt. 2, 10, co.

2, 48 e 51 Cost. il contesto di riferimento del problema, e, muovendo dalla tradizionale giurisprudenza costituzionale sui

222 F. LANCHESTER, Voto, cit., 1123. 223 F. LANCHESTER, Voto, cit., 1123. 224 F. LANCHESTER, Voto, cit., 1123-1124.

225 F. LANCHESTER, Voto, cit., 1123, nota 75; più di recente A.CIANCIO, I

diritti politici tra cittadinanza e residenza, in Quaderni costituzionali, 1/2002,

68 ss.

226 Cfr. A. BARBERA, Principi fondamentali. Art. 2, in G. BRANCA (a cura

di), Commentario della Costituzione, cit., 116-117, che distingue tra diritti riservati ai cittadini e diritti riservati agli stranieri: i primi, tra i quali pare debbano ricomprendersi anche i diritti politici, sono diritti riservati ai cittadini e richiedono, per una eventuale estensione, la revisione costituzionale.

86 destinatari del principio d’eguaglianza227, distingue la titolarità

dei diritti inviolabili dell’uomo da quella dei diritti politici: i primi spettano ad ogni individuo a prescindere dalla nazionalità, i secondi, invece, attengono intimamente allo status civitatis e, pertanto, riguardano esclusivamente il cittadino, a meno di una revisione della Carta costituzionale228.

Volendo anche prescindere dal dato letterale degli artt. 48 e 51 Cost., difatti, “è lo stesso concetto di diritto politico a rappresentare un ostacolo ad una estensione legislativa del diritto di voto agli stranieri extracomunitari. Il vincolo di partecipazione ad una determinata comunità politica, infatti, vive non solo di diritti, ma anche di specifici doveri che attengono tradizionalmente al concetto di cittadinanza, fondamento dell’esercizio della sovranità popolare. In una parola, è lo stesso principio democratico ad esigere che la legittimazione dei pubblici poteri all’interno di una determinata comunità politica sia attuata tramite libere scelte di chi vi appartiene”229.

Questa dottrina, inoltre, con tutta evidenza per confutare le posizioni di una parte della dottrina che considera ammissibile l’estensione del voto agli stranieri extracomunitari mediante una semplice legge ordinaria, argomenta la completa estraneità dell’art. 10, comma 2, Cost. rispetto al problema dei diritti politici. Tale norma deve riferirsi al diverso problema del trattamento giuridico dello straniero e al connesso problema dell’ambito di applicazione della clausola di reciprocità di cui all’art. 16 disp.

227 Il riferimento è, in particolare, a Corte cost. nn. 120 del 1967 e 11 del

1968.

228 T. F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici, cit. 229 T. F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici, cit.

87 prel. al codice civile, mentre per quanto concerne i diritti politici sussiste una vera e propria “riserva costituzionale”230.

Anche a voler valorizzare l’ambito applicativo dell’art. 10, comma 2, Cost., e per il suo tramite il diritto internazionale, non si rinvengono in tale prospettiva norme o trattati tali da vincolare l’Italia ad una simile estensione del voto, non essendo stato ratificato il capitolo C della Convenzione di Strasburgo del 1992 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica locale.

Sennonché, a conclusioni in parte diverse questa dottrina giunge con riguardo al problema del voto in ambito locale alle elezioni circoscrizionali, ritenendo legittima l’estensione con lo strumento dello Statuto comunale231. A suo avviso, le

circoscrizioni non sono, difatti, organi elettivi, non sono espressione di un indirizzo politico-amministrativo autonomo, ma sono, per lo più, organismi di decentramento e partecipazione consultiva con riguardo alle politiche consiliari e del Sindaco, e peraltro sono eventuali, essendo previste obbligatoriamente solo nell’ambito dei comuni con una popolazione superiore ai 100.000 abitanti232. Considerata la natura delle circoscrizioni, lo straniero

non potrebbe, dunque, incidere, né in via mediata, attraverso il voto, né direttamente, ove eletto, sull’esercizio di funzioni amministrative comunali233. Per quanto riguarda gli organi di

governo, è al contrario necessario modificare la Costituzione;

230 T. F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici, cit. 231 T. F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici, cit. 232 T. F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici, cit. 233 T. F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici, cit.

88 l’alternativa, se si vuole procedere con legge ordinaria, è quella di valorizzare i percorsi di acquisto della cittadinanza234.

Più di recente, sulla stessa linea di pensiero si colloca chi osserva che un eventuale intervento con legge ordinaria vorrebbe dire produrre “un pericoloso strappo alla Costituzione”235, giacché

il diritto di voto è “un diritto politico fondamentale nelle democrazie liberali” e come tale deve essere disciplinato in Costituzione236. Tuttavia, nell’eventualità di una revisione

costituzionale, il diritto di voto potrebbe essere “riconosciuto”237

soltanto per le elezioni amministrative degli enti locali, con esclusione per le elezioni regionali e soprattutto per quelle politiche e per i referendum di cui agli articoli 75 e 138 Cost., in

234 T. F. GIUPPONI, Stranieri extracomunitari e diritti politici, cit. 235 T. E. FROSINI,Gli stranieri tra diritto di voto e cittadinanza, cit. 236 Proprio per questo, osserva l’Autore, anche la soluzione prescelta di

estendere il diritto di voto per i cittadini appartenenti all’Unione Europea per l’elezione degli enti locali e per il Parlamento, mediante una fonte subcostituzionale, presenta “ragionevoli dubbi di costituzionalità; anche se va ricordato che quanto stabilito nei Trattati comunitari subisce una sorta di processo di costituzionalizzazione attraverso l’art.11 della Costituzione, che funge da european clause in grado cioè di accogliere le istanze provenienti dall'Unione europea”.

237 T. E. FROSINI, Gli stranieri tra diritto di voto e cittadinanza, cit.

(corsivo aggiunto).

Sia, peraltro, consentito rilevare, d’inciso, come l’utilizzo del termine riconoscere, se preso nel significato che può desumersi dal testo costituzionale, possa denotare una certa contraddizione nel pensiero dell’Autore, circa la riserva costituzionale del voto ai cittadini. Com’è noto, difatti, nella più tradizionale riflessione costituzionalistica, il termine riconoscere viene utilizzato come sinonimo della natura prestatuale dei diritti inviolabili dell’uomo di cui all’art. 2 Cost.; sicché, volendo prendere sul serio l’espressione utilizzata da T. E. Frosini, sembrerebbe quasi che l’estensione della titolarità del voto in ambito locale possa essere inferita in via ermeneutica dallo stesso testo costituzionale, senza bisogno di alcuna legge di revisione. Più in generale sull’importanza dei significati delle parole, cfr. G. ZAGREBELSKY, Sulla lingua

89 quanto “le elezioni politiche sono espressione della sovranità di cui all’art.1 della Costituzione, il cui esercizio spetta al popolo, ovvero ad una figura soggettiva composta dai cittadini italiani

stricto sensu, sicché solo i cittadini italiani sono compartecipi della

sovranità e possono essere titolari dei connessi diritti. Il diritto di

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