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Ricostruzione delle tesi che configurano i diritti politici dello straniero quali diritti legislat

PARTE PRIMA

1. Ricostruzione delle tesi che configurano i diritti politici dello straniero quali diritti legislat

La tesi dell’inesistenza di limiti costituzionali all’estensione dei diritti politici in favore degli stranieri non è del tutto nuova,

112 essendo già stata in passato autorevolmente sostenuta in dottrina.

Si è autorevolmente osservato, ad esempio, che i diritti politici, intesi come diritti “che conferiscono al loro possessore una influenza nella formazione della volontà dello Stato”, sono tradizionalmente riservati ai cittadini (…); e tuttavia, poiché la volontà dello Stato si esprime soltanto nella creazione e nella esecuzione di norme giuridiche, la caratteristica essenziale di un diritto politico sta nel conferire all’individuo la possibilità giuridica di partecipare alla creazione o all’esecuzione delle norme giuridiche”298. Il legame cittadinanza/diritti politici non ha, però,

natura esclusiva, giacché nulla vieta che il legislatore li estenda anche ai non cittadini e, in particolar modo, ai cittadini di un altro Stato299.

Una simile impostazione risente, d’altro canto, di una certa idea di cittadinanza, intesa quale istituto eventuale ai fini dell’esistenza di uno Stato, che presuppone invece solo “individui” soggetti all’ordinamento giuridico, e non cittadini300. Sennonché,

“in una democrazia radicale (…) la tendenza ad allargare il più possibile la cerchia di coloro che possiedono diritti politici può far sì che – in particolari circostanze – si accordino questi diritti

298 Cfr. H. KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato, trad. it.,

Milano 1994, 240.

299 H. KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato, cit., 241.

300 H. KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato, cit., 246: si

riscontrano, difatti, esempi storici di Stati in cui non esistono diritti e doveri collegati alla cittadinanza, essendo solo nelle democrazie che i cittadini hanno diritti politici, mentre, nelle autocrazie “gli individui soggetti all’ordinamento giuridico non partecipano alla sua creazione”.

113 anche agli stranieri, qualora, ad esempio, abbiano la residenza

permanente nel territorio dello Stato”301.

Più di recente, volgendo lo sguardo al panorama della dottrina costituzionalistica italiana, è stata sostenuta la tesi secondo cui i diritti politici degli stranieri sono diritti (non costituzionali o fondamentali, ma) legislativi.

Fra questi, e per primo, vi è chi osserva che è possibile estendere veri e propri diritti politici – rectius, alcuni diritti politici – con legge ordinaria, senza bisogno di una revisione costituzionale. Tuttavia, tali diritti possono essere goduti solo in quanto “diritti legislativi” o tutt’al più “costituzionali”, non già come diritti fondamentali302.

Come emerge da un’analisi della giurisprudenza costituzionale, la condizione giuridica dello straniero è, difatti, differente da quella del cittadino; il punctum dolens della questione consiste, allora, nel chiarire in che misura tale condizione possa, o addirittura debba, essere differente. Ad una simile domanda deve rispondersi, innanzitutto, che esistono due gruppi di diritti e almeno un dovere che sono tipici del cittadino, e che come tali non possono essere estesi allo straniero: questi sono i diritti connessi all’esercizio della sovranità, da un canto, e il dovere di fedeltà alla Repubblica, dall’altro. Solo i cittadini sono, difatti, compartecipi della sovranità e la patria è tale solo per i cittadini stessi303.

301 H. KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato, cit., 246 (corsivo

aggiunto).

302 M. LUCIANI, Cittadini e stranieri come titolari dei diritti

fondamentali. L’esperienza italiana, cit., 225.

303 M. LUCIANI, Il diritto di voto agli immigrati: profili costituzionali, in

114 Il legislatore potrebbe, dunque, sì estendere questi diritti nell’esercizio della propria discrezionalità, a patto, però, che non vengano travalicati i limiti costituzionali. Ed il limite costituzionale fondamentale consiste, per questa dottrina, proprio nell’art. 1 Cost., mentre non potrebbe rappresentare un limite l’art. 48 Cost., dal momento che esso “ci dice solo che i cittadini sono elettori, ma non per questo esclude che il legislatore ordinario possa attribuire tale qualificazione a chi cittadino non è”304.

Ciò nondimeno, si ritiene che non tutti i diritti politici possano essere estesi agli stranieri. Fra questi devono essere ricompresi il voto in tutte le elezioni locali, “nelle quali è in giuoco la costruzione della rappresentanza per enti che non sono titolari della potestà legislativa”: province (non autonome); comuni, altri enti locali305. Sarebbe, inoltre, ammesso il voto nei referendum

locali, in quelli consultivi, anche a livello nazionale, “poiché il referendum consultivo non ha effetti immediatamente cogenti, e non può quindi definirsi propriamente atto di sovranità”306.

Viceversa, “il diritto di voto alle elezioni politiche va senz’altro escluso”, alla stessa stregua del voto al referendum abrogativo di cui all’art. 75 Cost., dato che esso può determinare l’abrogazione di una legge, e cioè “di un atto che, per tradizione risalente (almeno da Bodin), è considerato tipico esercizio di

21 giugno 1999, a cura della Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati, in www.cestim.it, 31-32.

304 M. LUCIANI, Il diritto di voto agli immigrati: profili costituzionali,

cit., 33-34.

305 M. LUCIANI, Il diritto di voto agli immigrati: profili costituzionali,

cit., 35.

306 M. LUCIANI, Il diritto di voto agli immigrati: profili costituzionali,

115 sovranità307. Del pari, deve escludersi il referendum costituzionale

previsto dall’art. 138 Cost., in quanto “in quel caso la pronuncia riguarda addirittura leggi costituzionali o di revisione costituzionale, che sono a maggior ragione atti di sovranità”308.

Più “delicato” è, invece, il problema del riconoscimento del voto alle elezioni regionali, che però “sembra ragionevole risolvere in senso negativo, poiché anche le regioni godono di potestà legislativa, e l’esercizio di questa (…) è atto di esercizio della sovranità”. Allo stesso modo, va negato il voto al referendum territoriale di cui all’art. 132309.

Una simile posizione è stata, quindi, ripresa da chi ha osservato che “la soluzione più equilibrata” del problema è quella per cui i diritti politici sono riconosciuti come diritti fondamentali per i soli cittadini, essendo esclusa la copertura costituzionale dell’estensione ai non cittadini310.

Il tenore letterale delle disposizioni costituzionali non pare cioè prevedere un obbligo di esclusione del non cittadino dall’esercizio dei diritti politici, giacché esse, al contrario, sembrano limitarsi a “fondare un ambito di garanzia

costituzionale delle libertà politiche per i cittadini italiani (…),

mentre non sembrano porre alcun vincolo alla sfera della liceità

307 M. LUCIANI, Il diritto di voto agli immigrati: profili costituzionali,

cit., 34; conf. anche G. E. RUSCONI,Immigrazione in Europa. Impatto culturale

e problemi di cittadinanza, in Il Mulino, 1/1992, 118-119.

308 M. LUCIANI, Il diritto di voto agli immigrati: profili costituzionali,

cit., 34.

309 M. LUCIANI, Il diritto di voto agli immigrati: profili costituzionali,

cit., 34-35.

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costituzionale, cioè all’eventualità che il legislatore decida di

estendere tali libertà a altre categorie di individui”311.

Secondo un’altra celebre tesi, poi, dal momento che le Costituzioni sono un “fatto politico”, che presuppongono gli Stati nazionali ed essenzialmente distinguono i cittadini dagli stranieri – e che l’eguaglianza riguarda formalmente i soli cittadini, mentre gli stranieri sono tutelati dal principio di razionalità/ragionevolezza –, la condizione giuridica dello straniero è, per espressa disposizione costituzionale, rimessa alla disciplina della legge ordinaria in conformità delle norme e dei trattati internazionali312. Ne discende che, se si vuole dare un

senso a quest’ultima disposizione: a) la tutela costituzionale dei diritti dello straniero si fonda esclusivamente sulle norme e sui trattati internazionali; b) il legislatore statale ha facoltà di estendere la disciplina legislativa prevista per il cittadino anche allo straniero extracomunitario a condizione di reciprocità; c) il legislatore ordinario ha la facoltà, a prescindere dall’esistenza di accordi internazionali, “di estendere agli stranieri extracomunitari tutti i diritti che la Costituzione riserva ai cittadini, ivi compresi quelli di natura «politica»”313.

Più di recente, pur muovendo dai “cambiamenti intervenuti sui concetti ordinatori della comunità politica che si trova alla

311E.GROSSO, Straniero, cit., 175.

312 A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali. Parte generale.

Introduzione allo studio dei diritti costituzionali, Padova 2003, 319.

313 A. PACE,Problematica, cit.,319. Una tesi analoga a quella di A. Pace

era stata, peraltro, già sostenuta, sebbene in un contesto più generale e senza alcuno specifico riferimento al problema dei diritti politici, da G. ZAGREBELSKY,

Questioni di legittimità costituzionale della l. 3 febbraio 1963, n. 69, istitutiva dell’ordine dei giornalisti, in Giur. Cost., 350 ss.

117 base dell’ordinamento giuridico”314, si è, tuttavia, arrivati ad

affermare che “la Costituzione non vieta e non garantisce l’estensione del diritto di voto agli stranieri (…) consentendo – dunque – all’ordinamento di riconoscerli a soggetti diversi dai cittadini, ma senza poterne garantire una tutela costituzionale”315.

Ad avviso altri, infine, l’assenza di limiti costituzionali rende comunque consigliabile un intervento di revisione costituzionale; il che consentirebbe, da un lato, di stemperare le eventuali reazione delle “frange conservatrici” dell’opinione pubblica e, dall’altro, di sottrarre una simile conquista al pericolo di un ridimensionamento ad ogni cambio di maggioranza316.

Una comprensibile esigenza di gradualità induce, peraltro, questa dottrina ad ipotizzare una versione soft del procedimento di estensione del voto, simile a quella che ha riguardato le azioni positive in favore delle donne. Una legge quadro statale potrebbe, cioè, limitarsi ad autorizzare – senza obbligo di farlo – i legislatori locali ad introdurre la novità, immaginando una prima esperienza nelle Regioni più propense alla novità. Uno screening degli esiti raggiunti al livello locale in termini di integrazione potrebbe, poi, determinare il legislatore ad una generale estensione

314 B.CARAVITA DI TORITTO, I diritti politici dei “non cittadini”, cit., 1. 315 B. CARAVITA DI TORITTO, I diritti politici dei “non cittadini”, cit., 14. 316 C.SALAZAR, Brevi note, cit., 162. Per dovere di completezza, si deve

rilevare come la tesi secondo cui l’estensione dei diritti politici agli stranieri extracomunitari non necessita di una revisione costituzionale sia stata sostenuta anche da altri Autori, tra i quali A. BARDUSCO, L’ammissione del

cittadino ai partiti, Milano-Varese 1967, 127 ss.; M. CUNIBERTI, La

cittadinanza, cit., 191 ss.; C. CORSI, Lo Stato e lo straniero, cit., 299 ss.; G.

BISCOTTINI, I diritti fondamentali dello straniero, in AA.VV., Studi in onore di

118 dell’esperimento oppure, in caso di esito negativo, ad un suo abbandono317.

2. Cenni alla giurisprudenza costituzionale sul riparto di

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