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Riflessioni conclusive: l’elettorato attivo e passivo quale diritto fondamentale dal livello locale a quello

PARTE PRIMA

9. Riflessioni conclusive: l’elettorato attivo e passivo quale diritto fondamentale dal livello locale a quello

nazionale

Come si è cercato di chiarire, l’elettorato attivo e passivo dello straniero regolarmente residente è, dunque, un diritto già immanente nel tessuto costituzionale – per come interpretato evolutivamente dalla Corte costituzionale –, che si fonda su una rilettura di tutto il sistema alla luce del principio d’eguaglianza. Altro è poi discutere sulla durata della residenza a tal fine richiesta. Il che consente, secondo quanto anticipato in premessa, di tornare sul problema della fonte più idonea alla sua disciplina.

Si è ben consci, peraltro, di sostenere una posizione del tutto minoritaria, e, tuttavia, si tratta di una tesi che pare costituire il naturale corollario dell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale realizzatasi fino ad ora, malgrado tanti rimangano allo stato dei fatti i chiaroscuri che regnano in questa materia, mentre rimane la certezza che si tratti di un problema di

costituzionalità sollevati dalla dottrina con riguardo alla revisione dell’art. 48, comma 2, Cost. riguardava proprio lo scollamento tra i diritti di partecipazione politica e l’adempimento dei doveri di solidarietà: cfr., per tutti, U. DE SIERVO,

Il voto dei cittadini residenti all’estero, cit., 302. Sul punto cfr., più in generale,

inoltre G. BISCOTTINI,La condizione giuridica degli italiani non appartenenti

alla Repubblica, in Annali dell’Università di Camerino, 1950, 23 ss.; A.

REPOSO, Gli italiani non appartenenti alla Repubblica (vecchi e nuovi

problemi), in Dir. e società, 2/1973, 920 ss.; A. LABELLA,Una figura ambigua:

l’italiano non appartenente alla Repubblica, in Riv. dir. intern. priv. proc, 1977,

162 formidabile complessità per il quale urge, nondimeno, una risposta.

Se tale rilettura in senso sostanziale delle norme sulla cittadinanza in tema di elettorato attivo e passivo dovesse rivelarsi corretta, la logica conseguenza di ciò potrebbe essere anche quella di un intervento additivo (di principio) della Corte costituzionale, che estenda i diritti in questione alle categorie escluse, come è accaduto in passato per i diritti sociali. Appare, tuttavia, preferibile, senza dubbio, un intervento in materia del legislatore statale, con una legge che si qualificherebbe in questo caso di necessaria attuazione costituzionale437.

Una soluzione percorribile, se si vuole sfruttare al massimo le potenzialità insite nel processo di inclusione al livello locale, potrebbe consistere – come è stato rilevato – nell’approvazione di una “specifica clausola di investitura” da parte del legislatore statale, previa determinazione, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettere a) e p), degli aspetti di fondo della disciplina, riservando poi agli Statuti comunali la determinazione di quelli secondari438.

E, al fine di preservare le ragioni dell’autonomia comunale, tale legge di investitura dovrebbe limitarsi alla disciplina degli aspetti davvero fondamentali della materia, quali: il limite minimo di tempo di residenza regolare prevista sul territorio; la presenza di condizioni ulteriori come la regolarità dell’ingresso, del soggiorno

437 Una soluzione auspicabile potrebbe essere l’approvazione della

proposta di legge n. 5031.

163 e dell’attività lavorativa, nonché gli eventuali limiti di accesso alle cariche439.

Si tratta, con ogni probabilità, della soluzione più equilibrata, che consentirebbe, in effetti, di bilanciare ragionevolmente le ragioni dell’inclusione con quelle dell’autonomia, onde evitare che uno sconfinato via libera alla proliferazione delle iniziative comunali possa, da un lato, provocare una tensione con il principio d’eguaglianza440 e,

dall’altro, legittimare fenomeni di marginalizzazione delle comunità di immigrati441.

439 Cfr. C. SALAZAR, Brevi note, cit., 159, la quale individua fra questi

limiti la presenza in Italia per motivi di studio, nonché l’individuazione di alcune cariche riservate agli italiani. Occorre, peraltro, rilevare come militino a favore di un’estensione del voto in favore degli stranieri regolarmente residenti una serie di ragioni tecniche correlate, in buona sostanza, al fatto che i collegi elettorali sono di solito definiti in considerazione alla popolazione residente, sicché, come è stato osservato, “l’estensione del voto garantirebbe un migliore allineamento dei parametri legali con quelli reali, a beneficio di una maggiore omogeneità del peso del voto nei vari collegi elettorali”: L. TRUCCO,Problemi e prospettive della partecipazione politica dei non cittadini a livello locale, cit.,

1449, nota 2; più in generale sul punto cfr. ID., Democrazie elettorali e Stato

costituzionale, Torino 2011; da ultimo, sul paradosso che emerge dalla

attribuzione dei seggi su base residenziale, a fronte dell’attribuzione del voto sulla base della cittadinanza, cfr. V. PIERGIGLI, Stranieri censiti: persone o

fantasmi?, in Gli stranieri, 3/2011, 95 ss.; A. SILVESTRINI-A. VALENTINI, Gli

immigrati e il sistema elettorale: il loro ruolo nella distribuzione geografica dei seggi alle elezioni politiche e il caso delle amministrative comunali, ivi, 101 ss.

440 Cfr. E. BETTINELLI, Cittadini extracomunitari, voto amministrativo e

Costituzione inclusiva, cit., 5 ss.; P. BONETTI, Ammissione all’elettorato e

acquisto della cittadinanza: due vie all’integrazione politica degli stranieri. Profili costituzionali e prospettive legislative, in www.federalismi.it., 11/2003, passim.

441 Cfr., tuttavia, C. SALAZAR, Brevi note, cit., 159, secondo la quale

“vero è che si giungerebbe quasi certamente (almeno in un primo momento) ad un’adesione a macchia di leopardo al disposto legislativo: ma questa obiezione ha oggi meno pregio che in passato, considerando che il principio di

164 Un intervento analogo si potrebbe poi giustificare, mutatis

mutandis, anche nella prospettiva, più ampia, della

partecipazione al livello provinciale, regionale e nazionale. Difatti, la tesi che pretende di limitare la partecipazione dello straniero al solo livello locale pare risentire dell’influsso di una concezione “statica” delle principali categorie dogmatiche della giuspubblicistica e, segnatamente, di quella della sovranità442.

Sennonché, di una simile frammentazione intorno ai diversi livelli territoriali di partecipazione non v’è traccia in Costituzione, così come non v’è traccia della scissione tra doveri di solidarietà politica e diritti politici, entrambi disciplinati dal titolo IV della Carta. E, d’altra parte, il binomio legge/sovranità appare a sua volta in crisi, se si considera che la Regione, tradizionalmente ente autonomo, dispone oggi di un’autonomia legislativa443.

La stessa Corte costituzionale rileva come “il legame Parlamento-sovranità popolare costituisce inconfutabilmente un portato dei principî democratico-rappresentativi, ma non descrive i termini di una relazione di identità, sicché la tesi per la quale, secondo la nostra Costituzione, nel Parlamento si risolverebbe, in sostanza, la sovranità popolare, senza che le autonomie territoriali concorrano a plasmarne l’essenza, non può essere condivisa nella sua assolutezza”444.

differenziazione tra gli enti locali (ed in particolare, tra i Comuni), è assurto al rango di canone fondamentale del sistema delle autonomie.”

442 Cfr. L. TRUCCO, Problemi e prospettive della partecipazione politica

dei non cittadini a livello locale, cit.,1455; E.GROSSO, Art. 48, cit., 967.

443 Conf. cfr. la sentenza della Corte cost. n. 365/2007.

444 Corte cost. sent. n. 106/2002, punto 3 del Cons. in dir. Si legge,

inoltre, nella sentenza che, “sebbene il nuovo orizzonte dell’Europa e il processo di integrazione sovranazionale nel quale l’Italia é impegnata abbiano agito in profondità sul principio di sovranità, nuovamente orientandolo ed

165 La rinnovata composizione della Repubblica, raffigurata dal novellato art. 114 Cost., che accomuna i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e lo Stato; il principio di sussidiarietà verticale445, la natura del rapporto che si instaura

tra l’elettore e gli eletti, che è pleno iure di rappresentanza politica446, denotano, poi, una certa irrazionalità degli

orientamenti volti a frammentare il concetto di partecipazione politica, malgrado si riscontri una tendenza proprio in tal senso diffusa nel resto d’Europa. Ad ogni modo, l’estensione del voto in ambito locale potrebbe, in questa prospettiva, costituire il primo

immettendovi virtualità interpretative non tutte interamente predicibili, un apparato concettuale largamente consolidato nel nostro diritto costituzionale consente di procedere, proprio sui temi connessi alla sovranità, da alcuni punti fermi. L’articolo 1 della Costituzione, nello stabilire, con formulazione netta e definitiva, che la sovranità “appartiene” al popolo, impedisce di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell’organizzazione costituzionale nella quale essa si possa insediare esaurendovisi. Le forme e i modi nei quali la sovranità del popolo può svolgersi, infatti, non si risolvono nella rappresentanza, ma permeano l’intera intelaiatura costituzionale: si rifrangono in una molteplicità di situazioni e di istituti ed assumono una configurazione talmente ampia da ricomprendere certamente il riconoscimento e la garanzia delle autonomie territoriali. Per quanto riguarda queste ultime, risale alla Costituente la visione per la quale esse sono a loro volta partecipi dei percorsi di articolazione e diversificazione del potere politico strettamente legati, sul piano storico non meno che su quello ideale, all’affermarsi del principio democratico e della sovranità popolare”; sulla pronuncia cfr., per tutti, B. DI GIACOMO RUSSO, L’esclusività del nomen iuris

parlamento alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 106 e 306 del 2002, in www.forumcostituzionale.it; N. LUPO, Dalla Corte costituzionale uno

“stop” (definitivo) ai Parlamenti regionali. Nota a Corte cost. n. 106/2002, in www.amministrazioneincammino.it.

445 Cfr. P. FALZEA, Evoluzione sociale ed evoluzione normativa nella

società complessa. Le riforme tra attuazione e cambiamenti della Costituzione,

cit., 81-82.

446 Cfr. A. MANGIA, Regioni, rappresentanza politica e rappresentanza di

interessi, in Le Regioni, 4/2010, 753 ss.; A. BURATTI, Rappresentanza e

responsabilità politica nella forma di governo regionale, Napoli 2010; A.

166 passo verso una successiva generalizzazione a tutto tondo della partecipazione, dal livello provinciale a quello statale, passando per quello regionale447.

Né appare consistente una eventuale obiezione secondo cui sarebbe il diritto eurounitario derivato ad introdurre una simile frammentazione, allorché questo estende il diritto di voto per i cittadini europei al (solo) livello locale. Difatti, è fin troppo noto che – se si resta fedeli all’impostazione classica della Corte costituzionale – il sistema dei controlimiti non tollera lesioni ai principi supremi dalla Carta e, nel caso di specie, al principio d’eguaglianza (tra cittadino statale e cittadino di un altro paese membro). Il che consente di affermare che neppure per questi sarebbe preclusa una estensione del voto anche al livello nazionale.

Ad ulteriore conferma del fatto che la categoria dei diritti politici mal si presta ad essere frammentata, l’art. 117, comma 2, lettera m), Cost. ne esclude il raggiungimento di un livello “essenziale”, differentemente da quanto accade per i diritti civili e sociali. Con riguardo alle elezioni regionali, l’accesso alle urne potrebbe, pertanto, essere inserito tra i principi fondamentali della materia, riservando alla legislazione elettorale l’intervento di dettaglio, dal momento che la disciplina del sistema di elezione

447 Cfr. C. SALAZAR, Brevi note, cit., 160, per la quale l’inclusione nel

δῆμος o è a tutto tondo, per ogni circostanza in cui sia da esprimere una scelta

politica attraverso il consenso, assenso o dissenso su una proposta o da assumere iniziative o avanzare proposte (T. MARTINES, Artt. 56-58, in G.

BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, cit., 43 ss.), o… non è.

Malgrado l’uso della denominazione “amministrative”, le elezioni locali hanno, d’altra parte, natura politica: cfr., per tutti, G. F. FERRARI, Elezioni

amministrative, in Dig. disc. pubbl., V, 1990, 462; E. BETTINELLI, Elezioni

167 e i casi di ineleggibilità e incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta, nonché dei consiglieri regionali, è attratta nell’ambito della potestà legislativa concorrente, ex art. 122, comma 1, Cost.

L’esigenza di una metabolizzazione da parte dell’opinione pubblica non pare, peraltro, che possa costituire un deterrente ad un simile processo di inclusione: non lo è perché – si ritiene – l’esigenza di formare una coscienza sociale è connaturata alla stessa funzione promozionale del diritto448, e non viceversa. E,

d’altro canto, è proprio dalla comunità dei cittadini che, come si è avuto modo di notare, provengono le spinte inclusive più avvedute, essendo semmai – sia consentita la citazione – il “sonno della politica a generare mostri”.

È, del resto, questo che – si ritiene – la recente proposta di legge n. 5032, di iniziativa popolare, vuole affermare, ossia che la comunità nazionale sente il bisogno di aprirsi in senso inclusivo, e lo fa, si noti, richiedendo proprio una legge che estenda il voto agli stranieri residenti al livello non solo locale, ma anche a quello provinciale e regionale449.

448 Sulla funzione promozionale del diritto cfr. già P. BARILE, Idiritti

umani come diritti costituzionali, in S. CAPRIOLI-F.TREGGIARI (a cura di),

Diritti umani e civiltà giuridica, Perugia 1992, 82 ss.; A. SPADARO, La

transizione costituzionale. Ambiguità e polivalenza di un’importante nozione di teoria generale, in ID.,Le trasformazioni costituzionali nell’età della transizione,

Torino 2000, 80 ss.

449 Giova, del resto, rilevare in conclusione come, accanto al principio

d’eguaglianza, la riflessione teorica abbia avuto modo di motivare l’esistenza di un diritto all’elettorato attivo del non cittadino sulla base di diverse disposizioni costituzionali. Fra queste, ad esempio, gli artt. 10 e 11 Cost., richiamati da parte di chi ha insistito sulla condizione dell’asilante per ritenere che spetti un diritto alla partecipazione politica in favore dello straniero, facendo riferimento in particolare all’art. 10, co. 3, come fondamento normativo

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(cfr. A. PIRAINO, Appunto sulla condizione giuridica degli «stranieri»

nell’ordinamento italiano, cit., 998 ss., pur trattandosi di una tesi smentita

dalla giurisprudenza costituzionale e dalla dottrina maggioritaria, poiché secondo l’interpretazione diffusa il richiamo alle libertà democratiche viene tradizionalmente inteso come limitato alle sole libertà che non concernono i diritti di partecipazione politica: cfr. A. ALGOSTINO, I diritti politici dello

straniero, cit., 212-217, la quale fa valere anche l’art. 6 Cost. sulla tutela delle

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