TITOLO VIII DELLA REPRESSIONE
VIII. Elemento oggettivo: A) condotte. A Ai fini della consumazione del delitto di importazione di
sostanze stupefacenti non è sufficiente la mera con-clusione dell’accordo finalizzato all’importazione dello stupefacente, ma è necessaria l’acquisizione dell’autonoma detenzione della droga da parte dell’importatore, la quale si realizza anche attraverso l’assunzione da parte di quest’ultimo della gestione dell’attività volta all’effettivo trasferimento dello stu-pefacente nel territorio nazionale (sez. IV 19/49896).
B Integra il tentativo di importazione di sostanze stupefacenti la condotta che, collocandosi in una fase antecedente all’acquisto della proprietà della droga destinata ad essere trasferita nel territorio nazionale, si presenti come idonea ed univocamente diretta alla conclusione di tale accordo traslativo, dando vita ad una trattativa sul cui positivo esito risulti che per la natura, la qualità ed il numero dei contatti inter-venuti, i contraenti abbiano riposto concreto affida-mento (sez. I 20/6180: nella specie, la Corte ha ritenuto non sussistere un’ipotesi di trattativa affidante, in relazione all’incontro avvenuto tra l’imputato, in permesso premio in relazione ad una condanna per associazione mafiosa, e un “broker” albanese, durante il quale i due avevano discusso del possibile avvio di
una fornitura di cannabis, senza, tuttavia, alcuna pre-cisazione di quantità, qualità e prezzo, che sarebbero stati determinati solo a seguito di specifici accordi tra il “broker” e fiduciari del capo-mafia, incaricati di pro-seguire le negoziazioni dopo il suo rientro in carcere).
C Le diverse condotte previste dall’art. 73 del d.P.R.
9 ottobre 1990, n. 309, sono alternative tra loro, e per-dono la loro individualità quando si riferiscano alla stessa sostanza stupefacente e siano indirizzate ad un unico fine, talché, se consumate senza un’apprezzabile soluzione di continuità, devono considerarsi come condotte plurime di un unico reato e, al fine della determinazione della competenza per territorio, deve farsi riferimento al luogo di consumazione della prima di esse (sez. III 20/8999). D Non integra il reato di col-tivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destina-zione esclusiva all’uso personale, in quanto svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un mode-stissimo quantitativo di prodotto (sez. un. 20/12348).
E Il reato di coltivazione di stupefacenti è configu-rabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo estraibile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza ad effetto stupefacente (sez. un. 20/12348).
XVI. Fatto di lieve entità (5° comma). A In tema di stupefacenti, la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non può essere desunta sulla base del solo parametro quantitativo, desunto dal dato statistico relativo alle pronunce rese in un determinato ufficio giudiziario che hanno riconosciuto la minore gravità del fatto, posto che, per l’accertamento della lieve entità, si deve far riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici che la norma richiama (sez. VI 20/7464: fatti-specie in cui la Corte non ha ritenuto rilevante che, secondo la giurisprudenza del distretto in cui era stata emessa la sentenza di condanna, l’ipotesi del fatto di lieve entità fosse stata generalmente riconosciuta nel caso di detenzione di quantitativi non superiori a 150 dosi medie di cocaina). B In materia di stupefacenti, ai fini della configurabilità del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma quinto, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non hanno alcun valore preclusivo i precedenti penali specifici del soggetto attivo, risultando gli stessi estranei agli indici sintomatici previsti dalla disposi-zione, da valutare complessivamente (sez. III 20/13120:
fattispecie di precedenti penali specifici assunti come rivelatori della stabilità e abitualità nello spaccio).
C La circostanza attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità è applicabile, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, ad ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, compresi i delitti in materia di stupefacenti, ed è compatibile con la fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (sez. un. 20/24990).
XX. (segue) B) aggravanti: «aggravanti specifiche».
A In tema di sostanze stupefacenti, l’aggravante del concorso di tre o più persone, prevista dall’art. 73, comma 6, d. P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, si configura anche per i reati fine consumati da appartenenti ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, nonostante la contestuale responsabilità per la par-tecipazione all’associazione (sez. III 19/38009).
95 D.P.R. n. 309/1990 post art. 447 XXII. Concorso di persone nel reato. A In tema di
detenzione di sostanze stupefacenti, la responsabilità a titolo concorsuale del familiare convivente non può desumersi dalla circostanza che la droga sia custodita in luoghi accessibili della casa familiare, dal momento che la mera convivenza non può essere assunta quale prova del concorso morale (sez. VI 19/52116: fattispe-cie in cui la Corte ha ritenuto indizio non univoco la presenza della moglie dello spacciatore nella abita-zione ove la droga era stata rinvenuta, precisando che l’ipotesi del concorso della convivente avrebbe potuto trovare conferma solo ove fosse risultato che nell’abi-tazione si svolgeva una attività collettiva di detenzione e spaccio). B In tema di illecita coltivazione di stupe-facenti, il tentativo da parte di persona convivente con l’indagato di disfarsi delle piante, al momento della perquisizione delle forze dell’ordine, determina la responsabilità concorsuale di tale soggetto, atteso che nei reati permanenti ogni contributo agevolativo, fino alla cessazione della permanenza, assume rile-vanza causale e non si esaurisce in una mera condotta di favoreggiamento, intesa unicamente ad assicurare all’autore il prezzo, il prodotto od il profitto del reato (sez. VI 20/5229). C Tra il venditore, o cedente, della sostanza stupefacente e l’acquirente che intenda effettuare successive vendite o cessioni illecite non ricorre un’ipotesi di concorso di persone ex art. 110 cod. pen., atteso che i soggetti contraenti pongono in essere ciascuno una delle diverse ed autonome con-dotte monosoggettive previste dall’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; ne consegue che, ove si proceda nei confronti dei predetti separatamente, l’acquirente, ricorrendone i presupposti, può essere esaminato ai sensi dell’art. 197-bis, comma 2, cod. proc. pen. (sez.
II 20/7802). D La condotta di chi riceva denaro quale contropartita della consegna di un carico di droga integra, indipendentemente dal fatto che la ricezione sia antecedente, contestuale o successiva a detta con-segna, una ipotesi di concorso nel reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, potendosi in generale ravvisare il diverso delitto di favoreggiamento reale solo nel caso in cui la condotta dell’agente non consi-sta in un contributo alla diffusione della soconsi-stanza stu-pefacente (sez. III 20/14747). E In tema di concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti, il mede-simo fatto storico può essere ascritto ad un imputato ai sensi dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e ad un altro a norma dell’art. 73, comma 5, del medesimo d.P.R. qualora il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta assuma caratteri diffe-renti per ciascun correo (sez. III 20/16598: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l’esclusione della ipotesi di lieve entità per il venditore della sostanza perché, a differenza del compratore, aveva contatti stabili e continuativi con i grandi canali di approvvi-gionamento). F In tema di concorso di persone nel reato, la disposizione del secondo comma dell’art. 114 cod. pen., secondo cui l’attenuante della minima parte-cipazione al fatto pluripersonale non si applica quando ricorra una delle circostanze aggravanti delineate all’art. 112 stesso codice, si riferisce anche ai casi nei quali il numero delle persone concorrenti nel reato sia posto a base di un aggravamento della pena in forza di disposizioni specificamente riguardanti il reato stesso (sez. III 20/17180: fattispecie relativa all’aggravante di cui all’art. 73, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309).
XXXIII. Riflessi processuali. A In tema di sostanze stupefacenti, a seguito della declaratoria di illegitti-mità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, intervenuta con la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019,
limitatamente alle c.d. droghe pesanti, il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena inflitta con condanna anteriormente divenuta irrevocabile, non ha il potere di modificare statuizioni coperte dal giu-dicato quali quelle afferenti al riconoscimento di ele-menti circostanziali attenuanti non attinti dalla decisione di legittimità, all’eventuale giudizio di bilanciamento ed alla misura delle relative diminu-zioni di pena eseguite in fase di cognizione (sez. I 19/49106: in applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del giudice dell’ese-cuzione che, nel rideterminare la pena aveva appli-cato per le circostanze attenuanti generiche una riduzione minore di quella inizialmente eseguita dal giudice della cognizione). B In tema di stupefacenti, non viola il divieto di “reformatio in peius” il giu-dice dell’esecuzione che, nel procedere alla rideter-minazione della pena inflitta per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, alla luce della diversa cornice edittale conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, applica una minore riduzione per le circostanze atte-nuanti generiche (sez. I 19/50693). C In tema di sostanze stupefacenti, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 2010, n. 309, intervenuta con la sen-tenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, limi-tatamente al trattamento sanzionatorio previsto per le c.d. droghe pesanti, il giudice dell’esecuzione può rideterminare in via autonoma e discrezionale la pena inflitta con sentenza irrevocabile di patteggia-mento sia in caso di mancato raggiungipatteggia-mento dell’accordo tra le parti che in quello in cui reputi incongrua la pena concordata, senza fare ricorso a criteri automatici di tipo aritmetico, ma secondo i cri-teri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen. e nel rispetto dell’accordo originariamente intervenuto tra le parti quanto agli elementi influenti sulla pena non coin-volti nel giudizio di illegittimità costituzionale (sez. I 19/51086: in applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del giudice dell’ese-cuzione che, nel rideterminare la pena in assenza di accordo delle parti, aveva applicato per le circo-stanze attenuanti generiche una riduzione minore di quella applicata con la sentenza di patteggiamento).
D Non viola il divieto di “reformatio in peius”, pre-visto dall’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., il giudice di appello che, in applicazione della disciplina san-zionatoria più favorevole in materia di stupefacenti conseguente alla sentenza della Corte cost., n. 40 del 2019, riduca la pena inflitta in termini assoluti, pur non attestandosi allo stesso punto della forbice edit-tale da cui aveva preso le mosse la sentenza di primo grado, a condizione che non sia sovvertito il giudizio di disvalore espresso dal precedente giudice (sez. VI 19/51130: fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di appello con cui, a differenza della sen-tenza impugnata, la pena era stata motivatamente rideterminata senza partire dal nuovo limite, ciono-nostante pervenendo ad una quantificazione infe-riore rispetto a quella inflitta in primo grado). E In tema di stupefacenti, a seguito della sentenza Corte cost. n. 40 del 2019, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. 9 otto-bre 1990, n. 309, nella parte in cui fissava il minimo edittale in anni otto, anziché sei, di reclusione, è legit-timo il provvedimento del giudice dell’esecuzione che, in caso di pena quantificata nella sentenza defi-nitiva in misura notevolmente superiore al minimo e prossima al valore medio rispetto alla cornice edit-tale previgente, all’esito della rivalutazione in con-creto del giudizio sanzionatorio, confermi la sanzione
già irrogata senza ridurla, giacché, in tal caso, tenuto conto del mantenimento inalterato del massimo edittale, non sussiste quella condizione di spropor-zione e di inadeguatezza della pena, rilevabile nei casi puniti con la reclusione nel minimo edittale pari ad otto anni, che ne impone un adeguamento al nuovo limite (sez. I 19/51305).F In tema di sostanze stupefacenti, a seguito della declaratoria di illegitti-mità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 2010, n. 309, intervenuta con la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, limitata-mente al trattamento sanzionatorio previsto per le c.d. droghe pesanti, in caso di mancato raggiungi-mento dell’accordo tra le parti sulla ridetermina-zione della pena inflitta con sentenza irrevocabile di patteggiamento, il giudice dell’esecuzione deve rin-novare la valutazione sanzionatoria in concreto, con una necessaria riduzione della pena, non utilizzando il criterio proporzionale o meramente aritmetico, ma secondo i criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.
(sez. I 19/51959). G In tema di sostanze stupefacenti, a seguito della declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui prevedeva la pena minima edittale della reclusione nella misura di anni otto anziché di anni sei, intervenuta con sentenza della Corte costi-tuzionale n. 40 del 2019, il giudice dell’esecuzione, nel caso di condanna anteriormente divenuta irrevo-cabile, deve rinnovare la valutazione sanzionatoria, con necessaria riduzione della pena, secondo i criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., potendosi esclu-dere la patologica alterazione della commisurazione finale della pena, determinata in base alla forbice edittale oggetto della declaratoria di illegittimità costituzionale, unicamente quando la pena irrogata sia stata determinata nel massimo edittale o in misura prossima al massimo (sez. I 20/2036). H In tema di stupefacenti, a seguito della declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui fissava il minimo edittale in anni otto di reclusione, anziché in anni sei, intervenuta con sentenza della Corte costi-tuzionale n. 40 del 2019, il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena inflitta con condanna ante-riormente divenuta irrevocabile, è tenuto a rinno-vare la sola valutazione sanzionatoria alla stregua dei criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., con necessaria riduzione della pena, senza possibilità di valutare il fatto diversamente rispetto al giudice della cognizione (sez. I 20/3280: in applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la deci-sione con la quale il giudice dell’esecuzione, pur riducendo la pena inflitta, aveva rivalutato in termini di maggiore gravità il fatto di reato, calcolando la pena base, precedentemente determinata nel minimo edittale di anni otto di reclusione, in anni sette e mesi tre). I In tema di stupefacenti, a seguito della declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui fissava il minimo edittale in anni otto di reclu-sione, anziché in anni sei, intervenuta con sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena inflitta con condanna anteriormente divenuta irrevocabile, è tenuto a rinnovare la valutazione sanzionatoria alla stregua dei criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., con necessaria riduzione della pena. (sez. I 20/3281:
fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione con la quale il giudice dell’esecuzione aveva rigettato la richiesta di rideterminazione della pena irrogata in misura superiore al minimo ma distante dal medio edittale, reputandola congrua
anche in relazione alla nuova cornice edittale). J In tema di stupefacenti, il giudice di appello che, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 40 del 2019, ridetermina la pena, inflitta in primo grado in misura prossima al minimo edittale all’epoca vigente, è tenuto a rimodularla alla luce della nuova e più favo-revole cornice sanzionatoria, secondo i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., non essendo tuttavia vinco-lato a seguire un criterio proporzionale di tipo arit-metico correlato alla pena calcolata prima della declaratoria di incostituzionalità (sez. I 20/3481: fatti-specie in cui in il giudice di appello, motivatamente discostandosi dal nuovo minimo edittale, aveva comunque determinato la pena finale in misura infe-riore rispetto a quella irrogata in primo grado). K In tema di rideterminazione della pena inflitta con sen-tenza irrevocabile di condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in applicazione della disciplina più favorevole determi-natasi per effetto della sentenza della Corte costitu-zionale n. 40 del 2019, è legittimo il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione, pur riducendo la pena in termini assoluti, quantifichi l’aumento di pena previsto per la ritenuta circostanza aggravante di cui all’art. 80, comma 2, del citato d.P.R. in misura proporzionalmente superiore a quella stabilita in sede di cognizione, atteso che tale giudice è chiamato a rinnovare l’intera valutazione in ordine alla com-misurazione della pena attraverso la discrezionale rideterminazione sia della pena-base che dell’aumento per la menzionata aggravante, quantifi-cando in concreto siffatto aumento alla luce del sopravvenuto mutamento della cornice edittale quale nuovo indicatore astratto del disvalore del fatto (sez. I 20/4084). In tema di rideterminazione della pena inflitta con sentenza irrevocabile di con-danna per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in applicazione della disciplina più favorevole determinatasi per effetto della sen-tenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, è legittimo il provvedimento con cui il giudice dell’ese-cuzione, pur riducendo la pena in termini assoluti, quantifichi la diminuzione di pena per le concesse circostanze attenuanti generiche in misura propor-zionalmente inferiore a quella stabilita in sede di cognizione, atteso che tale giudice è chiamato a rin-novare l’intera valutazione in ordine alla commisu-razione della pena attraverso la discrezionale rideterminazione sia della pena-base che della dimi-nuzione per le menzionate attenuanti, quantificando in concreto siffatta diminuzione alla luce del soprav-venuto mutamento della cornice edittale quale nuovo indicatore astratto del disvalore del fatto (sez.
I 20/4085). L In tema di stupefacenti, a seguito della declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui fis-sava il minimo edittale in anni otto di reclusione, anziché in anni sei, intervenuta con sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, il giudice dell’ese-cuzione, nel rideterminare la pena concordata in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen. secondo i para-metri dettati dagli artt. 132 e 133 cod. pen., non è tenuto a riconoscere la riduzione di pena derivante da tale accordo in quanto esso non costituisce un isti-tuto premiale (sez. I 20/8559). M In tema di stupefa-centi, ai fini della rideterminazione in sede esecutiva della pena concordata in appello, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, non si applica il meccanismo di rinnovata negoziazione
73 TESTO UNICO STUPEFACENTI 96
della pena previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc.
pen. (sez. I 20/8601). N In tema di stupefacenti, sussi-ste l’interesse del condannato ad ottenere la rideter-minazione “in executivis” della pena divenuta illegale a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 qualora, pur interamente espiata la pena detentiva, non sia stata ancora eseguita quella pecuniaria contestualmente irrogata, atteso che, agli effetti dell’art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il rapporto esecutivo si esaurisce soltanto con l’estin-zione di entrambe tali pene (sez. I 20/13072: in moti-vazione la Corte ha precisato che, nel caso in cui residui da eseguire la sola pena pecuniaria, la rideter-minazione ad opera del giudice dell’esecuzione deve investire anche quella detentiva, in funzione della eventuale commisurazione, nell’ipotesi di esecu-zione di pene concorrenti, della pena residua da espiare). O In tema di stupefacenti, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 10 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui prevede la pena minima edittale di anni otto anziché di anni sei di reclusione per la detenzione delle droghe pesanti, la Corte di cassa-zione può rideterminare, così annullando senza rin-vio la sentenza ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., la pena base irrogata nella nuova legittima misura minima in luogo di quella minima di anni otto già individuata dal giudice di merito e disporre l’aumento per la continuazione nella mede-sima misura sempre già stabilita dallo stesso giudice in relazione alla detenzione delle droghe leggere, non oggetto della declaratoria di incostituzionalità (sez. III 20/13097). P È illegittima l’applicazione
pen. (sez. I 20/8601). N In tema di stupefacenti, sussi-ste l’interesse del condannato ad ottenere la rideter-minazione “in executivis” della pena divenuta illegale a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 qualora, pur interamente espiata la pena detentiva, non sia stata ancora eseguita quella pecuniaria contestualmente irrogata, atteso che, agli effetti dell’art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il rapporto esecutivo si esaurisce soltanto con l’estin-zione di entrambe tali pene (sez. I 20/13072: in moti-vazione la Corte ha precisato che, nel caso in cui residui da eseguire la sola pena pecuniaria, la rideter-minazione ad opera del giudice dell’esecuzione deve investire anche quella detentiva, in funzione della eventuale commisurazione, nell’ipotesi di esecu-zione di pene concorrenti, della pena residua da espiare). O In tema di stupefacenti, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 10 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui prevede la pena minima edittale di anni otto anziché di anni sei di reclusione per la detenzione delle droghe pesanti, la Corte di cassa-zione può rideterminare, così annullando senza rin-vio la sentenza ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., la pena base irrogata nella nuova legittima misura minima in luogo di quella minima di anni otto già individuata dal giudice di merito e disporre l’aumento per la continuazione nella mede-sima misura sempre già stabilita dallo stesso giudice in relazione alla detenzione delle droghe leggere, non oggetto della declaratoria di incostituzionalità (sez. III 20/13097). P È illegittima l’applicazione