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Destrutturazione della retorica securitaria 1 Premessa

Sorveglianza e Diritt

5. Destrutturazione della retorica securitaria 1 Premessa

Si vuole dimostrare che il bilanciamento di principi o interessi in conflitto non è un modo legittimo per giustificare il sacrificio delle libertà fondamentali sull’altare della sicurezza.

Nella cultura giuridica occidentale dell’ultimo secolo si ricorre fin troppo spesso alla scusante di bilanciare libertà e sicurezza, anche a rischio di trasformare Stati costituzionali in Stati di sicurezza. Che questa conseguenza sia volontaria oppure, contro ogni complottismo, sia un effetto non voluto di attività umane che hanno altro scopo, meriterebbe una trattazione a sé stante; perciò ci limitiamo all’analisi di ciò che il mondo giuridico dovrebbe imprimere nella società siffatta.

Se però si distinguono sicurezza individuale, sociale e nazionale si giunge alla conclusione per cui restringere la libertà, a prescindere dai motivi che giustificherebbero questa scelta, diminuisce pure la sicurezza individuale, senza aumentare realmente, in misura apprezzabile, la sicurezza collettiva (Barberis, Pluralismo dei valori, Nuovo Costituzionalismo e Bilanciamenti tra Libertà e Sicurezza, 2016).

5.2 Come si bilancia?

Come ormai si è più volte chiarito, bilanciare significa soppesare norme, diritti, principi o valori per stabilire quale debba prevalere nella decisione di uno o più casi; è un’attività che comporta comparazione e soppesamento di ragioni a favore e contro una decisione. Solitamente si accompagna, come tecnica di argomentazione, al test di proporzionalità e al giudizio di ragionevolezza228.

228

Per le definizioni di bilanciamento: G. Pino, Diritti e interpretazione, cit., pagg. 173-179

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Termine ormai abusato, necessita di precisazioni. Intendiamo bilanciamento come logica, a supporto di altre tecniche argomentative, in quanto inerente a qualunque operazione intellettuale che consista nel considerare diversi fattori suscettibili di evidenziare vantaggi o svantaggi e perciò capace di influenzare un iter argomentativo o decisionale con ragionamenti di tipo consequenzialistico.

Bilanciamento come tecnica argomentativa invece si riferisce alla tecnica di soluzione di un conflitto normativo consistente nel dare prevalenza a una delle due norme, disapplicando semplicemente la norma recessiva senza però dichiararla invalida. Esprime un giudizio di preferenza che favorisce una norma a scapito dell’altra e fonda tra le norme in analisi una gerarchia assiologica mobile.

Il bilanciamento come tecnica argomentativa, ciò che interessa ai nostri scopi, si è diffuso in rapporto con la costituzionalizzazione della cultura giuridica, perché è la tecnica preferita dell’argomentazione per principi. Nella cultura giuridica segnata dalla costituzione pluralista ogni valore ha un campo d’estensione non previamente delimitabile, perché si applica secondo una logica flessibile. Allo stesso modo in sede interpretativa potrà essere limitato fintanto che quel limite appaia ragionevole alla luce di un altro principio.

La costituzione pluralista è soggetta a iper-interpretazione: fonte di principi espliciti e impliciti, capaci di irradiare tutti i settori dell’ordinamento. La possibilità che diversi principi entrino in contrasto è perciò elevatissima, ma è sbagliato pensare che ogni limitazione di un principio (o norma) sia per ciò stesso una soppressione di quel principio (o norma).

Il bilanciamento (inteso come attività argomentativo- interpretativa) mira a individuare un punto di equilibrio, una modalità di applicazione del principio prevalente che tenga però conto del principio recessivo, implicandone il sacrificio minore

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possibile229. La formula così individuata prende il nome di «regola del conflitto» (o bilanciamento prodotto).

La costruzione della regola del conflitto implica la formulazione di argomenti morali sostanziali che soppesino i diritti o principi coinvolti, ne individuino la giustificazione, valutino l’importanza di ogni istanza di esercizio del diritto rispetto al valore o interesse sostanziale che giustifica il diritto230. In questa operazione svolgono una funzione centrale i casi paradigmatici di esercizio o violazione di un diritto, considerati un monito da cui ricavare le proprietà rilevanti di ogni ipotetico atteggiarsi dei principi nelle diverse circostanze. Il tenere ben presente i casi paradigmatici ad esemplificazione delle varie possibili situazioni è funzionale

anche a gettare le fondamenta per sottoporre

quell’argomentazione a un valido controllo intersoggettivo che vada oltre la componente intuitiva.

La conclusione di Pino è radicale: poiché gli stati costituzionali adottano costituzioni lunghe e pluraliste, è molto difficile che un diritto fondamentale, per genericità e indeterminatezza, sia davvero assoluto. È una valutazione che riguarda il campo di applicazione del diritto fondamentale che, poiché astratto e indeterminato, non può prevalere sempre su tutte le valutazioni concorrenti possibili in diverse circostanze. Si potrebbe parlare invece di assolutezza di un diritto specifico solo in relazione all’inviolabilità del suo contenuto essenziale, da individuarsi però comunque a seguito di un bilanciamento. Vedremo come sul punto Barberis assuma una posizione leggermente diversa.231

Nello Stato costituzionale ciascun diritto assume un peso diverso a seconda degli interessi contrapposti nelle concrete circostanze, perciò l’assolutezza che normalmente si attribuisce ai diritti

229 O almeno così dovrebbe, perché è stato più volte tacciato il comportamento

delle corti accusandolo di non assicurare la convivenza in qualche modo armonica dei principi, bensì semplicemente sopprimere un diritto a vantaggio di un altro.

230

G. Pino, Diritti e interpretazione, cit., pag. 198

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fondamentali si atteggia in realtà come una «assolutezza condizionata»232.

5.3 Interessi umani, tra l’individuo e la collettività

È stato già evidenziato che sebbene in italiano si utilizzi il singolo termine «sicurezza», in inglese è possibile e concettualmente utile distinguere tre parole dalle accezioni leggermente diverse: safety, certainty e security, per indicare rispettivamente l’incolumità personale quale situazione oggettiva, la percezione soggettiva circa la propria incolumità, e la somma delle prime due, ossia la fiducia nella stabile sicurezza culturale e ambientale233. Abbiamo brevemente chiarito come la sicurezza sia nata come diritto individuale ben prima di essere concepita come bene collettivo234.

La distinzione degli interessi umani tra diritti individuali autentici e interessi collettivi o beni pubblici si potrebbe individuare nell’azionabilità e diretta giustiziabilità dei primi, contro l’assente azionabilità dei secondi; per richiedere tutela di interessi collettivi infatti ci si dovrà rivolgere non al giudice bensì al legislatore o alla pubblica amministrazione, con tutte le differenze che ciò comporta.

Tale distinzione si collega e quasi corrisponde alla differenza che Ferrajoli delinea tra: principi regolativi e principi direttivi.

I principi regolativi sono applicabili direttamente dai giudici, anche in assenza di regole attuative, in tutela di diritti individuali. I principi direttivi invece dettano quale direzione intraprendere all’attività pubblica e politica, in tutela dei beni collettivi e in attuazione di valori; atteggiandosi proprio come i suddetti mandati di ottimizzazione, che dichiarano l’adesione ad un principio ma senza individuarne le precise modalità di attuazione (Ferrajoli, 2013).

232 Ivi, pag. 215 233

Cfr. supra, cap. III, par. 1.3

234

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Chiaramente tali caratteristiche variano e dipendono in ogni Stato costituzionale anche dalle scelte del potere legislativo, o nello specifico costituente, in materia di diritto positivo. In particolare, ciò che assume speciale rilevanza è se un interesse individuale venga qualificato dall’ordinamento quale diritto o quale mero interesse, perché ciò ha dirette ricadute se si aderisce, come fa Barberis, alla presunzione liberale: il divieto cioè di sacrificare diritti individuali a beni collettivi. Il diritto individuale prevale sul bene collettivo ma il bene o interesse collettivo potrebbe a certe condizioni prevalere su un (mero) interesse individuale.

Per ciò che riguarda la nostra analisi dei rapporti tra libertà e sicurezza nell’era digitale, epoca così avvezza a ridurre individui reali dotati di un corpo fisico e una mente umana al peuple en masse235, ossia considerare l’insieme degli uomini quali “grandi dati”, un’astrazione statistica da sacrificare ad un’altra astrazione statistica che è la sicurezza collettiva, non si può, in ossequio alla tradizione liberale, umiliare la libertà-sicurezza di un individuo concreto in nome della sicurezza collettiva.

È ciò che, in linea con la concezione di M. Barberis, punteremo a dimostrare: destrutturare una posizione che si bea di autorevoli tecniche argomentative quali il bilanciamento, così in voga nella cultura neo costituzionale, per piegarlo però ai propri scopi riducendolo ad un sofismo che ignora gravemente i principi fondativi di una democrazia costituzionale.

Per farlo è necessario distinguere sicurezza individuale, sociale e nazionale, e poi operare le necessarie e puntuali ponderazioni, tenendo presente che il bilanciamento è una fase del giudizio di proporzionalità236, un test continuativo in cui gli elementi ponderativi si trovano in un equilibrio riflessivo che accompagna l’intera analisi argomentativa.

235

B. Constant, Conquista e usurpazione, IBL, Torino, 2009, pag. 116

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6. Controllo di proporzionalità